“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”

Nikos Kazantzakis

Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:


Bani adam a’za-ye yek peikarand,
Ke dar afarinesh ze yek gouharand.

Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar,
Degar ‘ozvha ra namanad qarar.

To kaz mehnat-e digaran bi ghammi,
Nashayad ke namat nehand adami.

I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo,
Originate dalla stessa essenza.

Se il destino arreca dolore a una sola,
Anche le altre ne risentono.

Tu, che del dolore altrui non ti curi,
Tu non sei degno di essere chiamato Uomo.

Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan

traduzione dal persiano di Daniela Zini

Dormire, dormire e sognare…

Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.

Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.

Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.

Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.

Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.

È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.

Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.

L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.

D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.

Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.

Quel tentativo fece completo fallimento.

Perché?

Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.

In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.

Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.

Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.

Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.

Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.

E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?

La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.

Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.

Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.

Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?

Tutte!
La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.

Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.

La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:

“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”

Roma, 20 gennaio 2014

Daniela Zini

venerdì 24 settembre 2021

Covid, chi sono gli immuni per natura?

Immunologist regrets voting for Biden after 'draconian' vaccine mandate

Police officer quits over vaccine mandate: 'I decided to turn in my badg...

Jim Jordan Calls Out VP Kamala Harris For Vaccine Tweet: 'That Makes No ...

DeSantis Blasts Fauci At State Surgeon General Announcement

McEnany: Anthony Fauci is a con-artist who can swim in Washington's swamp

lunedì 13 settembre 2021

WOW! Fauci Just Said The UNTHINKABLE...

venerdì 10 settembre 2021

Luis Medina - Marine infiltrado en guarimbas de la frontera

Poliziotto infiltrato al G8 di Genova?

martedì 7 settembre 2021

ANTEPRIMA! estratto dalla: LETTERA APERTA AL PRIMO CITTADINO PRESIDENTE E AGLI ITALIANI di Daniela Zini

 

“Qualsiasi relazione discriminante che non rispetta la convinzione fondamentale che l’altro è come me stesso costituisce un delitto, e tante volte un delitto aberrante.”

Papa Francesco

 

 

Quando passerà questa notte interna, l’universo,
e io, l’anima mia, avrò il mio giorno?
Quando mi desterò dall’essere desto?
Non so. Il sole brilla alto:
impossibile guardarlo.
Le stelle ammiccano fredde:
impossibile contarle.
Il cuore batte estraneo:
impossibile ascoltarlo.
Quando finirà questo dramma senza teatro,
o questo teatro senza dramma,
e potrò tornare a casa?
Dove? Come? Quando?
Gatto che mi fissi con occhi di vita, chi hai là in fondo?
Si, sì, è lui!
Lui, come Giosuè, farà fermare il sole e io mi sveglierò;
e allora sarà giorno.
Sorridi nel sonno, anima mia!
Sorridi, anima mia: sarà giorno!

Fernando Pessoa, Magnificat, 7 novembre 1933

 

La concezione dell’intellettuale che vive su un’isola deserta, nelle catacombe, nella sua torre di avorio, di mattoni o di altra cosa, o ancora su un iceberg in mezzo all’oceano, che porta il suo talento, come il gobbo la sua gobba, suggerisce una serie di immagini, certamente, seducenti, ma che dissimulano una visione romantica del creatore, sterile e, mortalmente, pericolosa.

Fintanto che il mio cuore non cederà, prenderà il partito del debole.

Tale è il ruolo di una coscienza che non è impegnata da alcuno interesse personale in interessi di partito.

Perché nessuno si inganni, avverto che non è un manifesto!

Questa è una lettera sulla disperazione. Il termine è talmente abusato da avere perso molta della sua forza. Troppe storie di squadre sportive che cercano “disperatamente” la vittoria, o di donne “disperate” per quale che sia l’argomento della serie televisiva più popolare. Alcuni mistificatori hanno banalizzato una parola che andrebbe usata solo in circostanze straordinarie. Dovrebbe essere un termine potente riservato alla sensazione, terribile, che una Vita sia in pericolo. Andrebbe usato in caso di minacce esistenziali – altra espressione abusata! – a una persona o alla sua Famiglia, ai suoi Amici, al suo Paese. Quando la posta in gioco è la più alta possibile e le opzioni quanto mai ridotte. Sentirsi disperati significa credere che non vi siano alternative, che tutto ciò che si è tentato o si potrebbe tentare sia destinato a fallire. La disperazione ci porta a prendere in considerazione idee che, in circostanze normali, sarebbero inimmaginabili: perché chi è disperato prende decisioni disperate.

Questa è, anche, una lettera sull’innovazione.

Ragionare in modo creativo su come funzionano le cose nel mondo – su come potrebbero funzionare – ha accelerato la trasformazione tecnologica, sorprendentemente dinamica, degli ultimi cento anni. Dall’avvento del volo in aerostato al jet supersonico; dai fucili a otturatore scorrevole ai cannoni su rotaia elettromagnetici; dall’ENIAC al calcolo quantistico; dal soldato assiderato in trincea che ascolta i messaggi intercettati via radio ai super computers dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale [NSA], che raccolgono una quantità sconfinata di metadati; le persone innovative continuano a plasmare il mondo e a plamarlo a una velocità esponenziale rispetto alle generazioni precedenti.

Ma quando disperazione e innovazione si incontrano, solitamente, è una sciagura. Se la necessità è la madre della creatività, la disperazione è lo zio alcolista. Quello che vi chiama una volta l’anno, alle tre del mattino, il giorno del vostro compleanno, con l’idea più fantastica che abbiate, mai, sentito. Non importa quanto smontiate la logica delle sue parole, né quanti errori troviate nel suo ragionamento: lui ne è convinto!

Questa funzionerà!

Deve funzionare: lui è un uomo disperato!

In generale, i libri di Storia usano gli eventi del Passato per spiegare con solidi argomenti le motivazioni, le personalità e le mentalità degli attori.

E, giustamente!

È questo che i libri di Storia dovrebbero fare, almeno in parte. Ma credo anche che la valutazione degli eventi storici non sia abbastanza: può essere altrettanto importante indagare sulle politiche, le decisioni e le tecnologie che vennero vagliate ai più alti livelli. Gli intenti degli attori possono essere – e, a mio parere, sono! – molto più educativi e illuminanti degli esiti delle loro politiche. “La Storia degli esiti” è il modo tradizionale di vedere gli eventi storici, ma lascia molto a desiderare. Ha seri limiti, principalmente perché le sue lezioni poggiano su qualcosa che non può essere quantificato con precisione: il Fato, la Fortuna, la Sorte, comunque lo vogliate chiamare. Se il D-Day – lo Sbarco in Normandia – fosse fallito per una burrasca inattesa o per il colpo andato a segno di un soldato tedesco che avesse centrato un importante ufficiale americano sulla spiaggia – o qualsiasi altro scenario infausto – avremmo un’opinione peggiore del piano di Dwight David Eisenhower?

Se si usa la Storia degli esiti: sì!

E questo è il problema.

L’intento può essere uno strumento molto utile per gli storici.  

MKULTRA divenne tristemente famoso per via degli esperimenti sul controllo delle mente, che prevedevano la somministrazione a soggetti consapevoli e inconsapevoli di una sequela di sostanze allucinogene da testare, in particolare l’LSD. È stato, anche, criticato per i progetti di ricerca e produzione di armi biologiche e chimiche destinate a essere usate dalla CIA in omicidi e altre “azioni esecutive”. Ma quello che molti ignorano è che, in realtà, MKULTRA comprendeva vari programmi – circa 150 – riuniti sotto lo stesso nome in codice e molti di quei sottoprogetti non avevano nulla a che fare con tossine biologiche, composti chimici o sostanze psichedeliche. A dire il vero, non sappiamo nulla della maggioranza dei progetti che costituivano MKULTRA: ne conosciamo solo la punta dell’iceberg. I documenti, in larga parte, sono stati, deliberatamente, distrutti, decenni fa, e, a meno che qualcuno non ne abbia conservata una copia segreta da qualche parte, non conosceremo, mai, le reali dimensioni di questo particolare capitolo della storia della CIA. Quello che sappiamo è che almeno due dei sottoprogetti fossero incentrati sull’uso della stimolazione cerebrale e sul controllo degli animali. Secondo un rapporto della CIA dei tardi Anni Sessanta, uno di questi, il Sottoprogetto 94, dimostrava la “fattibilità” di impianti elettronici  e della manipolazione comportamentale di diverse specie animali.       

Quindi, lasciate fuori della porta il vostro senno di poi e seguite il consiglio del Gran Maestro Yoda:

“Devi disapprendere ciò che hai appreso.”

Qui non vi è spazio per il controffattuale.       

Sarò felice di unirmi a voi, un giorno, per un vivace dibattito sul controfattuale storico, in compagnia di un bicchiere del vostro vino preferito o di una tazza di tè.

Il modo migliore di approcciarsi a questa lettera è non avere preconcetti sul modo in cui i decision makers affrontarono i problemi.

Dovrebbe indurvi a chiedervi:

“Cosa pensavano?”

Sempre, chi deteneva il potere desiderava, “disperatamente” fare qualcosa – qualsiasi cosa – per contrastare gli avversari. 

I loro intenti contano quanto le loro azioni.

“Cosa pensavano?” è, dunque, perfettamente corretto, spero solo vogliate prendere la domanda sul serio e non considerarla unicamente un commento sprezzante o una critica sbrigativa.

In una novella de Le Mille e una Notte si racconta che la terra e gli animali tremarono il giorno in cui Dio creò l’uomo. Questa folgorante visione, degna di un Poeta, assume, oggi, pieno significato, dal momento che sappiamo, ancora più del narratore arabo del Medioevo, fino a quale punto la terra e gli animali avessero ragione di tremare. I nostri Amici di pelo e piume del Regno Animale hanno sopportato più di quanto avremmo, mai, potuto immaginare, tutto a nostro beneficio e tutto perché sono “disposti” a svolgere compiti che noi ci rifiuteremmo o non saremmo in grado di eseguire. Avete presente quando un film usa gli animali e nei titoli di coda appare la scritta:

“Nessun animale è stato maltrattato durante la produzione di questo film?”

