“Tout crépuscule est double, aurore et soir. Cette formidable chrysalide que l’on appelle l’univers trésaille éternellement de sentir à la fois agoniser la chenille et s’éveiller le papillon.”
Victor Hugo
“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”
Nikos Kazantzakis
Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:
Bani adam a’za-ye yek peikarand, Ke dar afarinesh ze yek gouharand.
Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar, Degar ‘ozvha ra namanad qarar.
To kaz mehnat-e digaran bi ghammi, Nashayad ke namat nehand adami. I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo, Originate dalla stessa essenza.
Se il destino arreca dolore a una sola, Anche le altre ne risentono.
Tu, che del dolore altrui non ti curi, Tu non sei degno di essere chiamato Uomo. Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan
traduzione dal persiano di Daniela Zini
Dormire, dormire e sognare…
Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.
Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.
Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.
Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.
Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.
È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.
Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.
L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.
D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.
Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.
Quel tentativo fece completo fallimento.
Perché?
Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.
In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.
Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.
Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.
Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.
Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.
E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?
La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.
Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.
Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.
Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?
Tutte! La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.
Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.
La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:
“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”
“I know not with what weapons World War III will be
fought, but World War IV will be fought with sticks and stones.”
Albert Einstein
A tutti i Ragazzi della Terra che hanno diritto a
un Mondo Migliore e ai tanti Lazzaro, Uomini Invisibili, di cui non conosciamo
il nome e non vediamo il volto, ma che scelgono di sacrificare la propria Vita
per la nostra, come il mio protagonista di ACRONIA.
I nostri ragazzi non sanno che le guerre – si
deve ben chiamarle con il loro nome – hanno, sovente, odore di petrolio, come
in Medio Oriente, o tanfo di colonialismo, come in Africa, o ancora infiorano i
succulenti contratti di armamenti.
La banalizzazione della guerra veicolata dallo
spirito della difesa – la parola guerra è, accuratamente, cancellata dai
programmi – contribuisce a far accettare con passività e fatalismo, quello che
resta un flagello della nostra epoca, con spese militari irrazionali.
Gli istigatori dell’“educazione alla difesa”
non hanno, mai, fatto mistero che uno dei loro obiettivi è, egualmente,
soddisfare i bisogni di reclutamento degli eserciti.
Per fare questo, le porte degli edifici
scolastici sono loro spalancate.
Convinto da un discorso ingannevole, che gli fa
luccicare l’ingaggio militare come null’altro che un banale piano di carriera,
il giovane che firma il contratto non può, realmente, avere coscienza che il
mestiere delle armi non è un mestiere come gli altri, in cui si può uccidere o
morire su ordine.
Alla fine del 1938, mentre i Francesi si apprestano a
festeggiare il nuovo anno e la minaccia della guerra agita i loro animi, il
Poeta Louis Aragon torna sull’ultimo anno e invoca la Pace.
Più che mai, l’Europa è in preda alla violenza.
In Spagna, dove la Guerra Civile infuria dal 1936, i
nazionalisti stanno guadagnando terreno sui repubblicani.
Tra il
febbraio del 1937 e il gennaio del 1939 i trimotori italiani Savoia-Marchetti
S.M.79 colpirono più volte Barcellona e altre 143 località catalane.
“Era una mattina radiosa, che anticipava
la primavera. Il cielo era azzurro, il sole sfavillava come uno specchio. Gli
uccelli cantavano. Nei parchi e nei giardini le violette sbocciavano luminose
[...] Sorde tuonarono le esplosioni, migliaia di occhi sorpresi e attoniti si
levarono in alto. E videro come sulla città volava la morte... La morte di
metallo. La morte nera e sinistra [...] la morte che era arrivata silenziosa,
inattesa, tacita, scesa dagli spazi brillanti per mietere vite in fiore.” ,
si legge
sulla rivista catalana La
Humanitat il 31 gennaio 1938, all’indomani di un terribile
bombardamento aereo effettuato su Barcellona dall’Aviazione Legionaria di
Benito Mussolini. I raids aerei si
inquadravano nelle operazioni di supporto militare che Benito Mussolini e Adolf
Hitler garantirono a Francisco Franco. I bombardamenti italiani sulla Catalogna
e su Barcellona sono una delle pagine più oscure e meno note della nostra
Storia, e hanno giocato un ruolo rilevante nella caduta della Seconda
Repubblica spagnola, nonché nei conflitti che scoppiarono di là a poco.
Foto di esiliati spagnoli, scattata da
Robert Capa e pubblicata sul quotidiano francese Ce soir, nel gennaio del 1939.
Barcellona
sotto bombardamento il 17 marzo 1938, in una foto dell’Aviazione Legionaria
delle Baleari.
“Iniziare
da stanotte azione violenta su Barcellona con martellamento diluito nel tempo.”,
è il testo del telegramma inviato da Roma
al generale Vincenzo Velardi, capo dell’Aviazione Legionaria di stanza a
Maiorca, il 16 Marzo 1938. Il capoluogo della Catalogna fu investito, per due
giorni consecutivi, da 44 tonnellate di bombe, sganciate a intervalli di 3 ore,
che causarono circa 1.000 morti tra la popolazione civile. Fu il bombardamento
più duro sofferto dalla città durante la Guerra Civile spagnola, una violenza
che suscitò la reazione sdegnata del segretario di stato americano Cordell Hull,
Premio Nobel per La Pace 1945, appoggiato
da Francia e Gran Bretagna.
Nel 1998, il Parlamento tedesco ha
presentato scuse ufficiali per la distruzione di Guernica, la cittadina basca
rasa al suolo dall’aviazione nazista nel 1937.
L’Italia non ha, mai, ammesso la propria
responsabilità per i bombardamenti sulla Catalogna, allineandosi al Pacto del Olvido, in vigore tra le
istituzioni spagnole dopo la caduta del franchismo.
In Germania, cinque anni dopo la sua ascesa al potere,
Adolf Hitler ha intensificato la sua politica persecutoria nei confronti degli Ebrei
e persegue i suoi obiettivi pangermanici.
Il 13 marzo 1938, il führer ha annesso l’Austria e la Gran Bretagna, disponibile
ad accettare una revisione dei confini tedeschi fissati, nel 1919, dopo la
Prima Guerra Mondiale, a patto che non si alteri, eccessivamente, l’equilibrio
politico europeo nel suo complesso, non solleva alcuna obiezione.
Su Ce Soir, Louis Aragon rivolge i suoi auguri alla
Francia e al Mondo intero in un testo intenso e combattivo. Il Poeta denuncia,
in particolare, ciò che costituisce ai suoi occhi la peggiore ignominia del
1938: l’Accordo di Monaco tra Germania (Adolf Hitler), Italia (Benito Mussolini),
Gran Bretagna (Arthur Neville Chamberlain) e Francia (Edouard Daladier), in
base al quale, senza interpellarne il Governo, la Germania è autorizzata ad
annettere parte della Cecoslovacchia, un territorio di 28.345 chilometri
quadrati, popolato da 2.800.000 tedeschi e 1 milione di cechi.
Nel discorso pronunciato al suo ritorno da Monaco
Chamberlain dichiarava:
“Credo che sia la
Pace per il nostro tempo.”
Era un’illusione!
Hitler procedette nella sua folle espansione.
Il 16 marzo 1939, la Germania occupò Praga e il resto
della Boemia, ponendo fine all’indipendenza della Cecoslovacchia.
Di fronte a questo tradimento, il Poeta invoca una
reazione popolare:
“Francesi, innocenti, ingannati, traditi, impotenti e disonorati.
E lo dico con tutta la forza dei milioni di Uomini che la pensano come me,
perché sono i Figli del Paese della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino,
perché sono i Figli del Paese che fece Chartres e vinse a Valmy. Lo dico
solennemente:non ci sarà Pace
degna di questo nome che renda possibile nel Cuore sanguinante dell’Europa
questa negazione di Giustizia equesta Ignominia.
Io auspico la Pace che annienti fin nelle sue fondamenta
il ricordo stesso di Monaco.”
Aragon fustiga quelli che fanno il gioco del fascismo,
fa appello ai principi della Rivoluzione Francese e si scaglia contro tutto e tutti
per la difesa degli ideali francesi:
“Il signor Léon Daudet vuole vedere quest’anno il
crollo della Democrazia francese, dei principi dell’89 e di tutto il Bataclan.
Parla lo stesso linguaggio dei signori Hitler e
Mussolini.
Io auspico, da parte mia, che il 1939 dichiari la Pace
al Mondo, per riprendere le parole di Victor Hugo. La Pace non è la guerra
civile che i nostri ipocriti sono disposti a fare ai Francesi grazie al signor
Daudet.
La Pace non è la mutilazione della Francia.
La Pace non è l’asservimento dei francesi ai mercanti
di guerra e alle ideologie razziste.
La Pace, io la auspico al Mondo intero. […]
E se ristabilire la Pace, come al tempo di Napoleone,
la Libertà nel Mondo esige resistere armi in pugno a quelli che armi in pugno
esigono che si inginocchi e si pieghi la Francia umiliata, a chi di noi ciò
farebbe paura?
Io non auspico la guerra. Io auspico la Pace. Ma io
dico ai signori della guerra, che portino l’ascia del littore o quella del
carnefice, che si vestano di nero o di marrone, che i francesi guardano con
tranquillità al 1939 e che, nonostante i Braillards, se necessario, sapranno
difendere la loro Patria, non indietreggeranno davanti alla prova.”
Ed è a un altro convinto difensore della pace, “nel
quale si incarna il più alto e il più puro pensiero francese” che Aragon dà
la parola per concludere il 1938: lo scrittore Romain Rolland, Premio Nobel per la Letteratura 1915,
che, nel 1939, presiedette il Comitato
Mondiale contro la Guerra e il Fascismo.
“Il1938
è per la Francia un anno di lutto. Ha tradito le sue amicizie internazionali,
consegnato la Cecoslovacchia, abbandonato la Spagna. Un senso di vergogna e di rimorso
pesa sulla nostra Democrazia. […]
Pensiamo alle Vedove e ai Bambini!
Aiutiamo i Poveri, i Feriti e i Prigionieri!
Noi sappiamo tutti che, sulla terra di Spagna, si difende
la Francia. Asseriamolo!”
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Louis Aragon si
impegnò nella Resistenza, creando con Elsa Triolet, sorella
minore di Lili Brik, moglie dello scrittore georgiano Vladimir Vladimirovic Majakovskij,
il Comitato
Nazionale degli Scrittori per la Zona Sud e il quotidiano La Drôme en
armes.
Sia questa Pasqua 2024 una
Pasqua di Pace secondo gli ideali difesi da Louis Aragon, ma per questo si dovrà
capire e sapere chi vuole cosa.
Buona Domenica di Lazzaro a
Voi e alle Vostre Famiglie!
A
mio Padre, ai miei Nonni e ai miei Amici, la mia Famiglia
Qualche settimana fa, una Amica, una delle mie più care Amiche,
nel rinnovarmi la sua solidarietà e la sua condivisione con le posizioni
espresse nei miei articoli, seppure con tono sconsolato o peggio arreso, mi
chiedeva:
“Purtroppo non serve a niente, ma perché lo fai?”
È la domanda che mi sono sentita fare più volte e non nascondo
che, talvolta, me la sono posta anche io.
Perché scrivere, denunciare le criticità di alcune situazioni,
perché “perdere” del tempo, che potrei dedicare ad altro, anche di più
vantaggioso o di più appagante?
Perché espormi, inimicarmi persone, realtà politiche, gruppi di
potere o delle istituzioni nel denunciare che, forse, esercitando quel potere,
il loro dovere non l’hanno assolto con quella onestà, con quella correttezza e
con quella trasparenza che tutti avremmo voluto?
Perché lo faccio, in una società dove nessuno fa niente per
niente e io mi trovo, spesso, a passare la notte a finire di scrivere quel
pezzo che voglio sia corretto, giusto, efficace e documentato il più possibile,
forse, anche utile a chi lo legge?
E la risposta che mi do è, sempre, la stessa: per sentirmi bene
con me stessa, per sentirmi a posto con la mia coscienza.
Perché credo nella Democrazia partecipativa, quella persa
proprio disinteressandosi di ogni cosa.
Perché quando vedo ciò che altri fanno, con maggior impegno del
mio, con più rischi, con più dedizione, allora mi dico che questo è il minimo
che io possa fare.
Non possiamo più aspettare che le decisioni siano prese
dall’alto, da chi non è più in grado di prenderle, da chi ha fornito prova non
solo di inettitudine, ma, spesso, di connivenza con chi continua a trarre
profitto dal disastro, in cui versa il Paese, e dobbiamo noi iniziare a
cambiare.
Noi, dal basso.
Per questo lo faccio!
Non sono, mai, stata una che voleva tutto e subito e neppure la
soluzione più facile.
Ho, sempre, preferito optare per la strada in salita, anziché
prendere quella in pianura.
Ho attinto molto da quanti mi hanno camminato accanto e vorrei
lasciare a quanti camminano con me, ora, e cammineranno un giorno, senza di me,
qualcosa che io sarei felice di trasmettere.
La crisi si combatte con la superba qualità e la arrogante
consapevolezza di fare qualcosa di buono e di utile per gli Altri.
Ma la Rete, il Web, non sostituirà, mai, la Piazza, l’Agorà.
Abbiamo sostituito le lettere con i posts sulla bacheca e i
messaggi nella chat privata.
Abbiamo sostituito lo stupendo incrociarsi di sguardi che ci
faceva battere forte il cuore, con una gara ai likes per farci notare.
E tutto questo è, infinitamente, triste.
In un Mondo dove le emozioni, le cose che, davvero, contano,
sono sempre più lontane.
Io sono sempre più lontana!
E questo è tutto, ma ve lo dovevo per quella onestà
intellettuale che mi ha accompagnata nel corso della mia Vita.
lettera aperta di una italiana
@ PRIMO CITTADINO PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA & ITALIANI[PRIMA PARTE]
“Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva
sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto
con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato
col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in
modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente
guarderà l’albero o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha
importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da
ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta. La
differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta
nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su
quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta una vita.”
Ray Bradbury
Intorno alla metà del XVIIIesimo secolo, il
filosofo francese Montesquieu suggeriva che il modo migliore per difendere le
libertà civili fosse di guardarsi da una distribuzione iniqua del potere. Una
generazione dopo, un altro statista, Thomas Jefferson, eletto, il 17
febbraio 1801,dopo un lungo stallo
elettorale, terzo presidente degli Stati Uniti d’America
dalla House of Representatives,
avvertiva gli uomini del suo Paese che l’unico modo
per salvaguardarsi da una distribuzione sbilanciata del potere fosse assicurare
a tutti un eguale accesso all’informazione. La strada per raggiungere questo
risultato, sosteneva, era mantenere una stampa libera e indipendente che
esaminasse, in modo critico, l’operato degli organi di governo e degli uomini che
li guidano. Mai come in questo momento storico si percepisce, in modo incisivo,
l’importanza di queste due dichiarazioni, nella crescente preoccupazione che le
nostre istituzioni abbiano preso una deriva pericolosa. Tale deriva ha un nome,
proclamato a gran voce all’interno della stampa indipendente, sia di destra sia
di sinistra, e, raramente, citato negli editoriali dei nostri quotidiani.
Taluni la chiamano dittatura, altri, con toni più forti, totalitarismo.
Qualunque sia il nome, indica una paura che ha iniziato a pervadere gli
abbastanza coraggiosi da prestarvi attenzione e gli abbastanza intelligenti da
vederne i segni.
Nel
suo Dizionario filosofico, Voltaire,
dopo avere definito il tiranno:
“Si chiama “tiranno”quel sovrano che non conosce altre leggi che
il suo capriccio, che ruba gli averi dei suoi sudditi e poi li arruola per
andare a rubare quelli dei suoi vicini.”,
poi,
così, riprendeva:
“Si distingue la tirannia di uno solo e quella di molti. Questa
tirannia di molti sarebbe quella di un corpo che usurpasse i diritti degli
altri corpi, e che esercitasse il dispotismo per mezzo delle leggi da lui
corrotte.”
La
pluralità dei tiranni nel tessuto socio-politico non indica tanto una
spartizione del comando, bensì connota l’incertezza del potere, teso e conteso
da più poli di forza e, al contempo, la dismisura violenta del raggio di azione
che ne scaturisce. Effetto collaterale della timorosa e servile incertezza che
si genera nella tirannia, è una sorta di regressione a uno stato vegetativo, a
una chiusura dell’Uomo in se stesso, in una bolla di egoismo indotto, giacché
tutto è precario e incerto, dall’unica cosa cui potere aspirare: preservare se
stesso. “Nell’epoca
della menzogna digitale e del trionfo della demagogia”, come osserva Ernesto Ferrero nella brillante prefazione allaprima edizione completa del Dizionario filosofico, curata da
Domenico Felice, le massime di Voltaire diventano “un
presidio civile da riconquistare e difendere”. E, a giusta
ragione, Ferrero insiste sull’attualità del pensiero volterriano arrivando,
senza alcuna esagerazione, a definirlo nel suo complesso “un
presidio civile da riconquistare e difendere”. Bisogna nondimeno guardarsi dal credere che, oggi, per “riconquistare e difendere”il pensiero di Voltaire basti ripeterne i
motti arguti come slogans o
scimmiottare gli slanci polemici del patriarca di Ferney contro gli eterni
abusi del potere, civile o religioso che sia,in quel suo castelletto, convenientemente
situato sulla rotta che da Parigi, centro mondiale del lusso, della mondanità e
dell’arguzia, portava verso l’Italia, patria del sublime, dell’antico e del
pittoresco.
Così facendo, si contribuirebbe solo a ridurre il pensiero di Voltaire a luoghi
comuni e vuoti clichés. Non si tratta
più di sposarne la causa come se fosse ancora la nostra. La vitalità
imperitura, anzi la perdurante attualità delle sue parole, che sembrano “parlare proprio al nostro orecchio”,
risiede, invece, nella nostra capacità di fare nostro l’atteggiamento critico
che Voltaire dimostrò, sempre, sapere assumere, senza pregiudizi, al cospetto
di qualunque assunto con cui l’attualità del suo tempo lo costringeva a
confrontarsi.
Nel 1921, Albert Einstein
ricevette il Premio Nobel per la Fisica “per
i suoi servizi alla Fisica Teorica, e in particolare per la sua scoperta della
legge dell’effetto fotovoltaico”.
Il 10
giugno 1933, pochi mesi dopo l’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler,
Albert Einstein, già una celebrità scientifica internazionale, scriveva una
lettera al suo amico, il dottor Lionel Ettinger, da Le Coq-sur-Mer, una
località vicino a Ostenda, in Belgio, dove si era stabilito, al suo rientro in
Europa da una visita al California
Institute of Technology di Pasadena, dopo avere rinunciato alla
cittadinanza tedesca e rassegnato le dimissioni dalla Preussische Akademie der Wissen Schaften [Accademia Prussiana delle
Scienze].
“La mia impressione riguardo ai recenti fatti accaduti in
Germania è delle più scoraggianti.’’,
scriveva
il fisico, presagendo il peggio, e confessava, con grande sconforto nell’animo:
“Ho già messo tra i primi punti della mia agenda l’idea di non
fare più ritorno in Germania.”
Sei
anni dopo, il 2 agosto 1939, Einstein scriveva con Leó Szilárd una lettera al presidente statunitense Franklin
Delano Roosevelt, per allertarlo sulla possibilità che la Germania nazista
potesse arrivare a sviluppare la bomba atomica, e la concludeva suggerendo l’opportunità
che si stabilisse “un contatto continuo tra il Governo e i
fisici che lavorano alla reazione a catena in America”, allo
scopo di passare su un vero e proprio terreno operativo nel caso in cui la
situazione fosse degenerata.
Albert Einstein e Leó Szilárd
Signore,
alcuni recenti lavori di E. Fermi e L. Szilárd, che mi sono stati comunicati in manoscritto, mi fanno pensare
che l’elemento uranio possa essere trasformato in una nuova e importante fonte
di energia nell’immediato futuro. Alcuni aspetti della situazione che è emersa
sembrano richiedere vigilanza e, se necessario, tempestività da parte dell’Amministrazione.
Ritengo pertanto che sia mio dovere portare alla vostra attenzione i seguenti
fatti e raccomandazioni.
Negli ultimi quattro mesi i lavori di Joliot in Francia e di
Fermi e Szilárd in America hanno dimostrato la possibilità di stabilire una
reazione nucleare a catena in una grande massa di uranio, generando enormi quantità
di energia e nuovi elementi radioattivi. Adesso sembra alquanto certo che ciò
possa avvenire nell’immediato futuro.
Il nuovo fenomeno potrebbe anche portare alla costruzione di
bombe, e si può ritenere, anche se con minore certezza, che le bombe così costruite
sarebbero di enorme potenza. Una sola di queste bombe, trasportata su nave e
fatta esplodere in un porto, potrebbe distruggere tutto il porto e parte del
territorio circostante. Ma, forse, una bomba di tale fatta sarebbe troppo
pesante per consentirne il trasporto aereo.
Gli Stati Uniti posseggono modeste quantità di uranio. Miniere
più ricche si trovano in Canada e nell’ex-Cecoslovacchia, mentre la fonte più
importante è il Congo Belga. La situazione che si è creata sembra richiedere attenzione e, se necessario, una rapida azione
da parte del Governo.
Sarebbe, forse, desiderabile che lei istituisse un contatto continuo
tra il Governo e i fisici che lavorano alla reazione a catena in America
tramite una persona di sua piena fiducia che agisse in forma ufficiosa. I suoi
compiti potrebbero essere:
a] Tenere informati i vari Ministeri degli sviluppi scientifici
e formulare raccomandazioni per il Governo, con particolare attenzione al
problema di assicurare agli Stati Uniti il rifornimento di materiale uranifero.
b] Accelerare le ricerche sperimentali incrementando gli
stanziamenti.
So che la Germania ha, già, interrotto la vendita dell’uranio
ricavato dalle miniere cecoslovacche occupate. Questo provvedimento così
improvviso potrebbe, forse, spiegarsi con l’assegnazione del figlio [Carl Friedrich Freiherr von Weizsäcker,
n.d.r.] del sottosegretario di Stato tedesco, [Ernst n.d.r.] von Weizsäcker al Kaiser Wilhelm Institut
a Berlino, dove sono, attualmente, in corso esperimenti con l’uranio analoghi a
quelli svolti in America.”[1]
Sinceramente suo,
Albert Einstein
Lettera di Albert Einstein e Leó
Szilárd a Franklin Delano Roosevelt.
La
risposta di Roosevelt fu il Progetto
Manhattan, che portò alla creazione delle prime bombe atomiche, le quali
non sarebbero state sganciate contro i tedeschi, che avevano, già, perso la
guerra in Europa, ma sui giapponesi nell’atto finale della guerra nel Pacifico.
Lettera
di Franklin Delano Roosevelt ad Albert Einstein.
“Ho trovato questi dati di tale importanza che ho convocato un
consiglio composto dal capo del Bureau of Standards e un rappresentante scelto
dell’Esercito e della Marina per indagare a fondo sulle possibilità del suo
suggerimento per quanto riguarda l’elemento uranio.”
Il 7
marzo 1940, Einstein scriveva una seconda lettera a Roosevelt:
Signore,
dallo scoppio della guerra, è aumentato in Germania l’interesse
per l’uranio. Ho appena saputo che nell’Istituto di fisica Kaiser Wilhelm
vengono condotte in gran segreto ricerche sull’uranio.
Il dottor Szilárd mi ha mostrato
il manoscritto che sta per mandare a Physics Review dove descrivere nei
particolari il metodo per innescare una reazione a catena nell’uranio. Se non
si farà nulla per impedirlo, questo articolo sarà pubblicato e tutti verranno a
conoscenza del metodo. Il dottor Szilárd le manderà un
promemoria per informarla dei progressi compiuti negli ultimi tempi, in modo
che, se lo riterrà opportuno, lei possa intervenire per bloccare la
pubblicazione.
Sinceramente Suo,
Albert Einstein
Roosevelt
propose a Einstein di entrare a fare parte dell’Advisory Committee on Uranium [Comitato Consultivo sull’Uranio], al
pari di Enrico Fermi e Leó Szilárd, ma il
fisico rifiutò con un’altra lettera, datata 25 aprile 1940.
Signore,
sono convinto che sia utile e urgente creare le condizioni
perché le ricerche siano condotte con maggiore impegno che per il passato. Sono
pertanto favorevole all’intensificazione degli sforzi per il reperimento dei
fondi necessari ad accelerare gli esperimenti su ampia scala e l’analisi delle
applicazioni pratiche.
Sinceramente Suo,
Albert Einstein
Il 25
marzo 1945, Einstein scrisse una quarta lettera a Roosevelt, ma questa lettera
non giunse mai nella mani di Roosevelt, che sarebbe morto diciotto giorni dopo,
il 12 aprile 1945:
Signore,
il dottor Leó
Szilárd vorrebbe proporle alcune
considerazioni e raccomandazioni. Non conosco la natura delle sue proposte, ma
sono indotto a compiere questo passo dalle circostanze che le descriverò più
avanti. Nell’estate del 1939 il dottor Szilárd mi espose le sue
idee sull’importanza che poteva avere l’uranio per la difesa della Nazione. Era
molto preoccupato e ci teneva a informarne quanto prima il Governo degli Stati
Uniti. Il dottor Szilárd ha contribuito a scoprire l’emissione di neutroni da parte dell’uranio,
su cui si basano tutte le ricerche su questo elemento, e mi ha descritto un
metodo specifico che lui ritiene capace di innescare una reazione a catena nell’uranio
in un futuro molto prossimo. Poiché lo conosco da oltre venti anni sotto un
profilo scientifico e personale, ho molta fiducia in lui ed è questa fiducia
che mi ha spinto a scriverle a questo proposito. Lei rispose alla mia lettera
del 2 agosto 1939 istituendo una Commissione presieduta dal dottor Briggs e ciò
ha avviato l’azione del Governo in questa direzione. Poiché attualmente sta
lavorando sotto il vincolo della segretezza, il dottor Szilárd non può fornirmi
informazioni sulle sue ricerche, ma a quanto posso capire è molto preoccupato
per la mancanza di un adeguato contatto tra gli scienziati che stanno
conducendo queste ricerche e i membri del suo gabinetto incaricati di indicare
le linee politiche. Ciò considerato, ritengo mio dovere fornire al dottor Szilárd questa lettera
di presentazione per lei, sperando che lei possa dedicargli la sua attenzione.
Sinceramente Suo,
Albert Einstein
A
quanto è dato sapere, Leó Szilárd, nel
colloquio che sollecitava, avrebbe cercato di persuadere il presidente a non
impiegare la bomba atomica contro il Giappone. Quattro mesi dopo, la mattina
del 6 agosto 1945, l’aeronautica militare degli Stati Uniti lanciava sulla
città di Hiroshima la prima bomba atomica, Little
Boy, seguita, tre giorni dopo, da un’altra, Fat Man, sganciata su Nagasaki.
Qual è
lo scopo della vita di un essere umano?
“Il vero valore di un essere umano è determinato principalmente
dalla misura e dal senso in cui egli ha raggiunto la liberazione dal sé.”
Questo
era, per Einstein, il vero significato ultimo dell’esistere. Era stato l’insegnamento
del Mahatma Gandhi ad averlo colpito: trascendere il sé individuale significava
sperimentare il sé universale, ovvero la pura coscienza.
Einstein
era intransigente sia come scienziato, sia come uomo.
Nel
1913, si era rifiutato di firmare un manifesto a favore della guerra che gli era
stato proposto da un buon numero di scienziati tedeschi.
L’FBI aveva raccolto un fascicolo di 1.427
pagine sulla sua attività e aveva raccomandato che gli fosse impedito di
emigrare negli Stati Uniti, in quanto credeva, consigliava, difendeva e
insegnava una dottrina che, in senso legale, era stata ritenuta dai tribunali,
in altri casi, “capace di permettere all’anarchia di
progredire indisturbata” e che portava a “un Governo
solo di nome”. Il suo peccato era scritto chiaro nel faldone
dove compariva una definizione per quegli anni gravissima “membro,
sostenitore o affiliato a 34 movimenti comunisti”.
Nel
1929, Einstein aveva scritto:
“Rendo omaggio a Lenin come a colui che ha dedicato tutte le sue
forze alla realizzazione della giustizia sociale, sacrificando a questo fine la
propria individualità. Non credo però che il suo metodo sia giusto.”
Non fu
ascoltato quando, nel 1945, si oppose al lancio delle bombe atomiche sul
Giappone. Dopo la guerra, Einstein fece pressioni per il disarmo nucleare e per
l’istituzione di un Governo Mondiale. Intervistato pochi giorni dopo i due
tragici eventi, Einstein aveva affermato:
“Non so come sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma so
come sarà combattuta la Quarta: a colpi di clave e di pietre.”[2]
Il 4
dicembre 1948, insieme ad altri intellettuali ebrei, tra i quali Hannah Arendt,
Einstein scrisse al New York Times[https://www-haaretz-com.translate.goog/jewish/.premium-1948-n-y-times-letter-by-einstein-slams-begin-1.5340057?_x_tr_sl=en&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it] una lettera in cui criticava,
fortemente, la visita di Menachem Begin negli Stati Uniti, definendo i metodi e
l’ideologia “del Partito della Libertà [Tnuat Haherut],
un partito politico che nella organizzazione, nei metodi, nella filosofia
politica e nell’azione sociale appare strettamente affine ai partiti Nazista e
Fascista”.
Tra i fenomeni più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello
relativo alla fondazione, nel nuovo Stato di Israele, del Partito della Libertà
[Tnuat Haherut], un partito politico che nella organizzazione, nei metodi,
nella filosofia politica e nell’azione sociale appare strettamente affine ai
partiti Nazista e Fascista. È stato
fondato fuori dall’assemblea e come evoluzione del precedente Irgun Zvai Leumi,
una organizzazione terroristica, sciovinista, di destra della Palestina.
L’odierna visita di Menachem Begin, capo del partito, negli USA
è stata fatta con il calcolo di dare l’impressione che l’America sostenga il
partito nelle prossime elezioni israeliane, e per cementare i legami politici
con elementi sionisti conservativi americani. Parecchi americani con una
reputazione nazionale hanno inviato il loro saluto. È inconcepibile che coloro
che si oppongono al fascismo nel mondo, a meno che non sia stati opportunamente
informati sulle azioni effettuate e sui progetti di Begin, possano aver
aggiunto il proprio nome per sostenere il movimento da lui rappresentato.
Prima che si arrechi un danno irreparabile attraverso contributi
finanziari, manifestazioni pubbliche a favore di Begin, e alla creazione di una
immagine di sostegno americano ad elementi fascisti in Israele, il pubblico
americano deve essere informato delle azioni e degli obiettivi di Begin e del
suo movimento.
Le confessioni pubbliche di Begin non sono utili per capire il
suo vero carattere. Oggi parla di libertà, democrazia e anti-imperialismo,
mentre fino ad ora ha apertamente predicato la dottrina dello stato Fascista. È
nelle sue azioni che il partito terrorista tradisce il suo reale carattere,
dalle sue azioni passate noi possiamo giudicare ciò che farà nel futuro.
Attacco a un villaggio arabo
Un esempio scioccante è stato il loro comportamento nel
villaggio Arabo di Deir Yassin. Questo villaggio, fuori dalle strade di
comunicazione e circondato da terre appartenenti agli Ebrei, non aveva preso
parte alla guerra, anzi aveva allontanato bande di arabi che lo volevano
utilizzare come una loro base. Il 9 Aprile, bande di terroristi attaccarono
questo pacifico villaggio, che non era un obiettivo militare, uccidendo la
maggior parte dei suoi abitanti [240 tra uomini, donne e bambini] e
trasportando alcuni di loro come trofei vivi in una parata per le strade di
Gerusalemme.
La maggior parte della comunità ebraica rimase terrificata dal gesto e l’Agenzia
Ebraica mandò le proprie scuse al Re Abdullah della Trans-Giordania.
Ma i terroristi, invece di vergognarsi del loro atto, si
vantarono del massacro, lo pubblicizzarono e invitarono tutti i corrispondenti
stranieri presenti nel paese a vedere i mucchi di cadaveri e la totale
devastazione a Deir Yassin. L’accaduto di Deir Yassin esemplifica il carattere
e le azioni del Partito della Libertà.
All’interno della comunità ebraica hanno predicato un misto di
ultranazionalismo, misticismo religioso e superiorità razziale. Come altri
partiti fascisti sono stati impiegati per interrompere gli scioperi e per la
distruzione delle unioni sindacali libere. Al loro posto hanno proposto unioni
corporative sul modello fascista italiano. Durante gli ultimi anni di sporadica
violenza anti-britannica, i gruppi IZL e Stern inaugurarono un regno di terrore
sulla Comunità Ebraica della Palestina. Gli insegnanti che parlavano male di
loro venivano aggrediti, gli adulti che non permettevano ai figli di
incontrarsi con loro venivano colpiti in vario modo. Con metodi da gangster,
pestaggi, distruzione di vetrine, furti su larga scala, i terroristi hanno
intimorito la popolazione e riscosso un pesante tributo. La gente del Partito
della libertà non ha avuto nessun ruolo nelle conquiste costruttive ottenute in
Palestina. Non hanno reclamato la terra, non hanno costruito insediamenti ma
solo diminuito la attività di difesa degli Ebrei.
I loro sforzi verso l’immigrazione erano tanto pubblicizzati
quanto di poco peso e impegnati principalmente nel trasporto dei loro
compatrioti fascisti.
Le discrepanze
La discrepanza tra le sfacciate affermazioni fatte ora da Begin
e il suo partito, e il loro curruculum di azioni svolte nel passato in
Palestina non portano il segno di alcun partito politico ordinario. Ciò è,
senza ombra di errore, il marchio di un partito Fascista per il quale il
terrorismo [contro gli Ebrei, gli Arabi e gli Inglesi] e le false dichiarazioni
sono i mezzi e uno stato leader l’obbiettivo.
Alla luce delle soprascritte considerazioni, è imperativo che la
verità su Begin e il suo movimento sia resa nota a questo paese. È maggiormente
tragico che i più alti comandi del Sionismo Americano si siano rifiutati di
condurre una campagna contro le attività di Begin, o addirittura di svelare ai
suoi membri i pericoli che deriveranno a Israele sostenendo Begin. I
sottoscritti infine usano questi mezzi per presentare pubblicamente alcuni
fatti salienti che riguardano Begin e il suo partito, e per sollecitare tutti
gli sforzi possibili per non sostenere quest’ultima manifestazione di fascismo.
firmato
Isidore Abramowitz; Hannah Arendt; Abraham Brick; Rabbi Jessurun
Cardozo; Albert Einstein; Herman Eisen, M.D.; Hayim Fineman; M. Gallen, M.D.;
H.H. Harris; Zelig S. Harris; Sidney Hook; Fred Karush; Bruria Kaufman; Irma L.
Lindheim; Nachman Maisel; Symour Melman; Myer D. Mendelson, M.D.; Harry M.
Orlinsky; Samuel Pitlick; Fritz Rohrlich; Louis P. Rocker; Ruth Sager; Itzhak
Sankowsky; I. J. Schoenberg; Samuel Shuman; M. Znger; Irma Wolpe; Stefan Wolpe.
Lettera di Albert Einstein a Shepard Rifkin, direttore esecutivo di American
Friends of the Fighters for the Freedom of Israel.
La
paura per la minaccia nazista aveva, dunque, mutato la visione politica di
Albert Einstein, come lui stesso ammetteva in uno scritto all’editore di Kaizo, Katusu Hara, apparso
in un’edizione speciale della rivista
giapponese, nel settembre del 1952:
“La mia parte nella realizzazione della bomba atomica è
consistita in un unico atto: firmai una lettera per il presidente Roosevelt, in
cui facevo presente la necessità di esperimenti su vasta scala per verificare
la possibilità di produrre una bomba atomica. Ero pienamente consapevole dei
danni terribili che sarebbero stati arrecati all’Umanità in caso di successo.
Ma la possibilità che i tedeschi stessero lavorando al medesimo problema con
qualche probabilità di successo mi obbligò a compiere questo passo. Non potevo fare
altro sebbene fossi un convinto pacifista. Dal mio punto di vista, uccidere in guerra non è affatto meglio
che commettere un banale assassinio.” [https://www.amnh.org/content/download/1768/24781/file/einstein_guide_insert.pdf] [4]
“Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come
tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un
esplosivo incomparabile. Ed un altro uomo, fatto anche lui come tutti gli
altri, ma di tutti gli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà
al centro della terra per porlo nel punto dove il suo effetto potrà essere il
massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra, ritornata
alla forma di nebulosa, errerà nei cieli privati di parassiti e di malattie.”,
sono
le parole profetiche che chiudono il romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel
1923, La coscienza di Zeno. Svevo non
sentì mai parlare di bomba atomica, eppure la sua sensibilità gli fece
presagire l’immane catastrofe che doveva avvenire di là a una ventina di anni.
Scritto di
Albert Einstein a Katusu Hara, editore di Kaizo.
