Il
sesso non è una semplice componente del potere, è il potere. Imperatori,
dittatori, monarchi, presidenti, la lista è lunga, da Caligola a John
Fitzgerald Kennedy, passando per Luigi XIV e Jean-Bédel Bokassa, di quelli che hanno conosciuto
l’ebbrezza di questo cocktail infernale.
C’erano
una volta gli esseri umani.
Erano
uomini e donne.
Gli
uomini e le donne erano, al contempo, simili e dissimili.
Avevano
di simile la testa, il cervello, il cuore, il torace, le gambe, le braccia, le
mani, i piedi.
Avevano
di dissimile i seni, le interiora e i sessi.
Ci si
dimenticò di quello che era simile e, poi, anche dei seni. Restarono ben presto
solo i sessi.
Allora,
Iniziarono i dibattiti.
C’è
un solo sesso, diceva l’uno/l’una.
Ci sono due sessi, diceva l’altro/l’altra.
Le
donne non hanno sesso, diceva
l’uno/l’una.
Le
donne sono solo sesso,
diceva l’altro/l’altra.
Gli
uomini hanno un sesso, ma se ne servono molto male, diceva l’uno/l’una.
Gli
uomini sono solo
sesso ed è tempo che questo cessi, diceva l’altro/l’altra.
E, i
dibattiti – che avevano il merito di riguardare
tutti – continuarono…
Si
discuteva del sesso debole che non era così debole e che aveva, anche, preso il potere, del sesso forte che non era
così forte ed era, anche, preso per la gola.
Si
discuteva del primo, del secondo, del terzo sesso, del sesso opposto – ma, allora, non si sapeva più
quale – senza dimenticare l’ultimo nato: il sesso del feto. Ci si era
dimenticato, da tempo, del sesso degli angeli, confinato nella bottega dell’antiquario. Fece, invece, la sua
comparsa il sesso delle anime.
“Lei
è molto sesso.”,
era divenuto il complimento di moda, ai/alle sexy non restava più
che andare a rivestirsi. Quanto al sex-appeal,
apparteneva alla preistoria.
Massimo
progresso concettuale, il termine divenne,
progressivamente, valido sia per gli uomini – su questo terreno, storicamente,
avevano un certo vantaggio – sia per le donne, ma anche per gli/le
omosessuali, i/le bisessuali, i/le transessuali, i/le generati/generate, i/le
degenerati/degenerate... e anche gli/le eterosessuali.
Inoltre,
quello che era buono del sesso, era che si poteva usarlo in tutte le salse:
poteva essere allegro
e depresso, orientato, circonciso e anale, cristiano e rapido,
criminale, prostituito e stanco, appassionato, schiavo e d’avanguardia,
gratuito e militante, estremo, squallido e feticista, gay, sopradimensionato e
prigioniero, solitario, post-moderno e tradizionalista, torrido e tantrico, menomato e ignorante, scarso e hard, brutto e biologico,
senza rischio e dissoluto, piccante, sociale e pudico, perverso ed esotico,
assillato e feticista, macista e consumerista, peccato, ripudiato e costoso, lesbico e nero, dissoluto, liberatore, legale…
Per
evitare le ripetizioni e la noia e per rendere il tutto un pò piccante, di
tanto in tanto, si tiravano fuori dalla naftalina cimeli di parole: piacere,
desiderio, coito, libido, eros, orgasmo…
Molte
persone non sempre vedevano come questo potesse
riguardare la propria vita e/o non sempre comprendevano, ma nessuno osava
dirlo, rischiando, in tal modo, di passare per uno/una ritardato/ritardata
mentale, un/una poveraccio/poveraccia, uno/una frustrato/frustrata.
Nonostante
o, piuttosto, proprio per questa onnipresenza,
i dibattiti non cessavano di farsi sempre più complessi: si discuteva del sesso
che non faceva più parte della sfera privata; della giustizia che perdeva la
testa non appena si parlava del sesso; del tabù del sesso nella borghesia – quanto
alla classe operaia, perfino i trotskysti non
sapevano che dirne –; negoziati petrolio contro sesso; relazioni complesse del
sesso, della falce e del martello; pregiudizi morali che si nascondevano dietro
i discorsi del sesso; della sdrammatizzazione del
sesso che persisteva a non ergersi fiero come Artaban; della verità dell’essere rivelato dal sesso,
ma anche della necessità di liberare il sesso per liberarsi del sesso;
dell’importanza del fattore sesso nella corsa alla Presidenza; dell’ingiustizia
del commercio del sesso a due velocità; dell’apertura probabile della Chiesa al
sesso; del posto complesso del corpo tra il sesso e il genere; dell’interfaccia
sessuale del colonialismo, ecc. ecc.