Ebbene, le cose non stanno proprio così.

Gli animali sono stati aperti, cablati, investiti, incendiati, fatti esplodere, infettati con agenti patogeni, dipinti di vernice corrosiva e, probabilmente, cancerogena e infilati in armi tattiche nucleari.

Tutto in nome della sicurezza nazionale!

Scriveva Oscar Wilde che il peggior crimine è la mancanza di immaginazione. L’essere umano non prova compassione per i mali dei quali non ha esperienza diretta o ai quali non ha, personalmente, assistito.

Ho, spesso, pensato che i vagoni piombati e i muri ben costruiti dei campi di concentramento hanno consentito l’estensione e la durata di crimini contro l’Umanità che sarebbero cessati molto prima se si fossero svolti all’aperto e sotto gli occhi di tutti. Le esecuzioni rigorosamente pubbliche a scopo “educativo” mitridatizzavano una parte degli spettatori, ma ve ne erano sempre molti, che ne restavano turbati, quando non protestavano a voce alta, e, così, le loro lagnanze finivano per farsi sentire. Gli esecutori delle alte imprese dei nostri giorni sono più attenti nel prendere le debite precauzioni.

Sono poco meno di duecento anni che è stata proclamata la Dichiarazione Universale  dei Diritti Umani e qual è il risultato?

Nessuna epoca è stata più concentrazionaria, più portata agli stermini di massa di vite umane, più pronta a degradare, nelle sue stesse vittime, la nozione di Umanità.

“Non uccidere!”

Tutta la Storia, di cui siamo così orgogliosi, è un’infrazione ininterrotta a questo comandamento.

Lo sviluppo delle armi nucleari è stato, naturalmente, lo sviluppo di una tecnologia nuova e innovativa, eppure, sarebbe ipocrita considerare la bomba atomica solo un’altra invenzione. La trasformazione dell’energia nucleare in un’arma rappresentò una svolta nella Guerra Fredda. Avevamo creato la tecnologia più disruttiva della Storia dell’Umanità, ma in molti casi non avevamo idea di cosa fare del nostro nuovo potere.

L’avremmo usata come una qualsiasi altra arma o l’avremmo riservata per le circostanze straordinarie?

Ci saremmo limitati a confidare sul suo impatto psicologico per il semplice fatto di possederla?    

Avremmo potuto usarla per il bene dell’Umanità?

Quali conseguenze devastanti avremmo rischiato di innescare con  una tale arma?

Tali interrogativi sono stati dibattuti, costantemente, negli Anni della Guerra Fredda. Alcuni hanno ricevuto risposta, altri sono, tuttora, irrisolti.

Io mi concentrerò sugli ultimi.

Io non sono che un essere umano tra i miliardi di esseri umani che popolano il nostro pianeta Terra.

Poco importa il mio nome, il mio colore della pelle, la mia religione, la mia statura, il mio peso, il mio sesso…

Noi veniamo condizionati a mettere cartellini, talloncini, targhette, etichette su tutto ciò che ci circonda!

Per quanto ciò sia pratico, i cartellini, i talloncini, le targhette, le etichette sono, del tutto, approssimativi e ci allontanano dalla realtà. Noi non siamo una rappresentazione, una formula matematica, noi siamo infiniti e in incessante movimento.

Una mela, è un nome, una parola; anche la formula chimica della mela non è che un nome, un codice, pratico, utile, ma lontano dalla Verità!

Sono il sapore, la tessitura, il profumo, il gusto, la sensazione che questa cosa, che noi chiamiamo mela, producono in noi, divenendo noi a essere più vicini alla Verità. Ma le parole ci allontanano dalle cose; pratiche, utili, non restano che un pallido riflesso della realtà.

Io non sono che un cartello indicatore!

Abbiamo, vi prego, la saggezza di seguire la direzione, senza attardarci sull’indicazione.

Si offre a voi lettori e a me scrittore una opportunità unica… un tour insolito che non rimarrà senza conseguenze e a recarne segni indelebili sarà il grado di consapevolezza, responsabilità, e sensibilità degli stessi viaggiatori.

Quindi, prendete una sedia, accomodatevi e rilassatevi.

Ci aspetta un bel tour!

 

lettera aperta

di una italiana

@

 PRIMO CITTADINO PRESIDENTE

SERGIO MATTARELLA

&

ITALIANI

di

Daniela Zini

 

 

Primo Cittadino Presidente, Italiani,

Il 10 dicembre scorso, per celebrare il LXIX Anniversario della proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani [https://www.ohchr.org/EN/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf], un documento fondamentale, che proclama i diritti inalienabili dell’Uomo, indipendentemente da razza, colore, religione, sesso, lingua, opinione politica o di altro tipo, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita o altro status, il focus si è, inevitabilmente, incentrato sui problemi che la pandemia da Covid-19 ha fatto emergere e sulla necessità di assicurarsi che i diritti umani siano al centro degli sforzi di ripresa per contrastare le disuguaglianze e e le discriminazioni.

La Giornata Mondiale dei Diritti Umani ha lo scopo di promuovere l’attuazione dei 30 articoli, di cui è composta la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nata sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale e approvata, nel 1948, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e, per l’edizione 2020, è stato scelto lo slogan Recover Better – Stand up for Human Rights [Riprendersi Meglio – Battersi per i Diritti Umani].

L’ONU aveva calcolato che, alla fine del 2020, si sarebbero contate 77 milioni di persone in più in condizioni di povertà estrema e aveva voluto pubblicare un manifesto programmatico per affrontare le principali criticità emerse con forza nel corso dell’anno:

-   mettere fine a discriminazioni di ogni tipo: la discriminazione strutturale e il razzismo hanno alimentato la crisi. L’uguaglianza e la non discriminazione sono requisiti fondamentali per un mondo post-Covid;

- affrontare le disuguaglianze: è necessario promuovere e proteggere i diritti economici, sociali e culturali per un nuovo contratto sociale;

-   incoraggiare la partecipazione e la solidarietà: dagli individui ai Governi, dalla società civile e dalle comunità di base al settore privato, tutti hanno un ruolo nella costruzione di un mondo post-Covid migliore per le generazioni presenti e future;

- promuovere lo sviluppo sostenibile: i diritti umani, l’Agenda 2030[1] e l’Accordo di Parigi[2] sono le pietre angolari di una ripresa che non lasci indietro nessuno.

“Le persone e i loro diritti”,

aveva scritto il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres,

“devono essere al centro delle risposte e della ripresa. Occorrono quadri di riferimento universali come la copertura sanitaria per tutti per sconfiggere questa pandemia e tutelarci per il futuro. Il 10 dicembre è l’occasione per riaffermare l’importanza dei diritti umani nella ricostruzione del mondo che vogliamo, e la necessità di una solidarietà globale.” [https://unric.org/it/messaggio-del-segretario-generale-per-la-giornata-mondiale-dei-diritti-umani-2020/]

Quel giorno, nel suo messaggio personale, il Primo Cittadino Presidente, aveva voluto riaffermare il rispetto per la dignità umana e la promozione dei principi di uguaglianza e giustizia che costituiscono i pilastri di una società[3].

La pandemia sta aggravando discriminazione, disuguaglianza, povertà in tutto il mondo. Lo stato di emergenza ha avuto conseguenze sui diritti civili e politici ovunque, sospendendo elezioni, cancellando assemblee, limitando la possibilità di manifestare, soffocando, financo, la critica verso i Governi.

Dopo il loro indebolimento vi è un bisogno strutturale di riaffermare l’importanza dei diritti umani.

“Le misure di sorveglianza implementate in tutto il mondo per cercare di frenare la diffusione del coronavirus potrebbero causare danni permanenti al diritto alla privacy.”[4]

aveva ammonito in una intervista rilasciata, nel marzo dello scorso anno, alla Thomson Reuters Foundation l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla privacy, Joseph Cannataci [https://news.trust.org/item/20200331121336-e2zx7/,

https://www.independent.co.uk/news/world/coronavirus-lockdown-surveillance-tracking-dictatorship-authoritarian-united-nations-privacy-a9438561.html].

Più di 770mila persone erano state contagiate dal nuovo Coronavirus e 37.500 erano morte in tutto il mondo, secondo un calcolo della Reuters. A causa dei contagi segnalati in più di 200 Paesi, dacché erano stati accertati, nel dicembre del 2019, i primi casi in Cina, i Governi avevano adottato una serie di misure per arginare il contagio.

“Dal riconoscimento facciale al monitoraggio del telefono, i Governi si stanno rivolgendo alla tecnologia per tracciare i contagi e tenere sotto controllo la popolazione mentre applicano blocchi e quarantene. Il pericolo è che le misure introdotte per proteggere i cittadini in circostanze eccezionali, quando la maggior parte delle persone accetta che siano necessarie, potrebbero sopravvivere all’attuale crisi.”[5] [https://www.dataguidance.com/video/professor-joe-cannataci-special-rapporteur-right-privacy-united-nations].

“Dittature e società autoritarie hanno, sovente, inizio a fronte di una minaccia.”[6]

aveva avvertito Cannataci.