La
scelta assunta da Einstein e da molti altri fisici, senza e prima dei politici,
senza e prima dei militari, sulla scorta di un’intuizione politica e militare,
è drammatica, ma lucida: salvare il mondo dalla barbarie nazista!
Sarebbe stato meglio non sapere nulla né di nuclei né
di equivalenza tra massa ed energia?
Portando questo discorso alle sue estreme conseguenze
si tornerebbe in piena cultura oscurantista con il traguardo finale dell’Età
della Pietra. Sia l’Età della Pietra sia l’Età del Ferro, come tutte le altre
Civiltà prescientifiche, hanno concepito ordigni di guerra e strumenti di pace.
Molte Civiltà hanno usato e abusato della Scienza.
Chi ne ha sfruttato, senza scrupoli, le applicazioni
tecnologiche.
Chi ne ha fatto una ideologia.
E chi si è spinto, perfino, a negarne il valore.
Nel mondo è il potere politico che decide come usare i
risultati delle scoperte scientifiche.
L’uso della Scienza non è più Scienza.
L’uso della Scienza è Tecnologia.
E come
ammonisce Simon Wiesenthal, l’ebreo polacco, che passerà alla Storia come il “Cacciatore
di nazisti”:
“Il connubio di odio
e tecnologia è il massimo pericolo che sovrasti l’Umanità.
E non mi riferisco alla sola grande tecnologia della bomba atomica, mi
riferisco, anche, alla piccola tecnologia della vita
di ogni giorno: conosco persone che stanno per ore davanti alla televisione
perché hanno disimparato a comunicare tra loro.”
Il potere politico ha due strade di accesso: la dittatura
e la democrazia.
“Dittature e società autoritarie hanno, sovente, inizio a fronte
di una minaccia.”,
ha
avvertito l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla privacy, Joseph Cannataci, e può accadere che quelle stesse dittature e società
autoritarie arruolino pseudoscienziati pronti e proni ad avallare le loro nefaste
scelte politiche.
È stato il caso di Trofim Denisovic Lysenko nella
Russia di Stalin…
“Parlare di energia atomica e insieme di bomba atomica è
insensato, come se parlando dell’elettricità ci si riferisse principalmente al
suo impiego nella sedia elettrica.”,
scrive
Kapica, nel 1946, all’epoca dell’esplosione di Bikini [http://www.youtube.com/watch?v=YKwGtfCtrYM],
quando invia ai suoi colleghi occidentali l’appello a non impegnarsi nello
sviluppo dell’energia atomica a scopi militari.
“È importante rimanere vigili.”
Storicamente,
la vicenda umana si è dipanata come una lotta tra individui liberi pensatori e
strutture di potere controllate da élites,
che hanno cercato di dominare la Terra, le sue risorse e i suoi popoli.
Per la
prima volta nella Storia dell’Uomo, l’Umanità libera deve affrontare la
minaccia del dominio di una élite
innegabilmente globale, che detiene nelle proprie mani la tecnologia per
imporre un sistema di controllo assolutamente totale:
una dittatura scientifica globale.
La
dittatura scientifica può creare le condizioni psico-sociali per cui l’individuo
pervenga ad amare la propria schiavitù, per cui, al pari di un animale
domestico mentalmente soggetto, l’individuo pervenga ad amare i propri padroni
e accetti il proprio servaggio.
Nel
1932, Aldous Huxley scrive il suo inquietante romanzo Brave New World [Un nuovo splendido mondo],
nel quale osserva il sorgere della dittatura della scienza del futuro. Il romanzo è ambientato in un immaginario Stato
totalitario del futuro, pianificato nel nome del razionalismo produttivistico,
qui simboleggiato dal “culto di Ford”. In un certo senso, un “anti-1984”
– che, tra l’altro, George Orwell scriverà più tardi –, in cui tutti sono
apparentemente liberi, leggeri e omologati e “le
donne portano splendide cinture maltusiane, con i contraccettivi per non
rimanere mai incinte, e possono avere rapporti sessuali con chi vogliono e
quando vogliono”. I cittadini di questa società
non sono oppressi dalla guerra né dalle malattie e possono accedere liberamente
a ogni piacere materiale. Ma, affinché si mantenga questo equilibrio, gli
abitanti vengono concepiti e prodotti industrialmente in provetta sotto il
costante controllo di ingegneri genetici. Da bambini, vengono condizionati con
la tecnologia e con le droghe e, da adulti, occupano ruoli sociali prestabiliti
secondo il livello di nascita. L’equilibrio si spezza quando John, un giovane
cresciuto in una società più primitiva, entra in contatto con questa società “perfetta”.
La sua ribellione contro la massificazione, tuttavia, non ha fortuna: un tema,
questo – la sconfitta del singolo a vantaggio del numero – che costituisce uno
dei temi ricorrenti di tutta la narrativa
successiva di Huxley.
Huxley
e Orwell si conoscevano bene. Huxley era stato l’insegnante di Orwell a Eton.
Aldous Huxley
Il
22 novembre 1963, lo stesso giorno dell’assassinio del presidente statunitense
John F. Kennedy, moriva, a Hollywood, Aldous
Huxley, lo scrittore che meglio di ogni altro ha immaginato il futuro.
Quel giorno, il 22 novembre,
era arrivato dopo anni difficili.
Nel 1961, un incendio divampato
nella sua casa, aveva distrutto tutti i suoi libri e le sue carte. La perdita
fu una prova devastante.
Nell’ottobre
del 1949, dopo la pubblicazione di 1984,
nel 1948, Huxley invia una lettera a Orwell per ringraziarlo della copia del
libro ricevuta:
“La filosofia della classe al potere in 1984 è una forma di sadismo portato alle estreme conseguenze e
verso la sua soluzione logica: andare oltre il sesso e negarlo. Credo che le
oligarchie troveranno forme più efficienti di governare e soddisfare la loro
sete di potere e saranno simili a quelle descritte in Brave New World [Un Nuovo
Splendido Mondo].”
E
predice:
“Entro la prossima generazione chi tiene le redini del mondo
scoprirà che il condizionamento infantile e l’ipnosi indotta dalle droghe sono
strumenti di dominio ben più efficaci di armi e prigioni. E che la sete di
potere può essere soddisfatta nella sua pienezza inducendo le persone ad amare
il loro stato di schiavitù, piuttosto che ridurle all’obbedienza a suon di
frustate e calci. Insomma, penso che l’incubo descritto in 1984 sia destinato a evolversi in
quello descritto in Brave New World [Un Nuovo Splendido Mondo], se non altro
come esito di una necessità di maggiore efficienza.”
Sia Brave New World [Un Nuovo Splendido Mondo] sia
1984 descrivono un mondo in cui una
classe d’elite schiavizza la
popolazione, ma è qui che finiscono le similitudini tra le due distopie. In Brave New World [Un Nuovo Splendido Mondo],l’uomo vive in un mondo piacevole e
senza scontri; in 1984,l’uomo vive in una società di terrore,
ed è tenuto sotto controllo mediante paura e violenza. In 1984“il comportamento indesiderato è punito”
dal regime, in Brave New World [Un Nuovo Splendido
Mondo]“il comportamento desiderato è ricompensato”.
La schiavitù in Brave New World [Un Nuovo
Splendido Mondo] non deve essere imposta perché le persone stesse la chiedono.
L’approccio di Huxley è diametralmente opposto a quello di Orwell. Orwell temeva
che i libri sarebbero stati proibiti. Huxley temeva che non vi sarebbe stato
motivo di vietare i libri, perché nessuno avrebbe voluto leggerli. Orwell
temeva che la verità sarebbe stata nascosta. Huxley temeva che la verità
sarebbe stata annacquata in un mare di informazioni irrilevanti. Orwell temeva
che l’Umanità finisse in una cultura repressiva e violenta. Huxley temeva che l’Umanità
sarebbe finita in una cultura banale, in cui le persone si sarebbero ridotte a
individui passivi ed egoisti, cercando solo distrazioni che sarebbero state loro,
generosamente, offerte.
Il successo di
Brave New World [Un Nuovo Splendido Mondo], così come il dibattito che si sviluppa intorno alle tesi discusse nel
libro, spingono Huxley a pubblicare, nel 1958, Brave
New World Revisited [Ritorno al Nuovo Splendido Mondo], in cui evidenzia che molte delle sue più
catastrofiche previsioni del 1932 si sono avverate anzitempo. Brave New World Revisited [Ritorno al
Nuovo Splendido Mondo] non è un
romanzo, ma una raccolta di saggi, in cui l’autore espone le proprie
convinzioni politico-sociali. I pilastri ideologici che fanno da sfondo al
fortunato romanzo vengono qui ripresi e analizzati singolarmente per dimostrare
che in più di un caso fanno già parte del presente. La
ragione per cui Huxley scrisse questo libro non era per smentire 1984 di Orwell; infatti, Huxley era, in
parte, d’accordo con Orwell, ma era giunto alla conclusione che una dittatura
come quella descritta in Brave New World
[Un nuovo splendido mondo] si stesse realizzando molto più velocemente di
quanto si aspettasse. Secondo Huxley, ciò era dovuto ai rapidi sviluppi della
tecnologia, dei media e della psicologia. In Brave New World Revisited [Ritorno al Nuovo Splendido Mondo],
Huxley scrive che la violenza farà certamente parte di un regime totalitario,
ma ritiene che sarà limitata al minimo. Ci si concentrerà sulla ricompensa del
comportamento desiderato perché è semplicemente più efficiente.
Secondo
il giornalista Christopher Hitchens, che ha scritto una serie di articoli su
Huxley e un libro su Orwell, una dittatura basata sulla dura repressione non
solo è inefficiente, ma non può durare a lungo. In un regime repressivo gli
oppressi sono consapevoli della situazione e sanno chi è l’aggressore, finirebbero
per ribellarsi. È, quindi, necessaria una pressione costante da parte del
regime, il che rende un regime repressivo “più incline
alla rottura, perché non può piegarsi”.
“In politica, una
dittatura totalitaria è l’equivalente di una teoria scientifica o di un sistema
filosofico completamente sviluppati. In economia, un’impresa che
gira a pieno ritmo, in cui i lavoratori sono perfettamente adattati alle
macchine, è l’equivalente di un’opera d’arte costruita in modo mirabile. La
Voglia di Ordine può produrre tiranni anche tra coloro che aspirano soltanto a
imporre l’ordine. La bellezza dell’ordine viene usata come giustificazione
al dispotismo.”
https://www.youtube.com/watch?v=UWAKZmIPGUU
Spiega
Huxley che, “i soggetti del futuro dittatore saranno
in modo indolore irreggimentati da un corpo di ingegneri sociali altamente
specializzati”, e prospetta la figura di “sostenitore
di questa nuova scienza”, affermando che ”la sfida dell’ingegneria
sociale nella nostra epoca è simile alla sfida dell’ingegneria tecnologica di
cinquant’anni fa. Se la prima metà del XXesimo Secolo è stata l’epoca degli
ingegneri tecnici, la seconda metà può ben essere considerata l’epoca degli
ingegneri sociali”.
Per questo,
Huxley pensa”che
il XXesimo Secolo sarà l’era dei Controllori del Mondo, il sistema delle caste
scientifiche, e del Nuovo Splendido Mondo”.
Huxley
proveniva da una famiglia di illustri scienziati e, di conseguenza, aveva
accesso a informazioni privilegiate. Suo nonno era Thomas Huxley, fondatore
della rivista scientifica Nature, conosciuto
come “il bulldog di Darwin”, perché era un
convinto sostenitore della teoria dell’evoluzione di Charles Darwin. Suo padre,
Leonard Huxley, aveva, a lungo, diretto la prestigiosa rivista vittoriana, Cornhill Magazine, fondata da William
Thackeray. Suo fratello, Julian Sorell Huxley, cofondatore, negli Anni Venti,
della British Eugenics Society, era
un importante biologo e sostenitore del controllo della popolazione, un settore
in cui vedeva un ruolo importante per le nuove tecnologie. Julian Sorell Huxley
promosse queste idee, tra le altre, all’UNESCO,
organizzazione di cui fu cofondatore e primo direttore.
“Coloro che hanno accesso al nucleo interno della Fabian Society
sono al corrente del piano per la schiavizzazione dell’Umanità. Infatti Aldous
Huxley fu anche insegnante a Eton, l’esclusivissimo college situato nelle
vicinanze di Windsor e frequentato dai bambini della famiglia reale e dell’élite
in generale. Tra gli allievi di Huxley vi era un giovane Eric Blair, in seguito
conosciuto con il ben più famoso nome di George Orwell. Fu proprio Huxley a
introdurre Orwell nella Fabian Society[7],
e la conoscenza cui entrambi ebbero accesso permise loro di descrivere così
bene lo stato globale del Grande Fratello basato sul controllo assoluto e, nel
caso di Huxley, la manipolazione tramite la genetica, le droghe e il controllo
mentale al fine di imporre la volontà dei pochi sull’Umanità.”[8]
Oggi,
dobbiamo avere la consapevolezza che stiamo vivendo all’interno di una crepa.
La cosa che possiamo fare è vedere e capire come, prima di noi, filosofi e
intellettuali abbiano affrontato crepe simili, fratture storiche complesse.
Un
giorno, qualcuno chiese a Adolf Hitler di riassumere, in poche parole, il piano
generale di Mein Kampf.Hitler rifletté un istante, poi, rispose senza
esitazione.
“Cancellare il 1789 dalla Storia.”
Non era
una boutade, ma un programma coerente
con le concezioni della razza proprie del capo del nazismo. Concezioni che
ripudiavano, insieme al materialismo, tutta una tradizione che, attraverso Denis
Diderot e gli enciclopedisti, aveva animato la Rivoluzione Francese e la
borghesia rivoluzionaria nella conquista della libertà dell’Uomo, dei suoi
diritti e della sua dignità. Certo, la Rivoluzione Francese non ha, nella
pratica, assicurato la libertà a tutti i cittadini, ma solo alla parte più
intraprendente della Nazione. Nei suoi limiti di classe, ha indicato, tuttavia,
un modello. Hitler non solo era contrario al marxismo, ma vedeva in ogni forma
di pensiero moderno un affronto alla sacralità dello Stato. La razza, il sangue
e non la dignità umana, avrebbero suggellato il patto sociale.
“Un Nuovo Eden, così Adolf Hitler, nel luglio del 1941,
descriveva lo Stato dell’Europa dopo la prevista vittoria nazista: un
continente ripulito da tutti gli individui razzialmente indesiderabili e
unificato politicamente ed economicamente, un continente in cui le merci
avrebbero viaggiato senza limiti, ma gli individui sarebbero stati segregati.
Questa futura condizione fu oggetto di una meticolosa pianificazione da parte
delle SS ed esitò nel Generalplan Ost: il progetto nazista per la nuova Europa.
Questa sinistra visione non nacque dal nulla; si alimentò nelle credenze della
destra tedesca pre-nazista, legata ai miti esoterici della purezza del sangue e
del ritorno alle radici razziali del popolo ariano. La prima generazione di
nazisti, formatasi in quegli ambienti, portò quei temi all’interno del
movimento nazionalsocialista e delle SS in particolare, seguaci di una teoria
in cui la purezza del sangue tedesco fosse indispensabile, per la creazione di
un nuovo Rinascimento europeo, colonizzare i territori che appartenevano di
diritto a quel sangue, fino a che nelle seconde generazioni di nazisti, ques’idea
divenne pura tecnica di dominio dello spazio: il Generalplan Ost. Nella storia
di come dalle prime oscure teorizzazioni della destra nazista si giunse a
questo progetto, si dispiega la parabola di gran parte delle classi dirigenti tedesche,
sedotte da questa forma di nazionalismo razzista, nelle spire di un regime
avviato verso l’estremo approdo del genocidio.”[9]
Festung Europa [Fortezza Europa], il “Sogno” infranto di una Europa unita sotto
il dominio politico-militare della Germania, ha lasciato macerie da Roma a
Berlino, da Parigi a Mosca, ma all’Unione Europea sta riuscendo.
E senza
sparare un colpo!
Ci hanno
raccontato per decenni di una Unione Europea che avrebbe garantito la pace, quella
stessa pace che volevano le truppe di Hitler, una volta sottomesso il
continente, e che altro non è se non il dominio dei dominanti e la soggezione
dei dominati. Uno strenuo tentativo delle élites
liberali, di difendersi dalla democrazia.
“Tutto inizia con l’Impero Romano. Gli ultimi duemila anni sono
stati segnati da tentativi – un po’ freudiani – di unificare l’Europa per
tornare all’infanzia, all’Età dell’Oro vissuta sotto Roma, in pace e
prosperità. Napoleone, Hitler e altri hanno cercato di fare una cosa del
genere, ed è finita in modo tragico. L’Unione Europea è l’ennesimo tentativo,
con metodi diversi.”
Per il
premier britannico, l’Europa ha “un problema
eterno, rappresentato dal fatto che non esiste alcuna lealtà di fondo all’idea
dell’Europa. Non esiste una una singola autorità che tutti rispettino o
comprendano. E ciò sta causando un vuoto assoluto di democrazia”.
I “disastrosi fallimenti” dell’Unione
Europea avevano provocato tensioni tra gli Stati Membri, permettendo alla
Germania di rilevare l’economia italiana e di distruggere la Grecia:
Johnson
aveva invocato i tempi in cui il Regno Unito aveva combattuto la guerra sotto l’egida
di Winston Churchill, che “aveva una
visione della Gran Bretagna inconciliabile con la sottomissione a un
Super-Stato Europeo” e aveva lanciato un appello ai britannici,
esortandoli a essere di nuovo “gli eroi dell’Europa”,
a liberare il Regno Unito dal giogo di Bruxelles e a salvare l’Europa da se
stessa, votando per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea al Referendum del 23 giugno 2016.
Parole,
in cui risuonava la lezione di Margaret Thatcher e che si rifanno, direttamente,
all’importante discorso di Bruges, in cui The
Iron Lady [La Lady di Ferro], nell’oramai lontano 21 settembre 1988, lanciò
la sfida alla visione dell’integrazione comunitaria di Jacques Delors,
denunciandola quale premessa della nascita di “un Super-Stato
Europeo” capace di “infrangere la
tradizione, le istituzioni parlamentari, il senso di fierezza nazionale”
dei vari Paesi del Vecchio Continente [https://www.youtube.com/watch?v=D_XsSnivgNg, https://www.youtube.com/watch?v=WofJDQoxFgU].
Parole
profetiche, se udite oggi!
“[…] Nel 2002, quando era un giornalista dello “Spectator”, l’attuale
sindaco di Londra, Boris Johnson, che molti indicano come competitor di Cameron
nel campo conservatore, scrisse un editoriale in cui sosteneva che le origini della
moneta unica europea andavano fatte risalire a un progetto nazista. Il
riferimento è al progetto “Europäische Wirtschaftsgesellschaft”, un piano, del
1942, di integrazione monetaria e industriale degli Stati Europei, allora tutti
sotto il tallone tedesco, messo a punto dal ministro dell’economia del Reich,
Walther Funk, e dal collega titolare del Dicastero degli Armamenti, Albert Speer.
I ministri di Hitler avevano disegnato un’area di mercato
aperta, senza dazi doganali, basata su una moneta unica, con al centro la Germania
quale Stato leader. La sconfitta militare impedì ai nazisti di realizzare il
loro progetto, richiamato da Johnson nel suo articolo. “Oggi, per noi, la
prospettiva di revanscismo tedesco sembra ridicola e le difficoltà di
integrazione europea sembrano molto preoccupanti” ha scritto il sindaco di
Londra. “Può essere vero che ciò ci turbi di più, proprio per il fatto che non
siamo stati conquistati da Hitler. Ma dire che l’euro non ha nulla a che fare
con la guerra, o Hitler, è assurdo.” […]”
Gennaro Sangiuliano e Vittorio Feltri, Il Quarto Reich. Come la Germania
ha sottomesso l’Europa.
“In un afflato europeista l’1 settembre
1939 la Germania invase la Polonia perseguendo a modo suo, diverso nelle forme
ma non nella sostanza, l’obiettivo di una unificazione del Continente a suo uso
e consumo, voi preferite tirare a campare, meglio un sussidio oggi che la
dignità domani, ed è per questo che il gruppo che mi onoro di appartenere non
vi darà la mia fiducia.”[https://www.lanuovapadania.it/cronaca/bagnai-come-invasione-nazista-nel-39-in-polonia-ora-germania-vuole-europa-sotto-suo-controllo-ed-e-subito-polemica/], sono le parole
pronunciate dal senatore leghista Alberto
Bagnai, nell’intervento in aula al Senato, il 30 dicembre 2020,durante
le dichiarazioni di voto sulla legge al bilancio, che avevano fatto scattare il
richiamo da parte della presidente della Camera Elisabetta Casellati:
“Nel suo intervento al Senato, il Senatore della Lega Alberto
Bagnai ha paragonato l’invasione nazista della Polonia al percorso di unificazione
dell’UE. Un parallelo vergognoso e inopportuno. Forse il senatore dovrebbe
rileggere i libri di Storia.” [https://twitter.com/teresabellanova/status/1344254907478585350]
Sdegnata,
anche, la replica del capogruppo PD
in Senato Andrea Marcucci:
Nessuno,
infatti, vuole paragonare Angela Merkel a Adolf Hitler o Ursula von der Leyen a
Heinrich Luitpold Himmler, ma sarebbe da ipocriti negare che le politiche dell’Unione
Europea, adottate atutt’oggi per l’Europa,
si discostino dalle idee sviluppate dai diligenti dirigenti del Drittes Reich, in quei giorni bui, per l’intero
Continente.
Yanis
Varoufakis ci fa assaporare l’impatto della sua prima visita a Bruxelles e a Berlino,
in veste di ministro delle finanze greco, appena nominato, nel 2015:
“Quando Schäuble[10]
mi ha accolto con la sua dottrina del “è il mio mandato contro il tuo”, stava
onorando una lunga tradizione europea di negazione dei mandati democratici in
nome del loro rispetto. Come tutte le ipotesi pericolose, si fonda su un’ovvia
verità: gli elettori di un Paese non possono dare al loro rappresentante un
mandato per imporre agli altri Governi condizioni per cui questi ultimi non
hanno alcun mandato, da parte del loro stesso elettorato, ad accettare. Ma,
mentre questo è solo un truismo, la sua incessante ripetizione da parte dei
funzionari di Bruxelles e degli agenti di potere politico, come Angela Merkel e
Schäuble stesso, ha lo scopo di convertirlo surrettiziamente in una nozione
molto diversa: nessun elettore in nessun Paese può autorizzare il proprio Governo
ad opporsi a Bruxelles.”
E ancora:
“Non ascoltano mai: io e il mio team abbiamo lavorato duramente
per presentare proposte basate su un serio lavoro econometrico e su una solida
analisi economica. Una volta che questi fossero stati testati da alcune delle
più alte autorità nei rispettivi campi – da Wall Street e dalla City, agli accademici
di prim’ordine – li avrei portati dai creditori della Grecia a Bruxelles,
Berlino e Francoforte. Poi mi sedevo là e osservavo una sinfonia di sguardi
indifferenti. Era come se non avessi parlato: come se non ci fosse alcun
documento davanti a loro. Era evidente dal linguaggio del corpo che loro
negavano perfino l’esistenza dei pezzi di carta che avevo messo davanti a loro.
Le loro risposte, quando arrivavano, erano perfettamente indipendenti da
qualsiasi cosa avessi detto. Avrei, anche, potuto cantare l’inno nazionale
svedese. Non avrebbe fatto alcuna differenza.” [https://www.bbc.com/news/world-europe-31554756]
In
occasione del Referendum Consultivo
del 5 luglio 2015 sull’approvazione del piano proposto dai creditori
internazionali per parte della Commissione Europea [presidente il
lussemburghese Jean-Claude Juncker dall’1 novembre 2014 all’1 dicembre 2019],
della Banca Centrale Europea
[presidente l’italiano Mario Draghi, dall’1 novembre 2011 al 31 ottobre 2019] e
dell’International Monetary Fund [Fondo
Monetario Internazionale, direttore operativo la francese Christine
Lagarde, nata Lallouette, dal 5 luglio
2011 al 30 settembre 2019], la cosiddetta Trojka,
in cambio di un nuovo programma di supporto finanziario, che avrebbe visto
prevalere il NO all’accordo con il 61,31% dei voti, contro il restante 38,69%
del sì, Varoufakis aveva
sostenuto il NO, dichiarando in un’intervista del 6 luglio 2015 al quotidiano
spagnolo El Mundo:
“Quello che stanno facendo con la Grecia ha un nome: terrorismo.
[...] Perché ci hanno costretto a chiudere le banche? Per instillare la paura
nella gente. E quando si tratta di diffondere il terrore, questo fenomeno si
chiama terrorismo. Ma confido che la paura non vinca.”[11]
[https://www.elmundo.es/economia/2015/07/04/5596f1b3ca47412d048b459e.html]
L’affermazione
del senatore Bagnai non è, dunque, così peregrina. È opinione comune che il
moderno pensiero federalista nasca dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale,
ma le teorie federaliste risalgono a molto prima del conflitto mondiale. L’ideologia
europeista, antisovranista e sovranazionalista e il “Sogno” dell’unificazione
economico-politica del continente, sotto il dominio della Germania erano,
infatti, aspetti centrali della stessa filosofia nazifascista, nelle sue
molteplici varianti, nonché della propaganda
hitleriana. Come scrive lo storico inglese John Laughland, autore di un corposo
volume sul tema del 1997, The Tainted Source: The Undemocratic Origins of the European Idea [La
Sorgente Infetta: le Origini Antidemocratiche dell’Idea Europea][12],
“non solo i nazisti, ma anche i fascisti e i loro
collaboratori in giro per l’Europa, hanno fatto ampio uso dell’ideologia
federalista ed europeista per giustificare le loro aggressioni”.
Europa
nazificata: la situazione nel 1942.
Ciò
potrebbe meravigliare. È opinione comune, infatti, che i nazifascisti, in
quanto ultrasciovinisti e imperialisti, esaltassero lo Stato-Nazione e la
sovranità nazionale; in verità, osserva Laughland, “nutrivano
una profonda avversione per la sovranità nazionale; non solo, come può sembrare
ovvio, per quella delle altre Nazioni, ma per il concetto stesso”.
“E se il sogno europeo strangolasse la democrazia? Se i
tecnocrati di Bruxelles si preparassero a sospendere le libertà costituzionali,
come hanno fatto a suo tempo i militari algerini? È il sospetto che avanza Barbara
Spinelli dalle colonne della Stampa. Un’ipotesi neanche tanto “fantapolitica”,
viste le difficoltà di far quadrare i parametri della moneta unica.
Del resto, questi rischi di involuzione illiberale sono stati
più volte denunciati anche da un’autorità come Ralf Dahrendorf. Ma nessuno
finora, neppure tra gli euroscettici più inveterati, si era mai azzardato a
mettere in dubbio i sacri principi, l’ispirazione democratica del processo di
integrazione.
A infrangere quest’ultimo tabù provvede ora lo storico John
Laughland con un libro documentato feroce appena uscito in Gran Bretagna, The
Tainted Source [La Sorgente infetta], editore Little, Brown and Company.
Sottotitolo: le origini antidemocratiche dell’idea europea.
Capovolgendo uno dei luoghi comuni più tenaci della vulgata
federalista, Lughland cerca di dimostrare che il progetto di un’Europa
unificata non è figlio del pensiero liberale, ma delle ideologie totalitarie,
naziste e fasciste, nelle loro molteplici varianti. E che lungi dal
rappresentare una conquista di libertà, il superamento della sovranità
nazionale mina alla base lo Stato di diritto e le garanzie fondamentali del
cittadino…
Laughland, un intellettuale di idee thatcheriane che collabora
al Wall Street Journal e al Sunday Telegraph, non è nuovo a simili
provocazioni. Tre anni fa il suo pamphlet The Death of Politics [La Morte della
Politica] aveva fatto infuriare gli europeisti bigotti.
Ma questa volta l’impatto potrebbe essere ancora più devastante.
Proprio mentre Tony Blair riapre il dialogo con Bruxelles e rivendica per il
suo Paese un ruolo-guida nella UE al fianco di Francia e Germania, un suo
concittadino getta una bomba ad altissimo potenziale contro il mausoleo dei
padri fondatori.
Staccate dalla parete i ritratti di Adenauer, di Schuman o di
Jean Monnet – ci dice Laughland – e sostituiteli con quelli di Hitler, di
Mussolini o di Pétain. Sono loro i veri apostoli dell’idea europea. È dai loro
cromosomi che discendono, senza saperlo, i “ragionieri” di Maastricht, quelli
che danno le pagelle ai Governi e decidono chi dev’essere promosso e chi
bocciato.
Verrebbe spontaneo liquidare queste affermazioni come semplici boutade
dettate da pregiudizi antitedeschi, un po’ come quel filmaccio hollywoodiano
nel quale i capi della Bundesbank portano la svastica al braccio: se non fosse
che l’autore ha corredato il suo atto di accusa con un poderoso apparato di
note.
E allora visitiamo insieme questa galleria degli antenati.
Cominciamo da Joseph Goebbels. Fu il ministro della propaganda
del Terzo Reich, un personaggio che viene di solito associato a iniziative poco
simpatiche, come il rogo dei libri “proibiti” o la campagna contro gli ebrei.
Bene, se riascoltassimo oggi i discorsi di questo signore aproposito dell’Europa, potremmo scambiarlo
per Helmut Kohl.
La tecnologia dei trasporti e delle telecomunicazioni staaccorciando le distanze tra i popoli – diceva
Goebbels nel 1940 – e questo condurrà inevitabilmente all’integrazione europea.
“I popoli dell’Europa
stanno rendendosi sempre più conto chemolte
delle controversie che ci dividono sono semplici baruffefamigliari in confronto alle grandi questioni che devono
essere risolte tra i Continenti”.
Circa il modo di riportare la pace in famiglia, sappiamo beneche cosa il nostro avesse in mente. Ma con
le buone o con le cattive, il risultato che si prefiggeva era l’abolizione dellefrontiere tra gli Stati nazionali, che è per l’appunto l’obiettivo
del Trattato di Maastricht.
“Voi siete già
membri di un grande Reich che si prepara ariorganizzare
l’Europa, abbattendo le barriere che ancoradividono
i popoli europei e rendendo più facile per loro lostare assieme”.
Goebbels non è propriamente un modello per i giovani d’oggi,ma bisogna riconoscere che aveva la vista
lunga: ”Tempocinquant’anni – disse – e la gente non penserà più in terminidi Nazione”.
Sortite propagandistiche, si dirà, la classica foglia di fico
pernobilitare una politica di
aggressione. Obiezione respinta.Laughland
ci spiega che in realtà Hitler la
pensava così benprima di
scatenare le sue panzerdivisionen.
Parlando all’adunanza del Partito Nazista
a Norimberga, nel 1937, il Führer disse
testualmente:
“Noi siamo più interessati all’Europa di
qualsiasi altro Paese. La nostra Nazione, la nostra cultura, la nostra
economia, sono cresciute entro un più ampio contesto europeo. Pertanto dobbiamo
essere i nemici di ogni tentativo di introdurre elementi di discordia e
distruzione in questa famiglia di popoli”.
Nell’agosto 1941, un comunicato
congiunto italo-tedesco, controfirmato dall’alleato Mussolini, avrebbe ribadito
in termini più bellicosi un concetto analogo:
“La distruzione del pericolo bolscevico
e dello sfruttamento plutocratico renderà possibile una pacifica, armoniosa e
proficua collaborazione tra tutti i popoli del Continente Europeo, nel campo
politico come in quello economico e culturale”.
Ma la più articolata riflessione nazista
sull’argomento sarebbe venuta l’anno successivo, con la grande conferenza
organizzata dagli imprenditori berlinesi sul tema “Europaïsche Wirtschaftsgemeinschaft”
[letteralmente: “Comunità Economica Europea”], con la partecipazione di
autorevoli esponenti del regime.
Il ministro dell’economia del Reich,
Walther Funk, che era anche presidente della Banca Centrale, sostenne in quell’occasione
che la costruzione di aree economiche “segue una naturale legge di sviluppo”, e
ricordò che quando la Germania era frazionata in tanti Staterelli ciascuno con
la sua moneta, il Paese non era in grado di fare fronte alla concorrenza di
Francia e Inghilterra.
Pur ammettendo che l’integrazione del
continente sarebbe stata più difficile da realizzare del “Zollverein”, l’unione
doganale tedesca, il ministro concludeva che si sarebbe dovuta comunque fare, “perché
il suo momento è venuto”.
Un mercato unico, con il “Reichsmark”
come valuta di riferimento: questo il sogno degli economisti nazisti. Non molto
diverso, dopotutto, da quello degli gnomi della “Bundesbank” degli Anni
Novanta.
Ma il dibattito non si ferma a
Berlino, coinvolge anche l’Italia fascista. Alberto de Stefani, che fu ministro
delle finanze di Mussolini dal ‘22 al ‘25, scrive nel 1941:
“Le nazionalità non costituiscono una
solida base per il progettato nuovo ordine, a causa della loro molteplicità e
della loro tradizionale intransigenza... Un’Unione Europea potrebbe non essere
soggetta alle oscillazioni di politica interna che sono caratteristiche dei
regimi liberali”.
Gli fa eco il direttore di “Civiltà
Fascista”, Camillo Pellizzi:
“Una nuova Europa: questo è il punto,
e questa la missione che abbiamo di fronte a noi. Il che non significa che
Italiani, Tedeschi e le altre Nazioni della famiglia europea debbano...
diventare irriconoscibili... Sarà una nuova Europa per la nuova ispirazione e
il principio determinante che emergerà tra tutti questi popoli”.
L’anello mancante, il trait-d’union
tra fascismo e federalismo, secondo Laughland, è una corrente filosofica alla
quale dice di ispirarsi uno dei più grandi eurocrati, Jacques Delors: il
personalismo di Emmanuel Mounier. Una dottrina “nebulosa” nella quale tendenze
ecumeniche e comunitarie si mescolano, soprattutto negli Anni Trenta, a forti
dosi di anticapitalismo e di antiparlamentarismo.
Intorno a Esprit e
a Ordre Nouveau, le due
riviste del gruppo, dirette rispettivamente da Mounier e da Denis de Rougemont,
si aggregano diversi intellettuali che guardano almeno inizialmente con favore
all’esperimento nazionalsocialista. E lo stesso Mounier partecipa nel 1935 a un
convegno a Roma sullo Stato corporativo, al termine del quale loda lo “slancio costruttivo” degli studiosi
in camicia nera.
C’è dunque una continuità tra
l’europeismo totalitario degli Anni Trenta e Quaranta e quello “democratico”
del dopoguerra.
Entrambi hanno un
avversario comune: lo Stato
nazionale, in cui vedono una minaccia per la pace e un recinto troppo
angusto per un’economia di dimensioni planetarie.
Per entrambi, ”la
molteplicità implica disordine e l’ordine richiede uniformità”. Intorno
a questi concetti, nell’Europa di oggi, si realizza una inedita convergenza tra
liberali tecnocratici alla Leon Brittan e socialisti alla Delors.
“A differenza
dei conservatori, i liberali tecnocratici pensano di poter avere la ciliegina
dell’ordine liberale senza la torta della nazionalità, della legge e della
politica che dovrebbero sottostare a esso”.
Niente di più sbagliato, sostiene l’autore. Fin dall’antichità, la cittadinanza è strettamente
legata all’esistenza di confini. Lo stesso termine greco polis, come il latino urbs, rimanda al concetto di cerchio,
di mura perimetrali. E il vocabolo inglese town [città] ha la stessa radice etimologica del tedesco zaun, che vuol dire appunto recinto. “La chiarezza territoriale – dice
Laughland – è un prerequisito
essenziale per l’organizzazione non tribale” delle società umane.
“È per questo
che la storia dello Stato di diritto e quella dell’idea nazionale sono
inseparabili... Lungi dall’essere una minaccia per l’ordine liberale, la Nazione
ne costituisce il fondamentale presupposto”.
Ubbie di un thatcheriano nostalgico? Può darsi. Ma se qualcuno pensa
di riesumare dopo due secoli la Serenissima Repubblica, forse un po’ di colpa
ce l’hanno anche i tiranni della
Moneta Unica.
Nel
1943, Hitler dichiarava che “il disordine
delle piccole Nazioni” e “l’anacronistica
divisione dell’Europa in singoli Stati” andavano liquidati. Lo
scopo della lotta nazista era quello di creare un’Europa unita. A tale fine, i
singoli Paesi europei dovevano essere disposti “a
subordinare i propri interessi a quelli della Comunità Europea”,
parole di Walther Funk, ministro dell’economia del Drittes Reich, dal 1937 al 1945.