Nessuno
ci si ritrovava più veramente, ma in questa confusione, alcuni/alcune
speravano, con tutto il cuore, che si sarebbe regolata la questione del
femminismo che, tranne le donne, rompeva le scatole a tutti. Il problema era
che ci fosse, sempre, il rischio che qualcuno/qualcuna dicesse che gli uomini e
le donne avessero un sesso diverso. C’era, sempre, un uomo che diceva che anche
il suo sesso era amabile, raggiante, dolce, attento e vulnerabile; c’era,
sempre, una donna pronta a dire che anche il suo sesso era esigente, egoista,
selvaggio, tellurico. E ce ne erano, sempre di più, che non si ritrovavano
affatto, né in quei paragoni, né in quegli sproloqui.
Più
grave, si supponeva che il sesso – liberalismo obbliga – fosse scelto o costretto, e, per soprammercato, con
o senza desiderio: occorreva riflettere e, soprattutto, rispondere e questo
diveniva molto complicato.
Le
discussioni, sempre più confuse, finivano sempre più disastrosamente. Ed era tanto
più seccante in quanto nessuno era soddisfatto – in ogni caso, non c’era più
una regola cui rifarsi –, tutti sapevano, tutti mentivano e tutti iniziavano ad
averne veramente abbastanza di questa overdose.
La
libido, già molto bistrattata, si abbassava in modo allarmante.
Alcuni
pensavano, perfino, che tutto questo, a parte fare bambini, rovinasse la vita
di tutti e si
vivesse, se non meglio, sicuramente, più tranquilli, senza.
Alcuni
osavano affermare che, a conti fatti, rinunciare al sesso non fosse, poi, più difficile che rinunciare al tabacco.
Questo
iniziava a divenire pericoloso perché erano proprio i bambini, di cui c’era bisogno
per andare a fare acquisti da Carrefour e
pagare le pensioni, che rischiavano di diminuire.
Il
sesso, allora, prese la situazione in mano.
A
forza di parlare di lui, di lui incessantemente – dato che c’era per qualcosa –
si disse che era tempo di varare un progetto e una strategia. Lesse Machiavelli, Marx, Clausewitz e le femministe. Divenne più sicuro di
sé.
Decise, dunque, di trarre profitto, il massimo del profitto, dal proprio
nome. Ma mal
celava di aspirare a ben altre ambizioni.
Si
dava il caso che ci fosse abbastanza tempo, alcuni avevano pensato di
guadagnare un pò di
denaro, facendo pagare la sola cosa che era gratuita e – nella migliore delle
ipotesi – gratificante: l’amore.
Si mise, allora, efficacemente al lavoro e pensò, di
conseguenza, globale. Decise di fare affari su vasta scala, sotto tutte le
forme: familiari, artigianali, piccole imprese, medi commerci, grandi
industrie, multinazionali quotate in borsa, tutto era buono. 2mila
metri quadrati di sesso per città divenne,
subito, la regola; i sex-shops
facevano fatica a sostenere la concorrenza. Lo Stato venne in loro aiuto, particolarmente,
per mantenere luoghi di convivialità.
Divenne, al tempo stesso, una funzione, un servizio e un prodotto di interesse economico generale.
Il successo fu tale
che, perfino, alcuni ecologisti si misero nel commercio
equo.
La Banca Mondiale
adattò i suoi formulari.
Tuttavia,
nonostante i suoi successi innegabili, c’era ancora gente che diceva che, dietro a tutto questo, si nascondessero
ben scellerati progetti. Prese, allora, il toro per le corna per far cadere i
deplorevoli tabù che lo riguardavano.
In un
primo momento, il sesso utilizzò abbastanza efficacemente – si deve
riconoscerglielo – gli argomenti di autorità, l’intimidazione, le provocazioni.
Niente di più classico. Iniziò gradualmente:
per evitare di dover rispondere alle critiche cui era confrontato, adottò,
allora, sistematicamente, un epiteto
che supponeva avrebbe chiuso, immediatamente, il becco a tutti i suoi
oppositori: puritano/puritana. Lo testò sui/sulle docenti di filosofia e funzionò. “Imbecille”,
passi pure, ci si poteva tentare di difendere, ma “puritano/puritana”, era impossibile. Sarebbe
stato come dire che non si fosse libero/libera, non moderno/moderna, fuori tendenza,
fuori tempo. E, dunque, che non solo non
si era capito niente, ma che si era, anche, conformista, tradizionalista, reazionario.
E se non bastava, a puritano/puritana aggiungeva:
moralista. Questa era la suprema
ingiuria, l’anatema che doveva mettere K.O. l’avversario.