La Cina ha utilizzato un software per smartphone per determinare se le persone potessero muoversi o incontrarsi. Lo riferiva un lungo articolo del New York Times, in cui veniva illustrato il funzionamento dell’applicazione Alipay Health Code, realizzata da una controllata del colosso dell’e-commerce Alibaba, fondato da Jack Ma, secondo Forbes, l’uomo più ricco della Cina e il 26esimo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 46 miliardi di dollari. L’applicazione generava per ogni utente iscritto un codice QR di un colore diverso: verde, giallo o rosso. Nel primo caso, si poteva circolare pressoché liberamente, pur sempre scansionando il codice all’ingresso di luoghi come condomini, uffici o centri commerciali. Nel secondo e terzo l’accesso o gli spostamenti non erano consentiti e, anzi, occorreva rimanere in quarantena preventiva, rispettivamente, per 7 o 14 giorni. Un “esperimento di massa per regolamentare le vite dei cittadini”, lo definiva il quotidiano della Grande Mela, che aveva, anche, effettuato un’analisi del codice dell’app, da cui riteneva di avere individuato un possibile legame con la polizia. Ma soprattutto, un’operazione che rischiava di “individuare nuove forme di controllo sociale automatizzato che potranno resistere anche a lungo alla fine dell’epidemia” [https://www.italian.tech/2020/03/03/news/verde_giallo_o_rosso_il_codice_sull_app_che_in_cina_decide_la_liberta_dei_cittadini-299524486/].

Nella Corea del Sud, il Governo aveva, inizialmente, rilasciato informazioni molto dettagliate sui casi confermati, età, sesso e percorsi giornalieri, consentendo agli sviluppatori web di creare mappe dettagliate che tracciassero i movimenti dei pazienti.

Israele aveva consentito alla sua agenzia antiterrorismo di monitorare i dati sulla posizione del telefono per allertare le persone che erano state vicine ai portatori di virus; mentre Singapore aveva lanciato un’app di tracciamento dei contatti per smartphone, per aiutare a identificare chi era stato in contatto con persone contagiate.

In Ungheria, Viktor Orbán si era fatto attribuire dal Parlamento, il 30 marzo 2020, i pieni poteri e il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, aveva annunciato uno stato di emergenza a tempo indeterminato, mettendo da parte il Parlamento e applicando alcune delle misure più severe in Europa. Il Cile aveva dichiarato lo “stato di catastrofe”, mentre il Congresso filippino aveva concesso poteri di emergenza al suo presidente attraverso la legislazione.

“Sebbene sia troppo presto per valutare ogni misura in quanto la pandemia è ancora in evoluzione, si potrebbero mettere in atto misure di salvaguardia per garantire che la risposta sia necessaria e proporzionata.”[7]

“Le misure di sorveglianza e monitoraggio dovrebbero essere scritte per legge e chiaramente limitate nel tempo.”[8],

aveva raccomandato Cannataci, esortando i Paesi a istituire organismi indipendenti per supervisionare tali misure. 

In tempi normali, le misure politiche adottate sarebbero state vagliate dal legislatore e dalla magistratura, ma lo scenario attuale ha, palesemente, neutralizzato l’uno e l’altra.

In tutto il mondo, la pandemia è divenuta un invito all’autocrazia.

“Qualsiasi forma di dati può essere applicata erroneamente in modi incredibilmente sbagliati. Se hai un leader che vuole abusare del sistema, il sistema è là.” [9]

“Il monitoraggio dei telefoni delle persone per monitorare dove vadano e chi incontrino potrebbe essere utilizzato anche per identificare i membri di minoranze etniche o religiose, esponendoli al rischio di violenza e discriminazione in alcune contee.”[10]

“I dati sanitari potrebbero aiutare a proteggere coloro che sono ritenuti più vulnerabili al virus, ma potrebbero anche essere abusati per identificare le persone sieropositive in Paesi in cui la condizione è vista come un indicatore dell’omosessualità e l’omofobia è diffusa.”[11]

“Dobbiamo stare molto attenti a come utilizzeranno questi strumenti.”[12],

aveva messo in guardia l’inviato dell’ONU.

Non vi è chiarezza su cosa accadrà ai dati crittografati salvati sui servers dei Governi, una volta finita la pandemia.

“E i cittadini dovrebbero usare ogni mezzo di cui dispongono per influenzare sia le politiche sia le leggi che vengono adottate che li riguardano.”[13]

aveva ammonito Cannataci.

La pandemia ha indotto i Governi a dichiarazioni che fanno riferimento a un nemico, a un aggressore invisibile. 

“Ecco perché è importante essere vigili oggi e non rinunciare a tutte le nostre libertà.”[14]

La dichiarazione di emergenza non è problematica, di per sé: la situazione prevalente richiede misure così estreme. L’aspetto preoccupante è il potere incontrollato che conferisce al capo del Governo, consentendogli di portare avanti un’agenda repressiva contro le voci dissidenti e di erodere i processi democratici che mirano a ritenerli responsabili. La più grande vittima di questa concentrazione di potere sono i diritti umani: i cittadini dall’oggi al domani vengono convertiti in “soggetti” e costretti a rinunciare ai propri diritti in nome di un bene pubblico più ampio. Un modello simile è seguito, in questo momento, da Paesi vulnerabili che hanno accantonato i principi fondamentali della Democrazia. In nome del controllo della diffusione della pandemia in Paesi come l’Ungheria veniva manomesso il diritto alla libertà di espressione con pene detentive fino a 5 anni e in Paesi come il Cile, dove le proteste di massa erano dilaganti, l’esercito pattugliava le strade a causa dell’“emergenza”. La pandemia ha, anche, facilitato ai Governi l’estensione della sorveglianza sui cittadini, violando il loro diritto alla privacy

 


In un corposo rapporto di 46 pagine sullo stato della Democrazia nel mondo, il Global State of Democracy [GSoD] in Focus, pubblicato, lo scorso 9 dicembre, dall’International Institute for Democracy and Electoral Assistance[IDEA][15], si legge:

“Per fronteggiare la pandemia Covid-19, dal marzo del 2020, più della metà dei Paesi del mondo [59%] ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, che ha consentito loro di adottare drastiche misure temporanee [e nella maggior parte dei casi necessarie] per combattere la pandemia. Queste misure hanno incluso, nella maggior parte dei casi, la temporanea limitazione delle libertà civili fondamentali, come la libertà di riunione e di movimento, e in alcuni casi il rinvio delle elezioni.” [https://www.idea.int/our-work/what-we-do/global-state-democracy, https://www.agoravox.it/Istituto-IDEA-con-emergenza-Covid.html][16]

Secondo lo stesso rapporto, realizzato da Annika Silva-Leander [https://www.idea.int/news-media/news/devastating-effects-covid-19-democracy-what-if-there-silver-lining], più della metà dei Paesi del mondo [61%] ha attuato misure che violavano gli standards democratici perché erano sproporzionate, illegali, indefinite o non necessarie in relazione alla minaccia per la salute”. Tra le misure criticate dall’IDEA “l’imposizione di severe restrizioni, senza una chiara base costituzionale o giuridica, quarantena forzata di persone con sospetta infezione, persone costrette ad assumere farmaci non testati contro la Covid-19”. La tabella 11 del rapporto mostra l’Italia in 35esima posizione, dopo le Filippine e prima dell’Argentina, della Sierra Leone, del Togo, della Botswana e dell’Honduras, il secondo Paese al mondo per durata ininterrotta dello Stato di Emergenza [https://europa.today.it/attualita/democrazia-italia-politica.html].

Il peggiore score fatto registrare dal 2006.

La Democrazia è sotto attacco!

Anche se la Democrazia è in declino a livello globale, da qualche tempo, la crisi della salute pubblica ha accelerato la transizione verso l’autocrazia e vi sono seri dubbi sulla capacità dei Paesi di effettuare una correzione di rotta, una volta che la minaccia della Covid-19 si sarà attenuata.

Il 30 aprile 2020, l’United Nations Human Rights Committee [UN HRC], il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite[17], aveva adottato una dichiarazione in relazione alle possibili deroghe al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici[18], invitando gli Stati contraenti ad attenersi all’obbligo di informare il segretario generale dell’ONU sulle misure restrittive adottate durante l’emergenza Covid-19 [https://www.dejalex.com/2020/06/il-comitato-per-i-diritti-umani-dellonu-chiarisce-i-confini-delle-deroghe-al-patto-sui-diritti-civili-e-politici-durante-lemergenza-coronavirus/?lang=it]. Il General Comment prevede, infatti, che lo Stato che si avvale del diritto di deroga ha l’obbligo di informare, immediatamente, gli altri Stati contraenti delle disposizioni derogate e delle ragioni di tali misure, tramite il segretario generale, con allegata la documentazione sulle misure adottate. La notifica è essenziale non solo ai fini della valutazione della necessità delle misure da parte del Comitato, ma anche per consentire agli altri Stati contraenti di monitorare il rispetto delle disposizioni del Patto. La notifica è, altresì, necessaria qualora lo Stato adotti, successivamente, misure supplementari, quali la proroga dello stato di emergenza, come pure in caso di cessazione delle deroghe. L’articolo 4 del Patto sui Diritti Civili e Politici del 1966, infatti, consente agli Stati Parti:

“In caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della Nazione e venga proclamato con atto ufficiale, gli Stati Parti del presente atto possono prendere misure le quali deroghino agli obblighi imposti dal presente Patto, nei limiti in cui la situazione strettamente lo esiga, e purché tali misure non siano incompatibili con gli altri obblighi imposti agli Stati medesimi dal diritto internazionale e non comportino una discriminazione fondata unicamente sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla lingua, sulla religione o sull’origine sociale. La suddetta disposizione non autorizza alcuna deroga agli articoli 6, 7, 8 [par. 1 e 2], 11, 15, 16 e 18. Ogni Stato Parte del presente Patto che si avvalga del diritto di deroga deve informare immediatamente, tramite il segretario generale delle Nazioni Unite, gli altri Stati Parti del presente Patto sia delle disposizioni alle quali ha derogato sia dei motivi che hanno provocato la deroga. Una nuova comunicazione deve essere fatta, per lo stesso tramite, alla data in cui la deroga medesima viene fatta cessare.”