Nel
1940, Hermann Göring, presidente del Reichstag,
aveva presentato un piano dettagliato per “l’unificazione
economica su vasta scala dell’Europa”, che includeva un’unione
doganale, un mercato unico e l’istituzione di cambi fissi tra Paesi, “nell’ottica della creazione di un’unione monetaria
europea”. L’unificazione monetaria avrebbe giocato un ruolo
assolutamente centrale nei piani dei nazisti, sarebbe stata lo strumento che
avrebbe garantito ai tedeschi la dominazione surrettizia di questa nuova area
economica, in quanto il marco, come valuta di riferimento, “avrebbe
assunto un ruolo dominante nella politica valutaria europea”. I
piani nazisti per l’integrazione economica dell’Europa erano, infatti, tanto
economici quanto politici. L’Unione Europea, che nasconde, dietro presunte “leggi
economiche”, precise strategie politiche, sembra avere fatto tesoro degli insegnamenti
del Drittes Reich, così da riuscire
in modo più soft, ma anche più subdolo,
a irreggimentare le “menti” meno allenate al pensiero critico.
Per le
élites tedesche l’Unione Europea e l’euro
non hanno avuto lo scopo di “europeizzare la
Germania” quanto quello, già tentato altre volte nella Storia,
di “germanizzare l’Europa”, come notava, nel
1995, la Frankfurter Allgemeine Zeitung
[https://www.limesonline.com/cartaceo/la-germanizzazione-silenziosa-dellalsazia?prv=true] e ha
ben riassunto lo storico tedesco Hans
Kundnani:
“Per la Germania più Europa ha, sempre, significato più Germania.”
Il
successo rapido e violento della predicazione hitleriana si colloca in un
preciso momento di crisi delle istituzioni repubblicane. Ma il messaggio stesso
che Hitler porta alle masse brutalizzate dalla crisi, dalla disoccupazione,
dalla paura del domani, è un messaggio antico, che suscita echi nei cuori
germanici. Non è, infatti, la prima volta che, nel corso della Storia, si parla
di razze superiori e inferiori, attribuendo alle une il diritto di comandare,
alle altre il dovere di obbedire. Molto prima di Hitler e dei razzisti tedeschi
e austriaci, altri avevano dissertato tenacemente, con sfoggio di ampie
argomentazioni pseudosemantiche e non solo in Germania, ma anche in Francia, in
Gran Bretagna, in Svizzera, negli Stati Uniti e in Italia, sui presunti diritti
degli uomini superiori – razzisticamente e socialmente intesi – di servirsi
liberamente dei componenti delle razze e delle classi inferiori o più deboli
sul piano militare e, in eguale modo, di limitarne l’espansione demografica. Erano,
marcatamente, teorie che avevano la funzione di mascherare un sopruso materiale.
Valevano, infatti, a giustificare le conquiste coloniali, la tratta degli
schiavi neri e le condizioni di arretratezza in cui venivano mantenute alcune aree
della Terra per consentire il ritmo di sviluppo europeo. Erano, marcatamente, dottrine
eurocentriche, teorie di comodo per potenze imperialiste o per Governi
impegnati in una oppressiva politica interna in particolari momenti dell’organizzazione
o ristrutturazione dello Stato.
I
razzisti tedeschi si rifacevano, stravolgendone il senso, ai Discorsi alla Nazione tedesca di Johann
Gottlieb Fichte, in cui il filosofo, per incitare i propri compatrioti alla
resistenza contro le armate di Napoleone, descrive i tedeschi come un popolo “metafisicamente predestinato”, che ha il
diritto morale di realizzare il suo destino con ogni mezzo, anche con l’inganno
e la forza, popolo che è l’autocoscienza di Dio. E dopo Fichte, è la volta di Georg
Wilhelm Friedrich Hegel affermare la legittimità del diritto tedesco, contro il
quale “il genio degli altri popoli è senza
diritto; e poiché la loro era è determinata, non contano più nella Storia”.
Hegel giunge a parlare di una “missione
storica” tedesca. Per lui lo spirito si incarna nel popolo
germanico; per Friedrich Wilhelm von Giesebrecht “la
Germania ha il diritto del dominio perché è una Nazione di élite”.
Più concretamente, Friedrich Lange si chiede se la Germania non abbia, infine,
avuto “la missione di castigare e di guarire le
depravazioni dei Popoli che la circondano”, concetto che sarà
ripreso, nel 1914, perfino, da Thomas Mann, quando in polemica con Romain
Rolland, definirà la Francia “urna di tutti i
mali”, quella che porta alla Germania la peggiore lue del mondo:
la democrazia, il livellamento dei valori intellettuali, l’ipocrisia di una
falsa libertà. Mann, “duce protestante
dei conservatori”, come lo definì, nel 1920, Lavinia
Mazzucchetti, non è un pangermanista ottuso, ma si dimostra, ancora, convinto
della supremazia germanica, perché in essa sarebbe operante una qualità
relativamente migliore delle classi dirigenti in confronto alle masse
impreparate. Le considerazioni di un apolitico non si discostano molto, nel
primo dopoguerra, in fondo, dalle fanatiche dichiarazioni nazionalistiche di
Adolf Hitler: anche Thomas Mann vuole preservare il popolo germanico dalle
degenerazioni latine, europee.
Nel
1861, il chirurgo-neurologo francese Pierre-Pani Broca sosteneva non solo l’esistenza
di “una relazione importante tra lo sviluppo dell’intelligenza
e il volume cerebrale”, ma anche che il cervello è più grande “negli adulti piuttosto che nei vecchi, negli uomini piuttosto che nelle donne, negli uomini eminenti
piuttosto che negli uomini di mediocre talento, nelle razze superiori piuttosto
che nelle razze inferiori”. Erano questi i primi
fondamenti “scientifici” della teoria dell’ineguaglianza umana, che vennero,
successivamente, ammantati di scientismo da uno stuolo di biologi che,
codificando una sorta di inferiorità intrinseca per i diversi, rendendo così
impossibile per costoro ogni riscatto sociale, affermavano che le differenze
umane sono segni ereditari.
La
pratica della sterilizzazione, come espressione della modernità che richiede l’uomo
perfetto per realizzare la società perfetta, si è aggirata in numerosi Paesi
del Nord Europa, negli Stati Uniti e in Svizzera, dove ognuno ha fatto tesoro
delle esperienze dell’altro. Sono cosi venute a galla le potenziali crudeltà
della modernità, quale corsa a una perfezione generatrice di mostri, che nella
sua radicale estremizzazione, il nazismo, ha prodotto Auschwitz.
Nella
Penisola Scandinava, la pratica della sterilizzazione si caratterizza “come un’ansia per la presenza, all’interno della
comunità nazionale, di individui incapaci di soddisfare i requisiti di un
ideale radicato nei costumi, ma assimilato ad una dote naturale”:
la ricerca di un’auto purificazione della razza umana, modellata sulla
selezione degli animali, per conseguire non un’affermazione metafisica, dare vita
a una razza eletta, ma una migliore resa igienico-sociale o produttiva. Si
trattava di un’applicazione pratica delle politiche di igiene razziale che
erano germogliate dal Darwinismo estremista, ma che affondavano le loro radici,
salde e difficilmente estirpabili nel convincimento positivista, che ogni
aspetto della vita dell’uomo fosse migliorabile intervenendo, in modo razionale,
sulla natura biologica.
In Danimarca
la sterilizzazione fu legalizzata, nel 1929; in Norvegia[13]
e in Svezia , nel 1934, e in Finlandia, nel 1935. Secondo le ultime ricerche,
furono sterilizzati, tra il 1935 e il 1975, 62.888 svedesi, di cui oltre il 90%
donne; 58mila finlandesi; 40mila norvegesi e 11mila danesi.
Herman Lundborg
In
particolare, la Svezia dette il suo rilevante contributo al progresso della “Civiltà
Occidentale”: “gli studi sulla razza conquistarono un
tale prestigio” nel Paese che, nel 1921, il Riksdag accolse una mozione presentata dal socialista Hjalmar Branting
e dal conservatore Arvid Lindman e fondò, prima Nazione al mondo, l’Istituto di Stato per la Biologia Razziale,presso l’Università di Uppsala, che fu
preso a modello dai tedeschi per realizzarne, nel 1927, uno analogo a Berlino, affidandone
la direzione a Herman Lundborg, “sostenitore
appassionato della superiorità delle razze nordiche”.
“Ci riteniamo autorizzati a limitare la libertà dei matrimoni
difettosi. Ma il modo più semplice e sicuro per impedire la riproduzione di
tali individui è la sterilizzazione operativa, una misura che in molti casi può
essere considerata meno contraddittoria rispetto agli interessi personali degli
individui interessati rispetto al divieto di matrimonio e alla reclusione a
lungo termine.”
Come
dichiarò il socialdemocratico Jonas Arthur Engberg, durante la discussione
parlamentare, ci si attendeva dall’istituto indicazioni per la “messa in opera di una politica della razza”. A
partire dal 1922, Lundborg aveva pubblicato una serie di foto di volti per
distinguere i caratteri della pura razza svedese.
La
devozione a una morale priva di contraddizioni, che portò i socialdemocratici “ingegneri
sociali” ad accanirsi contro ogni espressione simbolica della differenza, tra
categorie, generi o gruppi di individui “inferiori”, “inadeguati”, “inadatti
alla vita”, consentì, a partire dal 1933, il Kohandeln [Patto della Mucca],
la ventennale collaborazione dei socialdemocratici con il Bondeförbundet [Partito degli Agricoltori],
dichiaratamente razzista, il cui programma recitava:
“Un compito
nazionale di prima importanza impone di preservare il ceppo popolare svedese
dall’incrocio con elementi razziali stranieri, di qualità inferiore e di
ostacolare l’accesso in Svezia di elementi estranei indesiderati […] per
mantenere il nostro popolo al riparo da qualsiasi influenza degenerata.”
Nel
1935, furono i coniugi Alva Reimer Myrdal [Premio Nobel per la Pace, nel 1982]e Gunnar Myrdal [Premio Nobel per l’Economia,
nel 1974] ad aggiungersi al coro, raccomandando l’applicazione di una feroce
politica di sterilizzazione finalizzata “all’epurazione
degli individui incapaci”.
Alva e Gunnar
Myrdal nella loro casa a Bromma, Villa Myrdal.
Decine di migliaia di persone considerate di “tipi razziali
inferiori” sarebbero state sterilizzate in Svezia tra il 1935 e il 1976. La
denuncia arriva da un quotidiano liberale svedese, il Dagens Nyheter. Secondo
il quotidiano, il 90% delle persone sottoposte all’intervento di
sterilizzazione furono donne. Sotto accusa non sono solo le autorità di
Stoccolma, ma anche quelle degli altri Paesi nordici: la riproduzione sarebbe
stata negata a 60mila persone in Svezia, a 40mila in Norvegia e a 6mila in
Danimarca. Le vittime della campagna – tenuta segreta dalle autorità svedesi –
ufficialmente venivano definite volontarie. In realtà, erano costrette a
firmare dichiarazioni in cui accettavano la politica del Governo e rinunciavano
a eventuali risarcimenti per danni. L’intervento veniva praticamente imposto a
donne con handicap o “indigenti di razza mista”. Le leggi per la
sterilizzazione entrarono in vigore in Svezia, Norvegia e Danimarca
rispettivamente nel 1935, 1934 e 1929.
Secondo l’autore degli articoli, tali norme si differenziavano
solo per dettagli da quelle imposte dai nazisti tedeschi. Mentre i seguaci di
Hitler intendevano “migliorare la razza”, a muovere i nordici sarebbero state
soprattutto motivazioni di carattere economico: si voleva ridurre la
probabilità che i propri cittadini nelle generazioni future fossero non sani e
quindi potessero pesare sulla società. Il giornale racconta il caso di una
donna che oggi ha 72 anni, Maria Nordin. Da bambina era considerata “inferiore”
sotto il profilo scolastico, perché non aveva occhiali da vista e – essendo
miope – non riusciva a vedere la lavagna. Messa in un istituto per bambini
subnormali, a 17 anni [durante la Seconda Guerra Mondiale] venne chiamata in un
ufficio pubblico per firmare un documento, in cui dava il permesso di farsi
sterilizzare, cosa che avvenne subito dopo in ospedale. Molte altre donne,
anche in età adulta venivano di fatto costrette a firmare con ricatti di vario
genere. A chi faceva resistenza venivano negati i sussidi statali o addirittura
venivano sottratti i figli avuti precedentemente. L’eliminazione delle “parti
deboli” della società veniva anche supportata da studi scientifici.
Nel 1921, su iniziativa dei socialdemocratici, il Parlamento
svedese istituiva il primo istituto statale di studi di biologia della razza
nella città universitaria di Uppsala, che negli anni prima e durante il secondo
conflitto mondiale aveva rapporti scientifici e di scambi di pseudoesperti con
la Germania nazista. È chiaro che le rivelazioni gettano un’ombra pesantissima
sulla socialdemocrazia svedese. Ma anche i partiti di destra sono sotto accusa,
visto che non si opposero alla campagna di sterilizzazione forse anche loro
convinti della necessità di evitare che si moltiplicassero i cittadini con
quozienti intellettivi o possibilità economiche inferiori alla media. Il
ministro degli affari sociali Margor Wallstroem ha commentato: “ È stato
qualcosa di barbaro.
Londra, 29 nov. - [Adnkronos] - Dopo il
processo a Maurice Papon in Francia e lo scandalo sui conti “in giacenza” nelle
banche svizzere, è ora la Svezia a fare i conti con il passato nazista. Il
Paese di Raul Wallenberg [https://sweden.se/life/people/raoul-wallenberg-world-war-ii-hero] – il diplomatico che aiutò migliaia di
ebrei a fuggire dalle zone dell’Europa Orientale sotto occupazione tedesca – è
scosso dalle rivelazioni sul contenuto dei “files” compilati dalla polizia
segreta svedese durante la Seconda Guerra Mondiale.
Da questi – scrive il “Sunday Times” –
emerge che – al fine di intensificare al massimo gli scambi commerciali con la
Germania nazista – le società svedesi di export si attenevano scrupolosamente
alle direttive antisemite tedesche, licenziando i dipendenti ed allontanando
gli azionisti ebrei, ma anche compilando liste di ebrei che poi finivano in
mano tedesca. Banche ed avvocati in Svezia vendevano informazioni di questo
tipo a chi in Germania era interessato ad acquistarle.
Ancora oggi siamo abituati a considerare
il Welfare State realizzato in Svezia dalla socialdemocrazia come una delle
grandi, e più positive, esperienze politico-sociali del XXesimo secolo. Ma che
le cose non stessero interamente così, che il tanto magnificato “modello
svedese” avesse anche qualche tratto oscuro, perfino qualche venatura
autoritaria, venne fuori in realtà alla fine degli Anni Novanta quando, quasi
per caso, una ricercatrice svedese, Maija Runcis, fece una scoperta
sconvolgente. Si rese conto che nella Svezia socialdemocratica, in cui nessuno
– così, almeno, si era sempre sostenuto – doveva essere trascurato o lasciato
indietro, erano state compiute dal 1935 al ‘75 [anno di abolizione della
relativa legge] oltre 60mila sterilizzazioni, per il 90-95% riguardanti donne.
Ed erano state compiute precisamente con l’intento, insieme eugenetico ed
economico-sociale, di eliminare la capacità riproduttiva delle persone “difettose”,
cioè degli esseri umani “di tipo B” [come scrivevano comunemente, negli Anni
Trenta e Quaranta, gli addetti alle scienze sociali e mediche], ciò che avrebbe
permesso di utilizzare al meglio le risorse per garantire il benessere della
popolazione sana, degli esseri umani “di tipo A”.
Di questo argomento si occupa Luca
Dotti. Il merito principale del suo volume consiste nel mostrare come la
politica di sterilizzazione non rappresentasse un incidente di percorso nella
lunghissima vicenda dei Governi socialdemocratici che furono ininterrottamente
al potere dal 1932 al ‘76. Negli Anni Trenta l’eugenetica riscuoteva un certo
successo in vari Paesi Occidentali. Ma in Svezia la sua diffusione poteva
giovarsi della paura che, da un lato, il calo demografico [effettivamente in
atto], dall’altro il temuto aumento degli individui “di scarsa qualità”
avrebbero indebolito la salute, fisica e morale, della popolazione. L’elemento
probabilmente decisivo fu il fatto che preoccupazioni del genere vennero fatte
proprie dalla socialdemocrazia una volta giunta al potere: la sua concezione di
una “casa comune del popolo” [l’equivalente svedese del Welfare State] si
dimostrò capace di riqualificare in senso economico-sociale la politica di
eliminazione [attraverso la sterilizzazione] del materiale umano “di scarto”,
senza rinunciare del tutto alle vecchie argomentazioni di tipo biologico,
fondate sull’idea di una rigida trasmissione ereditaria delle [presunte] tare
fisiche e morali degli individui.
Come Dotti mette in rilievo, a favorire
l’affermazione della concezione socialdemocratica di un benessere sociale da
creare anche attraverso la sterilizzazione concorrevano almeno altri due
elementi. Da un lato, un certo rigorismo luterano, portato a considerare ogni
segnale di disordine nel comportamento e nello stile di vita come una minaccia
alla salute della collettività: nelle pratiche di sterilizzazione, la “volubilità
sessuale” di una donna o la mancanza di pulizia nella casa erano considerate
altrettanti segni di pericolosa asocialità. Dall’altro, c’era il diffondersi
nell’ambito delle scienze umane di un’ideologia funzionalista che tendeva a
concepire la politica sociale come l’applicazione di misure algidamente
oggettive, e poneva il benessere della società come nettamente prevalente su
quello dei singoli individui.
Furono i coniugi Gunnar e Alva Myrdal i
massimi teorici di questo socialismo che attribuiva allo Stato e alla politica
funzioni demiurgiche, affidandosi agli scienziati sociali e alle loro soluzioni
indiscutibili, poiché queste si presentavano come il frutto del puro calcolo
razionale. Economista [e a lungo capo del gruppo parlamentare socialdemocratico]
lui, esperta di problemi della famiglia lei, i Myrdal furono anche insigniti
del Premio Nobel: il solo caso di coniugi premiati per due materie diverse e in
due periodi differenti [i coniugi Curie, l’unica altra coppia, avevano ricevuto
entrambi il Nobel per la Fisica]. Nel 1934 un loro libro dedicato alla crisi
demografica svedese non solo ebbe uno straordinario successo, ma svolse anche
una funzione decisiva nell’orientare la socialdemocrazia e l’opinione pubblica
verso misure tese a eliminare gli “individui superflui” così da evitare che la
società sprecasse risorse a causa di persone giudicate irrecuperabili.
I Myrdal, e un po’ tutti gli esperti
socialdemocratici del tempo, criticarono non poco la legge sulla
sterilizzazione del 1934 poiché essa autorizzava in realtà l’intervento solo
nel caso di malati di mente o comunque di individui incapaci di intendere e di
volere. Sarebbe stato invece necessario, sostenevano, intervenire su tutta la
massa di “sfaccendati”, “asociali”, “leggermente ritardati” che sfuggivano alle
maglie della legge, sottraendosi così all’ossessione purificatrice degli
scienziati sociali e dei rappresentanti della professione medica.
Un esponente socialdemocratico dichiarò:
“Io penso che sia meglio esagerare che rischiare di avere una progenie inadatta
e inferiore”. Fu così che pochi anni dopo, nel 1941, una nuova legge introdusse
la possibilità di sterilizzare una più ampia casistica di persone. La legge,
per la verità, indicava chiaramente che chi risultava capace di intendere e di
volere avrebbe dovuto sottoscrivere la richiesta di sterilizzazione. Ma la
presenza della firma, argomenta convincentemente Dotti, non certificava di per
sé la volontarietà. Esistevano infatti molte forme di pressione che medici e
assistenti sociali potevano mettere in atto per convincere ad accettare l’intervento:
la possibilità di ricevere solo a quella condizione l’assistenza contro la
povertà, oppure la prospettiva di essere dimessi da un’istituzione pubblica,
nella quale si era costretti a soggiornare, solo dopo aver accettato l’intervento
di sterilizzazione.
Quella raccontata da Dotti con
precisione [anche se in una forma non sempre chiarissima] è una vicenda alla
quale sono stati dedicati vari studi. E tuttavia su di essa spesso si
preferisce sorvolare. Ad esempio, nella voluminosa e informatissima
Enciclopedia della Sinistra Europea nel XXesimo Secolo [diretta da Aldo Agosti
per gli Editori Riuniti], riguardo all’opera dei coniugi Myrdal negli Anni
Trenta ci si limita sostanzialmente a scrivere che si batterono “a favore di
ampi ed efficaci programmi di assistenza”; senza appunto menzionare la
determinazione con cui quei programmi miravano anche a liberare la società dal
peso del “materiale umano scadente”. Si trattava, insomma, di programmi non
privi nella pratica di risvolti autoritari, come era forse conseguenza
inevitabile di un socialismo fortemente statalista, animato da una marcata
diffidenza nei confronti della soggettività individuale. Quel socialismo si
assegnava infatti il compito di intervenire dentro la sfera privata dei
singoli. Non a caso Alva Myrdal partecipò alla progettazione di un modello
abitativo di tipo collettivista, che puntava a regolare le aree più private
della vita familiare, con la messa in comune di cucine, servizi e spazi per il
tempo libero, nonché con la presenza di figure appositamente addette all’alimentazione
e all’educazione dei bambini. In uno “slancio taylorista-totalitario”, come lo
definisce Dotti, il progetto arrivava a prescrivere quanto tempo ciascuno avrebbe
dovuto impiegare nelle varie attività collegate alla vita domestica.
Negli Anni Settanta la modifica delle
norme sulla sterilizzazione, sopravvissuta da allora nell’ordinamento svedese
soltanto come misura effettivamente volontaria, fu la conseguenza di decisivi
mutamenti nel frattempo intervenuti entro l’intera società riguardo al modo di
concepire la malattia mentale e il disagio sociale. I malati, gli emarginati,
in genere gli individui in difficoltà erano diventati soggetti da aiutare; non venivano
più visti, dunque, come potenziali minacce che la società doveva neutralizzare
attraverso la sterilizzazione. Si chiudeva così una esperienza che aveva
mostrato quanto, anche nei regimi democratici, possa diventare pericolosa una
politica che non si assegni dei limiti, che non dovrebbe essere lecito varcare
neanche nella prospettiva, destinata a rivelarsi un’illusione, di fare in tal
modo il superiore interesse di tutta la società.
Da bambina Maria Nordin era miope e non possedeva occhiali, così
non riusciva a capire bene ciò che veniva scritto sulla lavagna. Venne bollata
come “mentalmente inferiore”. Nel ‘42 – aveva 17 anni – la chiamarono in un
ufficio pubblico e le fecero firmare un documento. Non immaginava che stesse
autorizzando lo Stato svedese a sterilizzarla. Lo scoprì in ospedale qualche
giorno più tardi. La stessa sorte toccò a 230mila persone – al 90% donne – a cui
tra il 1935 e il 1996 la Svezia negò il diritto di riprodursi, “nel quadro di
un programma basato su teorie eugenetiche” e per ragioni “di igiene sociale e
razziale”. La denuncia arriva dal rapporto della commissione di inchiesta guidata
dal professor Carl-Gustaf Andren che ha comunicato proprio in questi giorni i
risultati di quattro anni di indagini al ministro degli affari sociali di
Stoccolma Lars Engqvist. “Le leggi del 1934 e del 1941 furono votate grazie al
consenso generale di tutti i partiti politici – si legge nella relazione – ma
la passività e il silenzio del Parlamento e del Governo sulle critiche fatte
dal 1947 a questa politica hanno indubbiamente permesso che negli anni ‘60 e ‘70
individui fossero sterilizzati a loro insaputa o senza il loro assenso”. La
campagna portata avanti dalle autorità svedesi era stata già denunciata nell’agosto
del 1997 da un quotidiano liberale, il Dagens Nyheter. Ma allora si era
ipotizzata una cifra globale di persone operate non superiore a 60mila, tutte
sterilizzate tra il ‘35 e il ‘76, anno in cui entrò in vigore una legge che
rendeva obbligatorio il sì degli interessati. Ora però viene chiarito che gli
interventi sono continuati a pieno ritmo anche successivamente: ben 166 mila
furono praticati tra il ‘76 e il ‘96. Anche in altri Paesi la sterilizzazione
venne adottata diffusamente: si ha notizia di 40mila casi in Norvegia [dal 1934],
6mila in Danimarca [dal 1929], 15mila nei manicomi francesi. E campagne simili
furono condotte anche in Canada, Austria, Stati Uniti. “Piccole le differenze
rispetto alle regole imposte dai nazisti tedeschi”, sottolineava il Dagens
Nyheter. Hitler e i suoi volevano migliorare la razza, mentre a muovere gli
scandinavi sarebbero state soprattutto motivazioni di carattere economico: si
mirava a ridurre il rischio di produrre cittadini non sani che potessero in
futuro gravare sulla società. Gli Anni Cinquanta rappresentarono il momento di svolta:
si passò – precisa il rapporto della Commissione Andren – “da una maggioranza
di sterilizzazioni forzate a una maggioranza di sterilizzazioni con consenso,
dall’applicazione delle teorie eugenetiche e di preservazione della razza a un
programma di pianificazione familiare e di coesione sociale, dall’interesse
collettivo all’interesse individuale”. Il numero dei consensi però non deve
trarre in inganno. Pesanti pressioni sono state esercitate per convincere le “malate”
a firmare le autorizzazioni. A chi faceva resistenza potevano ad esempio essere
negati i sussidi statali o sottratti i figli avuti in precedenza. Le minoranze
etniche vittime di discriminazioni sociali non furono risparmiate. Tra i 600 e
i 700 zingari furono sterilizzati – ha appurato la commissione di inchiesta – e
22 di questi “per motivi puramente razziali”. “Quello che è accaduto è una
barbarie”, commentò nel ‘97 l’allora ministro degli affari sociali Margor
Wallstroem annunciando indennizzi per quanti fossero stati in grado di provare
di essere stati operati senza consenso. Il pool di Andren nel gennaio del ‘99
ha quantificato in circa 40 milioni di lire a testa la somma da mettere a disposizione
delle vittime. Ma finora appena poche centinaia di persone sono andate a
reclamare il prezzo delle menomazioni di Stato.
Stefania Di Lellis, Sterili per ragion di Stato 230mila vittime in Svezia, la
Repubblica, 30 marzo 2000 [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/03/30/sterili-per-ragion-di-stato-230-mila.html]
La Svezia, se pure con ritardo e un pezzo per volta, sta facendo
i conti con il suo passato eugenista. Se negli Anni Novanta era finalmente
emersa la realtà degli aborti e delle sterilizzazioni praticate prevalentemente
sulle donne povere e sole, che avrebbero avuto difficoltà ad allevare i figli,
oggi si comincia a parlare delle persecuzioni contro quella che veniva
considerata una razza inferiore, gli zingari. Il premier Fredrik Reinfeldt
infatti ha chiesto scusa per le discriminazioni e le sterilizzazioni esercitate
nei confronti degli zingari nel periodo 1934-1974.
Non deve stupire che ciò sia accaduto proprio in quello che si
può considerare il periodo d’oro dei Governi socialdemocratici svedesi, quelli
che hanno costruito il mito del Welfare svedese, che assicurava un benessere
sociale collettivo. Proprio quei socialdemocratici che hanno contato nelle loro
file ben due Premi Nobel, Gunnar e Alva Myrdal, autori di una complessa utopia
sociale. I due Myrdal, infatti, sostenevano gli ideali eugenetici – se pur
senza alcun richiamo a una retorica razziale – come crudo calcolo di risorse e
mezzi di produzione.
Il risultato è stato che, anche dopo la caduta del regime
nazista che aveva fatto dell’eugenetica una bandiera ideologica, poi esecrata
dal mondo intero e condannata nel Processo di Norimberga, in Svezia sono
continuate le sterilizzazioni degli irregolari, i marginali, i poveri – soprattutto,
all’ottanta per cento, donne – che avevano difficoltà a inserirsi nella nuova e
ordinata società industriale che l’”ingegneria sociale” predicata dai Myrdal
stava realizzando per il Paese.
Gli scienziati, le teorie eugenetiche elaborate per anni grazie
a cospicui finanziamenti statali, servivano alla fine a garantire la buona
riuscita del Welfare, alleggerito grazie all’eliminazione di possibili
cittadini deboli e bisognosi di assistenza. Non solo, quindi, qui come in altri
Paesi, si sono verificate sevizie su esseri umani in base a teorie scientifiche
completamente errate, ma addirittura è stata utilizzata la scienza per fare
piazza pulita di futuri cittadini che avrebbero potuto creare problemi a un
modello di Welfare conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Per questo, in Svezia, si fa tanta fatica a parlare di questo
oscuro passato. A rendere noti i primi scottanti documenti è stata una
coraggiosa archivista, Maija Runcis, che ha aperto così la fase delle ricerche,
alla quale hanno contribuito anche due storici italiani. Oggi a riaprire il
problema è un Governo di centro-destra, che probabilmente in questo modo cerca
di screditare gli avversari, i socialdemocratici, che avevano addirittura
proibito agli zingari di entrare in Svezia, anche quando Hitler aveva scatenato
una persecuzione contro di loro, che portò alla morte di circa 600mila persone
nei campi di sterminio.
La
Svezia ha sterilizzato per motivi di “igiene sociale
e razziale” circa 230mila persone, tra il 1935 e il 1996, “nell’ambito di un programma basato su teorie eugenetiche”,
adottate all’unanimità dal Riksdag e
volte a preservare una presunta “purezza della
razza nordica”.
“Le Leggi del 1934 e del 1941 furono votate grazie al consenso
generale di tutti i partiti politici, ma la passività e il silenzio del
Parlamento e del Governo sulle critiche fatte dal 1947 a questa politica hanno
indubbiamente permesso che negli anni ‘60 e ‘70 individui fossero sterilizzati
a loro insaputa o senza il loro assenso.”,
si
legge nella relazione della commissione d’inchiesta, guidata
dal professor Carl-Gustav Andren, che, nel gennaio del 1999, aveva fissato un
risarcimento di 175mila corone svedesi [21.263 euro] a persona per le vittime delle
sterilizzazioni forzate.
Svante August Arrhenius nasce a Vik, in Svezia, da Gustav Svante Arrhenius e Carolina
Thunberg.
Nel 1903, Arrhenius riceve il Premio Nobel per
la Chimica con la motivazione: “in
riconoscimento dei servizi straordinari resi per il progresso della chimica con
la sua teoria sulla dissociazione elettrolitica”. Membro
del consiglio di amministrazione della Società Svedese per l’Igiene Razziale,
fondata nel 1909, è uno degli scienziati svedesi che interviene attivamente
alla creazione, nel 1922, di un Istituto Statale di Biologia Razziale a
Uppsala. Membro del Comitato Nobel per la Fisica e del Comitato Nobel
per la Chimica, usa la sua posizione per organizzare premi per i suoi amici,
Jacobus van’t Hoff, Wilhelm Ostwald, Theodore Richards, e per tentare di
negarli ai suoi nemici Paul Ehrlich, Walther Nernst.
Gli
Anni Cinquanta avevano costituito una rottura, riteneva la commissione. Si era
passati da “una maggioranza di sterilizzazioni forzate
a una maggioranza di sterilizzazioni consentite, dall’applicazione di teorie
eugenetiche e di “preservazione della razza” a un programma di pianificazione
familiare e di coesione sociale, dall’interesse collettivo all’interesse
individuale”.
Fino
al 1996 erano state sterilizzate circa 166mila persone [99% donne e 1% uomini],
sulla base di una nuova legge del 1976 che rendeva obbligatorio il consenso
degli interessati, ma la commissione d’inchiesta aveva, anche, accertato
che6mila sterilizzazioni, il 9% degli
interventi, erano state forzate, mentre 15mila erano state effettuate con il
consenso degli interessati, ma a condizioni ritenute “vincolanti” [https://www.nouvelobs.com/monde/20000329.OBS3272/la-suede-face-a-l-eugenisme.html].
Greta Tintin Eleonora Ernman Thumberg è sostenuta dal World
Economic Forum, dalla Bill and
Melinda Gates Foundation, dal Rockefeller
Institute, dal Corporate Leaders
Group del Prince of Wales, dal World
Business Council for Sustainable Development e da più di 20 ONG.
E tutti
vogliono realizzare la Quarta Rivoluzione
Industriale!
Non è
certo una “ragazza solitaria” che combatte eroicamente i poteri costituiti. È,
al contrario, famosa perché è una efficace ambasciatrice di questi poteri e
perché appartiene alla famiglia giusta.
Greta è
un affare serio!
L’ambientalismo
allarmista di Greta è impossibile da realizzare senza l’eugenetica, perché è
malthusiano nella sua logica, in quanto le persone sono i nemici del Pianeta e
il loro numero deve essere controllato.
La Germania nazista
iniziò ad applicare un programma di sterilizzazione forzata a partire dal 1933[14]. Riguardava
gli schizofrenici, gli epilettici, i portatori di disturbi bipolari, i ciechi,
i sordi, i deformi e gli alcolisti. Più tardi la legge fu allargata ai “delinquenti abituali” e ai feti, fino al
sesto mese di gestazione, di madri con malattie ereditarie.
Fu lo
psichiatra svizzero Ernst Rüdin[15]
a perfezionare il programma tedesco, suggerendo la presenza di medici accanto
alle forze di polizia per “calmare” le persone refrattarie alla sterilizzazione
forzata.Laureato in medicina nel 1898 all’Università
di Zurigo, nel 1904, Rüdin fondò a Berlino e co-diresse la rivista accademica Archiv
für Rassen-und Gesellschaftsbiologie [Archivio
per una biologia razziale e sociale] e, nel 1905, fondò e presiedette la Gesellschaft für Rassenhygiene [Società per
l’igiene razziale]. Rüdinsosteneva che alcune persone fossero geneticamente “nocive”,
perché inferiori oppure portatrici di “tare ereditarie”, e, per questo, dovessero
essere sterilizzate oppure uccise. Con l’ascesa del nazismo, fu
nominato dal ministro degli interni Wilhelm Frick consigliere del ministero per
la ricostruzione della razza tedesca e, proprio in questa veste, contribuì, nel 1933, alla legge sulla sterilizzazione
dei soggetti “inferiori”, che portò alla sterilizzazione forzosa di
decine di migliaia di persone affette da più o meno gravi malattie o invalidità
e che fu pubblicata con la firma di Adolf
Hitler sulla rivista americana Eugenical
News, nel settembre del 1933. L’anno prima, dal 22 al 23
agosto, si era tenuto nell’American Museum of Natural History di
NewYork, trasformato per l’occasione in una sfarzosa esposizione dei progressi
dell’eugenetica, il terzo Congresso Internazionale di Eugenetica[16], nel
corso del quale era stato affrontato il problema sul modo in cui “eliminare le stirpi peggiori”. Henry
Fairfield Osborn[17],
direttore del museo,spiegò
che la crisi mondiale in corso non era dovuta, come credeva il popolo, al crack di Wall Street del 1929 e alla
selvaggia speculazione finanziaria degli anni precedenti, bensì alla “sovradistruzione delle risorse naturali”;
alla “sovrameccanizzazione dell’industria”; alla
“eccessiva produzione di mezzi di trasporto”;
alla “sovrapproduzione di cibo e altri beni e alla
sovrappopolazione, con conseguente disoccupazione dei meno adatti”.
“Il solo rimedio permanente è la selezione delle nascite
sostenuta da un umano controllo delle nascite”.
Grazie alla biologia
molecolare, oggi, noi sappiamo che il patrimonio genetico degli esseri umani è
costante e identico nei suoi tratti fondamentali, a dispetto delle diverse
tipologie morfologiche esteriori e, anche se appare difficile crederlo, una
parte importante delle idee, da cui trasse ispirazione il nazismo proveniva
dagli Stati Uniti. Quel grande Paese era visto da alcuni nazisti come una Nazione
simbolo, sia per la sua storia di espansione a Ovest, con lo sterminio e il
confinamento dei nativi americani, “razza
inferiore”, nelle riserve, sia per la politica di discriminazione
razziale praticata negli Stati del Sud.
In Mein Kampf, scritto dal Fürer,tra il 1923 e il
1924, durante la sua prigionia, seguita al fallito tentativo di colpo di Stato
di Monaco di Baviera, tra l’8 e il 9 novembre 1923, per sua stessa iniziativa e
con la copertura politica di importanti uomini di potere del vecchio regime
guglielmino, quali Erich Ludendorff, ex-capo di stato maggiore dell’esercito
imperiale ed Ernst Röhm, alludendo agli americani, annotava:
“Esiste uno Stato al mondo che ha compiuto dei deboli progressi
verso un ordine migliore.”
Nel
1927, nel secondo libro del Mein Kampf,
Hitler manifestò il suo compiacimento per il modo in cui gli americani avevano “sterminato milioni di pellerossa, riducendone il numero
a qualche centinaio di migliaia”
[https://lanostrastoria.corriere.it/2017/03/23/razzismo-americano-e-leggi-di-norimberga/].
E vi
sono altri accenni positivi rivolti agli Stati Uniti:
“L’Unione degli Stati Americani categoricamente proibisce l’entrata
a individui che non godono di buona salute e semplicemente esclude certe razze.