Quanto
a quelli e a quelle – che aveva individuato da tempo – che
dicevano che ricusare il “moralismo”, quando non si aveva un’altra morale da mettere al suo
posto, non era né più né meno che la barbarie in marcia, non avevano neppure il
tempo di iniziare a spiegare perché, che, già, erano messi fuori gioco.
Esauriti,
alla lunga, questi argomenti, decise di scegliere qualche capro espiatorio. Ancora
un classico. Più i suoi bersagli erano
importanti, più era contento. Ma quello
che aveva in testa, a termine, era, in tempo utile, di poter dirigere contro di
loro, la collera, l’odio di tutti quelli (soprattutto uomini, le statistiche
erano senza appello) che, sperando di identificarsi con lui, non ci riuscivano.
Pensava anche di essere in grado di
dirottare contro i suoi/le sue nemici/nemiche tutte le frustrazioni del
mondo. Sui sistemi da adottare, c’erano tanti esempi nella storia che non doveva
far altro che rovistare là, tra quelli che considerava, per lui, i meglio
operativi.
La
lettura di Hannah Arendt lo aiutò molto.
Quanto
alla difesa del proprio onore – cui pretendeva, con forza, aver diritto come
tutti – ne era tanto più irritato in quanto aveva, nel corso dei secoli, preso
l’abitudine di averne una concezione tutta particolare.
Alle
minacce, agli attacchi, alle ingiurie, seguirono i processi, accompagnati – quando era, veramente, necessario
all’affermazione della sua credibilità – dalla messa in atto delle sue minacce.
Il danaro, non era affatto un problema, neppure trovare buoni/buone avvocati/avvocatesse senza troppi scrupoli.
Nonostante tutto, c’erano ancora luoghi dove era,
ancora, persona non gradita. Non
smetteva di imbucarcisi; e, in questo, era imbattibile. Si intrufolò dappertutto
senza vergogna; lo buttavano fuori della porta, rientrava dalla finestra. Di
ogni sua più piccola avanzata faceva una Austerlitz.
Da
allora, divennero sempre più numerose le persone che prendevano sempre meno la parola. Si aggiungevano a tutte quelle che, da
lungo tempo, non osavano, non sapevano, non volevano parlare né di sesso né di
sessualità. E, soprattutto, a tutte
quelle che non comprendevano bene il rapporto tra loro e il proprio sesso.
Da
allora, ebbe il campo libero quasi per lui solo.
Ebbe
una bellissima idea e decise di lasciare la parola alle sue lavoratrici.
Non
le operaie, sfumatura!
Quando
si affermavano, scrivevano, manifestavano, erano in televisione, lui
era tra gli abbonati assenti. Ma, poiché
queste conoscevano il proprio mestiere, non era, veramente, il caso che si
disturbasse. Grazie a loro, inoltre, era riuscito, in mancanza di militanti, a
sopprimere la lotta di classe.
Ebbero molto successo.
Le lavoratrici del sesso… Faceva piacere
alla sinistra che si era fatta sottrarre i lavoratori – che, sempre meno, la
votavano – e che, con la femminilizzazione del termine, sperava di far
dimenticare milioni di lavoratrici, allegramente, sacrificate dal socialismo.
Faceva
piacere alla destra, che aveva, sempre, creduto che non ci potesse essere
ordine senza famiglia e
bordello.
La
religione, si negoziava.
Faceva
piacere, anche, a tutti quelli, di destra come di sinistra e di centro, che,
anche frugando nei fondi dei cassetti, non sapevano più cosa escogitare per fare
denaro.
Ma faceva
piacere, soprattutto, a quelle tra “loro” che si proclamavano urbi et orbi
libere, raggianti e felici, belle e desiderate e – ciliegina sulla torta -
pagate!
Quanto
alle “altre” – quelle che non rientravano nei suddetti parametri – erano
entrate, da molto tempo, nella colonna: “perdite e profitti”. Solo alcune,
scelte con molta cura, che erano state fatte entrare nella categoria: “schiave
moderne” potevano avere diritto a un pò di profitto – a saldo di
ogni rimanenza – per tutte le perdite che avevano subito. Per le altre “schiave”,
non si poteva, dunque, fare gran cosa, dal tempo che questo durava.
Riscattarne,
forse, qualcuna?
Quanto
a tutte le altre, che, non contente di essere brutte, inacidite, gabbate, segretamente
gelose delle prostitute, senza osare, da secoli, riconoscerlo, erano, veramente,
delle povere coglione.
Molto presto, il sesso decise di portare
un interesse tutto particolare alle femministe. Per questo, non si fece
difficoltà: più è grande, meglio è,
è ben risaputo.