Pertanto, alcuni diritti come, tra gli altri, quello alla vita, al divieto di tortura, all’irretroattività della legge penale e alla libertà di pensiero, coscienza e di religione, sono inderogabili.

Secondo l’ultimo rapporto annuale di Freedom House [https://freedomhouse.org/report/freedom-world/2021/democracy-under-siege], il 2020 è stato l’anno peggiore per la Democrazia nella Storia recente.

 


 

Il 2021 Edelmon Trust Barometer ha rivelato un livello preoccupante di sfiducia pubblica nei confronti dei giornalisti. Il 59% degli intervistati in 28 Paesi ritiene che i giornalisti cerchino, deliberatamente, di fuorviare il pubblico, riportando informazioni che sanno essere false [https://www.edelman.com/trust/2021-trust-barometer].

L’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita:

“Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari.”

Nel medesimo articolo e al precedente articolo 22 è riconosciuto il diritto di ogni individuo alla sicurezza sociale e alla realizzazione “dei diritti economici sociali e culturali indispensabili alla dignità e al libero sviluppo della sua personalità da perseguire “attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale e in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato”.

Più di altri istituti specializzati, l’OMS trae vita in maniera diretta dalle Nazioni Unite. Nonostante il primo disegno della Carta delle Nazioni Unite non facesse alcun specifico riferimento alla salute, la Conferenza delle delle Nazioni Unite per l’Organizzazione Internazionale [UNCIO] [http://www.senato.it/leg16/3182?newsletter_item=1333&newsletter_numero=125], presieduta dal diplomatico americano Alger Hiss, che ebbe luogo dal 25 aprile al 26 giugno 1945, a San Francisco, con delegati provenienti da 50 Nazioni Alleate [Stati Uniti], si dimostrò sensibile alla necessità di estendere la cooperazione internazionale al campo sociale e, particolarmente, al campo sanitario, la cui rilevanza era, già, apparsa evidente all’epoca della Società delle Nazioni. E, il 22 luglio 1946, veniva sottoscritto dai rappresentanti di 61 Stati – 51 dei quali erano Membri delle Nazioni Unite – lo Statuto della World Health Organisation, che entrava in vigore il 7 aprile 1948, in seguito alla ratifica di 26 Stati Membri, come previsto dall’articolo 80:

“La presente Costituzione entrerà in vigore, quando l’avranno accettata 26 Stati Membri delle Nazioni Unite, conformemente alle disposizioni dell’articolo 79.”

L’articolo 79 della Costituzione recita:

a]Gli Stati possono accettare la presente Costituzione mediante:

I. Firma, senza riserva d’approvazione;

II. Firma con riserva d’approvazione e consecutiva accettazione;

III. Accettazione pura e semplice.

b]L’accettazione è effettiva con il deposito di un documento ufficiale presso il segretario generale delle Nazioni Unite.

[https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1948/1015_1002_976/it]

Nello Statuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il cui fine è, per l’appunto,”condurre tutti i Popoli al più alto livello di salute possibile”, la salute viene definita come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente assenza di malattia”. Nello stesso documento la salute viene riconosciuta come un “diritto fondamentale di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, credo politico, condizione economica o sociale”. È, storicamente, il primo riconoscimento di questo diritto in un ordinamento internazionale. La salute, dunque, rappresenta un diritto in sé, che non può essere garantito a pieno se non in collegamento con altri diritti fondamentali, che la società nel suo complesso è chiamata a garantire.

Troppo spesso abbiamo sentito appelli alla fiducia nell’uomo solo al comando”, anziché al rispetto del lavoro di persone che dedicano le loro vite alla pura ricerca e condividono le loro scoperte per il bene comune.

Queste manipolazioni governative o mistificazioni pubbliche, raramente, vengono ritenute violazioni dei diritti umani.

 

Primo Cittadino Presidente, Italiani,

permettetemi di avvalermi di quella libertà democratica, che ha ispirato tutte le forze vive del Paese, pubbliche e private, civili e militari, laiche e religiose, benché sia, io, appena in grado di scrivere qualcosa di utile.

E permettetemi di fare uso di quella libertà democratica, pubblicamente, riconosciuta, il 10 dicembre scorso, dal Primo Cittadino Presidente, figlio del più volte ministro della Repubblica Bernardo Mattarella, il quale, in una lettera del 29 giugno 1946, a don Luigi Sturzo, poco dopo il voto per l’Assemblea Costituente, scriveva:

“La lotta elettorale è stata dura e faticosa, ma ci ha dato anche il grande risultato del pieno fallimento della mafia, battuta dalla scheda di Stato, che ha sottratto gli elettori alle pressioni di vecchio tipo che qui e là si sono rinnovate. I separatisti, che ne dividevano con i liberali i favori, sono stati miseramente sconfitti.”[19]

Come ricordava Giuseppe Romeo in Commissione Parlamentare Antimafia:

“Mi impressionò il coraggio con cui in un comizio tenuto a Castelvetrano, l’onorevole Mattarella ebbe a denunziare coraggiosamente la mafia come causa prima dei mali che affliggevano la Sicilia e precisamente come causa di miseria, ignoranza e malcostume. Mi impressionò di più il fatto che per la prima volta in un comizio venisse pronunciata la parola mafia quando altri solevano ricorrere a perifrasi perché costituiva, quella parola, un tabù.”[20] 

Solo agli inizi degli Anni Novanta, autorevoli rappresentanti di due Governi – i ministri di grazia e giustizia Claudio Martelli e dell’interno Vincenzo Scotti – affermarono, senza peli sulla lingua, che “la mafia è infiltrata nelle istituzioni dello Stato, che ne vengono inquinate e corrose dall’interno”, e, solo nel gennaio del 1993, per la prima volta, un ministro dell’interno, Nicola Mancino, riconobbe che “quanto ai rapporti tra mafia e politica, non c’è dubbio che esistano”, pur aggiungendo, subito dopo, “anche se molte volte si è trattato di strumentalizzazioni politiche”. Solo in quegli anni è stata infranta la solidarietà corporativa, che sa tanto di omertà, in delicati settori dei poteri dello Stato, nei quali, nella presunzione che tutto in loro è onesto e legale, sono prevalsi il principio della “non punibilità” e della “inamovibilità” di quanti – preposti al delicato compito di depositari dei valori della Giustizia – con la G maiuscola – sono venuti meno a loro precisi doveri, favorendo, in tal modo, il dilagare del prepotere mafioso. Solo in seguito alle inchieste giudiziarie di Mani Pulite; le efferate Stragi di Capaci  [23 maggio 1992][21] e di Via D’Amelio [19 luglio 1992], nelle quali sono stati, orrendamente, dilaniati i corpi di fedeli servitori dello Stato e il pranzo luculliano a bordo del Britannia per decidere la privatizzazione delle aziende partecipate[22] ci si accorse che i sacri principi del diritto e il rispetto della vita e delle leggi sono stati sopraffatti e surclassati da sistemi macchinosi e ipergarantisti, dei quali si sono serviti corruttori e corrotti, bosses della mafia e bosses della politica, per realizzare, a tutto loro vantaggio, la inoperatività della Giustizia. In altri termini, solo in quei mesi del 1992, gli interrogativi connessi all’inquietante dubbio sulla tragica fine di “cadaveri eccellenti”, finiti assassinati, dopo essere stati delegittimati e screditati e, comunque, isolati, ci si accorse che i partiti si erano appropriati dello Stato e lo avevano svuotato dei suoi valori e dei suoi poteri, mentre le illegalità crescenti nel potere politico, dilagando in ogni settore della vita pubblica, avevano travolto ogni sano concetto della “Onestà” e della “Giustizia”. Purtroppo, a questa presa di coscienza nazionale non ha fatto, ancora oggi, riscontro una vera alternativa politica per un radicale rinnovamento dei gruppi di potere, responsabili delle catastrofiche condizioni, nelle quali è ridotto lo Stato. Affiorano, altresì, negli stessi gruppi, che si autoqualificano alternativi, manifestazioni tipiche di “spirito di mafiosità”, inteso come volontà di prepotere con qualunque mezzo per conquistare e mantenere il potere.

Le riflessioni che seguono non sono né satira né processo e, poiché hanno carattere pubblico, ho ritenuto di dare alla presente la diffusione che merita. Sono, molto semplicemente, il risultato della mia preoccupazione quotidiana, degli interrogativi che ne conseguono. Ragione per cui, preferisco optare per un linguaggio scevro da ogni ipocrisia e da ogni lusinga. Io sono di quegli Italiani che accorda importanza alla necessità di vedere i problemi dell’Italia, risolti dagli Italiani. È per questo che ho scelto di restare nel mio Paese e, ogni volta, che me ne è stata data l’occasione, non ho, mai, mancato di portare il mio, seppure modesto, franco e leale contributo alla sua elevazione. Questa opzione non è sinonimo di rassegnazione, trova il suo fondamento nell’Amore, nel profondo attaccamento al mio Paese e nell’adesione al modello di società, che la Costituzione propone al popolo Italiano.

Io sono convinta, come molti altri Italiani, che nessuna società possa vivere senza un ideale che la ispiri, né una conoscenza chiara dei principi che la guidano. Ho notato che i periodi di grande civiltà sono, proprio, quelli in cui queste due condizioni sono, intimamente, riunite.

Gli Italiani provano un bisogno legittimo di comprendere.

Gli Italiani vogliono sapere secondo quali principi siano governati e verso quale avvenire si avviino.

Ciò che colpisce maggiormente nel mondo in cui viviamo, è che, in generale, la maggior parte degli uomini sia senza futuro. Naturalmente, non è la prima volta che l’Umanità è dinanzi a un futuro materialmente chiuso, ma, di solito, sono stati sufficienti la parola e la protesta.