In tutto ciò l’America attua, in forma attenuata, il nostro concetto di Stato
basato su individui uniti dal sangue.” [https://lanostrastoria.corriere.it/2017/03/23/razzismo-americano-e-leggi-di-norimberga/]
Il 14 luglio 1933,
fu discussa dal Parlamento tedesco, egemonizzato e condizionato dal Partito Nazionalsocialista, la Gesetz
zur Verhütung erbkranken Nachwuchses [Legge sulla Prevenzione della Nascita di
Persone Affette da Malattie Ereditarie], che venne promulgata, il 25 luglio 1933, appena dopo la firma
del Concordato con la Chiesa Cattolica, il 20 dello stesso mese, ed entrò in
vigore l’1 gennaio 1934 [https://www.euthanasiegeschaedigte-zwangssterilisierte.de/themen/gesetz-zur-verhuetung-erbkranken-nachwuchses-vom-14-juli-1933-erbgesundheitsgesetz/]. La legge stabiliva che le persone affette da una serie di malattie
ereditarie o di cui si supponeva un’origine genetica, quali la schizofrenia, l’epilessia,
le varie forme di cecità e sordità, il morbo di Huntington e le deficienze
mentali in genere, dovessero essere sottoposte a sterilizzazione forzata. A
questo insieme di sfortunati esseri umani, incolpevoli del loro stato, si
aggiungevano gli alcolisti cronici, in una sorta di condanna morale. Il
Ministero degli Interni tedesco – retto dal bavarese Wilhelm Frick, condannato
a morte e giustiziato dopo il Processo di
Norimberga – da cui dipendeva anche il Ministero della Sanità, calcolò in
circa 400mila il numero delle persone da sterilizzare. Furono istituiti
tribunali speciali, gli Erbgesundheitsgerichten [Tribunali per la
Sanità Ereditaria], formati da tre membri: due medici e un giudice
distrettuale, che avevano il compito di esaminare i pazienti nelle case di
cura, negli istituti psichiatrici, nelle scuole per disabili e nelle prigioni,
per stabilire chi dovesse essere sterilizzato. Tra il 1933 e il 1939, sono
state sterilizzate circa 350mila persone. La legge venne utilizzata come uno
strumento punitivo, un mezzo utile, in molti casi, per disfarsi dei soggetti
dissidenti e scomodi politicamente. Martin Bormann, segretario personale di
Hitler e vera eminenza grigia del regime, fece emanare una direttiva nella quale
era specificato che in una diagnosi di debolezza mentale era necessario tenere
conto del comportamento politico e morale dell’individuo esaminato, una chiara
allusione alla possibilità di colpire i nemici del partito attraverso il
provvedimento e di soprassedere, invece, nel caso opposto.
Fritz
Lang ricorda, così, l’incontro del 30 marzo 1933, con Joseph Goebbels, ministro
della propaganda nazista:
“Il 30 marzo 1933, il ministro della propaganda in Germania,
Joseph Goebbels, mi convocò nel suo ufficio […] e mi propose di diventare una
sorta di Führer del cinema
tedesco. Io allora gli dissi: “Signor Goebbels, forse lei non ne è a
conoscenza, ma debbo confessarle che io sono di origini ebraiche” e lui: “Non
faccia l’ingenuo signor Lang, siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no!”.
Fuggii da Berlino quella notte stessa.”[18]
“Ogni Stato ha bisogno
per la sua sopravvivenza e, ancor più, per l’accrescimento della sua potenza,
dell’esistenza di un ampio strato di famiglie di superiore valore ereditario.
Uno Stato di tipo germanico dipende dall’esistenza di una nobiltà del sangue.”[19]
Un
pensiero aristocratico avrebbe dovuto, quindi, secondo l’esempio spartano, guidare
i giovani non solo nella loro condotta di vita individuale, ma anche nella
scelta del coniuge.
Dunque, a impedire l’indebolimento della razza
ariana attraverso unioni con individui di razze considerate inferiori, il 15
settembre 1935, fu promulgata la Legge
per la Protezione del Sangue e dell’Onore Tedesco[20],
ovvero la Seconda Legge di Norimberga.
A questa legge si aggiunse, il 18 ottobre dello
stesso anno, la Gesetz zum Schutze der
Erbgesundheit des Deutschen Volkes [Legge per la Tutela della Salute dell’Ereditarietà
del Popolo Tedesco], la cosiddetta Legge
per la Salute del Matrimonio.
Negli anni seguenti
il 1937, le politiche di riarmo intraprese dalla Germania e la necessità di
manodopera fecero in modo che molti potenziali pazienti risultassero esclusi
dall’applicazione di questa legge per la necessità di impiegarli come forza
lavoro nell’industria pesante.
Il numero di
sterilizzazioni forzate diminuì.
La maggior parte
dei medici tedeschi non protestò contro l’applicazione di una legislazione che
molti ritenevano perfino giusta sulla base delle idee scientifiche e
antropologiche del tempo. La Chiesa Cattolica, pur deplorando il provvedimento,
si tenne in disparte senza esercitare alcun tentativo di disobbedienza civile o
di richiamo ai principi della libertà di coscienza, limitandosi a chiedere che
i medici cattolici fossero dispensati dall’applicazione della legge e dal fare
parte delle commissioni selezionatrici dei candidati alla sterilizzazione. La
pratica della sterilizzazione forzata fu, dunque, l’inizio di un percorso
criminale che avrebbe portato, in pochi anni, all’eutanasia nei confronti dei
malati di mente, alle esecuzioni di massa dei prigionieri di guerra e dei
civili durante la campagne di Polonia e di Russia e all’abominio dei campi di
sterminio.
Auschwitz,
Buchenvald, Mauthausen sono i nomi dei campi di lavoro e sterminio che
costellano, dapprima, la cartina del Drittes
Reich, e, successivamente, i Paesi annessi o caduti sotto il protettorato
germanico.
I nomi
più noti, perché sarebbe pressoché impossibile rammentarli tutti!
Schiavi-lavoratori
forniscono braccia all’industria tedesca a un costo irrisorio; e quando lo
schiavo non rende più, si può, tranquillamente, eliminare mandandolo nelle
camere a gas. Gelidi burocrati, come Otto Adolf Eichmann, battono le strade d’Europa
in cerca di nuove vittime, per rifornire i campi incessantemente.
La
produzione della morte, come quella delle armi, non deve subire arresti!
Ma lo
Stato germanico non rivela immediatamente il suo carattere infernale. Come
tutti gli Stati moderni, ha bisogno di rispettabilità e di consenso sociale.
Con l’esclusione
dei deputati comunisti, vittime, oltre che della violenza avversaria, del loro
stesso gioco, i nazionalsocialisti si trovano a disporre della maggioranza
parlamentare. Hitler si può, quindi, dedicare alla realizzazione del suo
programma. Vuole “disintossicare” la scuola,
la stampa, la radio, il cinema, il teatro. Il Governo rispetterà i diritti
delle chiese, fattori della massima importanza per la conservazione dello
spirito tedesco, ma conta, a titolo di compenso, sulla loro riconoscenza. Solo
i socialdemocratici, tra i presenti in aula, si dichiarano, con fermezza,
contro la legge sui pieni poteri al Governo voluta da Hitler, che passa con la
complicità del centro e delle destre. Tutto il potere è centralizzato; vengono
annullate le tradizionali autonomie dei Länder, i funzionari dell’apparato statale vengono nominati dal dittatore e le
organizzazioni storiche dei lavoratori tedeschi, i sindacati, le cooperative
vengono tolti alla gestione dei lavoratori stessi e consegnati ai gerarchi
nazisti e dello Stato. I campi di concentramento si riempiono, in un primo
tempo, di comunisti e di socialisti, che scontano, così, amaramente la loro
incapacità di allearsi per sbarrare il passo a Hitler, quando ancora erano in
tempo. I comunisti, anzi, sulla scorta delle direttive dell’Internazionale, dominata dalla
burocrazia stalinista, in alcune località, come la Prussia Orientale, preferirono
allearsi segretamente con i nazisti, per far cadere il Governo
socialdemocratico.Uno dei
comunisti tedeschi, Jan Valtin, racconta:
“Fu un’alleanza bizzarra, mai proclamata
ufficialmente, né riconosciuta dalla burocrazia rossa né da quella marrone, ma
comunque un fatto orribile. Molti dei militanti di base del partito
resistettero ostinatamente; troppo disciplinati per denunciare apertamente il
comitato centrale, intrapresero una silenziosa campagna di resistenza passiva,
se non di sabotaggio. Tuttavia gli elementi comunisti più attivi e fedeli, io
tra loro, andarono oltre con energia per trasformare quest’ultimo Parteibefehl
[ordine del partito] in azione. Si concordarono tregue temporanee e unione
delle forze da parte dei seguaci di Stalin e di Hitler allorquando scorgevano l’occasione
di fare irruzione e interrompere assemblee e manifestazioni del fronte
democratico. Durante il solo 1931, partecipai a decine di queste imprese
terroristiche d’intesa con i più feroci elementi nazisti. Io e i miei compagni
eseguivamo semplicemente gli ordini del partito. Descrivo di seguito alcune di
queste imprese per qualificare questa alleanza Dimitrov-Hitler e per illustrare
ciò che stava accadendo per tutta la Germania in quel periodo.
Nella primavera del 1931, il Sindacato
Socialista dei Trasporti aveva indetto un’assemblea dei delegati navali e
portuali di tutti i principali porti della Germania Occidentale. Il congresso
si svolse nella Camera del Lavoro di Brema. Era aperto al pubblico e i
lavoratori furono invitati ad ascoltarne lo svolgimento. Il Partito Comunista
mandò un messaggero alla sede del Partito Nazista, con la proposta di sabotare
insieme la Conferenza Sindacale. Gli uomini di Hitler acconsentirono, come
facevano sempre in quei casi. Quando si aprì il Congresso, le gallerie erano
piene di due o trecento comunisti e nazisti. Io ero responsabile dell’operazione
per il Partito Comunista e un turbolento capo squadrista, di nome Walter Tidow,
per i nazisti. In meno di due minuti, ci eravamo accordati per il piano di
azione. Appena la conferenza dei socialdemocratici fu ben avviata, mi alzai e
lanciai uno sproloquio dalla galleria. Dall’altra parte della sala Tidow fece
la stessa cosa. I delegati sindacali rimasero all’inizio senza parole. Poi il
relatore diede ordine di cacciare i due facinorosi, io e Tidow, dal palazzo. Ci
sedemmo tranquilli, guardando con derisione le squadre di grossi sindacalisti
avanzare verso di noi con l’intenzione di cacciarci fuori. Ci rifiutammo di
spostarci. Appena il primo delegato sindacale ci toccò, i nostri seguaci si
alzarono e scoppiò un pandemonio. I mobili vennero distrutti, i partecipanti
picchiati, la sala trasformata in un mattatoio. Raggiungemmo la strada e ci sparpagliammo
prima che arrivassero le ambulanze e i Rollkommandos della polizia. Il giorno
dopo, sia la stampa nazista sia quella del nostro partito raccontarono in prima
pagina di come i lavoratori “socialisti”, esasperati dalle “macchinazioni” dei
propri leaders corrotti, avevano dato loro una bella “strigliata proletaria.”[21]
Nel settembre del 1930, 100 deputati nazisti
sono eletti in Parlamento. Hitler è a capo della seconda formazione politica
del Paese, dopo i socialisti. Ciò non preoccupa i dirigenti che disprezzano
Hitler.
Scrive Stefan Zweig:
“Per loro il potere è sempre
stato riservato ai baroni, ai principi e a chi ha una cultura universitaria.
Niente ha tanto accecato gli intellettuali tedeschi quanto l’orgoglio della
cultura.”
Hitler, invece, continua la sua ascesa.
Nel
1933, giunge al potere e si vanta di averlo fatto “senza
rompere un vetro”. L’odio
per la socialdemocrazia facilita, in sostanza, l’avvento di Hitler al potere,
così come lo facilita l’odio per il diverso – lo straniero, l’ebreo –, che
caratterizza le masse di lunghe tradizioni contadine, come appunto quelle
tedesche, tormentate dalla crisi del 1929, che la propaganda nazista sfrutta,
aizzando contro le democrazie. Tra gli operai delle grandi città, invece, l’antisemitismo
è poco diffuso. Anzi, proprio in Germania, le organizzazioni operaie hanno
avuto per tradizione dirigenti di origine ebraica, come Karl Marx, Ferdinand
Lassalle e Eduard Bernstein. Ma sarebbe un errore considerare l’antisemitismo
un fenomeno circoscritto alla Germania nazista: negli stessi anni, nell’Unione
Sovietica, la burocrazia stretta attorno allo zar rosso, Iosif Stalin, non
esita a fare ricorso alle tradizioni antisemite proprie dello zarismo. L’amico
di Vladimir “Lenin” Ul’janov e
rivale di Iosif Stalin, Leon Davidovic Bronstein, il creatore dell’Armata
Rossa, che le masse rivoluzionarie conoscono e amano sotto il nome di battaglia
di Trotzkij, viene diffamato e additato all’odio di quanti sono ignari dei
giochi di potere, come l’ebreo Bronstein. E agli ebrei, sempre in quell’URSS
che Leninaveva voluto rispettosa dei
diritti delle minoranze etniche, alla minoranza ebraica vengono negati, in
pratica, numerosi diritti, mentre agli oppositori politici – comunisti compresi
– si spalancano, per ordine di Stalin, le porte dell’Arcipelago Gulag, sistema
di deportazione più grande di quello realizzato dai tedeschi.
Oramai,
saldo in sella, Hitler si libera, nella Notte
dei Lunghi Coltelli [30 giugno-1 luglio 1934] – ricordata in Germania come Röhm-Putsch o anche come Operazione Colibrì – dell’incomodo e rissoso Ernst Julius Günther Röhm[22],
che, in qualche modo, rappresenta certe istanze grossolanamente populiste ed
egualitarie del vecchio movimento nazista. Lui stesso non nascondeva di essere
un tipo poco raccomandabile, anzi se ne vantava.
“Siccome avevo un temperamento immaturo e bollente, la guerra e
l’agitazione esercitavano su di me maggiore attrattiva che non il buon ordine
borghese” e “ non mi colloco
tra le persone oneste e non ho neppure la pretesa di farne parte.”,
così
si presentava, con ostentata spavalderia, lo sfregiato Röhm, l’uomo giusto per scatenare la violenza nelle città:
“La brutalità è sempre
oggetto di rispetto, il popolo ha bisogno di una salutare paura. Ha bisogno di
temere qualcosa, desidera che qualcuno lo spaventi e lo renda tremante e
sottomesso.”
Ancora
prima della promulgazione delle Leggi
Razziali di Norimberga[23],
che li avrebbe esclusi da ogni aspetto della vita sociale, agli ebrei è vietato
laurearsi in medicina e quelli che già esercitavano potevano farlo solo sui
correligionari. All’epoca, è ebreo il 15% circa dei medici tedeschi e il 50% di
quelli berlinesi; entro la fine della guerra, il 25% dei medici ebrei sarà
ucciso, il 5% morirà suicida e il restante 70% lascerà la Germania. Secondo le Leggi Razziali di Norimberga, che devono fondare giuridicamente la
politica antisemita del Drittes
Reich, viene considerato “ebreo completo”, Volljude, chi ha tre nonni razzialmente ebrei. Si precisa che “un nonno è ebreo quando appartiene alla comunità
religiosa ebraica”, Glaubenjude.
Le Leggi Razziali di Norimberga toglieranno agli ebrei tedeschi
la cittadinanza del Reich[24]
e proibiranno loro di sposarsi o di avere relazioni sessuali con persone “di sangue tedesco o di sangue affine a quello
tedesco”. Norme ausiliarie a queste leggi li priveranno, poi,
della maggior parte dei diritti politici. Gli ebrei saranno, anche, spogliati
del diritto di voto, e non potranno più formalmente partecipare alle elezioni.
Infine, sarà loro vietato di ricoprire incarichi nella pubblica amministrazione.
Hitler vuole un esodo progressivo e alterna terrore a garanzie formali. Una
ordinanza del Ministero degli Interni del 17 gennaio 1937 preciserà che la
legislazione, che esclude gli ebrei da certi settori dell’attività nazionale,
non è estesa al settore privato. E il Ministero del Lavoro assicurerà che gli
ebrei godranno degli stessi diritti di cui godono gli ariani. Il fine è quello
di non gravare sull’economia tedesca con bruschi scossoni, ma il metodo non
darà i risultati previsti.
I
500mila “ebrei completi”, censiti dal Drittes
Reich, nel 1933, si erano, dunque, sentiti rassicurati e solo 37mila sarebbero
emigrati subito dopo le prime persecuzioni. Solo 20mila ebrei avevano, infatti,
lasciato, annualmente, la Germania, tra il 1934 e il 1937. Neppure le Leggi Razziali di Norimberga erano
riuscite ad accelerare l’esodo. Erano, di fatto, partiti solo gli ebrei
coinvolti in attività politiche o con grandi fortune all’estero, quellisenza mezzi per rifarsi una vita altrove
erano stati costretti a restare.
Alla
fine del 1937, sarebbe iniziata la sistematica razzia dei beni ebraici e, nel
1938, nell’indifferenza delle democrazie europee, il terrore che portò al lager.
Nelle
settimane precedenti e successive alle Olimpiadi
Invernali di Garmish-Partenkirchen e alle Olimpiadi Estive di Berlino del 1936, il regime nazista moderò,
decisamente, i toni della sua retorica antisemitica, così come delle attività
anti-ebraiche. Il regime rimosse, perfino, da alcuni luoghi pubblici i cartelli
che riportavano la scritta: “Qui non
vogliamo Ebrei”. Hitler non voleva critiche al suo Governo.
Avrebbero costituito un grave colpo al prestigio tedesco e scoraggiato il
turismo internazionale durante l’anno olimpico e i proventi che ne sarebbero
derivati. Per rassicurare l’opinione pubblica, fece, anche, gareggiare nella
nazionale tedesca Helene Julie Mayer[25],
un’atleta di padre era ebreo e madre luterana, già medaglia d’oro nella
scherma, all’età di diciassette anni, nei Giochi Olimpici del 1928, ad
Amsterdam, in rappresentanza della Germania. Nel 1931, il Comitato Olimpico Internazionale aveva aggiudicato a Berlino l’organizzazione
dei Giochi Olimpici estivi del 1936. Due anni più tardi, Adolf Hitler era divenuto
cancelliere della Germania. Diversi movimenti e organizzazioni sorsero negli
Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia, in Svezia, in Cecoslovacchia e in Olanda
per boicottare le Olimpiadi, mentre alcuni atleti ebrei di diverse nazionalità decisero,
individualmente, di non partecipare ai Giochi.
L’appuntamento
nella Nazione che, nel 1935, aveva varato le Leggi Razziali contraddiceva lo
spirito decoubertiniano che, fino dall’origine, aveva visto nello sport uno strumento di pace e di fratellanza
tra i popoli. Tuttavia, quando nel dicembre del 1935, l’Associazione degli Atleti Dilettanti degli Stati Uniti votò a
favore della partecipazione alle Olimpiadi, anche gli altri Paesi si adeguarono
alla decisione. Le Olimpiadi berlinesi furono dovute all’abile regia del regime
hitleriano, che lasciò nella carica di responsabile del Comitato Olimpico GermanicoTheodor
Lewald, tedesco di origini ebraiche e personaggio assai influente nel Comitato Olimpico Internazionale.
Miliardi di marchi dell’epoca vennero spesi per progettare e riattare stadi e
palazzi e concepire colossali coreografie che mostrassero la potenza della
Germania nazista.
Le Olimpiadi di Berlino
furono un evento di propaganda nazista: durante le cerimonie di apertura la
fiamma olimpica fu fatta passare davanti alle fila della gioventù hitleriana.
Il 21
agosto 1936, si leggeva sul Nieuwsblad
van Friesland:
DUITSCHE OLYMPIADE-TRAGIK
[TRAGEDIA ALLE OLIMPIADI
TEDESCHE]
Il 19 agosto 1936, tre giorni dopo la
conclusione dei Giochi Olimpici, infatti, il capitano Wolfgang Fürstner[26],
responsabile dell’organizzazione del villaggio olimpico, si era suicidato con
un colpo di pistola. In accordo con le recenti Leggi Razziali di Norimberga, sarebbe stato espulso dall’esercito,
in quanto ebreo.
Suo nonno, il dottor Karl Fürstner, era un
ebreo convertito al cristianesimo. Le autoritànaziste e la stampa tedesca cercarono di coprire il suicidio, al fine di
evitare danni alla reputazione internazionale della Germania, facendo circolare
la notizia che fosse morto in un incidente stradale, ma la realtà non tardò a
venire alla luce, confermando quello che molti sospettavano, ma nessuno osava
dire.
Così commentò la notizia sul proprio diario Alfred
Rosenberg, uno degli ideologi del nazismo:
“Apprendo oggi 21 agosto del
suicidio del capitano Fürstner, responsabile dell’organizzazione del Villaggio
Olimpico. Si era saputo da qualche tempo che aveva sangue ebraico. Ha
ottemperato ai suoi doveri fino all’ultimo giorno delle Olimpiadi, e poi è
caduto vittima di un esaurimento nervoso. Uno dei molti, tristi casi limite.
Rispetto assoluto per questo gesto di dignità, che gli proviene certamente dal
suo lato germanico!”
Nell’estate del 1936 non era più possibile
ignorare ciò che stava accadendo in Germania. Hitler aveva rimilitarizzato la
Renania – in violazione del Trattato di Versailles, con il quale si era
conclusa la Prima Guerra Mondiale – e aveva iniziato i rastrellamenti di ebrei,
zingari, oppositori, omosessuali e disabili che venivano prelevati e
portati nei campi di concentramento.
Il quotidano australiano The Sydney Morning Herald [SMH] dette la notizia che Wolfgang
Fürstner era stato trovato morto con una pistola al suo fianco.
The New York
Times, Aug. 21, 1936, Olympic Official killed himself, Fuerstner had been dismissed from
active army service because of Jewish blood. Status long threatened war ministry
advertisement is sole press tribute to the builder of Berlin village.
“Non ero stato vaccinato in Svezia contro l’ideologia nazista e
tutto in essa mi apparve ammirevole. Era affascinante, almeno così io sentivo le cose all’epoca. Vi fu, durante il mio soggiorno una grande parata e il Führer fece la
sua comparsa. Noi eravamo molto vicini a lui: il fascino che emanava da tutto
quello spettacolo era abbagliante.Sono tornato in
Svezia completamente convertito al nazionalsocialismo: non avevo mai visto
nulla di simile.” [https://www.cairn.info/revue-la-clinique-lacanienne-2012-1-page-229.htm][27]
In
un tale contesto non sorprende che il giovane Ingmar Bergman fosse tornato
trasformato dal breve soggiorno berlinese e avesse provato simpatie per il
nazismo prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.
Feodor Ingvar Kamprad
Il libro di Elisabeth
Aasbrink, E nel Wienerwald sono rimasti
gli alberi, getta su Feodor Ingvar Kamprad, scomparso all’età di novantuno
anni, il 28 gennaio 2018, ombre oscure che difficilmente possono essere
diradate. La giornalista televisiva rivela, infatti, che Kamprad, il fondatore
di Ikea, l’azienda dei mobili a basso
prezzo, non solo era iscritto al Partito
Nazionalsocialista svedese con la tessera numero 4.014, ma ha, anche, fatto
parte del gruppo di azione SSS.
Heléne Lööw, docente di
storia all’università di Uppsala, spiega:
“Intorno agli Anni Trenta-Quaranta, erano molti i giovani che
cercavano un’identità politica ed erano facili prede della propaganda. Anche
nei primi Anni cinquanta, si verificò un sbandamento sulla scia del contrasto
fra Est ed Ovest. Ma il fatto che Kamprad abbia aderito, fino al 1955, al
movimento neonazista approfondisce la conoscenza del suo carattere ed è strano
che egli non ne abbia parlato prima, quando furono rivelate le sue simpatie
giovanili per il nazismo. L’Ikea è quasi un’istituzione nazionale svedese ed è
interessante discutere di questa materia.”
“È stato uno degli uomini che ha reso la
Svezia ricca, avazata e famosa nel mondo come modello di qualità della vita e
design, ma in gioventú era nazista convinto. I suoi prodotti, dal Nordamerica
all´Italia, dalla Germania alla Cina, erano simbolo di arredamento di buon
gusto e low cost, ma pur di risparmiare non esitò a delocalizzare sempre
maggior parte della produzione in Cina, altri paesi asiatici, Romania, o
diverse locations in cui i suoi dipendenti lavoravano in condizioni disumane,
sottopagati e senza diritto ad appoggiarsi alla difesa di organizzazioni
sindacali. Ingvar Kamprad, fondatore e patron di Ikea, il gigante svedese del
mobilio low cost, è morto stamane a 91 anni nella sua casa di Smaland. Nella
patria che aveva di fatto legalmente tradito, per pagare meno tasse,
trasferendo per decenni la sua residenza in Svizzera. Poi invecchiando si era
pentito, e patteggiando aveva potuto tornare a casa. Era la cosa cui teneva di
piú, disse recentemente, nell’autunno della sua vita. Nella Storia del grande
nord e dell’economia mondiale resterà uno degli imprenditori piú geniali e
controversi, e uno dei vip svedesi e scandinavi piú discussi del mondo.
“Mi è sempre piaciuto produrre e vendere
a basso costo”, era il suo motto da quando inizió coi fiammiferi in gioventú.
Era nato nel piccolo villaggio di Aelmhult, e cominciò a lavorare in proprio
quando a soli 17 anni ebbe un premio in denaro da suo padre per i suoi buoni
risultati a scuola. Usó i soldi per costruire uno stabilimento di fiammiferi, e
allora nacque il logo: IKEA è sigla derivata dalle sue iniziali piú dall’abbreviazione
di Elmtaryd, la fattoria dov’era cresciuto, e di Agunnaryd, villaggio nelle
vicinanze.
Ma cominció subito, hanno poi detto per
decenni i liberi media svedesi attaccandolo piú volte per decenni, a lavorare
senza scrupoli. Per sua stessa ammissione, si accorse che avrebbe risparmiato
in barba ai suoi dipendenti acquistando fiammiferi [i famosi svedesi] altrove
nel paese al minimo costo di produzione possibile e poi rivendendoli.
Fin qui la spregiudicatezza. Ma le accuse piú gravi lo collegano indirettamente
al periodo piú cupo della Storia europea: l´ascesa al potere di Hitler, le
persecuzioni degli ebrei prima tedeschi poi di tutta Europa, la seconda guerra
mondiale e il lancio dell´Olocausto da parte del Terzo Reich a seguito delle
decisioni di genocidio industriale prese scientificamente a tavolino dai
gerarchi nazisti alla conferenza del 1942 nella celebre villa sul Lago Wannsee
presso Berlino, detta “Conferenza per la soluzione finale del problema ebraico”.
Ingvar Kamprad già giovane imprenditore affermato non poteva non sapere,
nonostante quanto poi disse prima cercando di difendersi. Tanto piú che nella
Svezia neutrale trovarono rifugio e salvezza molti ebrei scampati ai nazisti dall´Europa
occupata, e narrarono chiaro. Non importa, lui – tra i non pochi membri
dell´establishment civile e militare svedese che allora ammirarono il nazismo,
considerando anche gli scandinavi una razza superiore pura – si iscrisse al piú
importante movimento nazionalsocialista del regno, il Nysvenska Rörelsen [nuovo
movimento svedese]. Fece parte attiva anche dell’organizzazione paramilitare
SSS – sigla ispirata ovviamente a quella delle Waffen-SS hitleriane – del movimento,
organizzazione che non di rado minacciava gli ebrei o lasciava scritte e
messaggi ostili presso le loro abitazioni o negozi, e insieme svolgeva attiva
propaganda antisemita. Fu amico del piccolo Führer del movimento, Per Engdahl,
lo aiutó instancabilmente nel reclutamento di nuovi militanti, ne restó grande
amico persino dopo la guerra e la disdfatta dell’Asse, fino agli anni
Cinquanta. E anche dopo la sua morte lo definí in pubblico “un grande uomo”,
pur “non condividendone tutte le idee”.
Ingvar Kamprad non fu mai sanzionato per
queste incancellabili pagine buie della sua biografia. Perché era diventato un
simbolo troppo importante del successo del modello svedese, con i
socialdemocratici di Tage Erlander e piú tardi di Olof Palme al potere per
decenni, iniziatori dell’invidiato modello di capitalismo competitivo ma
sociale col miglior welfare del mondo e modello di società solidale coi paesi
poveri e aperta a tutti i migranti. Toccando lui, molti pensarono, si sarebbe
aperta una crepa nell’immagine del modello. E secondo gli storici, sarebbero
venute a galla magari troppe pagine imbarazzanti sulla comoda neutralità
svedese in guerra, quelle narrate all’epoca di Olof Palme dal celebre studio
storico-atto d’accusa Heder och Samvete, “Onore e coscienza”.
Alla
fine degli Anni Trenta, un crescente flusso di profughi ebrei provenienti dalla
Germania si diresse verso i Paesi europei.
Pochi
Stati furono disposti ad accoglierli, del resto come si poteva stabilire chi
fosse ebreo e chi no?
Nel
1938, la Svezia e la Svizzera proposero alla Germania di fornire agli ebrei dei
passaporti speciali, e, il 5 ottobre di quell’anno, tutti i passaporti
appartenenti ad ebrei furono annullati, e gli ebrei che intendevano viaggiare
dovettero ottenerne uno nuovo, timbrato con una “J” maiuscola inchiostrata di
rosso sulla prima pagina.
Cito
una frase dello storico Alf Johansson che si riferisce agli anni in cui il
Paese sembrava in bilico tra il movimento operaio, rappresentato dal partito
socialdemocratico, e il nascente prestigio del nazionalsocialismo:
“Non vi era nulla che i nazisti in Germania potessero realizzare
con la dittatura che i socialdemocratici non potessero realizzare in Svezia con
la democrazia.”
Nel
1943, quando divenne chiaro che Hitler avrebbe perso la guerra, la Svezia si
affrettò a ristabilire parte della propria reputazione.
Nel dibattito pubblico italiano, tutta l’efficacia simbolica del
discorso ostile alla biomedicina e alla genetica contemporanee deriva dall’impiego
polemico e strumentale di connotazioni fortemente negative della parola “eugenica”.
Si tratti di fecondazione assistita, di clonazione umana terapeutica o di
eutanasia, è sempre questa parola-tabù a comparire. E ad accompagnarla è sempre
l’evocazione di uno spettro: quello dello sterminio nazista. La diagnosi
preimpianto – per citare solo un esempio – sarebbe la “punta dell’iceberg”, il
primo passo in un “piano inclinato”, che conduce necessariamente alla violenza
del nazismo. Dal punto di vista storiografico, un primo limite di tale reductio
ad Hitlerum del concetto di eugenica consiste nell’assolutizzazione dell’esempio
nazista, eretto a paradigma totalizzante di un’eugenica interpretata
sostanzialmente come “pseudo-scienza razzista e antisemita”. In realtà, ogni
passaggio di questa argomentazione si rivela, agli occhi dello storico,
superficiale e infondato. Innanzitutto, è difficile liquidare genericamente
come “pseudo-scienza” quello che rimane un primo tentativo di approccio
sperimentale al problema dell’eredità umana. Non solo molti fra i più
importanti statistici, biologi e genetisti del novecento erano eugenisti [ad
esempio, Ronald A. Fisher, Wilhelm Weinberg, Hermann J. Muller], ma anche
numerose acquisizioni nel campo della genetica medica – si pensi soltanto al “metodo
dei gemelli” – sono scaturite da ricerche di impronta eugenetica. Allo stesso
modo, l’equivalenza fra eugenica e razzismo è altrettanto fallace. Nella
Germania weimariana, la maggior parte degli eugenisti non era né razzista né
antisemita: il termine Eugenik era stato appositamente coniato dagli ambienti
scientifici berlinesi per sostituire la nozione di Rassenhygiene, largamente
compromessa con i circoli bavaresi del razzismo volkisch. E l’influenza degli
eugenisti “filo-ariani” non fu mai così debole come negli anni che precedettero
l’affermazione politica del nazionalsocialismo. Non vi è dubbio che
preoccupazioni classiste e razziste abbiano alimentato lo sviluppo dell’eugenica
britannica e statunitense: se il bersaglio principale dell’Eugenics Education
Society londinese era, infatti, il sottoproletariato [residuum o pauper class],
ritenuto pericoloso per il suo basso livello intellettivo e la sua alta
fertilità, negli Stati Uniti ad alimentare l’ideologia e la prassi eugenetica
fu soprattutto l’incubo del “suicidio razziale” della Nazione americana,
prodotto dalle ondate di “plasma germinale difettoso” degli immigrati giunti dall’Europa
dell’Est, dai Balcani, dall’Italia. Non a caso la legge restrittiva dell’immigrazione
del 1924 – il Johnson-Reed Restriction Act – verrà elaborata con la consulenza
di eugenisti statunitensi come Harry Laughlin e Charles B. Davenport. Sarebbe, tuttavia,
errato limitare l’eugenica agli orizzonti ideologici delle élite conservatrici.
Con la sua progettualità modernizzatrice e la sua logica tecnocratica, il
programma eugenetico attirò, infatti, le attenzioni, nella prima metà del
Novecento, dei new liberal, dei fabiani britannici [si pensi a George Bernard
Shaw o ai coniugi Webb], dei socialdemocratici tedeschi e scandinavi, dei “progressisti”
americani, dei radicali e comunisti francesi. Negli Anni Trenta, biologi di
orientamento marxista come Lancelot Hogben o John B. S. Haldane sostennero l’idea
di un’eugenica “bolscevica”: soltanto l’eliminazione delle disuguaglianze
prodotte dal sistema capitalistico avrebbe consentito il pieno sviluppo delle
potenzialità biologiche degli individui. Nello stesso periodo, l’interpretazione
“razionale” della maternità suggerita dall’eugenica suscita gli entusiasmi dei
movimenti neomalthusiani e dei gruppi femministi, alimentando le prime campagne
per la depenalizzazione dell’aborto, per il controllo delle nascite, per l’educazione
anticoncezionale delle donne: ben noti sono i nomi di Margaret Sanger e di
Marie Stopes, paladine del birth control rispettivamente negli Stati Uniti e in
Gran Bretagna. Non soltanto sul piano degli orientamenti ideologici, ma anche
su quello delle politiche eugenetiche il quadro internazionale appare
estremamente complesso e sfumato. A partire dai primi decenni del Novecento,
infatti, all’eugenica “nordica”, essenzialmente anglo-americana e
tedesco-scandinava, contraddistinta da birth control, sterilizzazioni e
certificati prematrimoniali obbligatori, si contrappone – in Paesi come l’Italia,
la Francia, il Belgio e diversi Stati dell’America Centro-Meridionale – un’eugenica
“latina”, i cui precetti rientrano generalmente negli ambiti dell’assistenza
materno-infantile, della medicina sociale preventiva, del natalismo
demografico. All’assolutizzazione del modello nazionalsocialista, l’uso
pubblico del concetto di eugenica alterna paradossalmente la sua
banalizzazione. I nazisti, in sostanza, non avrebbero inventato nulla: le
democrazie statunitensi e scandinave non hanno anch’esse approvato delle leggi
di sterilizzazione? L’analisi delle connessioni – pur esistenti e accuratamente
studiate dagli storici – fra l’eugenica americana e quella nazista, lungi dall’aiutare
a comprendere la complessa rete delle affinità e delle divergenze, viene invece
invocata per sostenere un’identità: l’americanismo è un nazismo. Né miglior
sorte tocca alle socialdemocrazie scandinave, le cui politiche eugenetiche, fortemente
legate ai processi di elaborazione dei modelli locali di Welfare State, vengono
anch’esse immediatamente assimilate alla Rassenhygiene tedesca. L’eugenica
nazista, eretta in precedenza a categoria onnicomprensiva, si fa ora opaca: non
molta strada separa così Adolf Hitler da Theodore Roosevelt, Heinrich Himmler
da Gunnar Myrdal. Ad essere banalizzata è ovviamente la drammatica originalità
storica – tanto qualitativa quanto quantitativa – dell’eugenica nazista:
soltanto la legge sulla sterilizzazione del 14 luglio 1933 prevedeva, infatti,
la coercizione e l’uso della violenza fisica contro i disabili; e nei primi
quattro anni di applicazione, furono tra i 320mila e i 400mila i cittadini
tedeschi sterilizzati in questo modo. E soltanto nella Germania nazista si
giunse all’elaborazione di un programma di eutanasia [l’Operazione T4]
finalizzato all’assassinio di malati di mente, invalidi e anziani. Alla luce di
queste considerazioni, una messa a punto storiografica deve essere considerata
come il primo passo verso il superamento dell’uso pubblico distorto del
concetto di eugenica. E questo per 2 ragioni. Innanzitutto, per un necessario
dovere di obiettività: nel nome dell’eugenica molte teorie e politiche
differenti sono state formulate e realizzate. L’eugenica non è soltanto Madison
Grant o Josef Mengele, ma anche Julian Huxley o Havelock Ellis; non è soltanto
la sterilizzazione obbligatoria, ma anche il controllo delle nascite, il free
love, le campagne anti talassemia. In secondo luogo, perché la complessità
storiografica può far luce sull’ambiguità semantica attuale della parola “eugenica”.