Si autodichiarò femminista.
Credibile
o no, se ne fotteva.
E, il
peggio è che funzionò.
Là, fu
magnifico.
Seppe
farsi modesto, ma mal celava che dichiararsi femminista fosse il suo maggior piacere.
Prendeva, inoltre, due piccioni con una fava: si conferiva una immagine di
intellettuale e di militante rispettabile e rispettato e vuotava il femminismo
di ogni dottrina e di ogni legittimità (una volta nel posto che assediava letteralmente,
lo vuotava di tutte le dottrine che lo sconfessavano).
Quello
che voleva, innanzitutto, era che ogni sospetto di criminalità che, da secoli,
gli era stato cucito addosso, scomparisse.
Per questo,
si doveva riconoscerlo un interlocutore valido: era pronto, da quel momento, a
discutere con tutti, del tutto, del niente, purché non si trattasse
dell’essenziale.
Per questo,
voleva incessantemente – era divenuta una ossessione – che gli parlassero,
discutessero con lui, lo leggessero, lo invitassero.
Gli
parlarono, discussero con lui, lo lessero, lo invitarono.
Seppe
guadagnarsi il rispetto.
Ma
aveva una sua fragilità intima: fintanto che fosse restata una sola persona a
rifiutarglisi, si sarebbe sentito frustrato, perfino, furioso.
Poiché
non era facile far ingoiare che fosse divenuto femminista – la pillola era un
pò grossa, lo riconosceva lui stesso – decise di coinvolgere
la cultura.
Domandò
agli/alle
intellettuali, ai/alle
ricercatori/ricercatrici di scrivere molti libri su di lui.
Fu fatto.
Domandò
ai cineasti, ai romanzieri, di realizzare film
e romanzi su di lui.
Fu fatto.
Domandò
ai giornali di scrivere molti articoli su di lui.
Fu fatto.
Festivals, concerti, spettacoli,
esposizioni, musei che gli erano – esclusivamente o no – dedicati spuntarono un
pò dappertutto.
La mappa
di impianto della Coca-Cola nel
mondo divenne, progressivamente, la sua; la soppiantò ampiamente.
Poiché
rischiava di esserci una overdose
di calo della pornografia – decisamente, dopo il Kama-Sutra, era
difficile fare di più e di più nuovo – inventò un trucco molto efficace: quando
il sesso scemava, ne spandeva un pò o
molto, dappertutto: una piccola aggiunta di sado-masochismo qui; una
riabilitazione di de Sade là. Una riscrittura della storia femminista qui, una
scena di bordello là. Un pò di Hugh Hefner come
modello di libertà di stampa qui; molti reportages sui/sulle “trafficati/trafficate”
del sesso là.
E molti messaggi, molte analisi e progetti
sull’AIDS…
Tutto
questo – e molto altro ancora – finì per ottenere i suoi effetti. Infine, divenne, ormai, scontato – se si credeva a quanto
si leggeva, si vedeva, si sentiva tutti i giorni – che la libertà sessuale (l’espressione, è vero, non era, veramente, chiara ed era, dunque, fatta per la sua
faccia) fosse sinonimo di
donne nude (all’arte e a Courbet,
maggiormente, fu non poco fatto ricorso) , di ammucchiate, di
scambismo, di pornografia, di sado-masochismo.
E
poiché tutto questo necessitava di luoghi per tutte le borse, ne creò di molto
funzionali, molto puliti e pieni di soggetti ben disposti. Si discusse, in
alcuni paesi, del consenso dei bambini, non durò a lungo. Una volta che il
sesso era ben entrato nella testa, non veniva contestato più da nessuno che “vendersi”
fosse l’unica soluzione. Non c’era, infatti, altra alternativa né alla
disoccupazione – dato che non era indennizzata da nessuna parte – né alla morte
per inedia, non avendo da mangiare.
Molti/molte
erano, dunque, interessati/interessate.
Il sesso aveva fatto grandi passi, ma non gli bastava. Continuò a pensare e, a
forza di riflettere – poiché aveva molto denaro, questo aiutava – decise di attaccare l’insegnamento.
Di certo, aveva, già, abbastanza investito nella primaria e nella
secondaria grazie alla pornografia, ma decise di fare di più.
Creò
scuole, università, centri di ricerche.
Si insegnava, si lavorava, si cercava sul sesso
che lavora, su quello che allatta, su quello che dà vita, su quello che ha
l’AIDS, su quello che si masturba, su quello di Giulio Cesare e su quello della
tarantola. Non si dimenticava neppure il sesso nazionale, il sesso coloniale,
il sesso anale, il sesso delle scienze, il sesso delle piante, il sesso al
lavoro... Era infinito.