Oggi, invece, nessuno parla, tranne chi si ripete.

Il lungo dialogo degli uomini si è interrotto.

E, beninteso, un uomo che non si può persuadere è un uomo che fa paura. Da qui, come sosteneva Albert Camus, la tecnica di organizzare il terrore, di allestirlo con minacce e violenze su larga scala. Sarebbe necessaria la riflessione, ma, come detto, il terrore impedisce la riflessione.

Oggi, sono tornati a volare gli asini.

E il numero dei credenti sembra crescere a vista d’occhio.

Scriveva Camus in un articolo comparso su Combat, nel novembre del 1949:

“Il secolo XVII fu il secolo delle matematiche, il XVIII delle scienze fisiche e il XIX della biologia. Il nostro, il XX, è il secolo della paura. Mi si obietterà che questa non è una scienza. Ma anzitutto anche la scienza c’entra in qualche modo, come è vero che i suoi ultimi progressi teorici l’hanno condotta a negare se stessa mentre le sue applicazioni minacciano la Terra intera di distruzione. Inoltre, se la paura in se stessa non può essere considerata alla stregua di una scienza, non c’è dubbio che essa sia tuttavia una tecnica.”

Ogni Era storica ha avuto il suo nome: dall’improprio nome di Medioevo, all’Umanesimo, al Rinascimento, all’Illuminismo, al Romanticismo.

Quale nome si può dare a un’Era in cui per il danaro si rinnega ogni principio, ogni etica, ogni valore?

A me ne viene in mente solo uno: il Mercenariesimo.

Tutti i leaders politici sono divenuti uomini di potere assoluto, per i quali l’ideologia, da cui, di fatto, sono scollegati, è solo un pretesto per ottenere consensi. La concezione ottocentesca che il politico, in quanto eletto, sia un rappresentante del Popolo e, quindi, al servizio dello Stato, era, già, completamente tramontata, quando l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe si autodefiniva “primo servitore dello Stato”[23].

Cosa importa dei principi quando sono in ballo danaro e potere?

Il Dio Trino vale meno del dio quattrino!

 


Nel gennaio scorso, sono state sufficienti 2 ore di dibattito in Parlamento, dopo un mese di incertezze, per mandare a casa il Governo Rutte III e tornare alle urne, a marzo, come conseguenza di una ingiustizia perpetrata da funzionari del fisco che, nel periodo tra il 2012 e il 2018, avevano accusato a torto circa 20mila famiglie di frode e avevano  ingiunto loro di restituire le indennità ricevute per gli asili e le scuole materne frequentati dai loro figli.

Nel Toeslagenaffaire lo scandalo dell’assegno familiare per gli asili o l’assistenza all’infanzia, il kinderopvangtoeslag, che, in Olanda viene assegnato in base a parametri quali il numero di figli e il reddito del nucleo familiare – erano coinvolti ministri, giudici, impiegati, come risultava da un rapporto presentato in Parlamento, nel marzo del 2020, al quale era seguita una inchiesta parlamentare, nel luglio dello stesso anno.

Era stato il Governo Rutte a pretendere la restituzione del danaro elargito e le famiglie coinvolte, costrette a indebitarsi, avevano sporto denuncia contro 5 politici, tra i quali Lodewijk Frans Asscher, ministro degli affari sociali nel Governo Rutte II; Wopke Hoekstra, ministro delle finanze ed Eric Wiebes, ministro dell’economia, per il loro ruolo nella “cattiva gestione”.  A essere prese di mira erano state, in particolare, le famiglie con almeno un genitore straniero, alimentando, così, le polemiche mai sopite sul razzismo istituzionale del Paese.

Orlando Kadir, uno degli avvocati che rappresentava circa 600 famiglie, aveva sostenuto che lo speciale scrutinio fosse stato il risultato di una profilazione su base etnica da parte di burocrati che avevano posto attenzione ai nomi dal suono straniero:

“People had been targeted as a result of ethnic profiling by bureaucrats who picked out their foreign-looking names.” [https://www.youtube.com/watch?v=aaG34xgm5RU, https://cn.reuters.com/article/netherlands-politics/dutch-government-resigns-over-childcare-subsidies-scandal-idINKBN29K1JY]

Pieter Omtzigt [https://www.youtube.com/watch?v=fkNhJuDX-WA][24], deputato del Partito Cristiano Democratico [CDA], e la deputata socialista Renske Leitjen, sono i 2 parlamentari olandesi che hanno fatto scoppiare lo scandalo, gli unici ad avere sostenuto le famiglie e a non avere desistito neppure quando il Governo Rutte aveva serrato le fila, per cercare di smorzare il caso sul nascere.

La commissione parlamentare aveva puntato il dito, principalmente, contro il ministro dell’economia del Governo Rutte III, Eric Wiebes, all’epoca dei fatti sottosegretario di Stato alle finanze:

“Sapeva degli abusi, ma non ha mosso un dito per intervenire.”

Il rapporto definitivo era stato reso noto, il 19 dicembre 2020:

“I principi fondamentali dello Stato di diritto sono stati violati.”

Raramente nei Paesi Bassi un potere dello Stato, in questo caso una commissione parlamentare, si era espresso con tanta durezza nei confronti di altri organi dello Stato. E l’impatto era stato devastante. Secondo un sondaggio, attuato su un campione di 30mila olandesi, era emerso che circa il 50% dei cittadini aveva optato per la caduta del Governo Rutte III. In conferenza stampa, le prime parole di Mark Rutte [Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, VVD], secondo leader più longevo d’Europa dopo Angela Merkel, con oltre 10 anni di premierato alle spalle nonché  censore severo dell’Italia per la distribuzione dei fondi Next Generation Eu, erano  state:

Lo Stato deve tutelare i cittadini, soprattutto i più deboli. Questa è la base della nostra legge, ed è la nostra funzione. E noi non lo abbiamo fatto.”

“Ci vergogniamo”, aveva soggiunto Rutte di “non avere visto, capito, controllato” e, “proprio per non avere protetto quei poveri genitori.”, il Governo aveva deciso, unanimamente, di dimettersi. Una responsabilità, dunque, che il capo del Governo si assumeva in toto, presentando, il 14 gennaio scorso, le dimissioni al re Wilhelm Alexander Oranje-Nassau:

“Si è trattato del fallimento di un intero sistema.”

E aveva promesso che, in capo a 4 mesi, le famiglie sarebbero state rimborsate:

“Per ora con 30mila euro a famiglia.” [https://www.avvenire.it/mondo/pagine/cade-governo-rutte]

 


Il 31 luglio scorso, i familiari delle vittime della Covid-19 si sono radunati davanti a Palazzo Frizzoni, sede istituzionale del Sindaco PD Giorgio Gori, con striscioni con la scritta “#sereni”, riportata anche sulle mascherine, per protestare contro i 2 emendamenti abrogativi, approvati il 18 luglio 2021, che limitano al 30 gennaio 2020 l’indagine della commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nel maggio del 2020, che avrebbe dovuto indagare “sulle cause dello scoppio del Sars-CoV2 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati e dall’OMS per evitare la propagazione nel mondo”, e che avrebbe permesso di fare luce, tra l’altro, sulla congruità delle misure adottate dal Governo Conte. Il primo emendamento, che limita l’attività della commissione d’inchiesta al periodo antecedente al 30 gennaio 2020, e, di fatto, impedisce qualsiasi approfondimento sulle cause della Strage di Bergamo, era stato presentato, l’8 luglio, dalla deputata bergamasca del PD Elena Carnevali unitamente a Lia Quartapelle Procopio, Vito De Filippo, Paolo Siani, Giuditta Pini, Luca Rizzo Nervo e Stefano Lepri del PD; Gilda Sportiello del M5S ed Erasmo Palazzotto di LEU. Il secondo emendamento che limita l’attività di indagine ai Paesi “in cui il virus si è manifestato inizialmente”, e, quindi, non all’Italia, era stato, invece, proposto dal deputato bergamasco della Lega Alberto Ribolla insieme ad altri firmatari del suo partito [https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg, https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/ES0322.Pdf].

La commissione non indagherà, pertanto, sulla gestione dell’emergenza Covid-19 da parte del Governo Conte, ma esclusivamente sul periodo antecedente all’annuncio di emergenza sanitaria di rango internazionale, dichiarata dal direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, con queste parole:

“Non è possibile immaginare quanto grande sarà questa emergenza. Non raccomandiamo restrizioni nei viaggi e nel commercio.” [https://www.repubblica.it/salute/2020/01/30/news/coronavirus_l_oms_dichiara_l_emergenza_globale-247185564/]

In altri termini, dovrebbe essere preso in considerazione solo l’operato della Cina, del Giappone [10 gennaio 2020: https://www.salute.gov.it/Malinf_Gestione/12-20.pdf], della Thailandia [13 gennaio: https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/coronavirus-cina-tappe#08], della Francia [19 gennaio 2020: https://www.24heures.ch/monde/premiers-cas-coronavirus-europe/story/20938174], degli Stati Uniti [21 gennaio 2020: https://www.24heures.ch/monde/premiers-cas-coronavirus-europe/story/20938174] e della Germania [27 gennaio 2020: https://www.startmag.it/mondo/webasto-covestro-e-basf-chi-sono-le-aziende-tedesche-che-piu-temono-gli-effetti-del-virus-cinese/], unici Paesi in cui la Covid-19 si è manifestata prima del 30 gennaio 2020. Viene, altresì, abolita la valutazione da parte della commissione delle misure predisposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Alla manifestazione di Bergamo avevano aderito il generale Pier Paolo Lunelli; l’avvocato Consuelo Locati, che ha intrapreso una causa civile contro la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Salute e la Regione Lombardia e l’ex-direttore generale dell’Ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, Giuseppe Marzulli, che si era opposto alla riapertura del Pronto Soccorso, la domenica del 23 febbraio 2020, dopo i primi casi ufficiali di Covid-19 nella bergamasca.