Una delle principali sorgenti delle convulse discussioni sul problema dell’eugenica
scaturisce, infatti, proprio dal fatto che gli interlocutori, nel loro uso del termine,
non cessano di oscillare tra l’accezione più larga [una coppia sogna di avere
bambini privi di gravi anomalie] e quella più ristretta [uno Stato attua un
programma esplicito di azione eugenetica]. La riflessione storiografica sull’eugenica
può in tal senso favorire, nell’ottica del presente, una ridefinizione
semantica del concetto, incentrata sulla distinzione fra le due diverse
accezioni in gioco: da un lato, un significato forte, che interpreta l’eugenica
come il progetto di miglioramento dei caratteri genetici di una popolazione,
attuato da uno Stato per mezzo di provvedimenti coercitivi; dall’altro, un
significato debole, che identifica, invece, le pratiche selettive della
genetica contemporanea basate sul rispetto dell’etica medica e dell’autonomia
riproduttiva dell’individuo. Soltanto attraverso una precisa distinzione fra i
due significati, storiograficamente fondata, la parola “eugenica” potrà
conservare ancora un qualche senso nel dibattito pubblico italiano, cessando di
essere un mero strumento di delegittimazione del nemico ideologico.
Nei primi decenni del XX secolo, gli Stati Uniti,
precorrendo l’eugenetica nazista, avevano autorizzato la sterilizzazione coatta
di pazienti psichiatrici, condannati per crimini sessuali, oligofrenici, “imbecilli”, individui “moralmente depravati”, epilettici. In
realtà, immigrati, slavi, ebrei, homeless
e, soprattutto, neri.
Il 9 marzo 1907, lo Stato dell’Indiana approvò la
prima legge per la sterilizzazione di pazienti ricoverati in istituti
psichiatrici: individui pluricondannati per crimini sessuali; oligofrenici; ed epilettici [https://www.in.gov/history/state-historical-markers/find-a-marker/1907-indiana-eugenics-law/, https://eugenicsarchive.ca/discover/connections/53234888132156674b00024e]. Delle apposite commissioni di esperti, formate da
medici e giuristi, valutavano il grado della loro deficienza mentale sulla
scorta di appositi tests psicologici.
Negli anni seguenti, tale pratica si estese anche ad altri Stati americani,
oltre venti, tanto che le sterilizzazioni forzate furono alcune decine di
migliaia. Dal 1907
al 1973, lo Stato dell’Indiana ha
sterilizzato 2.500 persone e, solo all’inizio del 2007, si è scusata per avere
implementato il programma [https://www.wfyi.org/programs/indiana-eugenics].
La California, dal 1909, applicò con così grande zelo
la sterilizzazione coatta, che, nel 1922, negli ospedali dello Stato furono
eseguiti 2.558 interventi. Lo Stato della California ha sterilizzato
più di qualsiasi altro Stato americano e si è reso responsabile di oltre un
terzo di tutte le operazioni di sterilizzazione sul territorio statunitense.
Informazioni sull’ambizioso programma californiano di sterilizzazione, un modello per chi sosteneva la necessità di attuare
la sterilizzazione coatta, furono, ampiamente, diffuse dagli
eugenetisti Ezra Seymour Gosney e Paul Bowman Popenoe [https://wellcomecollection.org/works/xs6y4zu6] in Sterilization for Human Betterment, pubblicato nel 1929, e rapidamente tradotto in
Germania. Un lavoro riconosciuto da Hitler di importanza fondamentale
per dimostrare che i programmi di sterilizzazione obbligatoria su larga scala
erano fattibili. Adolf Hitler non mancò
di esprimere, personalmente, il proprio apprezzamento all’antropologo razzista
Madison Grant per il libro The Passing of
the Great Race [1916], che il capo del Partito
Nazionalsocialista definì la sua “Bibbia”,
tanto da riciclare nel Mein Kampf l’ideologia
razziale dello “scienziato” americano. Nel 1935, il Los Angeles Times giunse, perfino, a pubblicare un elogio
delle sterilizzazioni naziste degli handicappati.
Nel 1937, le sterilizzazioni praticate negli Stati
Unitisuperarono il numero di 25mila, di
cui circa la metà eseguite in California, e, allorché i giornali americani
denunciarono le iniziali misure razziali naziste, i giornalisti tedeschi
attaccarono gli Stati Uniti per la loro ipocrisia, ricordando che, a eccezione
del Sud Africa, erano l’unico Paese a praticare dure leggi razziali e che “il linciaggio delle minoranze etniche è un fenomeno che
la Germania non ha, mai, conosciuto”.
Il quotidiano newyorkese The Sun, aveva, già, preconizzato, in un articolo del 1847, che l’americano
avrebbe superato, perfino, l’aggressività dei suoi antenati germanici!
Come chiarisce Stefan Kühl in The Nazi Connection: Eugenics, American Racism, and German National
Socialism, i nazisti avevano appreso dagli americani le modalità per
conseguire, nel modo migliore, questo fine.
Ben prima dell’ascesa al potere di Hitler, alla
vigilia della Prima Guerra Mondiale, vede la luce a Chicago, nel
1913, un libro che, già, nel titolo, addita gli Stati Uniti
come modello di “igiene razziale”, Die
Rassenhygiene in den Vereinigten Staaten von Nordamerika [L’Igiene
Razziale negli Stati Uniti del Nord America] [https://wellcomecollection.org/works/kbzsy6zu]. L’autore, Géza
von Hoffmann, vice-consoledell’Impero Austro-Ungarico a
Chicago, celebra gli Stati Uniti per la “lucidità” ela
“pura ragion pratica”
di cui danno prova nell’affrontare – e con la dovutaenergia
– un problema così importante, eppure così frequentemente rimosso:violare
le leggi che vietano i rapporti sessuali e matrimoniali misti puòcomportare
anche 10 anni di reclusione e, a essere condannabili, oltre aiprotagonisti,
sono anche i loro complici.
E, ancora dopo l’avvento del
nazismo, gli ideologi e gli “scienziati” della razzacontinuavano a ribadire:
“Anche la Germania ha molto da
imparare dalle misuredei nord-americani: loro
sanno il fatto loro!”
È evidente che nonsiamo in presenza di un rapporto
a senso unico. La cooperazione
programmatica tra gli Stati Uniti e la Germania, si protrasse fino all’inizio
della Seconda Guerra Mondiale: una complicità che avvenne ai più alti livelli
sociali, politici e accademici.
In un editoriale del 1912, Come migliorare la razza, apparso sulla rivista elitaria The World’s Work si legge:
“Per molti uomini [l’eugenetica] è divenuta una religione.”,
proprio come auspicato dal suo fondatore, sir Francis Galton[28].
All’epoca, la campagna degli
eugenisti per la sterilizzazione coatta, seppure appena iniziata, stava
raccogliendo ampi consensi, tanto che sulla stessa rivista si legge:
“Vi è una accettazione sorprendentemente
pronta dell’idea che ai non adatti non debba essere permesso di diventare padri
e madri.”
Una volta accettata la correlazione tra comportamento
depravato e scarsa intelligenza, Henry H. Goddard poteva, serenamente,
affermare:
“Come vi può essere l’eguaglianza
sociale dato questo ampio spettro di capacità mentale?”
Il passo successivo fu quello di collegare i comportamenti degenerati con la razza o il gruppo etnico. Secondo Robert M. Yerks “gli uomini di carnagione più scura dell’Europa Meridionale e gli slavi dell’Europa Orientale sono meno intelligenti degli uomini di carnagione chiara dell’Europa Settentrionale e Occidentale” e sempre per quanto attiene all’intelligenza “il negro si trova al gradino più basso della scala”. Per preservare, dunque, la purezza della razza si dovevano evitare i matrimoni tra individui appartenenti a razze diverse.
Harry Hamilton Laughlin, direttore del più importante centro statunitense per la ricerca e la diffusione dell’eugenetica, l’Eugenics Record Office, affermava:
“Gli immigrati provenienti dall’Europa Meridionale e Orientale, gli ebrei in particolare, erano sotto il profilo razziale così differenti e geneticamente talmente inferiori rispetto all’attuale popolazione americana che qualsiasi mescolanza razziale sarebbe stata deleteria.”
Per evitare la contaminazione della razza, agli
appartenenti ad altre razze doveva essere negato l’ingresso nel Paese, mentre,
per gli oligofrenici, Goddard, nel 1914, suggeriva il ricorso all’internamento
in istituti:
“A nessun oligofrenico dovrebbe essere
consentito di sposarsi o di diventare genitore. È evidente che, se si deve
realizzare questa regola, la parte intelligente della società deve imporla.”
Sarà il biologo eugenista Charles B. Davenport[29],
direttore del Cold Spring Harbor
Laboratory, nello Stato di New York, a incaricarsi di sostenere il ricorso
alla sterilizzazione per bloccare il flusso “del
protoplasma imperfetto e degenerato”.
Nel
1924, con l’Immigration Act, anche
noto come Johnson-Reed Act,l’America, in armonia con i principi
del movimento eugenetico americano, limitava i flussi d’immigrazione per difendere
la propria purezza razziale dai popoli dell’area del Mediterraneo e dell’Europa
dell’Est, per una presunta inferiorità biologica.
Fino a che punto volevano spingersi i paladini dell’eugenetica
per realizzare l’utopia che avrebbe concepito la super-razza?
Ostracismo sociale, restrizioni all’immigrazione,
segregazione e sterilizzazione obbligatoria per eliminare gli inadatti
rientravano nell’eugenetica. In quel periodo, negli Stati Uniti, il movimento
eugenetico elaborò altre proposte, che, anche se non vennero molto
propagandate, sarebbero arrivate alla loro applicazione nella Germania di
Hitler. Il dottor W. Duncan McKim nel suo libro Heredity and Human Progress [Ereditarietà
e Progresso Umano], pubblicato
nel 1899, aveva portato alle estreme conseguenze il pensiero eugenetico,
sfociando nell’eutanasia[30]
con la richiesta di sopprimere quanti non fossero degni di procreare. Il dottor McKim suggerì di impiegare l’acido carbonico
per sterminare, “pietosamente”, la parte “difettosa” della popolazione americana,
accelerando, così, il corso “precostituito”
dell’evoluzione.
All’ombra della Seconda Guerra Mondiale i nazisti
avrebbero realizzato il progetto ideato da McKim!
Negli Stati Uniti, le sterilizzazioni coatte sono
state vietate, nel 1973, dal Department
of Health, Education and Welfare, in seguito alla delibera di una
commissione senatoriale, presieduta dal senatore democratico Ted Kennedy, la
quale aveva rilevato che, solo nell’anno precedente, sulla base dei vigenti
programmi federali, la sterilizzazione aveva menomato 8mila donne e 16mila
uomini.
Nel
2001, lo Stato della Virginia si è scusato con i circa 8mila “imbecilli” e “criminali”,
legalmente sterilizzati con l’avallo della stessa Corte Suprema degli Stati
Uniti d’America, che, nel 1927, si era espressa a favore della legge della
Virginia che autorizzava la sterilizzazione coatta dei “portatori
di una forma ereditaria di malattia mentale o imbecillità”.
“Abbiamo visto più di
una volta la società chiedere ai propri migliori elementi il sacrificio della
loro vita. Sarebbe strano non poter chiedere a quelli che già attentano alla
forza dello Stato questi sacrifici minori, spesso non percepiti tali dagli
interessati, al fine di evitare di essere sommersi dall’incapacità. Sarebbe
meglio per tutti se, invece di aspettare di giustiziare la progenie degenerata per
qualche crimine, o di lasciarla morire
di fame per la sua imbecillità, la società potesse impedire a coloro che sono
chiaramente non idonei di riprodurre la propria specie. Il principio che
legittima la vaccinazione obbligatoria è adeguatamente ampio da includere la
legatura delle tube di Falloppio. Tre generazioni di imbecilli sono più che
sufficienti.”
[…]
Sarebbe meglio
che questo ragionamento fosse applicato genericamente, perché sarebbe
insufficiente se limitato al piccolo numero di coloro che sono nelle
istituzioni e non applicato alla popolazione intera. È il fine ultimo delle
ragioni costituzionali sottolineare difetti del genere. La legge fa tutto ciò
che è necessario quando fa tutto ciò che può, indica una politica, la applica
indistintamente nelle sue linee, e cerca di farlo nella maniera più veloce e
incisiva possibile. Tanto profondamente che le operazioni consentono a chi
altrimenti sarebbe dovuto rimanere confinato di ritornare nella società, per
aprire ad altri le porte delle istituzioni, al fine di raggiungere prima
possibile l’obiettivo dell’eguaglianza.
sono
parole pronunciate, a nome della maggioranza della Corte Suprema degli Stati
Uniti, da Oliver Wendell Holmes, giudice della Corte Suprema, dal 1902 al 1931,
sul ricorso di Carrie Buck, una ragazza di diciotto anni giudicata frenastenica
e condannata a salpingectomia dalla Corte Suprema di Appello dello Stato della
Virginia insieme alla figlia Vivian di sette mesi, in base a una legge del
1924.
Negli Anni
Trenta, quando la Grande Depressione generò milioni di “tarati”, il bisturi
fece migliaia di vittime, nonostante i medici statunitensi sconfessassero, oramai,
apertamente i risultati dell’eugenetica. Gli Stati Uniti fecero scuola, in
Germania in particolare. Se, da una parte, la “giustificazione
per sostenere la legge della Virginia faceva presagire gli argomenti che più
tardi sarebbero stati utilizzati per giustificare l’uccisione eugenica nella
Germania nazista”, dall’altra, questa e a altre sentenze
rafforzarono la collaborazione tra gli scienziati dei due Paesi, irrobustendo
il già convinto entusiasmo della Repubblica di Weimar, durante la quale vennero
fondati centri di ricerca che “diedero impulso
allo sviluppo della disciplina dell’igiene della razza […] offrendo un modello
per un gran numero di istituti analoghi fondati durante il periodo nazista”.
Se vogliamo comprendere perché proprio gli Stati Uniti
siano stati i pionieri della sterilizzazione dobbiamo frugare tra gli scheletri
degli armadi delle lobbies
interessate alla conservazione della Natura, secondo le quali la popolazione è
nemica dell’ambiente, quindi, è necessario limitarla. Tutto ciò che concorre a
realizzare questo obiettivo è ben accetto. Risulta, quindi, evidente come
questa teoria costituisca il substrato culturale su cui si sono poggiati i
successivi interventi, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Su tutte le lobbies
conservazioniste emergeva il circolo del professor Henry Fairfield Osborn, che
riuniva l’élite di New York,
costituita dai potenti Roosevelt, Morgan, Frick, Dodge, Vanderbilt e Harriman.
Osborn esercitò la sua forte influenza sulla cultura americana nell’interesse
della propria classe che, per lui, costituiva la crema della razza forte, la
sopravvivenza del più adatto, il vero vertice dell’evoluzione. I membri più
importanti del circolo di Osborn, che includeva anche Theodore Roosevelt,
fondarono, nel 1887, l’esclusivo Boone
and Crockett Club [B&C], che rappresentò la prima associazione
conservazionista d’America ed ebbe un ruolo fondamentale nel sostenere sia l’American Museum of Natural History e il Central Park
Zoo di New York e la Save the
Redwoods League di San Francisco, sia i movimenti eugenetici e di
restrizione dell’immigrazione.
Per
Theodore Roosevelt:
“Il primo dovere di ogni buon cittadino, uomo o donna, di giusta
razza, è quello di lasciare la propria stirpe dopo di sé nel mondo; e non è di
alcun vantaggio consentire la perpetuazione di cittadini di razza sbagliata.”
Tutto
il Gotha del capitalismo statunitense
ha partecipato al finanziamento di questo peccato originale americano: Andrew
Carnegie, che ha fatto una fortuna nelle ferrovie; il mago del mercato
azionario, Edward Harriman, che donò mezzo miliardo di dollari all’Eugenics Record Office e fu coinvolto in
tutte le campagne di sterilizzazione; il petroliere della Standard Oil, John Rockefeller, che finanziò il Kaiser Wilhelm Institute in Germania,
epicentro dell’eugenetica nazista; il re delle auto, Henry Ford, coinvolto
nelle campagne per il controllo demografico; il monopolista dei cereali, John
Kellogg, patron della Race Betterment Foundation e per finire
Clarence Gamble, della famosa Procter&Gamble,
che si spese per il controllo demografico eugenetico.
Il 20 aprile del 1914 a Ludlow, in Colorado, un numero mai
chiarito di persone, fra cui donne e bambini, viene ucciso nella repressione di
uno sciopero dei minatori locali, molti dei quali italiani. Nessuno dei
responsabili del massacro verrà punito.
Il magnate
Le guardie private autrici della strage insieme alla milizia
civile erano state inviate dalla Colorado Fuel and Iron Company guidata da John
D. Rockefeller jr. [sopra, con il padre John sr.]. Per riabilitare la sua
immagine compromessa dall’accaduto, Rockefeller cominciò un’intensa attività
benefica.
Difficile bollarli come sovversivi comunisti: Giuseppe Petrucci
aveva quattro anni, la sorellina Lucia due, il piccolo Francesco solo quattro
mesi. E il loro omicidio, che non poteva esser spacciato per il prezzo
necessario a domare i minatori in sciopero, colpì l’America come una
scudisciata. E obbligò il potentissimo John D. Rockefeller a tentare di rifarsi
una faccia puntando tutto sulla neonata Fondazione Rockefeller. Che avrebbe
dato vita al MoMa, il museo di arte moderna. Frutto, in qualche modo, del
dolore dell’emigrazione italiana.
Successe a Ludlow, esattamente cento anni fa. Quel borgo oggi abbandonato alle
pendici delle Montagne Rocciose, quasi ai confini del Colorado verso il New
Mexico, era abitato allora da migliaia di immigrati polacchi, greci, messicani
e italiani che lavoravano nelle miniere di carbone. In gran parte quelle della
Colorado Fuel and Iron, la più grande impresa del settore, che apparteneva a
quello che era l’uomo più ricco del mondo, John D. Rockefeller senior, che ne
aveva affidato la gestione al figlio “Jr”.
Abitava a New York, John D. Rockefeller
jr. A tremila chilometri. E avrebbe ammesso di non sapere nulla
delle condizioni di vita dei minatori. Guadagnavano un salario da fame pagato
in buoni-acquisto negli spacci che appartenevano alla stessa Company, vivevano
in baracche affittate ancora dalla Colorado Fuel and Iron, lavoravano in
condizioni così pericolose che nel solo 1913 nelle “mines” del Colorado, con un
tasso di mortalità doppio rispetto al resto dell’America, erano morti in 104. E
quelli che sopravvivevano erano malati di silicosi e avevano gli occhi pesti
fotografati dal grande Lewis Hine.
Scesero in sciopero nel settembre 1913. La compagnia li buttò
subito fuori di casa e loro si trasferirono in un accampamento di fortuna. E
lì, come testimoniano le foto, passarono l’inverno. Un inverno tremendo. Tra
montagne di neve. Mentre cresceva la tensione tra loro in sciopero e i crumiri
rastrellati dall’azienda che aveva assoldato per la loro difesa mercenari dell’agenzia
“Baldwin-Felts”, incaricati anche di provocare i ribelli sparando ogni tanto sulle
tende per attirarli in uno scontro che avrebbero fatalmente perduto.
Non bastasse, gli uomini della Guardia civile inviati dal governatore Elias
Ammons, finirono per schierarsi dalla parte della Company. Sempre più in
difficoltà, i minatori guidati da un greco, Louis Tikas, cominciarono ad
armarsi di vecchi schioppi e revolver e scavare trincee sotto le tende per
potersi difendere meglio.
Finché il 20 aprile, stanco delle trattative e del braccio di
ferro col sindacato United Mine Workers, l’ufficiale Karl Linderfelt diede alle
milizie e ai mercenari l’ordine di spazzare via i minatori e il loro campo di
tende. La sparatoria, tra chi era armato con vecchie carabine e chi aveva i
blindati con le Gatling e le mitragliatrici ultimo modello, durò l’intera giornata.
Il macchinista del treno sul quale era caricato il carbone tentò di mettersi in
mezzo tra i minatori e i miliziani per contenere lo scontro. Le donne, i vecchi
e i bambini si rifugiarono terrorizzati nelle trincee. Ma ogni resistenza fu
inutile. Il campo fu spazzato via. Le tende incendiate. E il fuoco assassinò
anche quelli che erano chiusi sotto, nelle buche.
La cronaca del New York Times del 22 aprile, ripresa in un furente saggio dello
scrittore Hans Ruesch, diceva: “45 morti, tra cui 32 donne e bambini, una
ventina di dispersi e altrettanti feriti è il bilancio della battaglia di 14
ore tra truppe statali e scioperanti nella proprietà della “Colorado Fuel and
Iron Company”, una holding di Rockefeller. Il campo di Ludlow è una massa di
macerie carbonizzate che nascondono una vicenda di orrori che non ha l’eguale
nella storia della lotta industriale. Nelle trincee che si erano scavate per
proteggersi dalle pallottole, donne e bambini sono morti come topi in trappola,
uccisi dalle fiamme. Una trincea scoperta questo pomeriggio conteneva i corpi
di dieci bambini e due donne”.
Quante furono le vittime, e quante fossero dell’una e quante
dell’altra parte, in realtà, non è mai stato del tutto accertato. C’è però una
lapide dedicata ad alcuni dei morti. Piena di italiani. Giovanni Bartolotti che
lasciò vedova la moglie Virginia, Carlo e Fedelina Costa con i figlioletti
Onofrio e Lucia e poi il ventiduenne Francesco Rubino e poi i bambini dei
Petrucci, che probabilmente erano partiti da qualche contrada laziale. Avevano
quattro bimbi, i Petrucci. Il più grandicello, Bernardo, era morto di malattia,
forse broncopolmonite. Gli altri tre furono uccisi dall’incendio. Resta una
loro foto. Lucia è seduta su una seggiolina, Giuseppe a terra, Bernardo e l’ultimo
nato, Francesco, su un mastello rovesciato.
I commenti dei giornali contro quell’insensata carneficina di persone che
chiedevano solo un orario di 8 ore, il divieto di far lavorare i bambini e una
paga decente in dollari e non in buoni, furono durissimi. Sul posto si
precipitò per il Metropolitan il grande John Reed che scrisse un reportage
rabbioso dal titolo “La guerra del Colorado”. La rivista The Masses mise in
copertina un minatore che reggeva tra le braccia una bimba morta. Il New York
World pubblicò una vignetta in cui al vecchio Rockefeller mostravano
preoccupati un titolo: “Guerra civile di Rockefeller in Colorado. Uccisi donne
e bambini!”.
era lo
slogan della fondatrice dell’American Birth Control League, ABCL [Lega Americana di Controllo delle
Nascite],che divenne,
successivamente,la Planned Parenthood Federation of America e, nel 1952, l’International Planned Parenthood Federation.
La qualità era riferita, naturalmente, alla razza umana, da controllare
attraverso una precisa pianificazione eugenetica, che passava anche attraverso
il birth control, ovvero il controllo
delle nascite, grazie al quale eliminare tutti gli “esseri
umani difettosi, inferiori, malati, inutili” [http://findmedianow.com/book39.php?asin=0674034600].
Intorno
a Margaret Sanger gravitarono anarchici e dissidenti, ma anche scienziati,
politici, imprenditori, quali il fratello del noto scrittore Aldous Huxley, sir
Julian Sorell Huxley, segretario della Zoological
Society of London [Società Zoologica di Londra], primo direttore dell’UNESCO e membro fondatore del World Wildlife Fund [WWF]; John David
Rockefeller III, finanziatore di eminenti ricercatori tedeschi, quali Joseph
Mengele ed Ernst Rüdin[32],
e
Clarence Gamble, i ben noti milionari!
Nel 1910, Margaret Sanger inizia a promuovere il Birth
Control, un termine da
lei coniato e utilizzato in molte delle sue pubblicazioni. Sul quotidiano
socialista New York Call, tiene una
rubrica dedicata all’educazione sessuale per ragazze e donne: What Every Girl Should Know.
Nel 1914, Margaret Sanger fonda il mensile The
Woman Rebel [La donna ribelle], con lo slogan “Né dei né padroni”,
in cui rivendica per le donne l’accesso legale all’aborto, violando
deliberatamente la legge Comstock del 1873, che vietava la diffusione di
informazioni relative alla contraccezione e all’aborto. Arretata e liberata su
cauzione fugge dagli Stati Uniti, nel 1915, sotto lo pseudonimo di Bertha
Watson.
Eleanor Roosevelt entrò nel
consiglio direttivo dell’American
Birth Control League, nel 1928, e il suo nome contribuì a dare all’organizzazione
una certa patina di rispettabilità [https://sanger.hosting.nyu.edu/articles/ms_and_eleanor_roosevelt/, https://www.nytimes.com/1970/04/19/archives/havelock-ellis-and-eleanor-roosevelt-helped-birth-control-in.html]. Quando suo marito Franklin
Delano Roosevelt, fu eletto presidente degli Stati Uniti, nel 1934, e il suo
Governo non sostenne più il controllo delle nascite, come parte del New Deal, Eleanor Roosevelt iniziò a
mantenere un basso profilo a tale riguardo, e, tuttavia, ricevette numerose
critiche per il suo precedente e aperto sostegno dal cardinale Francs Joseph
Spellman. Dal 1940, più volte si svolsero incontri privati tra la first lady e Margaret Sanger, sia alla
Casa Bianca sia nella casa di Roosevelt in Hyde Park.
L’anno
seguente, in un’appendice al suo lavoro del 1922, The Pivot of Civilization, espone i “principi e gli obiettivi”
dell’American Birth Control League:
“I complessi problemi che ora l’America deve affrontare come
risultato della pratica della procreazione sconsiderata stanno rapidamente
minacciando di crescere oltre il controllo umano. Ovunque vediamo povertà e
famiglie numerose che vanno di pari passo. Quelli meno idonei a portare avanti
la corsa stanno aumentando più rapidamente. Le persone che non possono
mantenere la propria prole sono incoraggiate dalla Chiesa e dallo Stato a formare
famiglie numerose. Molti dei figli così generati sono malati o deboli di mente.
Molti diventano criminali. L’onere di sostenere questi soggetti indesiderati
deve essere sostenuto dagli elementi sani della Nazione. I fondi che dovrebbero
essere utilizzati per elevare lo standard della nostra civiltà vengono
dirottati al mantenimento di coloro che non avrebbero mai dovuto nascere.”
Degli
undici obiettivi dell’American Birth
Control League delineati da Margaret Sanger dopo l’esposizione dei suoi
principi, solo due non sono, direttamente, collegati al problema che chiamava “allevamento
disgenico”. Uno degli “scopi” più aberranti dell’ABCL è la “sterilizzazione
dei malati di mente e dei deboli di mente e l’incoraggiamento a questa pratica
su coloro che sono affetti da malattie ereditarie o trasmissibili con la
consapevolezza che la sterilizzazione non priva l’individuo dell’espressione di
genere, ma lo rende semplicemente incapace di procreare figli”.
Foto di gruppo alla Conferenza sul Birth Control, a Zurigo,
nel 1930.
Nelle
lettere al dottor Clarence Gamble, Margaret Sanger auspica la sterilizzazione
di persone ritenute inidonee alla riproduzione: neri, minoranze etniche, malati
e handicappati, in particolare, nella lettera del 10
dicembre 1939, avanza un controverso Negro
Project [https://sophia.smith.edu/making-democracy-real/the-negro-project/],
il cui obiettivo è “la graduale soppressione, eliminazione ed
eventuale estinzione, dei ceppi difettosi”, limitandone,
attraverso l’aborto e la sterilizzazione, la crescita con il pretesto di una “migliore salute” e una “pianificazione familiare”.Nella stessa lettera, proprio riguardo al
suo Negro Project, Margaret Sanger
esorta il dottor Gamble a superare la sua riluttanza ad assumere“a full time Negro physician”giacché
i“colored Negroes… can get closer to their own members” [https://www.theantioracle.org/post/gbs-hangs-picture-of-notorious-racist-margaret-sanger-in-the-old-pit] e ad“assumere tre o
quattro ministri di colore, preferibilmente con esperienze di servizio sociale
e con personalità accattivante.L’approccio educativo
di maggiore successo al Negro è attraverso un appello religioso.Non vogliamo che
si diffonda la voce che vogliamo sterminare la popolazione negra, e il ministro
è l’uomo che può fugare questa idea se mai dovesse sfiorare qualcuno dei suoi
membri più ribelli.”[33]
Science and Invention for January, 1922.
“Il controllo delle nascite non è contraccezione praticata
indiscriminatamente e sconsideratamente.Significa il
rilascio e la coltivazione dei migliori elementi razziali nella nostra società
e la graduale soppressione, eliminazione ed eventuale estinzione dei ceppi
difettosi, quelle erbacce umane che minacciano la fioritura dei fiori più belli
della civiltà americana.”[34],
Nel
suo libro Women, Race and Class [Donne,
Razza e Classe], scritto in carcere, nel 1971, e pubblicato, per la prima
volta, negli Stati Uniti, nel 1981, l’attivista afroamericana Angela Davis,
che, attualmente, insegna Storia della Coscienza all’Università della
California, dove dirige anche il Women
Institute, sostiene che
Margaret Sanger mirava a ridurre la presenza nera nella popolazione
statunitense. La retorica utilizzata per giustificare l’eugenetica era legata,
da un lato, alla lotta per l’autodeterminazione e alla salute della donna, che
non doveva sentirsi forzata a divenire madre, anche a fronte della libertà
sessuale che le spettava in quanto essere umano con pari dignità rispetto all’uomo;
dall’altro, all’esigenza, percepita come impellente, di ridurre la popolazione
umana, iniziando dagli “inutili e dai
deboli”, parole e pensieri di eco neo-malthusiana e di
darwinismo sociale.
Nel 1905 il presidente Theodore Roosevelt concluse il suo
discorso alla cena del Lincoln Day proclamando che “la purezza della razza deve
essere salvaguardata”. A partire dal 1906 equiparò esplicitamente il tasso di
natalità in declino tra i nativi bianchi con la minaccia incombente del “suicidio
della razza”. Nel suo messaggio agli stati dell’Unione quell’anno Roosevelt
ammonì le donne bianche in buona condizione economica che si ostinavano alla “sterilità
volontaria”. Questi commenti iniziarono a diffondersi in un periodo di
accelerazione del razzismo e di grandi ondate di linciaggi e sommosse razziste
in tutto il paese. Inoltre il presidente Roosevelt stava cercando di guadagnare
sostegno al tentativo diconquista
delle Filippine, ovvero l’ultima avventura imperialista degli Stati Uniti. Come
rispose il movimento per il controllo delle nascite all’accusa di Roosevelt di
promuovere il suicidio della razza? Secondo una studiosa di storia, attivista
del movimento, la strategia propagandistica del presidente fu un fallimento
perché, ironia della sorte, contribuì a legittimarlo. Eppure, come afferma
Linda Gordon, questa controversia “fece emergere proprio quelle questioni che
separavano radicalmente le femministe dai poveri e dalla classe lavoratrice”:
Accadde in due modi. In primo luogo le femministe enfatizzarono il controllo
delle nascite come soluzione per fare carriera e accedere ai livelli più alti
della formazione, obiettivi fuori dalla portata delle donne povere, con o senza
contraccezione. Nel contesto complessivo del movimento femminista la questione
del “suicidio della razza” era un fattore che identificava il femminismo quasi
esclusivamente con le aspirazioni delle donne più privilegiate della società.
In secondo luogo le femministe a favore del controllo delle nascite iniziarono
a diffondere l’idea che le persone povere avessero l’obbligo morale di
controllare la grandezza delle proprie famiglie perché i nuclei numerosi
assorbivano le spese fiscali e caritatevoli delle famiglie agiate, e perché i
bambini poveri avevano meno probabilità di ascesa sociale. Il sostegno alla
tesi del suicidio della razza da parte di persone come Julia Ward Howe e Ida
Husted Harper rifletteva la condizione di un movimento, quello per il suffragio
femminile, che aveva ormai ceduto alle posizioni razziste delle sudiste. Mentre
le suffragiste tolleravano le tesi sull’estensione del voto alle donne come
arma per la salvaguardia della supremazia bianca, le fautrici della
contraccezione acconsentivano o almeno tolleravano il controllo delle nascite
comemezzo per prevenire la proliferazione delle
“classi inferiori” e come antidoto al suicidio della razza, che poteva essere
evitato attraverso l’introduzione del controllo delle nascite tra le persone
Nere, immigrate e povere in generale. In questo modo le fertili bianche avrebbero
potuto conservare la superiorità numerica della loro sana stirpe yankee. Così
classismo e razzismo fecero breccia nel movimento per il controllo delle
nascite quando era ancora nelle sue primissime fasi. Progressivamente negli
ambienti del movimento si iniziò a sostenere che le donne povere, Nere e
immigrate avessero il “dovere morale di ridurre la grandezza delle loro
famiglie”. Ciò che veniva rivendicato come un “diritto” dalle privilegiate finì
per essere interpretato come un “dovere” per le povere. Quando Margaret Sanger
diede inizio alla sua lunga crociata per il diritto al controllo delle nascitenascite – un termine che lei stessa coniò e diffuse – sembrava
che i toni razzisti e classisti del passato potessero essere lasciati alle
spalle. In effetti Margaret Higgens Sanger proveniva da una famiglia di classe
operaia e conosceva bene la devastante pressione della povertà. Sua madre era
morta a quarantotto anni dopo aver messo al mondo undici bambini. Le sue
successive memorie sulle difficoltà familiari ne confermavano la convinzione
che le donne della classe operaia avessero diritto a pianificare e distanziare
in autonomia le proprie gravidanze. La sua adesione al movimento socialista fu
un’ulteriore ragione per sperare che la campagna per il controllo delle nascite
prendesse una direzione progressista. Aderì al Socialist Party nel 1912
assumendo la responsabilità di reclutare i club delle donne lavoratrici di New
York. The Call – il giornale del partito – pubblicò i suoi articoli sulla
pagina delledonne. Sanger ne
scrisse una serie nella rubrica “Quello che ogni madre dovrebbe sapere”, poi
continuò con una seconda rubrica intitolata “Quello che ogni ragazza dovrebbe
sapere”. Scrisse anche dei reportage sugli scioperi portati avanti dalle donne.
La familiarità di Sanger con i quartieri popolari di New York derivava dalle
sue numerose visite come infermiera professionale nelle zone più povere della
città. Nella sua autobiografia racconta che durante queste visite incontrò
tantissime donne che chiedevano disperatamente come controllare le nascite.