In
filosofia, si studiavano – purgati di tutto l’inutile - Nietzsche, Schopenhauer
ai quali si aggiungevano de Sade, Sacher-Masoch, Krafft-Ebing, Lombroso,
Darwin, Bataille, Gyotat...
In
letteratura, si studiavano tutti quelli che, un giorno – là, non c’era che
l’imbarazzo della scelta – avevano vantato i piaceri che si dovevano procurare a
quelli che erano dalla parte del più forte. Da quel momento, il numero delle
donne, che non erano, già, molto numerose nel settore, diminuì in modo
sensibile; ma, altre, lanciate più o meno da lui e dai suoi compari, e, dunque,
molto mediatizzate, finirono per occupare l’essenziale dello spazio editoriale,
che equivaleva a dire la stessa cosa o quasi.
Nelle
lezioni, si riprese da zero la storia dell’umanità: quelle sulla libertà, sulla
scelta, sul libero arbitrio, sul consenso, insegnate al primo anno, ne erano i
fondamenti. Il libertinaggio si fece etico; il patriarcato, impostura; il
desiderio, ragione; la confusione intellettuale, criterio di eccellenza.
Certo,
tutto ciò non aveva alcun rapporto né con i fatti, né con il reale, né con la
storia, né con il pensiero, ma, come era per tutto quello che non voleva più,
funzionava molto bene. Rese un omaggio sconfinato alla pubblicità – alla
quale conferì un posto di elezione – per aver ampiamente arato il terreno sul
quale non doveva far altro che seminare.
La
critica – che si doveva severa – dell’affermazione:
“L’uomo
ha un pene, ma la vagina possiede la
donna.”
di
Otto Weininger era dato come
soggetto di riflessione/criterio di selezione all’accesso.
Tutti
si accalcavano negli anfiteatri.
Era
molto interessante e c’erano molte possibilità: ce ne erano per gli intellettuali, per gli imprenditori, per
gli amministratori, per i giuristi, ma, bisogna riconoscerlo, nettamente
più per le donne e per gli uomini tuttofare...
Coinvolse,
anche, il campo religioso unitamente al pagano e alle sette: creò icone, santi, idoli, sacerdotesse per celebrare il suo
culto.
Il
sesso, tuttavia, non perdeva mai la tramontana; l’ideologia, il denaro, la
religione, erano ottimi, ma erano aleatori. Doveva radicarsi più profondamente,
perché nessuno potesse detronizzarlo. La politica gli fu una necessità. E
poiché aveva amici nell’armamento, nella droga, nel gioco e in tutte le mafie,
già ben installate, tutto si svolse più velocemente e più facilmente.
Scoprì
che c’erano testi internazionali che parlavano di “cose” che lo facevano
sentire a disagio, perché era scritto che fare denaro vendendo il sesso di
altri era vietato. Decise, dunque, – alla chetichella, senza che nessuno lo
sapesse e senza parlarne in pubblico, ed era veramente maligno – di pagare lautamente
menti molto brillanti perché lo sbarazzassero di quelle vecchie “cose”. E
perché coniassero per lui parole nuove che gli calzassero come un guanto.
Fu
fatto.
Un
grande passo in avanti era compiuto.
Il
terreno era sgombrato.
Poteva
agire sul piano nazionale e far votare le sue leggi.
Per
fare questo, si intrufolò nei luoghi dove, si supponeva che le cose – più o
meno – si decidessero.
Gli
fu necessario, proprio all’inizio, travestirsi un pò, ma il prestigio che aveva,
a poco a poco, acquisito lo aiutò molto.
Convinse
molti a dargli ragione.
A
loro discolpa, se, sovente, tutte quelle persone non si rendevano troppo conto
di quello che loro chiedeva, in ogni caso, avevano così bisogno di danaro da
non poter troppo sottilizzare.
Ancora
di più, per alcuni, il suo passato di crudeltà, di indifferenza al dolore altrui
e di cinismo assoluto era la migliore credenziale.
Ottenne,
così, che, come articolo 1, “Il diritto
al sesso” e, come articolo 2, “Il diritto di sfruttare se stessi per conto
di terzi” fossero inseriti nella nuova Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani. Insieme al suo compare, lo Stato, escogitò – per proteggersi da
ogni denuncia indebita - un articolo 3 che creava il reato di “aiuto non intenzionale alla criminalità internazionale
organizzata”. Questo – utilizzato, una sola volta, per un fannullone –
sostituì tutti gli altri testi inseriti, da lustri, in codici che
nessuno più leggeva né più utilizzava.