“Le sembra normale che una commissione d’inchiesta sulla Covid debba terminare il suo raggio d’azione al 30 gennaio 2020, quando il primo caso in Italia ufficialmente riconosciuto si è avuto il 20 febbraio e, nella Bergamasca, il 22 febbraio?” [https://primabergamo.it/attualita/lex-direttore-generale-dellospedale-di-alzano-a-gori-perche-tace-sulla-commissione-dinchiesta/],

è stata la domanda che Giuseppe Marzulli ha posto al sindaco PD di Bergamo Giorgio Gori.

Secondo l’avvocato Consuelo Locati, che aveva, anche, mostrato alcuni “documenti fondamentali per l’inchiesta e che riferiscono di un incontro tra Governo e Regioni il 25 gennaio 2020 in merito alle misure da mettere in campo per il contenimento della Covid”, un incontro negato,  a seguito del quale sarebbero stati modificati i criteri per identificare i casi sospetti [https://tg24.sky.it/milano/2021/07/31/covid-familiari-vittime-bergamo]:

“La commissione d’inchiesta è diventata una farsa, con l’approvazione dei 2 emendamenti abrogativi che hanno limitato l’indagine della commissione al 30 gennaio 2020, prima della dichiarazione dello stato di emergenza e soprattutto a Paesi da cui ha avuto origine il virus.”

Il deputato di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami [https://www.facebook.com/watch/?v=894101331201985] ha definito la vicenda “un insabbiamento istituzionale”, finalizzato a evitare che si indaghi sul Governo Conte per questioni come la non-valorizzazione delle cure domiciliari e il mancato aggiornamento del Piano Nazionale di Preparazione e Risposta a una Pandemia Influenzale dal 10 febbraio 2006[25], ossia a 3 anni prima della pandemia influenzale A H1N1 [https://www.salute.gov.it/portale/influenza/dettaglioPubblicazioniInfluenza.jsp?lingua=italiano&id=501, https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_501_allegato.pdf, https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_501_ulterioriallegati_ulterioreallegato_0_alleg.pdf], che, a termini di legge, andrebbe aggiornato ogni 3 anni [http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1179729].

Per il leader d’Italia Viva Matteo Renzi:

“Un Paese civile fa una commissione di inchiesta sulla più grande ecatombe italiana e sulla centrale di acquisti per l’emergenza Covid. Se non sono girate mazzette c’è quasi da chiedersi perché. Noi non dobbiamo parlare di Cina, ma capire se qualcuno ha mangiato in Italia sulla pandemia.”

Mi ricorda tanto la commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario [https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/03/29/banche-mattarella-firma-la-legge-sulla-commissione-dinchiesta_41aa0abf-b2fa-4180-8bf7-83c220796327.html]!

Come siamo arrivati a questo punto?

Come sempre per gradi…

Ma procediamo con ordine, sviscerando il triennio 2019-2021.

 

Primo Cittadino Presidente, Italiani,

Intorno alla metà del XVIII secolo, il filosofo francese Montesquieu suggeriva che il modo migliore per difendere le libertà civili fosse di guardarsi da una distribuzione iniqua del potere. Una generazione dopo, un altro statista, Thomas Jefferson, eletto, il 17 febbraio 1801, terzo presidente degli Stati Uniti d’America dalla House of Representatives, dopo un lungo stallo elettorale, avvertiva gli uomini del suo Paese che l’unico modo per salvaguardarsi da una distribuzione sbilanciata del potere fosse assicurare a tutti un eguale accesso all’informazione. La strada per raggiungere questo risultato, sosteneva, era mantenere una stampa libera e indipendente che esaminasse, in modo critico, l’operato degli organi di governo e degli uomini che li guidano.

Mai come in questo momento storico si percepisce, in modo incisivo, l’importanza di queste due dichiarazioni, nella crescente preoccupazione che le nostre istituzioni abbiano preso una deriva pericolosa. Tale deriva ha un nome, proclamato a gran voce all’interno della stampa indipendente, sia di destra sia di sinistra, e, raramente, citato negli editoriali dei nostri quotidiani. Taluni la chiamano dittatura, altri, con toni più forti, Totalitarismo. Qualunque sia il nome, indica una paura che ha iniziato a pervadere gli abbastanza coraggiosi da prestarvi attenzione e gli abbastanza intelligenti da vederne i segni.   

Nel suo Dizionario filosofico, Voltaire, dopo avere definito il tiranno:

“Si chiama “tiranno”quel sovrano che non conosce altre leggi che il suo capriccio, che ruba gli averi dei suoi sudditi e poi li arruola per andare a rubare quelli dei suoi vicini.”,

poi, così, riprendeva: 

“Si distingue la tirannia di uno solo e quella di molti. Questa tirannia di molti sarebbe quella di un corpo che usurpasse i diritti degli altri corpi, e che esercitasse il dispotismo per mezzo delle leggi da lui corrotte.”

La pluralità dei tiranni nel tessuto socio-politico non indica tanto una spartizione del comando, bensì connota l’incertezza del potere, teso e conteso da più poli di forza e, al contempo, la dismisura violenta del raggio di azione che ne scaturisce. Effetto collaterale della timorosa e servile incertezza che si genera nella tirannia, è una sorta di regressione a uno stato vegetativo, a una chiusura dell’Uomo in se stesso, in una bolla di egoismo indotto, giacché tutto è precario e incerto, dall’unica cosa cui potere aspirare: preservare se stesso.

“Nell’epoca della menzogna digitale e del trionfo della demagogia,”,

come osserva Ernesto Ferrero nella brillante prefazione alla prima edizione completa del Dizionario filosofico, curata da Domenico Felice, le massime di Voltaire diventano “un presidio civile da riconquistare e difendere”. E, a giusta ragione, Ferrero insiste sull’attualità del pensiero volterriano arrivando, senza alcuna esagerazione, a definirlo nel suo complesso “un presidio civile da riconquistare e difendere”. Bisogna nondimeno guardarsi dal credere che, oggi, per “riconquistare e difendere” il pensiero di Voltaire basti ripeterne i motti arguti come slogans o scimmiottare gli slanci polemici del patriarca di Ferney contro gli eterni abusi del potere, civile o religioso che sia,  in quel suo castelletto, convenientemente situato sulla rotta che da Parigi, centro mondiale del lusso, della mondanità e dell’arguzia, portava verso l’Italia, patria del sublime, dell’antico e del pittoresco. Così facendo, si contribuirebbe solo a ridurre il pensiero di Voltaire a luoghi comuni e vuoti clichés. Non si tratta più di sposarne la causa come se fosse ancora la nostra. La vitalità imperitura, anzi la perdurante attualità delle sue parole, che sembrano “parlare proprio al nostro orecchio”, risiede, invece, nella nostra capacità di fare nostro l’atteggiamento critico che Voltaire dimostrò, sempre, sapere assumere, senza pregiudizi, al cospetto di qualunque assunto con cui l’attualità del suo tempo lo costringeva a confrontarsi.

Il 10 giugno 1933, pochi mesi dopo l’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler, Albert Einstein, già una celebrità scientifica internazionale, scriveva una lettera al suo amico, il dottor Lionel Ettinger, da una località vicino a Ostenda, in Belgio, dove si era stabilito, al suo rientro in Europa da una visita al California Institute of Technology di Pasadena, dopo avere rinunciato alla cittadinanza tedesca e rassegnato le dimissioni dall’Accademia delle Scienze prussiana.

“La mia impressione riguardo ai recenti fatti accaduti in Germania è delle più scoraggianti.’’,

scriveva il fisico, presagendo il peggio, e confessava, con grande sconforto nell’animo:

“Ho già messo tra i primi punti della mia agenda l’idea di non fare più ritorno in Germania.”

Sei anni dopo, il 2 agosto 1939, Einstein scriveva con Leo Szilárd una lettera al presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, per allertarlo sulla possibilità che la Germania nazista potesse arrivare a sviluppare la bomba atomica, e la concludeva suggerendo l’opportunità che si stabilisse “un contatto continuo tra il Governo americano e il gruppo di fisici che lavorano in America sulla reazione a catena”, allo scopo di passare su un vero e proprio terreno operativo nel caso in cui la situazione fosse degenerata.

“Mi risulta che la Germania abbia effettivamente interrotto la vendita di uranio dalle miniere cecoslovacche che aveva rilevato. Il fatto che abbia dovuto intraprendere un’azione così precoce potrebbe, forse, essere compreso sulla base del fatto che il figlio [Carl Friedrich Freiherr von Weizsäcker, n.d.r.] del sottosegretario di Stato tedesco, [Ernst n.d.r.] von Weizsäcker è stato assegnato al Kaiser Wilhelm Institut a Berlino, dove si sta ora ripetendo parte del lavoro americano sull’uranio.”


Lettera di Albert Einstein e Leo Szilárd a Franklin Delano Roosevelt.

 


Lettera di Franklin Delano Roosevelt ad Albert Einstein.

La lettera arrivò nelle mani di Roosevelt l’11 ottobre, un mese dopo l’invasione nazista della Polonia [https://www.youtube.com/watch?v=2GLsM169izM]. La risposta di Roosevelt fu il Progetto Manhattan, che portò alla creazione delle prime bombe atomiche, le quali non sarebbero state sganciate contro i tedeschi, che avevano, già, perso la guerra in Europa, ma sui giapponesi nell’atto finale della guerra nel Pacifico.

“Ho trovato questi dati di tale importanza che ho convocato un consiglio composto dal capo del Bureau of Standards e un rappresentante scelto dell’Esercito e della Marina per indagare a fondo sulle possibilità del suo suggerimento per quanto riguarda l’elemento di uranio.”