Racconta anche di come, in una delle sue tante visite nel Lower East Side di
New York, decise di intraprendere una crociata personale per il diritto al
controllo delle nascite. Recatasi a una delle sue visite di routine venne a
conoscenza della storia di Sadie Sachs, una ragazza di ventotto anni che aveva
cercato di provocarsi un aborto. Una voltarientrata
l’emergenza la giovane aveva chiesto al medico di turno di darle qualche
consiglio per non rimanere più incinta. Come riferisce Sanger, il dottore le
consigliò di “dire a [suo marito] Jake di dormire sul divano”:564 Rivolsi
velocemente lo sguardo verso la signora Sachs. Attraverso le lacrime sgorgate
senza preavviso potevo vedere stampata sul suo volto un’espressione di
disperazione assoluta. Ci guardammo l’un l’altra, senza dire niente, fino a
quando la porta della stanza non si chiuse dietro al dottore. Allora lei
sollevò le mani affusolate, piene di venature blu, e le congiunse supplicando: “Lui
non capisce, è un uomo. Ma tu puoi capirmi, vero? Ti prego, dimmi il segreto e
non lo dirò ad anima viva. Ti prego!”. Tre mesi più tardi Sadie Sachs morì per
un altro aborto auto-indotto. Quella notte Margaret Sanger giurò, racconta, di
dedicare tutte le proprieproprie energie
alla diffusione legale delle misure contraccettive: Andai a letto sapendo che
avrei smesso per sempre con le cure palliative e superficiali. Decisi di andare
alla radice del problema, di fare qualcosa per cambiare il destino delle madri
e le loro infinite sofferenze. Durante la prima fase della sua crociata per il
controllo delle nascite rimase iscritta al Socialist Party e la campagna fu
strettamente associata al partito. Tra i suoi più tenaci sostenitori si
annoveravano Eugene Debs, Elizabeth Gurley Flynn ed Emma Goldman, che
rappresentavano rispettivamente il Socialist Party, gli Industrial Workers of
the World e il movimento anarchico. Margaret Sager a sua volta definì la
prospettiva anticapitalista del movimento attraverso le pagine del suo Woman
Rebel, giornale “dedicato agli interessi delle donne lavoratrici”. Continuò amarciare nei picchetti con chi scioperava e condannò
pubblicamente la loro repressione. Nel 1914, per esempio, quando la guardia
nazionale massacrò centinaia di minatori chicani a Ludlow, in Colorado, si unì
al movimento operaio per denunciare il ruolo di John D. Rockfeller in questo
bagno di sangue. Purtroppo l’alleanza tra la campagna per il controllo delle
nascite e il movimento operaio radicale non durò a lungo. I socialisti e gli
altri attivisti della classe lavoratrice continuavano a rivendicare questo
diritto ma non occupava una posizione centrale nella loro strategia. Dal canto
suo Sanger iniziò a sottostimare la centralità dello sfruttamento capitalistico
nella sua analisi della povertà, argomentando che la famiglia numerosa fosse
responsabile della miseria dei lavoratori. Inoltre “le donne stavano
perpetuando, per ignoranza, lo sfruttamento della classe lavoratrice”,diceva lei, “continuando a inondare il mercato del lavoro
di nuovi lavoratori”. Probabilmente Sanger fu influenzata dalle idee
neomalthusiane di alcuni ambienti socialisti. Alcune figure straordinarie del
movimento socialista come Anatole France e Rosa Luxemburg avevano proposto uno “sciopero
delle nascite” per prevenire il continuo flusso di forza lavoro nel mercato
capitalista. Quando Margaret Sanger ruppe i rapporti col Socialist Party al
fine di costruire una campagna indipendente per il controllo delle nascite si
trovò esposta come mai prima, insieme ai suoi seguaci, alla propaganda
anti-Neri e anti-immigrati dell’epoca. Come i loro predecessori ingannati dalla
propaganda del “suicidio della razza”, le fautrici del controllo delle nascite
iniziarono ad abbracciare l’ideologia razzista dominante. L’influenza fatale
delle teorie eugenetiche avrebbepresto
distrutto il potenziale progressista della campagna. Durante i primi decenni
del ventesimo secolo la crescente popolarità dell’eugenetica non fu affatto
fortuita. Quelle teorie erano perfettamente compatibili con le necessità
ideologiche del nuovo capitalismo monopolistico. Le incursioni imperialiste in
America latina e nel Pacifico avevano bisogno di una giustificazione, così come
l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori Neri nel sud e degli
immigrati nel Nord e nell’Ovest. Le teorie razziali pseudo-scientifiche
associate alla campagna eugenetica fornirono delle tragiche scuse alla condotta
dei nuovi gruppi monopolistici. Per questo il movimento ottenne il supporto,
senza esitazione, di note famiglie capitaliste come i Carnegies, gli Harrimans
e i Kelloggs.Nel 1919 l’eugenetica
aveva ormai un’influenza innegabile sul movimento per il controllo delle
nascite. In un articolo pubblicato nel giornale dell’American Birth Control
League, Margaret Sanger sostenne che “l’obiettivo principale” fosse di avere “più
bambini da chi è adatto, meno da chi è inadatto”. In questo stesso periodo la
American Birth Control League accolse a braccia aperte nella sua direzione
Lothrop Stoddard, professore di Harvard e teorico dell’eugenetica, nonché
autore di The Rising Tide of Color Against White World Supremacy. Nelle pagine
del giornale dell’associazione iniziarono ad apparire articoli di Guy Irving
Burch, direttore della American Eugenics Society, che difendeva il controllo
delle nascite come arma per [...] impedire al popolo americano di essere
sostituito da un ceppo Negro o straniero a causa dell’immigrazionedell’immigrazione o dell’alto tasso di natalità delle
altre popolazioni di questo paese. Nel 1932 la Eugenics Society poteva vantarsi
di aver fatto passare la legge sulla sterilizzazione in ventisei stati e di
aver così impedito chirurgicamente a migliaia di persone “inadatte” di
riprodursi.575 Margaret Sanger si felicitò pubblicamente di questa evoluzione.
In un programma radiofonico sostenne che “menomati psichici, ritardati mentali,
epilettici, analfabeti, poveri, disoccupati, criminali, prostitute e tossici»
dovessero essere sterilizzati chirurgicamente. Ma non voleva essere così
intransigente da lasciarli senza alcuna possibilità di scelta a riguardo: se lo
desideravano, disse, avrebbero potuto optare per la segregazione a vita nei
campi di lavoro. La American Birth Control League lanciò un invito al controllo
delle nascite tra le persone Nere che era razzista tanto quanto l’appello alla
sterilizzazionesterilizzazione
obbligatoria. Nel 1939 la Birth Control Federation of America, associazione che
succedeva alla precedente, mise a punto il “Negro Project”. Nelle parole della
stessa federazione, [...] la massa di Negri, soprattutto nel sud, si riproduce
ancora senza limiti né preoccupazioni, col risultato che l’aumento, superiore a
quello dei bianchi, proviene da quella porzione di popolazione meno adatta e
meno in grado di allevare bambini. La federazione domandò il reclutamento di
sacerdoti Neri perché dirigessero i comitati locali per il controllo delle
nascite e propose una campagna di sensibilizzazione dei Neri. “Non deve uscir
fuori una parola”, scriveva Margaret Sanger in una lettera a una collega, sul
fatto che vogliamo lo sterminio della popolazione Negra. I pastori sono gli
unici che possano eventualmenteeventualmente
far rientrare la situazione se mai dovesse sorgere il dubbio tra i più ribelli.
Questo episodio confermò la vittoria ideologica del razzismo e delle teorie
eugenetiche nel movimento per il controllo delle nascite. Era stato
definitivamente spogliato del suo potenziale progressista raccomandando, per le
persone di colore, non il diritto individuale al controllo delle nascite ma una
strategia razzista di controllo della popolazione. Questa campagna fu
utilizzata per applicare le politiche demografiche imperialiste e razziste del Governo
degli Stati Uniti. All’inizio degli anni Settanta le attiviste per il diritto
all’aborto avrebbero dovuto esaminare la storia del loro movimento. Se lo
avessero fatto avrebbero forse compreso perché così tante donne Nere fossero
diffidenti nei confronti di quella battaglia. Avrebbero forse compreso quanto
fosseimprescindibile
decostruire le modalità razziste di chi prima di loro aveva sostenuto il
controllo delle nascite – insieme alla sterilizzazione forzata – come mezzo di
eliminazione degli “inadatti”. Solo così le nuove femministe bianche avrebbero
potuto comprendere la necessità di basare la loro campagna su una netta
condanna della sterilizzazione forzata, peraltro sempre più diffusa. Soltanto
quando i media rivelarono lo scandalo della sterilizzazione di due ragazze Nere
a Montgomery, in Alabama, si aprì il vaso di Pandora delle sterilizzazioni forzate.
Ma il caso delle sorelle Relf irruppe troppo tardi per influenzare la politica
del movimento per il diritto all’aborto. Era l’estate del 1973 e la
legalizzazione dell’aborto era già stata decretata in gennaio dalla Corte
suprema. Ma un’opposizione di massa agli abusi della sterilizzazione forzata
divenne tragicamente urgente. Le circostanze della vicenda delle sorelleRelf erano terrificanti nella loro banalità. Minnie Lee,
di dodici anni, e Mary Alice, di quattordici, erano state portate in sala operatoria
senza che sospettassero alcunché: una volta dentro i chirurghi le avevano
sterilizzate. L’operazione era stata ordinata dal Montgomery Community Action
Committee, finanziato dal Department of Health, Education and Welfare, dopo
aver scoperto che il contraccettivo che l’ospedale somministrava alle ragazze,
la Depo-Provera, risultava cancerogeno nei testi sugli animali. Il Souther
Poverty Law Center decise di sostenere legalmente le sorelle Relf. La madre
delle ragazze, che era analfabeta, rivelò di aver inconsapevolmente “acconsentito”
all’operazione essendo stata raggirata dagli assistenti sociali che seguivano
le figlie, che le avevano chiesto di mettere una “X” su un documento senza
informarla del contenuto. Credeva di autorizzare il proseguimento delleiniezioni di Depo-Provera. Come apprese invece in
seguito, aveva autorizzato la sterilizzazione chirurgica delle figlie. La
diffusione mediatica del caso fece emergere molte altre vicende simili. Nella
sola città di Montgomery erano state sterilizzate undici ragazze, tutte
adolescenti. In molti stati le operazioni erano praticate da diverse cliniche
per il controllo delle nascite finanziate dal Department of Health, Education
and Welfare. Anche singole donne riportarono storie scandalose. Nial Ruth Cox,
per esempio, fece causa allo stato del North Carolina. A diciotto anni – otto
anni prima della causa – dei funzionari pubblici l’avevano minacciata di
interrompere il sussidio alla sua famiglia se si fosse rifiutata di sottoporsi
alla sterilizzazione chirurgica. Prima di acconsentire all’operazione le venne
assicurato che la sua infertilità sarebbe stata temporanea.La causa legale di Nial Ruth Cox era rivolta a uno stato
che aveva applicato diligentemente le teorie eugenetiche. Con il patrocinio
della Eugenics Commission of North Carolina – così si leggeva – a partire dal
1933 erano state praticate 7.686 sterilizzazioni. La giustificazione addotta fu
la limitazione della riproduzione delle “persone con deficienza mentale”. Circa
cinquemila di queste persone erano Nere. Secondo Brenda Feigen Fasteau, la
legale della American Civil Liberties Union’s Reproductive Freedom, che
rappresentava Nial Ruth Cox, i dati più recenti in North Carolina non erano
meno allarmanti: Le statistiche di cui disponiamo rivelano che dal 1964 in
North Carolina circa il 65% delle donne sterilizzate erano
Nere e circa il 35% bianche.La campagna di informazione sugli abusi della
sterilizzazione portò alla luce che l’adiacente stato del South Carolina era
stato teatro di casi ancora più gravi. Diciotto donne di Aiken, nel South
Carolina, denunciarono di essere state sterilizzate dal dottor Clovis Pierce
nei primi anni Settanta. Unico ginecologo della cittadina, Pierce aveva
sterilizzato sistematicamente le beneficiarie dell’assistenza sanitaria che
avessero già due o più bambini. Secondo la testimonianza di un’infermiera del
suo studio, insisteva che le donne incinte che ricevevano i sussidi pubblici
“dovessero sottomettersi [sic!] alla sterilizzazione volontaria” se volevano
che lui le aiutasse a partorire. Il dottor Pierce si diceva “stanco delle
persone che non fanno niente nella vita e continuano ad avere figli e a
mantenerli grazie alle mie tasse”, ma intanto riceveva circa sessantamila dollari
dalle casse dello stato per le sterilizzazioniche praticava. Durante il suo processo fu difeso dalla
South Carolina Medical Association, i cui membri dichiararono che i medici “hanno
il diritto morale e legale di chiedere la sterilizzazione dei propri pazienti
prima di accettare di prenderli in cura”. Queste rivelazioni portarono allo
scoperto la complicità del Governo federale. All’inizio il Department of
Health, Education and Welfare dichiarò che nel 1972 circa 16mila donne e
8mila uomini erano stati sterilizzati nel quadro dei programmi federali. Più
tardi tuttavia questi dati subirono una drastica revisione. Carl Shultz,
direttore dell’ufficio per gli affari demografici del Ministero, stimò che in
realtà quell’anno erano state finanziate dal Governo federale tra le 100 e le 200mila sterilizzazioni. Nella Germania di Hitler, per inciso, furono
praticate 250mila sterilizzazioni mentre era invigore la legge nazista della salute ereditaria. È
possibile che nell’arco di un anno il numero di sterilizzazioni negli Stati
Uniti abbia uguagliato le cifre raggiunte dal regime nazista nell’arco di tutta
la sua durata? Dopo il genocidio della popolazione nativa degli Stati Uniti, si
potrebbe pensare che gli indiani nativi americani fossero stati esentati dalla
campagna governativa di sterilizzazione. Ma il dottor Connie Uri, nativo della
popolazione Choctaw, testimoniò davanti a una commissione del Senato
dichiarando che nel 1976 circa il ventiquattro per cento delle donne indiane in
età da gestazione era stato sterilizzato. “La nostra discendenza è stata negata”,
disse, “e i nostri bambini mai nati non nasceranno mai [...]. Questo è il
genocidio del nostro popolo”. Secondo il dottor Uri, l’Indian Health Service
Hospital di Claremore, in Oklahoma,Oklahoma,
aveva sterilizzato una ogni quattro delle partorenti in quella struttura
federale. Le indiane native americane erano un obiettivo speciale della
propaganda di Governo sulla sterilizzazione. In un opuscolo diffuso dal
Department of Health, Education and Welfare, rivolto alla popolazione indiana,
fu realizzata una vignetta raffigurante una famiglia con dieci bambini e un
cavallo e accanto una seconda vignetta di una famiglia con un bambino e dieci
cavalli. I disegni facevano intendere che più bambini significa più povertà e
meno bambini significa ricchezza. Come se la proprietà di dieci cavalli, da
parte di una famiglia con un bambino solo, potesse magicamente derivare dal
controllo delle nascite e dalla sterilizzazione chirurgica. Le politiche
demografiche del Governo degli Stati Uniti hanno un innegabile aspetto
razzista. Le donne native americane, chicane, portoricaneportoricane e Nere continuano a essere sterilizzate in
numero spropositato. Secondo uno studio sulla fertilità nazionale condotto nel
1970 dall’ufficio per il controllo demografico dell’Università di Princeton, il
venti per cento di tutte le donne Nere sposate è stato sterilizzato. Circa la
stessa percentuale risulta tra le donne chicane. Inoltre il quarantatré per
cento delle donne sterilizzate grazie ai programmi federali erano Nere. Il
numero impressionante di portoricane sterilizzate riflette, a partire dal 1939,
una specifica volontà politica del Governo. Quell’anno il comitato
interdipartimentale su Porto Rico del presidente Roosevelt dichiarò che i
problemi economici dell’isola erano da ricondurre alla sovrappopolazione.
Questo comitato propose di intervenire per portare il tasso di natalità al
livello della mortalità. Poco dopo nell’isola fu intrapresa una campagna
sperimentale di sterilizzazione.sterilizzazione.
Nonostante la chiesa cattolica si fosse inizialmente opposta a questa
sperimentazione, imponendo la chiusura del programma nel 1946, il progetto fu
replicato nei primi Anni Cinquanta attraverso programmi di insegnamento e
pratiche di controllo demografico. In questo periodo furono aperte più di
centocinquanta cliniche per il controllo delle nascite determinando un calo del
venti per cento della crescita demografica a partire dalla metà degli Anni essanta. Con l’inizio degli Anni Settanta più del 35%
delle
portoricane in età da gestazione era stato sterilizzato chirurgicamente. Bonnie
Mass criticò severamente le politiche del Governo statunitense. Affermava che
[...] sulla base di proiezioni matematiche se l’attuale frequenza di
diciannovemila sterilizzazioni al mese rimanesse inalterata, la popolazione
operaia e agricola dell’isola potrebbe estinguersi nel giro dei prossimidieci o vent’anni [...]. Per la prima volta nella storia
l’applicazione sistematica del controllo demografico avrà permesso di eliminare
un’intera generazione. Durante gli Anni Settanta iniziarono a emergere gli
effetti devastanti dell’esperimento di Porto Rico. La presenza sull’isola di
imprese del settore metallurgico e farmaceutico altamente automatizzate aveva
esasperato il problema della disoccupazione. La prospettiva di un esercito di
disoccupati ancora più numeroso fu uno dei principali incentivi al programma di
sterilizzazione di massa. Negli Stati Uniti oggi un numero altissimo di persone
di colore – e soprattutto di giovani oppressi dal razzismo – è diventato una
riserva di lavoratori disoccupati. Nel caso di Porto Rico non sorprende che il
numero delle sterilizzazioni sia aumentato di pari passo ai livelli di
disoccupazione. E visto che sempre più persone bianche subiscono le conseguenze
disastrose della disoccupazione,disoccupazione,
le donne bianche possono aspettarsi di diventare i prossimi bersagli della
propaganda ufficiale per la sterilizzazione. La diffusione della
sterilizzazione di massa alla fine degli Anni Settanta è stata probabilmente
più elevata che in passato. Benché nel 1974 il dipartimento della salute abbia
emesso delle linee guida volte a prevenire le sterilizzazioni involontarie, la
situazione è comunque precipitata. L’indagine condotta nel 1975 dall’American
Civil Liberties Union nel quadro del Reproductive Freedom Project negli
ospedali universitari, fece emergere che il quaranta per cento degli ospedali
ignorava la nuova normativa. Solo il trenta per cento degli ospedali esaminati
dalla American Civil Liberties Union stava cercando di conformarsi alle linee
guida. L’emendamento Hyde del 1977 ha fornito un’ulteriore incentivo alla
sterilizzazione forzata.
A seguito di questa legge approvata dal congresso, infatti, i
fondi federali per le interruzioni di gravidanza sono stati eliminati tranne
che per i casi di stupro, rischio di morte o malattia grave. Secondo Sandra
Salazar del dipartimento della salute pubblica della California la prima
vittima dell’emendamento Hyde è stata una donna chicana di ventisette anni del
Texas: in seguito al taglio dei finanziamenti per le interruzioni di gravidanza
è morta durante un aborto clandestino in Messico. Ci sono state molte altre
vittime: le donne per le quali la sterilizzazione è rimasta l’unica alternativa
all’aborto, ormai fuori dalle loro possibilità economiche. Le sterilizzazioni
continuano a essere invece finanziate e gratuite, su richiesta, per le donne
povere. Durante l’ultimo decennio la lotta contro la sterilizzazione forzata è
stata portata avanti innanzitutto dalle donne portoricane, Nere, chicanee native americane. Il movimento delle donne non ha
ancora abbracciato la loro causa. Nelle organizzazioni che rappresentavano gli
interessi della classe media è emersa una certa riluttanza a sostenere le
rivendicazioni della campagna contro la sterilizzazione forzata perché a queste
donne è stato spesso negato il diritto di essere sterilizzate quando loro
stesse desideravano compiere questo passo. Se le donne di colore sono
sollecitate, ad ogni occasione, a divenire sterili, le donne bianche benestanti
sono invece sollecitate, da quelle stesse forze, a riprodursi. È per questo che
il “periodo di riflessione” e altri dettagli della domanda per il “consenso
informato” alla sterilizzazione sono stati denunciati come ulteriori
inconvenienti per le donne di quel ceto sociale. Ma al di là degli
inconvenienti per le donne bianche di classe media, in gioco c’è la negazione
di un diritto riproduttivo fondamentale per tutte le donne povere e
razzialmente
oppresse. La sterilizzazione forzata deve finire.
Il 29
maggio 2018, la nipote di Martin Luther King [https://www.plannedparenthood.org/planned-parenthood-gulf-coast/mlk-acceptance-speech], Alveda
King, in un articolo sul Washington Post dal
titolo eloquente If Starbucks wants to
end racism, it’ll stop funding Planned Parenthood, accusava la nota catena
di caffetterie Starbucks di
finanziare Planned Parenthood:
“[…] Ma Starbucks aveva il razzismo nella sua identità aziendale
molto prima degli arresti di aprile. Attraverso le sue donazioni aziendali,
Starbucks contribuisce a una delle organizzazioni più razziste nella Storia
della nostra Nazione. Planned Parenthood, il più grande fornitore di aborti
negli Stati Uniti, esegue più di 300mila aborti ogni anno. Il disprezzo di
Planned Parenthood per la dignità umana, particolarmente della comunità
afroamericana, è profondamente radicato nei suoi 101 anni di storia. I numeri
non mentono. Sono morti più afroamericani per aborto che per AIDS, incidenti,
crimini violenti, cancro e malattie cardiache, messi insieme [https://www.lifenews.com/2015/06/25/abortion-has-killed-more-black-americans-than-crime-accidents-cancer-or-aids/]. In America, oggi, un bambino nero ha tre volte più
probabilità di essere ucciso nell’utero rispetto a un bambino bianco. E, dal
1973, l’aborto ha ridotto la popolazione nera di oltre il 25% [https://blackdignity.org/]. Planned Parenthood gestisce la più grande catena nazionale di
strutture per l’aborto e circa l’80% delle sue strutture si trova nei quartieri
di minoranze. Circa il 13% delle donne americane sono nere, ma hanno più del
35% degli aborti. Dico, spesso, che l’aborto è la questione dei diritti civili
del nostro tempo. L’aborto nega i diritti degli innocenti. Si rifiuta di aiutare
i più vulnerabili. L’aborto separa il nascituro dalla madre e da tutta la
società. Ma le violazioni dei diritti civili di Planned Parenthood vanno ancora
più in profondità. Le industrie dell’aborto come Planned Parenthood non sono
divenute prevalenti nella vita delle donne afroamericane incinte per caso. Il
modello di business di Planned Parenthood è stato progettato per mirare proprio
a loro. Nel 2015, mi sono unita ai miei colleghi leaders dei diritti civili per
protestare contro la decisione dello Smithsonian Institution di esporre un
busto della fondatrice di Planned Parenthood Margaret Sanger nella National
Portrait Gallery. [Margaret] Sanger, che ha fondato l’organizzazione che
sarebbe divenuta Planned Parenthood, era una autentica razzista con intenzioni
genocide. Attiva con il Ku Klux Klan e il movimento eugenetico, l’agenda
dichiarata di Sanger era quella di eliminare la popolazione afroamericana.
[…] I miei colleghi leaders dei diritti civili e io abbiamo
scritto una lettera appassionata alla Smithsonian per chiedere che il busto
venga rimosso.Abbiamo chiarito come la fondatrice di Planned Parenthood abbia
degradato la comunità nera:
“Forse la Galleria non sa che la signora Sanger ha sostenuto l’eugenetica
nera, un atteggiamento razzista nei confronti dei bambini neri e di altre
minoranze; ha tenuto un atteggiamento elitario nei confronti di coloro che
considerava “i deboli di mente”; ha tenuto discorsi ai raduni delle donne del
Ku Klux Klan; ha tenuto contatti con i simpatizzanti di Hitler. Inoltre, il famigerato “Progetto
Negro” che ha cercato di limitare, se non di eliminare, le nascite nere, è
stata una sua creatura. Nonostante questi fatti storici ben documentati, il suo
busto si erge con orgoglio nella galleria come un eroe della giustizia. L’evidente
contraddizione è sbalorditiva!”
Planned Parenthood ha passato un intero secolo a uccidere
bambini e a eliminare gli afroamericani. Ma, il vento sta cambiando contro l’ingiustizia
dell’aborto, con una maggioranza di americani che afferma di non volere il
finanziamento dell’aborto da parte dei contribuenti [https://lozierinstitute.org/planned-parenthood-poll-misleads-on-taxpayer-funding-for-abortion/]. È tempo che le aziende come Starbucks che affermano di
preoccuparsi dei “pregiudizi razziali” smettano di finanziare la casa degli
orrori di Planned Parenthood, che ha sottratto vite preziose alle comunità
minoritarie e alla società in generale. Starbucks, se siete seriamente
intenzionati a eliminare il razzismo, riconoscerete che i neri, e, in effetti,
tutti gli esseri umani, sono di un solo sangue e di una razza umana, nati e non
nati.Il razzismo e l’aborto sono crimini contro l’Umanità. Saremmo
felici di sederci con voi per discutere di giustizia razziale davanti a una
tazza di caffè.” [https://www.washingtonexaminer.com/opinion/alveda-king-if-starbucks-wants-to-end-racism-itll-stop-funding-planned-parenthood][35]
Negli
Anni Settanta, quando in Roe v. Wade, Norma L. McCorvey –
utilizzando, a tutela della propria privacy,
lo pseudonimo di Jane Roe – sollevò la questione della
legittimità costituzionale della legge texana che
vietava l’aborto, salvo il caso in cui fosse praticato “by medical advice for the
purpose of saving the life of the mother”,
la decisione presa dalla Corte Suprema, il 22 gennaio 1973, a
maggioranza di 7 giudici a 2, non si fondò tanto sul 19esimo Emendamento, con
il quale si era chiuso il caso in Corte Distrettuale, ma su una nuova
interpretazione del 14esimo Emendamento della Costituzione, che riguarda il
diritto alla privacy, inteso come
diritto alla libera scelta circa le questioni della sfera intima di una
persona, senza che lo Stato possa agire, illimitatamente, nei confronti della
persona stessa. L’intrusione dello Stato nella vita dl cittadino si scontra con
due principi fondamentali del Bill of
Rights: quello del limited Government,
che presuppone un interesse primario dello Stato perché il Governo possa
intervenire nella vita del singolo e quello della preservation of the rights of minorities contro le azioni della
maggioranza.
I sondaggi mostrano che i neri sono “significativamente
meno favorevoli all’aborto”rispetto ai bianchi, eppure a New
York, ogni anno, vengono abortiti più bambini neri di quanti ne nascono vivi.
Il think tank dell’industria dell’aborto,
il Guttmacher Institute, osserva che“il tasso di aborto delle donne nere è quasi 5 volte
quello delle donne bianche”.
Il
tentativo ipocrita di pagare pegno con una sbianchettatura aveva indignato non
poco l’Human Coalition Action,guidata dal reverendo Dean Nelson, che,
in una lettera[36],
chiedeva, senza mezzi termini, ad Alexis McGill-Johnson, presidente ad interim di Planned Parenthood, di affrontare “il
razzismo sistemico delle pratiche abortive americane” e fare
molto di più che rimuovere il nome di Margaret Sanger da una clinica:
“L’impatto dell’aborto sulle comunità nere è diseguale e
sproporzionato.Nonostante costituiscano solo il 13% della popolazione
femminile, le donne di colore hanno cinque volte più probabilità delle donne
bianche di abortire. In alcune città, come New York, ogni anno vengono abortiti
più bambini neri di quanti ne nascano vivi.
Una
enormità sia in termini assoluti, sia in termini relativi!
Sebbene
all’inizio la Planned Parenthood fosse un gruppo sociale emarginato,
condannato dai leaders religiosi e politici del tempo, oggi, è una
organizzazione di alto profilo e ben consolidata, con ampi appoggi
organizzativi ed ideologici negli strati più elevati della società e del
Governo statunitense.
Bill Gates: “My
dad was head of Planned Parenthood.”
Il
27 marzo 2009,Hillary Clinton[38],
all’epoca segretario di Stato statunitense, veniva insignita da Planned Parenthood del Margaret Sanger Award, dal nome della
fondatrice dell’American Birth Control
League, nel corso della cena annuale di premiazione a Houston, per “il suo
incrollabile sostegno alla salute e ai diritti delle donne durante la sua
carriera nel servizio pubblico”. Nell’accettare il premio aveva
espresso profonda ammirazione per Margaret Sanger: ammi
“Ora, devo dirvi che è stato un grande privilegio quando mi è
stato detto che avrei ricevuto questo premio. Io ammiro enormemente Margaret
Sanger, il suo coraggio, la sua tenacia, la sua visione. Un’altra mia grande
amica, Ellen Chesler, che ha scritto una magnifica biografia su Margaret Sanger
dal titolo Woman of Valor, è qui. E quando penso a quello che ha fatto, tanti
anni fa, a Brooklyn, assumendo archetipi, assumendo atteggiamenti e accuse che
venivano da ogni direzione, sono davvero in soggezione dinanzi a lei.[39]
Durante la cerimonia di premiazione, Planned Parenthood aveva assegnato uno
dei Maggie Awards alla rete
statunitense The CW per un episodio
sul “sesso sicuro” e sul vaccino contro il papillomavirus umano di Privileged, una serie televisiva,
trasmessa negli Stati Uniti, dal 2009, basata su un libro di Zoey
Dean, How To Teach Filthy Rich Girls.
aveva
dichiarato, il 15 giugno 2020, alla National
Public Radio [NPR] la presidente ad
interim della Planned Parenthood,
Alexis McGill Johnson. E subito dopo, lo stesso lunedì 15 giugno,
arrivava, con una dichiarazione del Planned Parenthood Action Fund, l’appoggio ufficiale nella
corsa alla Casa Bianca a Joe Biden.
Joe Biden
L’11
agosto 2020, Joe Biden nominava sua vice la senatrice californiana,
ex-procuratore generale dello Stato della California Kamala Harris, definendola
una “combattente impavida per i piccoli e uno dei migliori
funzionari pubblici del Paese”.
era
stata la replica immediata di Kristan Hawkins, presidente di Students for Life of America [SFLA].
Scegliendo come propria vice
Kamala Harris, sostenuta dalla multinazionale dell’aborto, Biden confermava e
rafforzava il suo sostegno a Planned Parenthood.
Il professarsi cattolico,
evidentemente, non costituisce un problema per Joe Biden, come, in generale,
per i dem
statunitensi!
La decisione era stata resa nota,
poche ore dopo una intervista esclusiva concessa a Fox News dal cardinale Raymond
Burke, uno degli esponenti più conservatori della Chiesa,
che aveva criticato i “cosiddetti
politici cattolici”, incluso il candidato presidenziale
democratico,che si considerano membri della Chiesa, ma non sono d’accordo
con il suo insegnamento su determinate questioni.
“Ho avuto capi di governo non cattolici in questa nazione che mi
hanno detto che erano certi che l’insegnamento cattolico sull’aborto e il
cosiddetto matrimonio tra persone dello stesso sesso fosse cambiato perché così
tanti cattolici a Capitol Hill stanno regolarmente sostenendo questo tipo di
legislazione . E questo è uno scandalo.”[42] [https://www.foxnews.com/media/raymond-leo-cardinal-burke-weighs-in-on-2020-dems-calls-out-biden-harris]
“Praticano il cattolicesimo, ma non potrebbero “presentarsi” per ricevere la comunione a causa della loro
politica, in particolare l’ex-vicepresidente Joe Biden, che ha recentemente
abbandonato il suo sostegno all’emendamento Hyde dopo avere affermato per
decenni che la sua fede era la ragione per cui non poteva sostenere gli aborti
finanziati dal Governo.”
“Non è una punizione. In realtà è un favore a
queste persone dire loro di non avvicinarsi",
aveva
spiegato Burke,
“perché se si avvicinano, commettono un sacrilegio.”[43]
L’attacco
a Biden segnava un altro scontro con papa Bergoglio. Nel novembre del 2019,
Biden aveva rivelato di avere ricevuto la comunione dal papa, dopo che un
prete, in South Carolina, gliel’aveva negata [https://www.youtube.com/watch?v=K29IUquIk_E].
Donald
Trump, tre giorni dopo la cerimonia di insediamento alla Casa Bianca, il 23
gennaio 2017, aveva reintrodotto la Mexico City Policy, una
misura voluta da Ronald Reagan, nel 1984, che impedisce il finanziamento all’estero,
con fondi americani, di tutte le organizzazioni non governative che promuovono
o praticano l’aborto come metodo di pianificazione familiare. Questa misura è,
sempre, stata sostenuta da tutti i presidenti repubblicani dopo Ronald Reagan,
George Herbert Walker Bush e George Walker Bush, e disapplicata da quelli del Partito Democratico, Bill Clinton e
Barack Obama. Oltre a reintrodurre la Mexico City Policy,
Trump ne aveva ampliato la portata, coprendo non solo i programmi di
pianificazione familiare all’estero – nel 2016, valevano più di 600 milioni di
dollari! – bensì tutti i fondi federali riguardanti la salute oltreconfine, una
torta complessiva di circa 9 miliardi di dollari. La misura, che escludeva, di
fatto, dalla suddetta torta quelle organizzazioni, quali Planned Parenthood e Marie
Stopes International, che, con il tempo, erano riuscite a fare inserire l’aborto
come metodo di pianificazione familiare nei programmi internazionali e non
intendevano rinunciare alla loro agenda, aveva assunto la nuova denominazione
di Protecting
life in global health assistance. Trump aveva, anche, tagliato
i fondi – 68 milioni di dollari all’anno, tra fondi diretti e indiretti! – all’United Nations Fund for Population
Activities [UNFPA], l’agenzia dell’ONU
nata per volontà della famiglia Rockefeller, che si stima abbia investito, in
un secolo, su questo obiettivo, 200 miliardi di dollari attuali.
Kamala Harris è contraria alla
pena di morte, ma favorevole all’aborto e ai diritti degli omosessuali. Caldeggia
l’introduzione di un terzo genere, oltre a maschile e femminile, sui documenti
pubblici, ma su di lei pesano come un macigno le posizioni in favore
dell’aborto e il contrasto esercitato nei confronti di molti gruppi pro-life
che si battono per la difesa della vita in America. Nel 2015, aveva sostenuto il cosiddetto Reproductive FACT Act della California,
un progetto di legge che obbligava i centri pro
life di aiuto alle donne in gravidanza a dire alle loro clienti dove
avrebbero potuto ottenere aborti gratuiti e a pubblicizzare le cliniche per
l’aborto e utilizzò il suo potere di procuratore generale dello Stato per far
chiudere sei ospedali cattolici per conto di un altro dei suoi sponsor
politici, la Service Employees
International Union.
Un’altra
vicenda controversa la riguarda. Nel 2016, Kamala Harris, che ha ricevuto decine di migliaia di dollari in
donazioni per la campagna elettorale da Planned Parenthood, aveva
autorizzato, con l’accusa di avere violato le norme sulla privacy,
una
perquisizione a casa di David Daleiden, fondatore del Center for Medical Progress[CMP],
un’organizzazione pro-life, che aveva
comportato il sequestro di una varietà di materiali dall’appartamento, tra cui
una videoregistrazione inedita di PlannedParenthood.[https://www.lifesitenews.com/news/breaking-joe-
biden-picks-planned-parenthood-ally-kamala-harris-as-running-mate/].L’associazione pro-life, aveva lanciato un’indagine su Planned Parenthood[44]
e aveva documentato, grazie a videoregistrazioni realizzate con una telecamera
nascosta, che la potente organizzazione abortista vendeva feti umani a
laboratori, violando più di una legge federale. La legge federale vieta il
trasferimento di tessuto fetale in cambio di “ preziosa considerazione”. Questo termine è uno
standard del diritto contrattuale e denota qualsiasi cosa di valore. Il
“profitto” è un utile indicatore di “preziosa considerazione”: se hai
realizzato un profitto dal tessuto fetale, hai necessariamente infranto la
legge. Tuttavia, il profitto non è necessario per costituire una violazione
dello statuto, anzi, il “corrispettivo” può essere anche di un centesimo. Il
vero crimine non è nella quantità di denaro per cui viene venduto un feto
abortito [o il suo cuore o cervello], ma nell’atto di ercificazione.Questo è in qualche modo analogo alla vendita
di droghe illegali, dove ancora una volta non è la quantità di denaro che è determinante,
ma piuttosto la transazione commerciale su qualcosa che è vietato
commercializzare. Secondo la legge federale“sarà illegale per qualsiasi persona acquisire, ricevere o
trasferire consapevolmente qualsiasi tessuto fetale umano a titolo oneroso se
il trasferimento influisce sul commercio interstatale”.
§289g–2. Prohibitions regarding human
fetal tissue
[a] Purchase of tissue
It shall be unlawful for any person to
knowingly acquire, receive, or otherwise transfer any human fetal tissue for
valuable consideration if the transfer affects interstate commerce.
[b] Solicitation or acceptance of tissue
as directed donation for use in transplantation
It shall be unlawful for any person to
solicit or knowingly acquire, receive, or accept a donation of human fetal
tissue for the purpose of transplantation of such tissue into another person if
the donation affects interstate commerce, the tissue will be or is obtained
pursuant to an induced abortion, and—
[1] the donation will be or is made
pursuant to a promise to the donating individual that the donated tissue will
be transplanted into a recipient specified by such individual;
[2] the donated tissue will be
transplanted into a relative of the donating individual; or
[3] the person who solicits or knowingly
acquires, receives, or accepts the donation has provided valuable consideration
for the costs associated with such abortion.
[c] Solicitation or acceptance of tissue
from fetuses gestated for research purposes
It shall be unlawful for any person or
entity involved or engaged in interstate commerce to—
[1] solicit or knowingly acquire,
receive, or accept a donation of human fetal tissue knowing that a human
pregnancy was deliberately initiated to provide such tissue; or
[2] knowingly acquire, receive, or accept
tissue or cells obtained from a human embryo or fetus that was gestated in the
uterus of a nonhuman animal.
[d] Criminal penalties for violations
[1] In general
Any person who violates subsection [a],
[b], or [c] shall be fined in accordance with title 18, subject to paragraph
[2], or imprisoned for not more than 10 years, or both.
[2] Penalties applicable to persons
receiving consideration
With respect to the imposition of a fine
under paragraph [1], if the person involved violates subsection [a] or [b][3],
a fine shall be imposed in an amount not less than twice the amount of the
valuable consideration received.
[e] Definitions
For purposes of this section:
[1] The term “human fetal tissue” has
the meaning given such term in section 289g-1[g] of this title.
[2] The term “interstate commerce” has
the meaning given such term in section 321[b] of title 21.
[3] The term “valuable consideration”
does not include reasonable payments associated with the transportation,
implantation, processing, preservation, quality control, or storage of human
fetal tissue.
[July 1, 1944, ch. 373, title IV, §498B,
as added Pub. L. 103–43, title I, §112, June 10, 1993, 107 Stat. 131; amended
Pub. L. 109–242, §2, July 19, 2006, 120 Stat. 570.]
Amendments
2006—Subsec. [c]. Pub. L. 109–242,
§2[2], added subsec. [c]. Former subsec. [c] redesignated [d].