La
legge del sesso – vale a dire la sua libertà senza limite – aveva avuto ragione
della legge.
Ottenne
che gli/le abolizionisti/abolizioniste fossero perseguiti/perseguite per
complicità di crimini. Ma esitò, un istante, a chiedere, simbolicamente, l’abolizione
dei privilegi che gli abolizionisti avevano, sosteneva, indebitamente ottenuto
su di lui. Superò i suoi scrupoli e
trionfò senza troppe difficoltà.
Ottenne
che la divisa della nazione divenisse: “Libertà, redditività, sessualità”.
Certi/certe difesero il mantenimento del riferimento all’eguaglianza;
la contesa non durò a lungo.
Ottenne
che ogni città fosse obbligata a costruire – oltre agli alloggi sociali –luoghi
(capanne, garages, zone di sesso, drive-in, luoghi di incontro provvisti
di tutte le stelle della Pirelli: gli appelli di offerta furono lanciati) dove
si potesse carezzarlo, guardarlo, praticarlo, lodarlo, prestarlo, venderlo, torturarlo...
mattino, mezzogiorno e sera.
E,
perfino, ucciderlo.
Ottenne
che fosse considerato, per chiunque, un motivo automatico di separazione essere
privato, indebitamente, di sesso.
L’insegna
all’ingresso dei luoghi pubblici riportava:
“Sii
quello che il tuo sesso farà di te.”
Aveva
sempre molti progetti e nuove idee nel suo cilindro.
Grazie
alla cultura, all’insegnamento, al diritto, alla politica, ampliò ancor più il
suo potere, i suoi principi, le sue ambizioni. Creò Coppe del mondo, Olimpiadi,
parchi a tema, spazi pubblici, centers parks, festivals, saloni, templi, agenzie, fiere,
accademie del sesso. In quei luoghi, decise che le pulsioni e le capacità
sessuali sarebbero state, concomitamente, eccitate, migliorate, arricchite,
rese più efficaci, più competitive, più redditizie. L’ingresso era gratuito per
le ragazze, fino al giorno in cui l’offerta superò la domanda; allora, divenne a
pagamento per tutti, ma detraibile dalle tasse.
Ma
c’era, sempre, qualcuno, nonostante tutto, pronto a dire che faceva denaro in
modo poco cattolico. Un giorno, sentì una frase:
“Sesso senza
coscienza non è che rovina dell’anima.”
Fece tilt.
Allora, decise di
investire nei valori: si fece esteta, profeta dello scambio, della condivisione, della solidarietà, del piacere, dell’emozione,
della gioia, della felicità. Il sesso si dichiarò con il mal d’amore. Apprese
anche a dichiarare i propri sentimenti.
Questa
decisione, che gli era costata, economicamente, poco, gli rese molto.
Ma questo
non gli bastava sempre. Fintanto che ci fosse stato ancora qualcuno da affrontare
e, perfino, da convincere, avrebbe significato aver qualcosa da provare, cosa
che non voleva in alcun caso. Si disse, allora, che il miglior modo per evitare
di doversi continuamente, giustificare – prova di debolezza per eccellenza – fosse
di rifarsi una verginità politica ex nihilo o quasi. Si pagò, allora, il lusso di dirsi
non abbastanza pagato, sfruttato, dominato, violentato. Incontrò qualcuno che
gli disse di essere stato violentato: dichiarò che era veramente contro e che
era molto male.
Creò
associazioni di aiuto alle vittime, aprì centri di ascolto e cliniche dove coabitavano
massaggiatori/massaggiatrici, psicologi/psicologhe, sessuologi/sessuologhe, sessuopatici/sessuopatiche,
sessuofili/sessuofile,
pedofili/pedofile riabilitati/riabilitate dal loro amore incontestabile per i
bambini. Dopo non pochi conflitti di prelazione, la coabitazione si fece
serena.
Ma
c’era, nonostante tutto, sempre qualcuno/qualcuna pronto/pronta a dire che fosse
dalla parte dei farabutti. Decise, allora, di coinvolgere la critica del
sistema: poiché c’era, già, non poca gente là, si fece subito degli amici.
Dichiarò di contestare l’ordine stabilito. Affermò che era il difensore dei/delle
poveri/povere, degli/delle sfruttati/sfruttate, degli/delle esclusi/escluse,
che era il portavoce delle vedove e degli/delle oppressi/oppresse. Per essere
quello delle femministe, dovette attendere un pò. Scrisse di essere multiculturale
e, perfino, di difendere tutti i sans-papiers;
sul piano mondiale, era molto. Si fece l’apostolo della lotta contro tutti i
tabù e tutte le stimmate, contro tutte le trasgressioni e tutte le
discriminazioni. Non aveva tempo di essere diplomatico; faceva fuoco di ogni
bosco.