Roosevelt propose a Einstein di entrare a fare parte dell’Advisory Committee on Uranium [Comitato Consultivo sull’Uranio], al pari di Enrico Fermi e Leo Szilárd, ma il fisico rifiutò con una un’altra lettera, datata 25 aprile 1940.

La paura per la minaccia nazista aveva, dunque, mutato la visione politica di Albert Einstein, come lui stesso ammise in un suo articolo, pubblicato sul giornale giapponese Kaizo, nel settembre del 1952:

“La mia parte nella realizzazione della bomba atomica è consistita in un unico atto: firmai una lettera per il presidente Roosevelt, in cui facevo presente la necessità di esperimenti su vasta scala per verificare la possibilità di produrre una bomba atomica. Ero pienamente consapevole dei danni terribili che sarebbero stati arrecati all’Umanità in caso di successo. Ma la possibilità che i tedeschi stessero lavorando al medesimo problema con qualche probabilità di successo mi obbligò a compiere questo passo. Non potevo fare altro sebbene fossi un convinto pacifista.”

La scelta assunta da Einstein e da molti altri fisici, senza e prima dei politici, senza e prima dei militari, sulla scorta di un’intuizione politica e militare, è drammatica, ma lucida: salvare il mondo dalla barbarie nazista!

Sarebbe stato meglio non sapere nulla né di nuclei né di equivalenza tra massa ed energia?

Portando questo discorso alle sue estreme conseguenze si tornerebbe in piena cultura oscurantista con il traguardo finale dell’Età della Pietra. Sia l’Età della Pietra sia l’Età del Ferro, come tutte le altre Civiltà prescientifiche, hanno concepito ordigni di guerra e strumenti di pace.

Molte Civiltà hanno usato e abusato della Scienza.

Chi ne ha sfruttato, senza scrupoli, le applicazioni tecnologiche.

Chi ne ha fatto una ideologia.

E chi si è spinto, perfino, a negarne il valore.

Nel mondo è il potere politico che decide come usare i risultati delle scoperte scientifiche.

L’uso della Scienza non è più Scienza.

L’uso della Scienza è Tecnologia.

E come ammonisce Simon Wiesenthal:

“Il connubio di odio e tecnologia è il massimo pericolo che sovrasti l’Umanità. E non mi riferisco alla sola grande tecnologia della bomba atomica, mi riferisco, anche, alla piccola tecnologia della vita di ogni giorno: conosco persone che stanno per ore davanti alla televisione perché hanno disimparato a comunicare tra loro.”

Il potere politico ha due strade di accesso: la Dittatura e la Democrazia.

“Le Dittature e le società autoritarie hanno spesso inizio a fronte di una minaccia”, avverte Joseph Cannataci, e può accadere che quelle stesse Dittature e società autoritarie arruolino pseudoscienziati pronti e proni ad avallare le loro nefaste scelte politiche.

È stato il caso di Trofim Denisovic Lysenko nella Russia di Stalin…

Petr Kapitza ebbe, invece, il coraggio di opporsi a Stalin, rifiutando la direzione del progetto della Bomba-H sovietica… e ne accettò le lunghe e amare conseguenze.

“È importante rimanere vigili.”

Un giorno qualcuno chiese a Adolf Hitler di riassumere, in poche parole, il piano generale di Mein Kampf.  Hitler rifletté un istante, poi, rispose senza esitazione.

“Cancellare il 1789 dalla Storia.”

Non era una boutade, ma un programma coerente con le concezioni della razza proprie del capo del nazismo. Concezioni che ripudiavano, insieme al materialismo, tutta una tradizione che, attraverso Denis Diderot e gli enciclopedisti, aveva animato la Rivoluzione Francese e la borghesia rivoluzionaria nella conquista della libertà dell’Uomo, dei suoi diritti e della sua dignità. Certo, la Rivoluzione Francese non ha, nella pratica, assicurato la libertà a tutti i cittadini, ma solo alla parte più intraprendente della Nazione. Nei suoi limiti di classe, ha indicato, tuttavia, un modello. Hitler non solo era contrario al marxismo, ma vedeva in ogni forma di pensiero moderno un affronto alla sacralità dello Stato. La razza, il sangue e non la dignità umana, avrebbero suggellato il patto sociale.

“Un Nuovo Eden, così Adolf Hitler, nel luglio del 1941, descriveva lo stato dell’Europa dopo la prevista vittoria nazista: un continente ripulito da tutti gli individui razzialmente indesiderabili e unificato politicamente ed economicamente, un continente in cui le merci avrebbero viaggiato senza limiti, ma gli individui sarebbero stati segregati. Questa futura condizione fu oggetto di una meticolosa pianificazione da parte delle SS ed esitò nel Generalplan Ost: il progetto nazista per la nuova Europa. Questa sinistra visione non nacque dal nulla; si alimentò nelle credenze della destra tedesca pre-nazista, legata ai miti esoterici della purezza del sangue e del ritorno alle radici razziali del popolo ariano. La prima generazione di nazisti , formatasi in quegli ambienti, portò quei temi all’interno del movimento nazionalsocialista e delle SS in particolare, seguaci di una teoria in cui la purezza del sangue tedesco fosse indispensabile, per la creazione di un nuovo Rinascimento europeo, colonizzare i territori che appartenevano di diritto a quel sangue, fino a che nelle seconde generazioni di nazisti, ques’idea divenne pura tecnica di dominio dello spazio: il Generalplan Ost. Nella storia di come dalle prime oscure teorizzazioni della destra nazista si giunse a questo progetto, si dispiega la parabola di gran parte delle classi dirigenti tedesche, sedotte da questa forma di nazionalismo razzista, nelle spire di un regime avviato verso l’estremo approdo del genocidio.”[26]

Il successo rapido e violento della predicazione hitleriana si colloca in un preciso momento di crisi delle istituzioni repubblicane. Ma il messaggio stesso che Hitler porta alle masse brutalizzate dalla crisi, dalla disoccupazione, dalla paura del domani, è un messaggio antico, che suscita echi nei cuori germanici. Non è, infatti, la prima volta che, nel corso della Storia, si parla di razze superiori e inferiori, attribuendo alle prime il diritto di comandare, alle altre il dovere di obbedire. Molto prima di Hitler e dei razzisti tedeschi e austriaci, altri avevano dissertato tenacemente, con sfoggio di ampie argomentazioni pseudosemantiche e non solo in Germania, ma anche in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Italia, sui presunti diritti degli uomini superiori [razzisticamente e socialmente intesi] di servirsi liberamente dei componenti delle razze e delle classi inferiori, o più deboli sul piano militare, e così pure di limitarne l’espansione demografica. Erano, chiaramente, teorie che avevano la funzione di mascherare un sopruso materiale. Erano valse, infatti, a giustificare le conquiste coloniali, la tratta degli schiavi neri e le condizioni di arretratezza in cui venivano mantenute alcune zone della Terra per consentire il ritmo di sviluppo europeo. Erano, marcatamente, dottrine eurocentriche, teorie di comodo per potenze imperialiste o per Governi impegnati in una oppressiva politica interna in particolari momenti dell’organizzazione o ristrutturazione dello Stato.

I razzisti tedeschi si rifacevano, stravolgendone il senso, ai Discorsi alla Nazione tedesca di Johann Gottlieb Fichte, in cui il filosofo, per incitare i propri compatrioti alla resistenza contro le armate di Napoleone, descrive i tedeschi come un popolo “metafisicamente predestinato”, che ha il diritto morale di realizzare il suo destino con ogni mezzo, anche con l’inganno e la forza, popolo che è l’autocoscienza di Dio. E dopo Fichte, è la volta di Georg Wilhelm Friedrich Hegel affermare la legittimità del diritto tedesco, contro il quale “il genio degli altri popoli è senza diritto; e poiché la loro era è determinata, essi non contano più nella Storia”. Hegel giunge a parlare di una “missione storica” tedesca. Per lui lo spirito si incarna nel popolo germanico; per Friedrich Wilhelm von Giesebrecht “la Germania ha il diritto del dominio perché è una Nazione di élite”. Più concretamente, Friedrich Lange si chiede se la Germania non abbia, infine, avuto “la missione di castigare e di guarire le depravazioni dei Popoli che la circondano”, concetto che sarà ripreso, nel 1914, perfino, da Thomas Mann, quando in polemica con Romain Rolland, definirà la Francia “urna di tutti i mali”, quella che porta alla Germania la peggiore lue del mondo; la Democrazia, il livellamento dei valori intellettuali, l’ipocrisia di una falsa libertà. Mann, “duce protestante dei conservatori”, come lo definì, nel 1920, Lavinia Mazzucchetti, non è un pangermanista ottuso, ma si dimostra, ancora, convinto della supremazia germanica, perché in essa sarebbe operante una qualità relativamente migliore delle classi dirigenti in confronto alle masse impreparate. Le considerazioni di un apolitico non si discostano molto, nel primo Dopoguerra, in fondo, dalle fanatiche dichiarazioni nazionalistiche di Adolf Hitler: anche Thomas Mann vuole preservare il popolo germanico dalle degenerazioni latine, europee. 

Grazie alla biologia molecolare, oggi, noi sappiamo che il patrimonio genetico degli esseri umani è costante e identico nei suoi tratti fondamentali, a dispetto delle diverse tipologie morfologiche esteriori e, anche se appare difficile crederlo, una parte importante delle idee da cui trasse ispirazione il nazismo proveniva dagli Stati Uniti. Quel grande Paese era visto da alcuni nazisti come una Nazione simbolo, sia per la sua storia di espansione a Ovest, con lo sterminio e il confinamento degli Indiani, razza inferiore, nelle riserve, sia per la politica di discriminazione razziale praticata negli Stati del Sud.

In Mein Kampf, steso tra il 1923 e il 1924, durante la prigionia seguita al colpo di Stato di Monaco di Baviera, Adolf Hitler alludendo agli americani, scriveva:

“Esiste uno stato al mondo che ha compiuto dei deboli progressi verso un ordine migliore.”