Subsec. [d]. Pub. L. 109–242, §2[1],
[3], redesignated subsec. [c] as [d] and substituted “[a], [b], or [c]” for
“[a] or [b]” in par. [1]. Former subsec. [d] redesignated [e].
Subsec. [e]. Pub. L. 109–242, §2[1],
[4], redesignated subsec. [d] as [e] and substituted “section 289g–1[g]” for
“section 289g–1[f]” in par. [1].
Perrin Larton, nel video del CMP, ammetteva di
essere a conoscenza di casi in cui vi erano bambini con cuore battente
destinati alla dissezione. A confermare le parole di Perrin Larton, vi era,
anche, la testimonianza sotto giuramento della dottoressa Deborah Nucatola,
ex-direttore senior dei servizi medici per Planned
Parenthood, la quale, volendo escludere che Planned Parenthood uccidesse bambini nati vivi, sosteneva che gli
interventi abortivi venivano praticati solo su feti non “viable”,
vale a dire feti che non avrebbero potuto sopravvivere, indicando i criteri per
stabilire la possibilità di sopravvivenza alquanto incerti, quali il peso
fetale e la salute del nascituro.
In
uno dei video, pubblicato nel 2015, la dottoressa Deborah Nucatola descriveva
come i medici possono utilizzare
gli ultrasuoni per capovolgere il bambino per ottenere organi più
integri.
Defund Planned Parenthood Act of 2017
This bill prohibits, for a one-year
period, the availability of federal funds for any purpose to Planned Parenthood
Federation of America, Inc., or any of its affiliates or clinics, unless they
certify that the affiliates and clinics will not perform, and will not provide
any funds to any other entity that performs, an abortion during such period.
This restriction does not apply in cases of rape or incest or where a physical
condition endangers a woman’s life unless an abortion is performed.
The Department of Health and Human
Services and the Department of Agriculture must seek repayment of federal
assistance received by Planned Parenthood Federation of America, Inc., or any
affiliate or clinic, if it violates the terms of the certification required by
this bill.
“Sul
suo sito web, il braccio di promozione politica di Planned Parenthood elenca “nove
buoni motivi per amare Kamala Harris”[47].
Eccone alcuni. È una paladina dell’accesso alla contraccezione e all’assistenza
sanitaria riproduttiva. Ha surclassato il giudice della Corte suprema Brett
Kavanaugh durante l’audizione di conferma della sua nomina davanti alla
Commissione Giustizia del Senato. Per finire, corredando l’ultima motivazione
con un video in cui la Harris si scatena in mezzo ai suoi sostenitori, un tocco
di folklore: “Balla al ritmo dei tamburi. Serve dire altro?”. La posizione
della Harris in difesa del diritto all’aborto è in linea con la stragrande
maggioranza degli elettori del suo Stato. Ma, con 40 milioni di abitanti, in
California c’è un po’ di tutto. Compreso un uomo di nome David Daleiden. Fin
dai tempi del liceo, frequentato nella cittadina universitaria e liberal di
Davis, Daleiden si era autoproclamato guerriero antiaborto. Da ventenne, tra l’ottobre
del 2013 e il luglio del 2015, lui e un amico avevano usato false identità per
entrare ai convegni sull’aborto e filmare senza autorizzazione conversazioni
con i medici e vari addetti di Planned Parenthood. Nel luglio del 2015 Daleiden
e un’entità di sua creazione, il Center for Medical Progress, assursero agli
onori della cronaca diffondendo versioni rimaneggiate e ingannevoli di quei
video, in cui si dava a intendere che i responsabili di Planned Parenthood
autorizzassero la vendita di parti dei feti[48].
Il giovane si era cacciato nei guai. In California è reato registrare di
nascosto una conversazione. Serve il consenso di entrambe le parti. Lui
sosteneva che nel suo caso la legge non fosse applicabile, perché agiva da
giornalista con l’intento di denunciare un illecito. Nell’estate di quell’anno,
la guerra infinita sul diritto all’aborto si surriscaldò. Il lavoro già
complesso di Planned Parenthood – che fornisce alle donne assistenza sanitaria
riproduttiva, contraccettivi inclusi, allo scopo di contrastare le gravidanze
minorili, e diffonde avvertimenti sui pesticidi che possono causare
malformazionicongenite – si complicò ulteriormente con la divulgazione delle
registrazioni di Daleiden. Tra le conseguenze ci furono un’inchiesta aperta dal
Congresso a maggioranza repubblicana e nuove richieste di sanzioni contro l’associazione.
Medici e infermieri che fornivano assistenza nella rete di consultori temevano
per la propria vita. Un uomo di Washington fu arrestato dopo aver cercato di
commissionare l’omicidio di un manager di una società californiana di
biotecnologie citata nelle registrazioni. In novembre un aggressore armato fece
irruzione nell’ambulatorio Planned Parenthood di Colorado Springs, farneticando
di feti smembrati, e uccise tre persone: un agente di polizia, un reduce della
guerra in Iraq e una donna, madre di due bambini[49].
Dopo l’arresto pare avesse dichiarato ai poliziotti che se fosse morto i feti
in paradiso lo avrebbero ringraziato per aver impedito gli aborti.Daleiden affermò che quegli atti di
violenza non erano la conseguenza delle sue registrazioni. “Non credo che c’entrino
il movimento pro-life o i miei video: i miei filmati comunicano un forte
messaggio di nonviolenza” disse nell’aprile del 2016 a Shawn Hubler, al tempo
alla redazione del “Sacramento Bee”. I rappresentanti democratici al Congresso,
compresi Jerrold “Jerry” Nadler di New York e Zoe Lofgren di San José, si
attivarono in difesa di Planned Parenthood, sollecitando la Harris a indagare
sugli aspetti legali dell’iniziativa di Daleiden e sui successivi attacchi ai
consultori. “Planned Parenthood è un’organizzazione stimata e importante nella
mia comunità” scrisse la Lofgren nel luglio del 2015. E chiamò in causa la
Harris. “Queste registrazioni realizzate in modo surrettizio sono l’ennesimo
esempio delle vessazioni e degli attacchi di parte sferrati all’associazione.all’associazione. Ma gli episodi sono
diventati troppo frequenti, e le gravi questioni sollevate impongono un’indagine
sul sedicente Center for Medical Progress e sulla sua legalità[50].”
Anche Kathy Kneer, per ventiquattro anni a capo del braccio politico di Planned
Parenthood in California, riteneva che l’ufficio del procuratore generale dello
Stato dovesse intervenire. Dopotutto le registrazioni effettuate sottobanco
erano un reato penale. Il 24 luglio 2015 la Harris rispose all’appello della
Lofgren e di Nadler diramando una dichiarazione in cui assicurava che avrebbe
esaminato la questione. Con il suo staff espresse preoccupazioni sia per il
personale dei consultori sia per le pazienti bisognose di assistenza, ma in
pubblico si limitò a quella dichiarazione. Non ci furono conferenze stampa.
Planned
Parenthood era stata tra i sostenitori e finanziatori della sua campagna
elettorale. Sulla carta la cosa si sarebbe dovuta tradurre in un contatto più
ravvicinato con la procuratrice. Ma non fu così, o almeno non subito. Kathy
Kneer non aveva il suo numero di cellulare o l’indirizzo email personale.
Ricorrendo ai canali ordinari, ottenne un appuntamento con lo staff del Dipartimento
di Giustizia californiano e infine con alcuni avvocati, ma non con la Harris.
Seguì un’altra parentesi di silenzio. “Il ritmo era quello solito: lento,
burocratico” ha ricordato[51]. Le
minacce di violenze, invece, non davano segno di rallentare. Il personale era
esposto, e la Kneer e altri colleghi avevano l’impressione che le forze dell’ordine
non stessero prendendo la cosa abbastanza sul serio. Così tornarono a
rivolgersi al Dipartimento di Giustizia. Nel marzo del 2016 ottennero una serie
di riunioni con i dirigenti di vertice. Le email del periodo dimostrano che in
seguito a quegli incontri il Dipartimento aveva accettato di mandare uno dei
suoi avvocati all’assemblea generale del personale di Planned Parenthood,
prevista per il 7 aprile 2016 allo Sheraton Grand Hotel, nel centro di
Sacramento. Il 5 aprile, due giorni prima della data stabilita, l’avvocatessa
scelta dal Dipartimento, Jill Habig, inviò un’altra email in cui precisava i
temi di cui intendeva discutere: “Le attuali istanze/esigenze di sicurezza [sia
per i singoli medici sia per gli ambulatori] presso le vostre affiliate, per
permetterci di fornire l’assistenza necessaria mediante rappresentanti delle
forze dell’ordine locali”[52].6 Avrebbe
parlato per venti minuti, scrisse, con qualche minuto alla fine per rispondere
alle domande.
Solo
una breve parentesi in un’agenda già fitta di impegni. Ma per David Daleiden il
5 aprile 2016 si rivelò una giornata memorabile. Secondo la sua versione dei
fatti [raccontata innumerevoli volte], stava portando la spazzatura nel bidone
di fronte al suo appartamento di Huntington Beach quando da un furgone bianco
senza contrassegni erano scesi alcuni agenti del Dipartimento di Giustizia
dello Stato e gli avevano mostrato un mandato di perquisizione. Nove mesi dopo
la promessa della Harris di condurre un’indagine, furono confiscati tutti i
computer trovati in casa, gli hard disk e mucchi di documenti[53]. Gli
agenti del Dipartimento di Giustizia sono tutelati da un solido sistema di
dirigenti e sindacati propri. I procuratori vanno e vengono con le elezioni, ma
loro restano, continuando a fare il proprio lavoro. Sono poliziotti, non
politici, anche se Daleiden e i suoi avvocati sostennero che la perquisizione era
stata voluta dall’alto, cioè dalla Harris. Nei giorni immediatamente precedenti
il blitz, i leader di Planned Parenthood avevano scambiato parecchie email con
i vertici del Dipartimento, e almeno alcuni di questi erano al corrente dell’imminente
perquisizione. Ma non c’erano state fughe di notizie. La Kneer e i suoi
colleghi avevano saputo dell’operazione solo quando era diventata di dominio
pubblico. “Non ne avevamo il minimo sentore. Eravamo completamente all’oscuro”
ha raccontato[54].
Inutile dire che era entusiasta della svolta. La pubblicazione dei video di
Daleiden era stata “traumatica”, ha ammesso, come “benzina gettata sul fuoco”.
Forse, nove mesi dopo la loro diffusione, Planned Parenthood avrebbe potuto
contare sulla tutela della legge.
L’assemblea
del 7 aprile si tenne come previsto. Nel suo intervento, l’avvocatessa inviata
dal Dipartimento di Giustizia non fece alcun accenno alla perquisizione o a un’indagine
in corso. La Harris non partecipò e non indisse conferenze stampa per commentare
compiaciuta l’accaduto. Anzi, il silenzio sembrava ancora più profondo. L’indagine
proseguì per tutta l’estate e l’autunno. Durante il mandato della Harris la
procura non formalizzò accuse a carico di Daleiden. Mentre, nel 2015, i video
di Daleiden inasprivano la battaglia sull’aborto, Kamala Harris diventò uno
degli sponsor principali [insieme a due gruppi per il diritto all’aborto, Black
Women for Wellness e NARAL Pro-Choice California] di una normativa volta a
regolamentare i centri di sostegno alla gravidanza. Attivi in California e in
tutto il Paese, si tratta di centri gestiti da organizzazioniorganizzazioni
cristiane conservatrici. I dipendenti, molti dei quali non sono né medici né
infermieri, si impegnano a dissuadere le donne dall’interruzione di gravidanza.
La proposta di legge, detta Freedom, Accountability, Comprehensive Care and
Transparency Act [FACT], esigeva che i centri antiaborto affiggessero cartelli
che informavano le donne delle opzioni a loro disposizione. In California,
quelle opzioni includono l’interruzione di gravidanza coperta dal sistema
previdenziale dello Stato. Sui cartelli avrebbero letto, per esempio: “La
California offre programmi statali che forniscono accesso gratuito o a basso
costo a servizi completi di pianificazione familiare [compresi tutti i metodi
contraccettivi approvati dalla Food and Drug Administration], assistenza
prenatale e aborto secondo i requisiti di legge”[55].
Il
testo del FACT precisava che l’intento della legge era “garantire che tutte le
donne della California siano informate dei loro diritti e dell’assistenza
sanitaria disponibile, affinché possano prendere decisioni in autonomia”. Tra
gli oppositori si schierò il NIFLA, l’Istituto per la Difesa della Famiglia e
della Vita, un’organizzazione della Virginia “che esiste per proteggere i
centri di assistenza che tutelano la vita, restituendo alle donne tentate dall’aborto
la possibilità di dare alla luce i propri bambini non ancora nati”[56]. “Negare
la libertà di espressione non è una soluzione” sostenne il NIFLA, presente in
oltre cento centri di sostegno alla gravidanza della California, nella lettera
di opposizione alla proposta di legge[57].
Gli avvocati incaricati di fare da consulenti ai legislatori sapevano che il
FACT si esponeva a contestazioni di incostituzionalità. Tuttavia ritenevano che
le leggi in vigore autorizzassero il Governo a regolamentare il discorso
commerciale per impedire dichiarazioni false, ingannevoli o fuorvianti, in
particolare quando era in gioco la salute pubblica. I video di Daleiden
diventarono parte delle argomentazioni presentate dai deputati repubblicani che
a Sacramento cercarono invano di impedire l’approvazione del FACT. “Abbiamo
scoperto che l’aborto potrebbe non essere motivato dal desiderio di aiutare una
persona in difficoltà, ma dall’intento di prelevare i feti per altri scopi.
Potrebbe essere in atto un gigantesco conflitto di interessi di cui solo oggi
la Nazione è diventata consapevole” disse il senatore John Moorlach, un
repubblicano della contea di Orange, nel suo intervento contro la proposta di
legge[58]. In
California i repubblicani non avevano i numeri necessari a bloccare una legge e
la proposta fu approvata senza difficoltà, con il consueto spartiacque di
partito: la maggioranza democratica votò in favore, la minoranza repubblicana
votò contro. La Harris era stata accusata spesso di eccessiva cautela, ma in
quel caso fu tutt’altro che reticente. Esultò quando il governatore Jerry Brown
firmò il decreto, il 9 ottobre 2015: “Sono fiera di essere stata copromotrice
del decreto FACT, che garantisce a tutte le donne pari accesso ai servizi di
assistenza riproduttiva e alle informazioni necessarie a prendere decisioni
consapevoli sulla loro salute e la loro vita”[59]. Se
fosse stata in grado di prevedere il futuro, o avesse riflettuto sulla
composizione della Corte Suprema degli Stati Uniti, forse la procuratrice
avrebbe aspettato a cantare vittoria.
Il
NIFLA ricorse in appello, sostenendo che il decreto violava il diritto alla
libertà di espressione dei responsabili dei centri, imponendo di affiggere
cartelli in conflitto con le loro convinzioni. Le corti inferiori si
schierarono in favore dello Stato. Ma dopo le prime sconfitte le forze
antiaborto si appellarono alla Corte suprema degli Stati Uniti. Uno degli
avvocati che rappresentavano il NIFLA era John Eastman, ex-assistente legale
del giudice Clarence Thomas e tra i candidati repubblicani alla carica di
procuratore generale nelle elezioni del 2010, vinte dalla Harris. Il 18 giugno
2018, in una decisione presa con una maggioranza di cinque a quattro e una
sentenza scritta dal giudice Thomas, la corte diede ragione ai ricorrenti. “[Il
decreto FACT] impone ad ambulatori autorizzati un copione scritto dal Governo
sui servizi resi disponibili dallo Stato, oltre a informazioniinformazioni su
dove reperirli» scrisse Thomas. “Uno di quei servizi è l’aborto: precisamente
la pratica che i querelanti sono impegnati a contrastare.”[60] Non
solo. Per legge, la parte che ha prevalso in una causa civile ha diritto al
risarcimento delle spese processuali. Nel 2019 il procuratore generale della
California, Xavier Becerra, ha dovuto patteggiare, riconoscendo alle
organizzazioni antiaborto 2 milioni di dollari a copertura delle parcelle degli
avvocati assunti nella causa contro il FACT. E nel 2019 molti di quegli stessi
avvocati sono rispuntati nell’aula del giudice della Corte Distrettuale degli
Stati Uniti, William Orrick, a San Francisco. Rappresentavano il collegio della
difesa di David Daleiden in persona. Il nuovo araldo del movimento antiaborto
era stato querelato da Planned Parenthood per violazione del diritto alla
privacy e per ingresso non autorizzato aiconvegni in cui aveva fatto le
registrazioni. La sua squadra legale era composta da non meno di sedici
avvocati e assistenti, tutti al suo servizio pro bono[61]. Il
15 novembre 2019 la giuria della Corte Federale di San Francisco ha
riconosciuto a Planned Parenthood un risarcimento di 2,2 milioni, giudicando l’imputato
colpevole di violazione di domicilio, frode, registrazione surrettizia e
diffusione di materiale illecito. Daleiden è ricorso in appello. Ha anche
querelato la Harris e lo Stato, accusandoli di aver violato il suo diritto alla
libertà di parola e di stampa, prevista dal Primo emendamento. Durante la
campagna del 2016 per il Senato, Kamala Harris non tenne mai conferenze stampa
per reclamizzare il suo intervento nel caso Daleiden. Nemmeno istruì un
processo a suo carico,anche
se, data la posizione della maggioranza dei californiani sul diritto delle
donne di decidere del proprio corpo, intentargli causa poteva favorirla
politicamente. Lasciò che se ne occupasse il suo successore. Il 28 marzo 2017,
quando lei era ormai insediata al Senato, il procuratore generale Becerra
incriminò Daleiden e il suo socio per registrazione surrettizia[62]. La
causa è ancora pendente. Daleiden si è dichiarato non colpevole e insiste di
aver agito da giornalista in cerca della verità. Può contare su una squadra di
penalisti di prim’ordine, tra cui Steve Cooley, l’ex-procuratore distrettuale
della Contea di Los Angeles che si era candidato contro la Harris nel 2010.
Cooley accusa la Harris di corruzione, sostenendo che avesse agito perché era
in debito con Planned Parenthood. Anche Daleiden si è fatto sentire. “Il motivo
per cui Kamala Harris ha preso di mira soltanto me è piuttosto evidente:mi ero azzardato a criticare Planned
Parenthood e l’industria dell’aborto” ha proclamato in un curatissimo video di
produzione professionale. Nel luglio del 2017 Kathy Kneer è andata in pensione.
Lei che ne pensa del ruolo della Harris? “Penso che sia stata prudente. Persino
a quattr’occhi non ci ha mai detto: “Sarò dalla vostra parte”. È rimasta
neutrale.” La Harris sostiene con orgoglio il diritto di scelta delle donne. Ma
secondo la Kneer non ha agito per convinzione personale, bensì da procuratore.
È il suo modus operandi.”
Dan
Morain, A proposito di Kamala
WASHINGTON – U.S. Senator Lindsey Graham [R-South Carolina] has written to the
U.S. Department of Justice [DOJ] and Federal Bureau of Investigation [FBI] to
request an update on the investigation into Planned Parenthood affiliates
across the country for the trafficking and sale of fetal tissue, infant organ
harvesting, and unlawfully utilizing loans from the Paycheck Protection Program
[PPP] despite knowing they were ineligible to apply.
Graham also contacted the newly
confirmed Special Inspector General for Pandemic Recovery [SIGPR] Brian Miller
with the U.S. Department of the Treasury to urge him to investigate and audit
all PPP loans made to Planned Parenthood affiliates.
“As we have seen from invoices from certain Planned Parenthood
affiliates, biomedical companies paid thousands of dollars in exchange for
fetal organs from abortions,” said Graham. “Planned Parenthood and any biomedical companies involved must be held
accountable for their lucrative and illegal activities involving the
trafficking and sale of fetal tissue.
“Planned Parenthood’s abuse of taxpayer PPP dollars is yet another
example of Planned Parenthood’s flagrant disregard for the law,” said Graham. “We urge you to investigate not only the extent to which Planned
Parenthood was involved in the sale of fetal tissue, but also the disturbing
descriptions by Planned Parenthood workers of infants born alive who were left
to die or killed through organ harvesting.
“President Trump and his administration have been unwavering in their
efforts to protect life. Planned Parenthood’s blatant disregard for legal
protections for life is unacceptable, and we therefore respectfully ask that
DOJ take all steps necessary to address Planned Parenthood’s unlawful
activities.”
Graham, along with a group of more than
twenty senators, expressed their concerns in letters to Attorney General
William Barr and FBI Director Christopher Wray as well as a letter to Special
Inspector General Miller.
Kamala
Harris difende la causa LGBT,
dichiara di avere lei stessa celebrato matrimoni omosessuali ed è convinta che
il Governo federale debba “proteggere i
diritti dei più deboli quando gli Stati non lo fanno”, dunque togliere
ogni autonomia di giudizio sulle nozze omosessuali ai Governi locali, ma, nel 2015, l’allora procuratore generale della California, aveva
supportato le decisioni riguardanti l’Affaire
Norsworthy [https://www.latimes.com/local/political/la-me-ff-prison-board-approves-parole-for-sexreassignment-inmate-20150521-story.html]. Michelle Norsworthy, condannata per omicidio di secondo grado, nel
1987, è stata tra le prime transgenders a battersi per ottenere la terapia ormonale e il
cambio di sesso, anche per chi, come lei, si trovasse in carcere. Kamala
Harris, all’epoca, si mostrò intransigente, affermando che non si trattava di
un’operazione urgente.
“Norsworthy è da più di 20 anni in cura
per la disforia di genere, e non sembra in alcun modo peggiorata al punto di
dovere ottenere urgentemente un’operazione di cambio del sesso adesso, invece
di aspettare le sorti del processo.”[63]
E, nonostante ciò, la coppia Biden-Harris è stata
acclamata dalla comunità LGBT. Biden ha, esplicitamente, citato omosessuali e
transessuali, nel suo proclamarsi “il presidente
di tutti”.
L’oggettività
sperimentale assoluta rivendicata e ricercata dalle scienze, che la medicina e
la biologia di fine secolo accettarono con pochi ripensamenti epistemologici e
morali, furono il terreno fecondo su cui germogliò la pianta della
discriminazione razziale.
L’opinione pubblica
rimase affascinata da questo messaggio ideologico, ma apparentemente e
saldamente scientifico, un messaggio che asseriva come si potesse intervenire
sulle persone migliorandole, allo stesso modo di un allevatore nel
selezionare mucche da latte o cavalli da corsa. La politica, la filosofia e la
religione non contrastarono né disapprovarono queste idee, che sembravano
indubitabili, grazie al prestigio che la medicina moderna si stava guadagnando,
affrancando l’Umanità da flagelli secolari, quali la sifilide, e da malattie
infettive in genere. Quando la Germania nazista iniziò a praticare l’eugenetica,
l’esempio costituito dagli Stati Uniti attraverso la sterilizzazione forzata
risultò un punto di inizio per un processo che sarebbe giunto,
progressivamente, a estendere la gravità dei suoi interventi, passando dalla
sterilizzazione dei malati di mente non autosufficienti all’eutanasia degli
stessi e di tutti i soggetti che fossero, indipendentemente dall’età, in una
condizione di minorità e di non adeguatezza ai criteri di una normalità
presunta. Criteri che erano stabiliti da un insieme di medici appositamente
selezionati e formati dallo Stato.
Alfred Siegfried
Nel 1926, in pieno clima di
cultura eugenetica e di pulizia etnica che spirava anche in Svizzera, un
insegnante di ginnasio, Alfred Siegfried, espulso dall’insegnamento per
pedofilia, divenne responsabile della sezione Scolarità Infantile della
fondazione Pro Juventute, un
ente a “favore dei giovani” noto per la vendita annuale di francobolli molto ambiti
dai filatelici professionisti e dilettanti non solo svizzeri.
“Non solo intere famiglie ma clan di diverse centinaia di
individui costituendo una stretta associazione che assume atteggiamenti e modi
di vita asociali e amorali li trasmette consapevolmente e intenzionalmente
anche alla propria prole.
[…]
I loro singoli membri possono sembrare abbastanza innocui, le
loro trasgressioni possono limitarsi a irregolarità e infrazioni di polizia
lievi. Il fatto però che essi si sostengano e si aiutino vicendevolmente
conferisce loro una potenzialità pericolosa.”
Il programma Hilfswerk fur die Kinder der Landstrasse (Opera di assistenza per i
bambini di strada), finanziato da privati e istituzioni proseguì fino al
1972, con l’intento di “sradicare il male
del nomadismo, fin dall’infanzia, attraverso misure educative sistematiche e
coerenti”, consistenti innanzitutto nel sottrarre i bambini ai
loro genitori e nel sterilizzare forzatamente i loro genitori. in sostanza un
programma di pulizia etnica, camuffato da scolarità infantile, sostenuto dal
Governo elvetico. Molti bambini
venivano affidati ai contadini, le
bambine, si ritrovarono recluse in cliniche psichiatriche o in prigione,
dove subirono maltrattamenti, violenze terapeutiche, come l’elettroshock, e
abusi sessuali.
Erano
35mila i jenisches, ne rimasero 5mila.
n
Europa 500mila zingari sono stati sterminati durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dal
1938, per formale richiesta della Svizzera, sui passaporti dei cittadini
tedeschi di“razza non ariana” erano
stati apposti timbri distintivi. Gli ebrei avevano una J, gli zingari una Z. Le
stesse lettere che venivano tatuate sul braccio prima del numero di
identificazione nei campi di sterminio.
A
Milano un liceo classico e scientifico è intitolato ad Alexis Carrel. Carrel fu
un grande pioniere della chirurgia, inventò brillanti tecniche di sutura dei
vasi sanguigni, la tecnica odierna dei trapianti gli deve molto. Alla nascita
del Governo Vichy nel 1940, Carrel accettò l’invito del maresciallo Pétain di
dirigere la Fondazione Carrel per lo
studio dei problemi umani, che, in pratica, si occupava di selezioni razziali.
Ammiratore di Adolf Hitler e Benito Mussolini, pubblicò in America nel 1935 Un uomo, questo sconosciuto. Nel suo
farneticante libro scrive:
“Rimane poi il problema insoluto dell’immensa folla dei
deficienti e dei criminali, che pesano interamente sulla popolazione sana: le
spese per le prigioni e per i manicomi, per la protezione del pubblico dai
banditi e dai pazzi sono diventate gigantesche. Le Nazioni civili stanno
compiendo inutili sforzi per la conservazione di essere inutili e nocivi, e
così gli anormali impediscono il progresso dei normali.”
Nel
corso degli Anni Ottanta e Novanta, quando furono rese disponibili nuove
procedure tecnologiche di riproduzione assistita, come la surrogazione di
maternità [disponibile dal 1985], la diagnosi genetica pre-implantazione [disponibile
dal 1989] e il trasferimento citoplasmatico [eseguito per la prima volta nel
1996] si temette un eventuale rinnovarsi delle idee e pratiche eugenetiche, con
l’emersione eclatante dell’ampliamento del divario tra ricchi e poveri del
mondo.
Una
domanda che spesso ci si pone quando si parla di Olocausto è:
“Ma possibile che nessuno lo sapesse o che tutti fossero d’accordo?”
Se è
verosimile ritenere che l’opinione pubblica potesse ignorare le dimensioni
effettive del fenomeno o i particolari più agghiaccianti, è, tuttavia, doveroso
denunciare il lento ma inesorabile lavoro di indottrinamento eseguito dagli
eugenisti, che, sostenuti da eminenti psichiatri, crearono quell’humus culturale in cui le idee di
purezza razziale e di “soppressione
della vita indegna di essere vissuta” potevano proliferare ed
essere accettate come necessarie verità scientifiche.
L’eugenetica
– dal greco “buona nascita” – prese
piede sulla scia delle teorie darwiniane verso la fine del XIXesimo secolo.
All’inizio del Novecento, spinta con forza anche dalla Fondazione Rockefeller, l’eugenetica si diffuse sempre più. L’idea
di “sopravvivenza del più forte” fu, dapprima,
usata per impedire che i deboli procreassero e, in seguito, per giustificare la
soppressione della “vita indegna di essere vissuta”.
In seguito fu sufficiente sviluppare un’intensa campagna antisemita,
stigmatizzando gli ebrei come appartenenti a una razza inferiore, e il gioco
era fatto: il concetto di razza inferiore germogliò con vigore in questo
substrato culturale imbevuto di pseudoscienza eugenetica, fornendo la base di
consenso allo sterminio.
La sospensione della democrazia
rischia di passare senza accorgersene, se equivoci e
ambiguità rendono particolarmente fragile il tessuto sociale.
L’Associazione Psichiatrica Tedesca, dopo
anni di smentite, ha, infine, ammesso le proprie responsabilità. In un discorso
tenuto al congresso dell’associazione, a Berlino, il 26 novembre 2010, nell’ambito
del dibattito Psichiatria nel
Nazionalsocialismo - Commemorazione e responsabilità, il suo presidente, il
professor Frank Schneider ha dichiarato:
Signore e signori,
nel periodo del nazionalsocialismo gli psichiatri hanno
condannato persone, hanno tradito i pazienti che avevano riposto in loro
fiducia, e hanno loro mentito, hanno fatto ostracismo nei confronti dei
parenti, hanno permesso che i pazienti fossero forzatamente sterilizzati e
uccisi, e hanno allo stesso modo essi stessi personalmente ucciso. Un’ingiustificabile
ricerca venne fatta sui pazienti, una ricerca che li danneggiò e addirittura li
uccise.
Proviamo vergogna anche perché noi, l’Associazione psichiatrica
tedesca, non siamo stati dalla parte delle nostre vittime nemmeno negli anni
che seguirono il 1945. E ancor peggio: abbiamo avuto la nostra parte nelle
ulteriori e nuove ingiustizie e discriminazioni. Ancora non sappiamo spiegare
perché un’ammissione come questa sia possibile solo ora.
Ma non è tutto: indipendentemente dai risultati della ricerca,
che ci saranno veramente noti solo nei prossimi anni, io devo - per quanto in
ritardo - chiedere perdono a tutte le vittime e ai loro familiari per le
ingiustizie e la sofferenza subite, che sono state loro inflitte dalle
Associazioni psichiatriche tedesche e dai loro membri.
Nel luglio 1933, solo poco dopo l’ascesa di Hitler, fu passata
la Legge sulla prevenzione della prole malata di malattie ereditarie. Lo
psichiatra Ernst Rüdin, presidente dell’Associazione psichiatrica dal 1935 al
1945, e poi direttore dell’Istituto Tedesco di Ricerca, fu il coautore del
commento ufficiale di questa legge.
Tutti i medici furono obbligati a riportare questi cosiddetti “malati
ereditari” alle autorità. Sulla base di questa legge più di 350.000 persone
furono selezionate dai medici e forzatamente sterilizzate. Più di 6.000 persone
morirono durante questi interventi. Nella sua veste di presidente dell’allora
associazione psichiatrica, Ernst Rüdin nei suoi discorsi d’inaugurazione del
nostro congresso ha più volte parlato in favore di queste sterilizzazioni.
Ma non ci furono solo sterilizzazioni forzate: ci furono anche
assassinii. fu uno psichiatra, Alfred Erich Hoche, nel suo libro del 1920 sull’approvazione
dello sterminio della “vita indegna di vivere”, insieme al giurista Karl
Binding, a coniare il termine “esistenza zavorra” e fu ancora lui che preparò
un catalogo delle presunte malattie mentali incurabili, che chiamò “condizioni
di morte mentale”. Nel 1930 questo diventò nel mensile nazionalsocialista la
richiesta: “Morte alla vita indegna di vivere!”.
Nel settembre del 1939 Hitler ordinava la cosiddetta eutanasia, e incaricò di
questo progetto Werner Heyde - ordinario di psichiatria e neurologia a
Wurzburg. Almeno 250 - 300 mila persone mentalmente e fisicamente malate furono
vittime di questa azione e delle seguenti fasi di uccisione dei malati, che si
protrassero per qualche settimana oltre la fine della guerra. Tra i cinquanta
esperti che ogni settimana ricevevano rapporti dalla clinica e decidevano sulla
vita o morte, ve ne erano tre che sono divenuti presidenti della nostra
associazione dopo la guerra, due dei quali ne sono poi diventati membri
onorari. Sebbene il titolo di membro onorario decada solo alla morte, noi oggi
condanniamo queste onorificenze e le cancelliamo formalmente.
Con pulmini grigi, il simbolo dello sterminio, i pazienti
venivano prelevati dai centri mentali e di cura e portati alle 6 istituzioni
psichiatriche, in cui erano state costruite le camere a gas. Le istituzioni
mentali divennero istituzioni di sterminio. La cura divenne lo sterminio e gli
psichiatri supervedevano il trasporto e l’uccisione dei pazienti che riponevano
in loro la propria fiducia.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani giornalmente si sta adoperando
affinché i diritti umani e la dignità, siano restituiti a tutti gli individui,
investigando e denunciando le violazioni psichiatriche dei diritti umani.
Chiunque ritiene di aver subito danni causati da trattamenti
psichiatrici può mettersi in contatto con il Comitato dei Cittadini per i
Diritti Umani.
Per
Aldous Huxley:
“Il fatto che gli uomini non
imparino molto dalle lezioni della Storia è l’insegnamento più importante che
la Storia può offrire.”,
potremmo
anche dire nulla di nuovo sotto il Sole e anche invocare i corsi e ricorsi
della Storia.
Some recent work by E. Fermi
and L. Szilárd, which has been communicated
to me in manuscript, leads me to expect that the element uranium may be turned
into a new and important source of energy in the immediate future. Certain
aspects of the situation which has arisen seem to call for watchfulness and if
necessary, quick action on the part of the Administration. I believe therefore
that it is my duty to bring to your attention the following facts and
recommendations.
In the course of the last four
months it has been made probable through the work of Joliot in France as well
as Fermi and Szilard in America--that it may be possible to set up a nuclear
chain reaction in a large mass of uranium, by which vast amounts of power and
large quantities of new radium-like elements would be generated. Now it appears
almost certain that this could be achieved in the immediate future.
This new phenomenon would also
lead to the construction of bombs, and it is conceivable--though much less
certain--that extremely powerful bombs of this type may thus be constructed. A
single bomb of this type, carried by boat and exploded in a port, might very
well destroy the whole port together with some of the surrounding territory.
However, such bombs might very well prove too heavy for transportation by air.
The United States has only
very poor ores of uranium in moderate quantities. There is some good ore in
Canada and former Czechoslovakia, while the most important source of uranium is
in the Belgian Congo.
In view of this situation you
may think it desirable to have some permanent contact maintained between the
Administration and the group of physicists working on chain reactions in
America. One possible way of achieving this might be for you to entrust the
task with a person who has your confidence and who could perhaps serve in an
unofficial capacity. His task might comprise the following:
a] to approach Government
Departments, keep them informed of the further development, and put forward
recommendations for Government action, giving particular attention to the
problem of securing a supply of uranium ore for the United States.
b] to speed up the
experimental work, which is at present being carried on within the limits of
the budgets of University laboratories, by providing funds, if such funds be
required, through his contacts with private persons who are willing to make
contributions for this cause, and perhaps also by obtaining co-operation of
industrial laboratories which have necessary equipment.
I understand that Germany has
actually stopped the sale of uranium from the Czechoslovakian mines which she
has taken over. That she should have taken such early action might perhaps be
understood on the ground that the son of the German Under-Secretary of State,
von Weizsacker, is attached to the Kaiser-Wilhelm Institute in Berlin, where
some of the American work on uranium is now being repeated.
Yours very truly,
Albert Einstein
[2]“I know not with what
weapons World War III will be fought, but World War IV will be fought with
sticks and stones.”
Among the most disturbing political phenomena of our
timesis the
emergence in the newly created state of Israel of the “Freedom Party” [Tnuat
Haherut], a political party closely akin in its organization, methods,
political philosophy and social appeal to the Nazi and Fascist parties. It was
formed out of the membership and following of the former Irgun Zvai Leumi, a
terrorist, rught-wing, chauvinist organisation in Palestine.
The current visit of Menachem Begin, leader of this
party, to the United States is obviously calculated to give the impression of
American support for his party in the coming Israeli elections, and to cement
political ties with conservative Zionist elements in the United States. Several
Americans of national repute have lent their names to welcome his visit. It is inconceivable that those who oppose
fascism throughout the world, if correctly informed as to Mr. Begin’s political
record and perspectives, could add their names and support to the movement he
represents. [See Note A]
Before irreparable
damage is done by way of financial contributions, public manifestations in
Begin’s behalf, and the creation in Palestine of the impression that a large
segment of America supports Fascist elements in Israel, the American public
must be informed as to the record and objectives of Mr. Begin and his movement.