Ebbe successo tra gli anarchici, i libertari, i sinistrorsi,
gli ecologisti. Erano tutti molto contenti di loro. Finalmente, la loro
cattiva coscienza – per quelli che ne avevano una – poteva riabilitarsi senza
più ingombrarli troppo. Tutti gli altri ridevano o sogghignavano, non appena si
parlava di lui, l’abitudine ne era divenuta una seconda natura.
Quello
che vedeva era che funzionava.
Più
era polimorfo, più il suo profitto, ma, più ancora, la sua influenza aumentava
proporzionalmente alla capacità che aveva di affermarsi verso e contro tutto. Il
fascino del potere funzionava a suo favore. Così, a poco a poco, cominciò a fregarsene,
regalmente, di quelli e quelle che continuavano a ripetergli che non era
veramente bene fare quello che faceva. La sua filosofia – la vera, non quella
che vendeva – era che, in ogni caso, la vita non valesse niente o granché, come
racconta.
E,
siccome non era il solo a vivere di quel credo, trovò non pochi/poche alleati/alleate.
Aveva
il mondo alla sua portata: era, ormai, libero, abbondante, di facile accesso.
Maggiore, minore e vaccinato. Andò dritto per la sua strada e gestì, energicamente, tutti i problemi che incontrò.
Si
inquietò, per un attimo, del calo del desiderio, degli uomini virili. Si
doveva, infatti, – ed era, per lui, vitale – aumentare, incessantemente, la
domanda che non poteva né stagnare, né ancor meno regredire.
Le pannes dei sessi, dopo il Viagra,
rimborsate, scavarono a tal punto il buco dell’assistenza che si dovette
incrudelire. La repressione non era sufficiente per regolare il problema: era
confrontato a costrizioni fisiologiche difficilmente superabili.
Poco importava. Fece appello alla tecnologia che
venne in suo aiuto. Esseri-sessi-macchine – di tutte le taglie, di tutti i
colori, di tutte le età – furono inventati/inventate; inondarono il mercato.
Per meglio farne comprendere l’utilità, la funzione, i vantaggi e la maniera di
servirsene, li/le diffuse, gratuitamente, in tutte le scuole. E organizzò – per
festeggiare questa titanica innovazione culturale – gigantesche feste, nel
corso delle quali si bruciarono
tutti i gods (di un profitto ridicolo) in immensi e salvifici autodafé.
Si inquietò, per un attimo, del
costo crescente delle mazzette e della corruzione che, giorno dopo giorno,
finiva per aggravare il debito.
Poco importava. Decise di non perdere più il suo
tempo in seduzioni aleatorie, misere bugie. Comperò
tutti i governi, i parlamentari e altri “fronzoli”. Poiché, in ogni caso, non
servivano più a nulla e, per sopramercato, si facevano ingiuriare tutta la giornata,
si dissero che, almeno, con lui, potevano mantenere – e, per certi versi,
nettamente aumentare - il loro tenore di vita. Non erano esigenti: uno o
due soltanto cavillarono sui termini
del contratto; non si sentì più parlare di loro. Da quel momento, tutto divenne
più semplice. Possedette lo Stato, tutti gli Stati – tanto più che, lui, aveva
un progetto planetario – e ne fece la sua proprietà privata: non doveva che chiedere
quello che voleva ed era fatto all’istante.
Si inquietò, per un attimo, per le continue
difficoltà nel reperire la materia prima per alimentare il mercato. Perchè i
più ricchi non volevano gli/le esseri-sessi-macchine che aveva inventato e
continuavano a reclamare esseri umani in carne, ossa e sesso; e, per i molto,
molto ricchi – era previsto sulla carta – anche con l’anima in più.
Inoltre,
i discounts del sesso, anche
riacquistati dalle multinazionali, anche dopo aver sgraffignato tutto il danaro
degli azionisti, anche dopo aver licenziato tutti quelli e quelle che non erano
sfruttati/sfruttate – e che in più dovevano dire grazie – facevano talmente
abbassare i prezzi che nessuno ci trovava il suo investimento.
Poco
importava. Soppresse gli arresti continui, le decisioni di allontamenti
ripetuti, le messe in centro di ritenzione, i rapimenti, le razzie costose,
puntuali, eternamente a ricominciare. Dichiarò lo stato di guerra permanente.
La democrazia non resistette a lungo: era da troppo tempo che ingoiava rospi,
detto e fatto di tutto, che nessuno, neppure
quelli che erano pagati per renderla ancora un pò credibile, ci credevano
più.