Nel 1927, nel secondo libro del Mein Kampf, manifestò il suo compiacimento per il modo in cui avevano “sterminato milioni di pellerossa, riducendone il numero a qualche centinaio di migliaia” e vi sono altri accenni positivi rivolti agli Stati Uniti. “L’Unione degli Stati Americani categoricamente proibisce l’entrata a individui che non godono di buona salute e semplicemente esclude certe razze. In tutto ciò l’America attua, in forma attenuata, il nostro concetto di Stato basato su individui uniti dal sangue.”


IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA PROSSIMAMENTE QUI…

 



[1]L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.

Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio [Millennium Development Goals] che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.” [https://unric.org/it/agenda-2030/]

[2] “L’accordo di Parigi stabilisce un quadro globale per evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC. Inoltre punta a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e a sostenerli nei loro sforzi.

L’Accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima [COP21] nel dicembre 2015.

L’UE e i suoi Stati membri sono tra le 190 parti dell’accordo di Parigi. L’UE ha formalmente ratificato l’accordo il 5 ottobre 2016, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. Affinché l’accordo entrasse in vigore, almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali hanno dovuto depositare i loro strumenti di ratifica.” [https://ec.europa.eu/clima/policies/international/negotiations/paris_it]

[3] Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani ha rilasciato la seguente dichiarazione:

 ”Con l’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti umani, il 10 dicembre del 1948, la Comunità internazionale si è dotata di uno strumento di portata globale per tutelare i diritti e le libertà fondamentali di ciascuno, ponendo l’intangibile dignità della persona al di sopra di ogni forma di discriminazione e di ogni ordinamento.

Il raggiungimento di tale traguardo, a pochi anni dalla conclusione del più violento e sanguinoso conflitto della storia, offre spunti di riflessione sul necessario impegno odierno per la effettiva vigenza della Dichiarazione.

Il tema della Giornata dei diritti umani 2020 “Per una migliore ripresa - Difendiamo i diritti umani” molto opportunamente pone l’accento sulle immense sfide che la pandemia ci pone di fronte.

Mentre interi popoli subiscono persecuzioni per ragioni politiche, etniche, o religiose, l’emergenza sanitaria genera in tutte le società ulteriori rischi di discriminazione e forme di emarginazione, che lacerano il tessuto sociale e contraddicono valori fondamentali.

La tutela dei diritti della persona deve essere al centro della risposta globale alla pandemia, per evitare che essa renda meno penetrante la loro applicazione, e far sì che gli sforzi di ripresa siano sorretti da solidi criteri di eguaglianza ed equità.

Senza il rispetto di tali essenziali principi la Comunità internazionale non sarà in grado di superare con successo questo momento complesso e di garantire a tutti un futuro di pace e sviluppo.” [https://www.quirinale.it/elementi/51275]

[4] Surveillance measures rolled out across the world as governments try curb the spread of coronavirus could cause lasting damage to the right to privacy, a United Nations expert has warned.”

[5] “From facial recognition to phone tracking, governments are turning to technology to trace infections and keep tabs on the population as they enforce lockdowns and quarantines. The danger is that measures brought in to protect citizens in exceptional circumstances, when most people accept they are needed, could outlast the current crisis.”

[6] “Dictatorships and authoritarian societies often start in the face of a threat.”

[7] “While it was too early assess each measure as the pandemic was still evolving, safeguards could be put in place to ensure the response was necessary and proportionate.”

[8] “Surveillance and monitoring measures should be written in law and clearly limited in time.”

[9] “Any form of data can be misapplied in incredibly bad ways. If you have a leader who wants to abuse the system, the system is there.”

[10] “Tracking people’s phones to monitor where they go and who they meet could also be used to identify members of ethnic or religious minorities, exposing them to the risk of violence and discrimination in some counties.”

[11] “Health data could help protect those deemed more vulnerable to the virus, but it could also be abused to identify HIV-positive people in countries where the condition is seen as an indicator of homosexuality and homophobia is rife, he added.”

[12] “We must be very careful how we use these tools.”

[13] “And citizens should use every means they have to influence both the policies and the laws that are made that affect them.”

[14] “That is why it is important to be vigilant today and not give away all our freedoms.”

[15] L’International Institute for Democracy and Electoral Assistance[IDEA] è un ente intergovernativo fondato nel 1995, con sede a Stoccolma, in Svezia, di cui fanno parte 30 Nazioni. L’Italia non è rappresentata.

[16] “T o address the COVID-19 pandemic, starting in March 2020, more than half the countries in the world [59 per cent] had declared a national state of emergency [SoE], enabling them to take drastic temporary [and in most cases necessary] measures to fight the pandemic. These measures have included in most cases temporarily curbing basic civil liberties, such as freedom of assembly and movement, and in some cases postponing elections.”

[17] LUnited Nations Human Rights Committee [UN HRC], il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, composto da 18 esperti, è uno dei 10 organismi delle Nazioni Unite, al quale spetta il compito di esaminare i rapporti quinquennali consegnati dagli Stati firmatari del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici.

[18] Adottato nel 1966, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici è un Trattato delle Nazioni Unite, di cui, attualmente, fanno parte 168 Stati.

[19] Aurelio Grimaldi, Il delitto Mattarella. 

[20] Ibidem.

[21] Il 28 maggio 1989, su la Repubblica, nell’articolo Europa unita contro i narcodollari, Franco Scottoni scrive:

“Il presidente americano George Bush aveva chiesto di incontrarsi con il giudice palermitano Giovanni Falcone, durante la sua visita in Italia. Evidentemente la notorietà del magistrato italiano, impegnato da alcuni anni nelle inchieste contro la mafia, ha varcato anche i cancelli della Casa Bianca. La richiesta di Bush è stata esaudita. Al ricevimento a Villa Madama, offerto, ieri sera dal ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, era presente anche il giudice Falcone, rientrato in Italia da Vienna dove ha partecipato all’incontro trilaterale con i parlamentari della Germania federale e del Regno Unito, sui problemi del narcotraffico. Anche nella riunione di Vienna, presso la sede dell’UNFDAC, alle Nazioni Unite, il magistrato italiano ha avuto un intenso scambio di opinioni con parlamentari tedeschi e inglesi. Gli sono state rivolte numerose domande, in particolare sulle sue esperienze internazionali, sui risultati ottenuti e sulle difficoltà che ha incontrato all’ estero nello svolgimento delle indagini. Falcone ha parlato molto della collaborazione instauratasi con le organizzazioni statunitensi preposte alla lotta contro il traffico della droga. Ha ricordato che senza una fattiva cooperazione tra tutti gli Stati, la battaglia contro il narcotraffico si può considerare perduta in partenza. Sull’incontro con Bush non sono filtrate indiscrezioni. Resta, comunque, come elemento importante, il fatto che il presidente americano abbia chiesto al Governo italiano di conoscere e incontrare il magistrato palermitano. Un riconoscimento autorevole a un giudice che ha collaborato intensamente con gli inquirenti statunitensi nella lotta ai boss della mafia internazionale. L’operazione italo-americana, cosiddetta Pizza Connection, prese l’avvio da alcune indagini, svolte in Sicilia. Con le rivelazioni di Tommaso Buscetta, sia negli USA che in Italia, fu inferto un grosso colpo alla criminalità organizzata. I rapporti tra Falcone, i magistrati americani e i funzionari e gli agenti della DEA, l’organizzazione USA impegnata nella lotta contro gli stupefacenti, risultano tuttora ottimi. C’é una fattiva collaborazione, con uno scambio continuo di informazioni e con incontri operativi, in Italia e a Washington. A Vienna il giudice Falcone ha partecipato alla riunione trilaterale come consulente della Commissione Parlamentare dell’Antimafia, insieme all’altro giudice palermitano, Pietro Grasso.” [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/05/28/europa-unita-contro-narcodollari.html]

A distanza di un mese, il 21 giugno 1989, i telegiornali informano del fallito Attentato dell’Addura: 58 candelotti di tritolo piazzati tra gli scogli, nei pressi della villa estiva affittata dal magistrato. È l’attentato che indurrà Falcone a parlare di ”menti raffinatissime”, accennando a un possibile impiego della mafia da parte di altri soggetti, con obiettivi diversi da quelli di Cosa Nostra: “esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi”. Sono queste ”menti raffinatissime” che, nascondendosi dietro la mafia, proseguiranno le stragi fino al 1993. A muoverli con è certo il 41bis e il carcere duro per i mafiosi, ma la volontà di dettare legge in Italia, imponendo la propria agenda politica ed economica.

[22] La speculazione contro la lira iniziò nel marzo del 1992, subito dopo l’assassinio di Salvo Lima. Le due banche che governarono la speculazione furono Goldmann &Sachs e Deutsche Bank. La speculazione si concluse, nel mese di settembre dopo una mai spiegata resistenza della Banca d’Italia a portare la parità da 750 a 940 sul marco. In sei lunghi mesi la Banca d’Italia bruciò riserve per 60mila miliardi di lire [30 miliardi di euro] e in totale avevamo dilapidato 90 miliardi di euro.

[23] Il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi è un figlio dell’Austria di Francesco Giuseppe e del Beato Carlo.

[24] Il 12 giugno scorso, Pieter Omtzigt ha lasciato il suo partito, dandone l’annuncio in una lunga lettera pubblica su Twitter.

[25] Il Piano Nazionale di Preparazione e Risposta a una Pandemia Influenzale del 10 febbraio 2006, “stilato secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, aggiorna e sostituisce il
precedente Piano Italiano Multifase per una Pandemia Influenzale, pubblicato nel 2002”.

[26] Sangue e Suolo. Le radici esoteriche del Nuovo Ordine Europeo nazista.