Tutto quello che era stato messo in campo per la
lotta contro il terrorismo – alla quale continuava, ancora, a credere qualche
gonzo – fu molto utile: la logistica necessaria per alimentare il mercato era
operativa. Ordinò ai suoi compari, già sul posto, degli aerei senza pilota che
circondavano una regione (dopo averne evacuato, preliminarmente, gli animali
necessari alla redditività dei parchi nazionali) e la inondavano di gas
asfissianti. E, poi, dopo i bulldozers
entravano in azione, raccoglievano quelli che erano a terra in vagoni e riempivano
gli immensi campi, nei quali le soluzioni più razionali erano effettuate. Dei lebensborn provvisti di tutte le nuove
tecniche scientifiche erano annessi.
Si inquietò, infine, che alcuni/alcune, qui e là, stentassero
ancora a credere nell’avvenire e negli slogans che proponeva, imponeva,
esigeva:
“Il sesso come ragione di essere”, “Il sesso come orizzonte di vita”, “Il sesso è il motore della vita” e, infine,
il migliore: “Fai del tuo sesso un’opera”.
Poco importava. Decise
che non aveva più tempo di trattare individualmente con i/le recalcitranti.
Agevolmente scovati da tests di
selezione, raggiungevano nei campi quelli e quelle che non ne volevano sapere
di lui, a nessun prezzo, che non sognavano che castità, integrità, ripiego su di
sé, rispetto di sé, individuo. E che erano rinchiusi/rinchiuse da tempo.
Tutto quel bel
mondo – senza il becco di un quattrino – lavorava il giorno a turni di 3x8, per
fornire di prodotti inutili miliardi di individui che erano stati persuasi
della loro assoluta necessità, mentre, la notte, tutti, dopo le selezioni che
decidevano delle destinazioni, dovevano baciare ed essere baciati.
Indifferentemente e obbligatoriamente. Nessuna scusa era ammessa; ancora di
più, alla minima resistenza, la dose era raddoppiata.
Sapeva, infatti,
da tempo che non c’erano che la guerra e la carestia, la cui funzione era di costringere i popoli a eseguire la volontà fatta legge dai più forti. Lo stupro generalizzato/razionalizzato contribuiva,
più efficacemente di ogni altra cosa a spezzare quelli e quelle che
persistevano a tentare di continuare a credere che potesse esserci una vita in
cui il sesso avrebbe trovato il giusto posto che ciascuno/ciascuna poteva, avrebbe
ben voluto accordargli.
Da quel momento, naturalmente, lo
stupro con quello che conservava in sé di connessione all’idea, alla nozione, all’ipotesi
di una costrizione, disparve dal vocabolario, dal pensiero.
I metodi che impiegava, in quei campi, erano un misto di quelli venuti dalle
piantagioni, dalle trincee, dalle prigioni, dalle gangs, dalle agenzie
nazionali per l’impiego, dai bagni, dalle catene di montaggio, dagli stadi. Su
vasta scala. Ma, quelli dei bordelli – quelli che avevano così ben dato prova
nella storia, che erano
riusciti a far scomparire dalla memoria del mondo decine di milioni di donne
che c’erano state rinchiuse – furono i modelli di base: erano i meglio rodati e,
soprattutto, i soli giustificati.
In breve, non funzionava male. Anche troppo bene.
Poiché
fece tanto e così bene, che alla fine, aveva ammassato tutta la fortuna del
mondo – anche dopo i pagamenti dei mercenari, dei dealers, dei politici, dei
giornalisti, dei guardiani, ne restava
ancora abbastanza – ma non c’era più nessuno. Sulle rovine fumanti di tutte le
guerre che aveva scatenato per alimentare il mercato, sulle rovine di tutte le
persone stuprate, usate, distrutte, stritolate, aveva finito per fagocitare
tutto, fatto tabula rasa di tutto. Non restavano più che i parchi nazionali,
pieni di animali
selvaggi, ma non c’era più nessuno che li nutrisse o stesse alla biglietteria
all’ingresso.
Il
mondo non era più che un gigantesco e mostruoso fallo, ai lati del quale le Twin Towers sarebbero sembrate capanni per conigli.
Il
sesso – tutto solo – aveva vinto.
La seccatura era che tutto il mondo era morto.
Tranne
due – un uomo, una donna – che, per miracolo, erano rimasti, ancora, vivi.
E si dovette ricominciare tutto.
Affermare
che ci sono essere umani.
Uomini
e donne, proprio un pò più complicati di prima.
Ma,
sempre, non eguali.
Perché
i poteri del sesso maschile, quelli del fallo, non erano, ancora, stati
aboliti.
Tra
gli altri…
Daniela Zini
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novembre 2011 ADZ