[See Note B]
The public avowals of
Begin’s party are no guide whatever to its actual character. Today they speak
of freedom, democracy and anti-imperialism, whereas until recently they openly
preached the doctrine of the Fascist state. It is in its actions that the
terrorist party betrays its real character; from its past actions we can judge
what it may be expected to do in the future. [See Note C] Attack on Arab Village
A shocking example was
their behavior in the Arab village of Deir Yassin. This village, off the main roads and surrounded by
Jewish lands, had taken no part in the war, and had even fought off Arab bands
who wanted to use the village as their base. On April 9 [THE NEW YORK TIMES],
terrorist bands attacked this peaceful village, which was not a military
objective in the fighting, killed most of its inhabitants “240 men, women, and
children” and kept a few of them alive to parade as captives through the
streets of Jerusalem. Most of the Jewish community was horrified at the deed,
and the Jewish Agency sent a telegram of apology to King Abdullah of
Trans-Jordan. But the terrorists, far from being ashamed of their act, were
proud of this massacre, publicized it widely, and invited all the foreign
correspondents present in the country to view the heaped corpses and the
general havoc at Deir Yassin.
The
Deir Yassin incident exemplifies the character and actions of the Freedom
Party.
Within
the Jewish community they have preached an admixture of ultranationalism,
religious mysticism, and racial superiority. Like other Fascist parties they
have been used to break strikes, and have themselves pressed for the
destruction of free trade unions. In their stead they have proposed corporate
unions on the Italian Fascist model. During the last years of sporadic anti-British
violence, the IZL and Stern groups inaugurated a reign of terror in the
Palestine Jewish community. Teachers were beaten up for speaking against them,
adults were shot for not letting their children join them. By gangster methods,
beatings, window-smashing, and wide-spread robberies, the terrorists
intimidated the population and exacted a heavy tribute.
The people of the Freedom Party have had no part in the constructive
achievements in Palestine. They have reclaimed no land, built no settlements,
and only detracted from the Jewish defense activity. Their much-publicized
immigration endeavors were minute, and devoted mainly to bringing in Fascist
compatriots.
Discrepancies Seen
The
discrepancies between the bold claims now being made by Begin and his party,
and their record of past performance in Palestine bear the imprint of no
ordinary political party. This is the unmistakable stamp of a Fascist party for
whom terrorism [against Jews, Arabs, and British alike], and misrepresentation
are means, and a “Leader State” is the goal.
In the
light of the foregoing considerations, it is imperative that the truth about
Mr. Begin and his movement be made known in this country. It is all the more
tragic that the top leadership of American Zionism has refused to campaign
against Begin’s efforts, or even to expose to its own constituents the dangers
to Israel from support to Begin. The undersigned therefore take this
means of publicly presenting a few salient facts concerning Begin and his
party; and of urging all concerned not to support this latest manifestation of
fascism.
signed
Isidore Abramowitz; Hannah Arendt; Abraham Brick;
Rabbi Jessurun Cardozo; Albert Einstein; Herman Eisen, M.D.; Hayim Fineman; M.
Gallen, M.D.; H.H. Harris; Zelig S. Harris; Sidney Hook; Fred Karush; Bruria
Kaufman; Irma L. Lindheim; Nachman Maisel; Symour Melman; Myer D. Mendelson,
M.D.; Harry M. Orlinsky; Samuel Pitlick; Fritz Rohrlich; Louis P. Rocker; Ruth
Sager; Itzhak Sankowsky; I. J. Schoenberg; Samuel Shuman; M. Znger; Irma Wolpe;
Stefan Wolpe.
New York, Dec. 2, 1948
[Note A: Einstein made the point
that supporting Jewish fascists like Menachem Begin was like supporting Nazis.
Unfortunately, many prominent Americans have supported the fascist movement led
by Begin and his disciples, who now firmly control Israel. Begin founded Herut
in 1948. It was the political twin of the Irgun, a
violent terrorist group headed by Begin. Both were ultra-right-wing
organizations that opposed any ceasefires or negotiations with Arabs,
preferring to expand Israel’s territory in defiance of international law and
the U.N. mandate that partitioned Palestine, defining Israel’s borders. Before
entering politics, Begin had been the preeminent terrorist in the Middle East,
wantonly murdering British, Jewish and Arab civilians. His most notorious act
was blowing up the King David Hotel in 1946. That explosion killed 91 people
and wounded 46 others, most of them hotel staff and other civilians. [This
remains the single most deadly act of terrorism in Israel/Palestine to this
day.] It was not just peace-loving intellectuals who
compared Begin to European fascists like Hitler, because David Ben-Gurion,
Israel’s George Washington and first prime minister, who was no shrinking
violet, said similar things. But by the mid-1960s Israel’s voters were swinging
hard to the extreme right. A 1964 government resolution calling for the
reinternment of Zeev Jabotinsky’s remains in Israel signaled Herut’s and
Begin’s ascendency. [Jabotinsky was the creator of the fascist “Iron Wall”
doctrine, which maintains that Jews must crush the spirit and will of
Palestinians through superior firepower and sheer brutality, rather than
seeking peace through diplomacy and compromise.] In 1977, the former über-terrorist Begin was elected prime
minister in a landslide. In his book Palestine:
Peace, not Apartheid, former U.S. president and Nobel Peace Prize Laureate Jimmy
Carter mentioned the sea change that took place in Israel’s policies after
Begin came to power. Begin’s administration promoted the construction of
illegal Jewish settlements in the West Bank and Gaza, in effect expanding
Israel’s borders by allowing robber barons to steal land from defenseless Palestinian
farmers and their families. Begin also authorized the 1982 invasion of Lebanon,
which became Israel’s Vietnam. As Israeli military involvement in Lebanon
deepened, and the Sabra and Shatila massacre shocked the world, Begin grew
increasingly isolated. He resigned from politics in 1983, but his racist,
fascist spirit lives on in disciples of his and Jabotinsky’s, such as Israel’s
current prime minister, Benyamin “Bibi” Netanyahu.]
[Note B: Unfortunately, the American pubic, through
their government, have supplied Israel with hundreds of billions of dollars in
financial aid and advanced weapons. That “aid” has
been used by Israel to practice large-scale ethnic cleansing in the Occupied
Palestinian Territories. This ethnic cleansing begins with home demolitions
[more than 24,000 according to the Israeli Committee Against Home Demolitions],
which are followed by Israel’s euphemistic “settlement expansions.” Funding
this wildly unjust system, which has been compared to a new Holocaust, has
created the impression in Palestine and throughout the Muslim world that
Americans are raging hypocrites when they talk about “equal rights,” “justice”
and “democracy.” Muslims have correctly concluded that the U.S. will always
support Israel, no matter how cruelly, brutally and offensively it treats
Palestinians, Bedouins and other non-Jews in its quest for free land and
ever-expanding borders. The results have included 9-11, two horrific wars,
multitudes of lives lost on both sides, and trillions of dollars in unpaid war
debt that threatens not only the solvency of the U.S., but also that of the
free world. If the dollar plummets in value, or if the U.S. can no longer
borrow money, what will happen to the economies of Germany, Japan, and other
countries that rely on exports to Americans?]
[Note C: If we heed Einstein’s wisdom, and judge Israel by its actions—apartheid, ethnic cleansing, strafing its victims in Gaza—rather
than by oceans of self-serving propaganda, the racist/fascist nature of its
government quickly becomes apparent. Or we can simply read what prime ministers
of Israel and other prominent Zionists have said themselves. Please keep in
mind that when the terms “transfer,” “eviction” and “removal” are used, the
Zionists are talking about ethnic cleansing: a crime against humanity. When the
right of return is denied to Palestinians, this means the victims of ethnic
cleansing are being collectively sentenced to remain stateless, rightless
refugees forever. When the term “expropriation” is used, it means the theft of
Palestinian land via superior firepower, which is armed robbery. Here now are
the leading Zionists in their own words; you can judge for yourself whether
Einstein was correct, or not ...
My participation in the production of the atom bomb
consisted in a single act: I signed a letter to President Roosevelt. This
letter stressed the necessity of large scale experimentation to ascertain the
possibility of producing an atom bomb.
I was well aware of the dreadful danger for all
mankind, if these experiments would succeed. But the probability that the
Germans might work on that very problem with good chance of success prompted me
to take that step. I did not see any other way out, although I always was a
convinced pacifist. To kill in war time, it seems to me, is in no ways better
than common murder.
As long however, as nations are ready to abolish war
by common action and to solve their conflicts in a peaceful way on a legal
basis. they feel compelled to prepare for war. They feel moreover compelled to
prepare the most abominable means, in order not to be left behind in the
general armaments race. Such procedure leads inevitable to war, which, in turn,
under todays conditions, spells universal destruction.
Under such circumstances there is no hope in combating
the production of specific weapons or means of destruction. Only radical
abolition of war and of danger of war can help. Toward this goal one should
strive; in fact nobody should allow himself to be forced into actions contrary
to this goal. This is a harsh demand for anyone who is aware of his social
inter-relatedness; but it can be followed.
Gandhi, the greatest political genius of our time has
shown the way, and has demonstrated the sacrifices man is willing to bring if
only he has found the right way. His work for the liberation of India is a
living example that man’s will, sustained by an indomitable conviction is
stronger than apparently invincible material power. [https://www.atomicarchive.com/resources/documents/hiroshima-nagasaki/einstein-response.html]
[6]La storia del
programma atomico sovietico trova le sue origini nel 1939, quando i fisici
dell’URSS iniziarono a interessarsi della scoperta della fissione nucleare in
Germania avvenuta un anno prima. I sovietici iniziarono a cercare di replicare
gli esperimenti già condotti, a Berlino, dagli scienziati Otto Hahn e Fritz
Straussman e determinare le condizioni ideali per una reazione a catena
nucleare. Tali tentativi iniziali cessarono bruscamente con l’invasione nazista
del 1941, nome in codice Operazione Barbarossa.
Le necessità della guerra imponevano a Mosca di impiegare tutti i suoi
scienziati e ingegneri nello sviluppo di dispositivi considerati allora più
utili, a esempio i radars, dei quali
l’URSS aveva disperato e immediato bisogno. Nell’ottobre di quello stesso anno,
il fisico sovietico Pëtr
Leonidovic Kapica evidenziò come la scoperta dell’energia nucleare
potesse dare il suo contributo allo sforzo bellico, ritenendo possibile la
progettazione di una bomba all’uranio. Successivamente, i leaders sovietici vennero a conoscenza dei programmi nucleari di
Germania e Stati Uniti. Messo, quindi, alle strette dall’eventualità che i
nazisti potessero ottenere un tale potenziale distruttivo per primi, il
Cremlino diede inizio al proprio programma atomico, nel febbraio del 1943,
guidato dal fisico nucleare Igor Kurchatov e dal direttore politico Lavrentiy
Beria. Il programma
sovietico del periodo bellico presentava dimensioni molto ridotte rispetto
all’equivalente americano, il Progetto
Manhattan. La squadra di Kurchatov, composta da circa venti scienziati,
impiegati all’interno del Laboratorio n. 2, concentrava le proprie energie
sulla ricerca delle reazioni necessarie alla creazione sia di un’arma atomica,
sia di un reattore nucleare; tuttavia, la scarsità di uranio e grafite causava
un significativo rallentamento nelle attività di ricerca condotta dagli
scienziati sovietici. Un punto di svolta nei lavori di ricerca sovietici si
ebbe, nel luglio del 1945, in occasione della Conferenza di Potsdam. In tale occasione, il presidente Truman
rivelò a Josef Stalin, segretario generale del Partito Comunista Sovietico, che gli Stati Uniti erano in possesso
di una nuova arma con un potere distruttivo ineguagliabile. Di fatto, i
sovietici erano, già, al corrente degli sviluppi positivi del programma
americano, una rete di spie era riuscita a infiltrarsi all’interno del Progetto Manhattan, tra le quali
spiccava Klaus Fuchs, un fisico tedesco con ideali comunisti, fuggito in
Inghilterra in seguito all’avvento del nazismo.
Nel 1945, i sovietici erano riusciti ad accumulare
quantità soddisfacenti di uranio per proseguire più speditamente con il
programma e, nel 1946, scelsero come area per la loro ricerca nucleare la città
di Sarov, lontana circa 300 chilometri da Mosca. L’idea era di trasformare una
piccola e semi-sconosciuta città in un sito simile a quello di Los Alamos, dove
gli americani sviluppavano il loro programma nucleare. A tale scopo, avviarono
un piano che portò alla “scomparsa” della città dalle mappe; da quel momento
“apparve” la città segreta di Arzamas-16, all’interno della quale lavorarono
circa 25mila persone dedite allo sviluppo del programma. Nel dicembre dello
stesso anno, i russi crearono la loro prima reazione nucleare a catena, mentre
un reattore funzionante venne sviluppato nel 1948. Il 29 agosto 1949, i
sovietici effettuarono il loro primo test
nucleare, nome incodice RDS-1 o primo raggio [Lightning-1], nel
poligono di Semipalatinsk in Kazakistandopo soli quattro anni, il monopolio atomico degli Stati Uniti era
giunto alla fine.
[7]La
Fabian Society e la pandemia. Come si arriva alla dittatura è un libro di
Davide Rossi, in cui l’autore illustra il pensiero politico della Fabian Societye gli attuali uomini e donne di potere che ne
fanno parte:
“Le grandi svolte
della Storia arrivano senza preavviso per la gente comune. Ci si trova di colpo
catapultati dentro a cambiamenti inimmaginabili fino al giorno prima.
Cambiamenti sconvolgenti come quelli legati all’avvento dell’epidemia da
coronavirus. Eppure queste svolte vengono pianificate con cura e per lungo
tempo da alcuni circoli elitari. Società politiche all’interno delle quali la
vera classe dirigente studia il futuro e cerca di determinarlo, disegnando
tutti i possibili scenari, al riparo dalle piccole “beghe di palazzo” o dalle
competizioni elettorali. Uno di questi circoli, forse il più importante e meno
conosciuto in Italia, è l’anglosassone Fabian Society. Ci siamo determinati a
scrivere questo libro perché la realtà che stiamo vivendo è vicinissima, quasi
coincidente, a quella progettata dai fondatori della Fabian Society. Questo
libro ha due obiettivi. Il primo è quello di delineare il pensiero politico
della Fabian Society attraverso alcuni cenni storici e verificando quali sono
gli attuali uomini e donne di potere che le afferiscono. Il secondo è di
analizzare come e quanto la visione del mondo dei Fabiani coincida con
quell’epocale tornante della Storia nel quale ci è toccato di vivere: la
drastica svolta autoritaria imposta al
mondo occidentale attraverso l’utilizzo politico della vicenda Covid-19.
Indicheremo per nome e mostreremo le azioni di quei politici italiani legati
alla tradizione Fabiana che stanno sconvolgendo le nostre vite. Denunceremo la
manipolazione che sta dietro alla narrazione terroristica del coronavirus, la
gravità dei ricatti legati alla campagna vaccinale e le conseguenze sociali ed
economiche di quanto sta accadendo. Proveremo ad individuare gli obiettivi di
questo governo emergenziale della epidemia e constateremo quanto questi
coincidano, in modo inquietante, con quelli, totalitari e antidemocratici, dei
primi pensatori Fabiani.”
[8]David
Icke, L’imbroglio della realtà è l’inganno della percezione.
[9]Paolo
Lombardi e Gianluca Nesi, Sangue e Suolo. Le radici esoteriche del Nuovo Ordine
Europeo nazista.
[10]Il
ministro delle finanze tedesco si è fatto seguire per mesi da un regista con la
sua telecamera, che ne racconta la parabola dagli esordi al fianco di Helmut
Kohl, alle trattative con Yanis Varoufakis, passando per le dimissioni dalla
presidenza del partito per aver incassato un finanziamento occulto di 100mila
marchi da un commerciante di armi.
Per mesi è stato il
politico più presente sulle prime pagine, il volto pubblico per antonomasia
dell’Europa tecnocratica,
il custode inflessibile dell’euro. Wolfgang
Schäuble è divenuto ormai un’icona popolare, una sorta di anti-eroe, come è
doveroso che ci sia in ogni racconto. Di lui, però, si sa poco. È un
personaggio che si concede raramente a racconti personali, ma quando lo fa
dimostra di saperci fare con i media. Per mesi un noto regista tedesco, Stephan Lamby, lo ha seguito
con la videocamera da vicino e ha approntato un documentario per la
televisione, andato in onda lunedì sera con il titolo Macht und Ohnmacht [“Potenza e impotenza”].
A 72 anni il “dottor
Schäuble” – come lo chiama l’amico-rivale Varoufakis – ha una carriera politica alle spalle
come pochi in Germania. La sua biografia riflette la storia tedesca degli
ultimi decenni. I non giovanissimi lo possono ricordare come un brillante
politico destinato a una carriera fulminante, fedelissimo di Helmut Kohl, probabile successore di
quest’ultimo, il ministro degli Interni che appose la firma al trattato di riunificazione della Germania.
Splendori ma anche declini. Prima l’attentato
durante un’iniziativa elettorale che lo condanna sulla sedia a rotelle, poi la
delusione ricevuta da Kohl e la mancata candidatura a cancelliere, infine lo
scandalo sui finanziamenti illegali alla
Cdu che gli costa la presidenza del partito a vantaggio di Angela Merkel.
Il
documentario ripercorre tutti i momenti del duello con l’ex ministro delle
finanze greco, Yanis Varoufakis. Uno scontro giocato sia negli incontri
dell’Eurogruppo – di cui il regista mostra anche alcuni dietro le quinte di Schäuble
con i suoi collaboratori più stretti – sia a distanza sulle pagine dei
giornali. Con il suo protagonismo l’uomo di Berlino attira i riflettori su di
sé e rischia di scompaginare tutto. Che abbia un piano B non è un mistero per
nessuno. Schäuble non lo dice, ma preferirebbe che Atene uscisse dall’euro. “È stato lui in persona a
dirmelo in un nostro incontro a marzo”, racconta Varoufakis. “Cercò di
convincermi della
necessità del Grexit, che così sarebbe stato meglio per la
Grecia e per l’Europa”.
Era,
quella di Schäuble, una
posizione personale? Ha oltrepassato i limiti del proprio
ruolo? Quando parla nei vertici tutti ascoltano in silenzio, “considera
l’Europa una sua creatura”, ma stavolta esagera. “Wolfgang – racconta di
avergli chiesto Varoufakis – ce l’hai un mandato? Se non ce l’hai, queste sono
discussioni puramente accademiche”. Quel mandato, Schäuble non ce l’ha, Angela
Merkel non approva l’uscita di Atene dalla moneta unica. Del resto, il ministro
tedesco non ammette di aver preso l’iniziativa su questo punto nelle trattative
con Varoufakis. “Tutto può essere, abbiamo parlato tanto. Ma noi
nell’eurogruppo non eravamo finora abituati che uno andasse a raccontare ai
giornali il contenuto di conversazioni
confidenziali. Varoufakis ha introdotto un nuovo costume”.
Il
resto è cronaca o quasi. La cancelliera si mette di traverso. Il primo segnale
arriva alla fine di maggio. Angela Merkel prende in mano il pallino del gioco e
invita la numero uno del Fmi Christine
Lagarde e il presidente della Bce Mario Draghi a un vertice a tre
sulla crisi, nonostante Schäuble avesse da poco incontrato i due a Dresda. Le trattative tra
Europa e Grecia sembrano arrivate a un punto di stallo, invece arrivano due
colpi di scena. Primo, il referendum
indetto a sorpresa da Tsipras. Schäuble sottovaluta la situazione. L’esito del
voto arriva inaspettato. “Onestamente, non avevo fatto previsioni, visto che
non ho alcun sentore di quale sia il clima in Grecia. La mia conoscenza è
limitata a quel che leggo sui giornali tedeschi”, risponde ai giornalisti. Il
secondo boccone da digerire è l’annuncio di Angela Merkel che insiste sulla necessità di un accordo e
rilancia un’ultima offerta al governo di Atene. Schäuble il potente deve
inchinarsi e sottomettersi all’autorità.
“Non
mi sono mai adeguato”.
Eppure Schäuble, il fedele servitore dello Stato, si è trovato già altre volte
la strada sbarrata. Da Helmut Kohl, primo fra tutti, il quale, invece di
cedergli il passo nella corsa al cancellierato, rimase fino all’ultimo aggrappato
alla sua carica, “perché solo lui avrebbe potuto portare fino in fondo l’introduzione dell’euro in
Germania”. O, ancora, come quando per ragioni di Stato si trovò costretto a
dimettersi dalla presidenza del partito per aver incassato un finanziamento occulto di
100.000 marchi dal commerciante di armi
Karlheinz Schreiber. Correva l’anno duemila, la CDU di Helmut
Kohl cadeva sotto lo scandalo dei fondi illeciti. Per Wolfgang Schäuble
significò la fine di un sogno e l’arrivo di Angela Merkel. Il vecchio
cancelliere Kohl si ritirò dalla scena politica e si limitò a dire che aveva
raccolto oltre due milioni di vecchi
marchi con la promessa di non rivelare l’identità dei
finanziatori. Oggi Schäuble torna su quel capitolo e lancia una frecciatina al
mentore politico di un tempo: “Non c’era nessun
finanziatore”.
Una
frase che può voler dire molto. Ad esempio, che quel denaro nelle casse della
Cdu provenisse in realtà da
scandali più remoti, da fondi neri elargiti a pioggia dal
grande gruppo industriale Flick
a tutti i partiti a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘80. Anche Kohl era sulla lista
della spesa ma fino a oggi si riteneva che avesse preso in consegna “solo”
565mila marchi. Ora, la frase dell’ex-delfino Schäuble potrebbe far pensare che
la somma fosse più alta, molto più alta, e che il vecchio cancelliere si sia
inventato la storia della “parola data” per non ammettere l’origine autentica
di quel denaro.”
[11]“Lo que están haciendo con Grecia tiene un nombre:
terrorismo. [...] ¿Por qué nos han forzado a cerrar los bancos? Para insuflar
el miedo en la gente. Y cuando se trata de extender el terror, a ese fenómeno
se le llama terrorismo. Pero confío en que el miedo no
gane.”
[12]Quando venne
pubblicato, nel 1997, The Tainted Source,
the Undemocratic Origins of the European Idea di John Laughland venne,
aspramente, criticato dal mondo allora così entusiasticamente, almeno in
apparenza, europeista. Notorie, soprattutto, le prese di posizione di sir
Edward Heath, il premier conservatore
che avviò i negoziati di adesione all’Unione Europea, cui la Brexit ha, nel gennaio del 2020, posto
fine. Anche accademici e giornalisti si scagliarono contro il libro, ma lo
storico Eugen Weber lo accolse con grande attenzione. Il libro venne tradotto
in varie lingue, ma, ovviamente, non in italiano.
[13] In Norvegia, fu fondato, nel 1906, un
istituto di biologia razziale su iniziativa del farmacista Jon Alfred Mjøen.
Nella sua concezione, tale istituto avrebbe dovuto dimostrare la supremazia
della razza nordica. Mjøen aveva collaborato con altri biologi razziali in
Svezia, negli Stati Uniti e in Germania, tra cui Alfred Ploetz, il fondatore
della Rassenhygiene, l’igiene
razziale.
[14] Nel 1925, il Reichstag bocciò il tentativo di legalizzare la sterilizzazione. Nel luglio del 1932, il Governo prussiano elaborò una proposta di legge per la legalizzazione della sterilizzazione. Il 14 luglio 1933, venne emanata la legge sulla sterilizzazione sotto il dissimulato titolo di Legge per la prevenzione di nuove generazioni affette da malattie ereditarie. Si era, così, legalizzato l’approccio medico nazista al problema delle “vite senza valore”. Nel 1935, i leaders tedeschi della sterilizzazione dissero a un visitatore americano che sarebbe stato impossibile portare avanti un “programma cosi ambizioso […] privi della solida base offerta dall’esperienza [californiana]”.
[15]In un discorso tenuto al Congresso dell’Associazione
Psichiatrica Tedesca [Berlino, 26 novembre 2010], nell’ambito del dibattito Psichiatria nel Nazionalsocialismo -
Commemorazione e responsabilità, il suo presidente, il professor Frank
Schneider ha dichiarato:
”Nel
periodo del nazionalsocialismo gli psichiatri hanno condannato persone, hanno
tradito i pazienti che avevano riposto in loro fiducia, e hanno loro mentito,
hanno fatto ostracismo nei confronti dei parenti, hanno permesso che i pazienti
fossero forzatamente sterilizzati e uccisi, e hanno allo stesso modo essi
stessi personalmente ucciso. Noi proviamo vergogna anche perché noi,
l’Associazione psichiatrica tedesca, non siamo stati dalla parte delle nostre
vittime nemmeno negli anni che
seguirono il 1945. Nel luglio 1933, poco dopo l’ascesa di Hitler, fu
passata la Legge sulla prevenzione della prole malata di malattie ereditarie.
Lo psichiatra Ernst Rüdin, presidente dell’Associazione psichiatrica dal 1935
al 1945, e poi direttore dell’Istituto Tedesco di Ricerca, fu il coautore del
commento ufficiale di questa legge.”
”A causa
di questa legge - prosegue Schneider - più di 350.000 persone furono
selezionate dai medici e forzatamente sterilizzate. Più di 6.000 persone
morirono durante questi interventi. Nella sua veste di presidente dell’allora
associazione psichiatrica, Ernst Rüdin nei suoi discorsi d’inaugurazione del
nostro congresso ha più volte parlato in favore di queste sterilizzazioni. Ma
non vi furono solo sterilizzazioni forzate: vi furono anche assassinii… fu uno
psichiatra, Alfred Erich Hoche, nel suo libro del 1920 sull’approvazione dello
sterminio della “vita indegna di vivere”, insieme al giurista Karl Binding, a
coniare il termine “esistenza zavorra” e fu ancora lui che preparò un catalogo
delle presunte malattie mentali incurabili, che chiamò “condizioni di morte
mentale”. Nel 1930 questo diventò nel mensile nazionalsocialista la richiesta:
“Morte alla vita indegna di vivere!”. Nel settembre del 1939 Hitler ordinava la
cosiddetta eutanasia, e incaricò di questo progetto Werner Heyde - ordinario di
psichiatria e neurologia a Wurzburg. Almeno 250 - 300mila persone mentalmente e
fisicamente malate furono vittime di quest’azione e delle seguenti fasi di
uccisione dei malati, che si protrassero per qualche settimana oltre la fine
della guerra.”
[16] Nel 1912, si era svolto, a Londra, il Primo Congresso Mondiale di Eugenetica,
sotto la presidenza del figlio di Charles Darwin, Leonard Darwin, tuttavia solo
dopo la Prima Guerra Mondiale e il Secondo
Congresso Mondiale di Eugenetica del 1921, a New York,
sotto la presidenza onoraria di Alexander Graham Bell, poté attuarsi, nel 1925,
una unione di tutte le società nazionali di eugenetica nell’International Federation of Eugenic
Organizations [IFEO].
[18] Si narra e lo stesso Fritz Lang raccontò
più volte che, la sera stessa del colloquio, fosse fuggito a Parigi. Non sono
stati trovati documenti nella cancelleria e nel diario di Joseph Goebbles che
facciano riferimento a questo incontro e Lang non fuggì, definitivamente, dalla
Germania nazista, anzi sul suo passaporto sono stati trovati vari visti di
entrata nel suo Paese natale. Nel 1934, Lang decise di partire per Hollywood
alla ricerca di una nuova condizione di vita.
[20] La Legge
per la Protezione del Sangue e dell’Onore Tedesco
ovvero la Seconda Legge di Norimberga recita:
Il Reichstag
fermamente convinto che la purezza del sangue tedesco sia essenziale per il
futuro del popolo tedesco e ispirato dalla inflessibile volontà di
salvaguardare il futuro della Nazione Germanica, ha, unanimemente, deciso
l’emanazione della seguente Legge:
Articolo I
1.I matrimoni tra ebrei e cittadini di
sangue tedesco o affini sono proibiti. I matrimoni contratti in violazione
della presente legge sono nulli anche se per eludere questa legge venissero
contratti all’estero.
2. Le procedure legali per l’annullamento possono essere iniziate soltanto
dalla Procura di Stato.
Articolo II
Le
relazioni extraconiugali tra ebrei e cittadini di sangue tedesco o affini sono
proibite.
Articolo III
Agli
ebrei non è consentito impiegare come domestiche donne di sangue tedesco o
affini di età inferiore ai 45 anni.
Articolo IV
1.
Agli ebrei è vietato esporre la bandiera nazionale del Reich o i suoi colori.
2.
Agli ebrei è consentita l’esposizione dei colori giudaici. L’esercizio di
questo diritto è tutelato dallo Stato.
Articolo V
1.Chiunque violi il divieto previsto
dall’Articolo I sarà condannato ai lavori forzati.
2.Chiunque violi il divieto previsto
dall’Articolo II sarà condannato al carcere o ai lavori forzati.
3.Chiunque violi i divieti previsti
dall’Articolo III e dall’Articolo IV sarà punito con un anno di carcere o con
una ammenda, oppure con entrambe le sanzioni.
Articolo VI
Il
ministro degli interni del Reich, in accordo con il Vice Führer e il
ministro della giustizia del Reich, emaneranno i regolamenti e le procedure
amministrative necessarie per l’applicazione della legge. Articolo VII
La
legge entrerà in vigore il giorno successivo alla sua promulgazione a eccezione
dell’Articolo III che avrà effetto entro e non oltre l’1 Gennaio 1936.
ll führer e cancelliere del Reich: Adolph Hitler
Il
ministro dell’interno del Reich: Wilhelm Frick
Il
ministro della giustizia del Reich: Dr. Gürtner
Il
vice führer: Rudolf Hess
[21] Nel 1941, Jan Valtin pubblicò negli Stati
Uniti la sua autobiografia romanzata, Out of the Night. Nel libro Valtin
si sofferma diffusamente sui rapporti tra il KPD e l’NSDAP, scrivendo
che i due partiti “unirono le forze per
tagliare la gola a una democrazia già vacillante. Fu una strana alleanza, mai
ufficialmente proclamata o riconosciuta né dalla burocrazia rossa né da quella
bruna, ma un fatto orribile comunque”. Secondo Valtin, nella base del
partito molti resistettero sotterraneamente a tale linea. Valtin fu, invece,
tra gli elementi fedeli alle direttive del Comitato Centrale, per cui “una tregua temporanea e un’azione combinata
venivano concordate tra i seguaci di Stalin e di Hitler ogni volta che
intravedevano un’opportunità per attaccare e interrompere riunioni e
manifestazioni del fronte democratico”.
Valtin scrive che nel solo 1931 partecipò “a dozzine di tali imprese terroristiche
insieme ai più violenti elementi nazisti”. Per illustrare il funzionamento
di quella che definisce “alleanza Dimitrov-Hitler”, menziona in particolare gli
assalti, che afferma di aver condotto insieme a un membro delle SA di nome Walter Tidow, a due eventi
democratici: un’assemblea dei delegati marittimi e portuali indetta dal
sindacato socialista dei trasporti, che si sarebbe svolta nella Camera del
Lavoro di Brema, nella primavera del 1931, e un comizio del Partito Democratico Tedesco, cui avrebbe
partecipato come principale oratore il generale Paul Emil von Lettow-Vorbeck,
di cui non indica né luogo né data.
In uno studio sui rapporti tra KPD e NSDAP, Davis William Daycock scrive di non aver trovato riscontri
nei registri dei sindacati in merito al primo dei due eventi menzionati da
Valtin, ma non esclude che potrebbe trattarsi di un’assemblea sindacale di
importanza locale non riportata nelle fonti consultate. Daycock, tuttavia,
riscontra forti similitudini tra quanto scritto da Valtin e i resoconti della
stampa del Partito Comunista di
Opposizione [KPO] in merito ad aggressioni subite per mano del KPD.
In merito al plebiscito sullo scioglimento
del Landtag prussiano del 9 agosto 1931, Valtin riporta che le perplessità
nella base comunista circa l’opportunità di aderire all’iniziativa delle destre
contro il Governo socialdemocratico prussiano furono vinte dalla direzione del Comintern, cosicché “mentre i gruppi terroristici comunisti e nazisti facevano fuoco l’un
contro l’altro in schermaglie notturne, i comunisti si recavano lealmente alle
urne per dare i loro voti a sostegno di una campagna lanciata dal monarchico
Hugenberg e dal fascista Hitler”. Riguardo alla generale politica del KPD, Valtin commenta: “I migliori alleati involontari di Hitler
eravamo noi, i comunisti.”
[22]Ernst
Julius Günther Röhm, al tempo noto omosessuale, era per questo molto mal
visto nell’ambientevölkisch [nazionalista] e di destra, specie quando
la sua omosessualità iniziò a essere usata per attacchi personali dalla
sinistra. Alcune lettere indirizzate a un prostituto furono pubblicate dalla
stampa antinazista dopo un fallito tentativo di estorsione da parte del
giovane. Poco dopo l’assassinio di Röhm, la persecuzione degli omosessuali che,
fino a quel momento, non era stata condotta in modo sistematico, conobbe un
rapido incremento. Venne inasprito, nel 1935, il paragrafo 175 – noto come §175 StGB –, che considerava un
crimine i rapporti omosessuali e nelle prime versioni criminalizzava anche la
zooerastia. In tutte le maggiori
città si assistette alla chiusura di luoghi d’incontro di omosessuali, a razzie
e a delazioni.
[23] Sono dette Nürnberger Gesetze, Leggi
di Norimberga,l’insieme delle tre leggi emanate il 15
settembre 1935 dal Reichstag dal Partito Nazionalsocialista, convocato a
Norimberga, in occasione del VII
Raduno, e comprendono:
-la Legge per la Protezione del Sangue e
dell’Onore Tedesco;
-la Legge sulla Cittadinanza del Reich;
-la Legge sulla Bandiera del Reich.
Tutte e tre le leggi vennero pubblicate
sul Reichsgesetzblatt Parte I nr.
100, il 16 settembre del 1935, con la postilla “am Reichsparteitag der
Freiheit” [“in occasione del raduno della libertà”]. Furono
annullate, il 20 settembre 1945, dalla Legge
n. 1 della Commissione Alleata di
Controllo.
[24]Con la Legge
sulla Cittadinanza del Reich, gli ebrei cessavano di essere cittadini, ma
restavano appartenenti allo Stato, ovvero – come osserva Giorgio Agamben –
perdevano, “con la cittadinanza, ogni
identità giuridica, ma mantenevano almeno quella di ebrei”, ovvero di esseri
“giuridicamente innominabili e
inclassificabili” e quindi “oggetto
di una pura signoria di fatto”, nella sostanza “sudditi”.
Come ricorda
Hannah Arendt, nel febbraio del 1938, il Ministero dell’Interno del Reich
presentò “un progetto di legge concernente
l’acquisto o la perdita della cittadinanza tedesca” che andava molto più in
là della Legislazione di Norimberga.
Disponeva che tutti i figli di “ebrei,
ebrei di razza mista o altre persone di sangue straniero” [che non potevano
mai diventare cittadini del Reich]
non avessero più diritto alla cittadinanza, “neppure
se il padre poss[edesse] la cittadinanza tedesca dalla nascita”. Tali
misure non erano riservate solo agli ebrei, infatti, il 19 luglio 1939, il
ministro della giustizia raccomandò di sostituire l’espressione “ebreo ed ebreo di razza mista” con “individui di sangue straniero”. Inoltre
i provvedimenti contenuti nel progetto di legge avrebbero dovuto essere estesi
anche ai trovatelli, da considerarsi apolidi fino all’accertamento delle loro
“caratteristiche razziali”. In questo modo – conclude Arendt
– “era deliberatamente capovolto il
principio secondo cui un individuo nasce con diritti inalienabili garantiti
dalla sua cittadinanza: ogni individuo era per natura senza diritti, senza
stato, a meno che non si decidesse altrimenti”.
La Reichsbürger, la Legge sulla Cittadinanza
Tedesca
recita:
Il
Parlamento del Reich ha approvato all’unanimità la seguente legge: Articolo I
1.
Cittadino dello Stato è quella persona che gode della protezione del Reich
Tedesco e che in conseguenza di ciò ha specifici doveri verso di esso.
2. Lo
status di cittadino del Reich viene acquisito secondo le norme stabilite dai
Decreti del Reich e dalla Legge sulla Cittadinanza dello Stato.
Articolo II
1.
Cittadino del Reich può essere solo colui che abbia sangue tedesco o affine e
che dimostri, attraverso il suo comportamento, il desiderio di voler servire
fedelmente il Reich e il popolo tedesco.
2. Il diritto alla Cittadinanza viene acquisito attraverso la concessione di un
Certificato di Cittadinanza del Reich.
3. Solo un cittadino del Reich gode di tutti i diritti politici stabiliti dalla
Legge.
Articolo III
Il ministro
dell’interno del Reich, di concerto con il vice führer, emanerà le ordinanze e
i provvedimenti amministrativi necessari a integrare e attuare questa legge.
[25]Helene
Julie Mayer lasciò la Germania, nel 1933. Nel 1952, fece ritorno in
Germania, dove sposò Erwin Falkner von Sonnenburg, in una tranquilla cerimonia
a Monaco. La coppia si stabilì sulle colline vicino a Stoccarda, prima di
stabilirsi a Heidelberg. Morì di cancro al seno, nell’ottobre del 1953, due
mesi prima del suo quarantatreesimo compleanno.
[26] L’ultima estate di Berlino
nasce come testo teatrale con il titolo Le Olimpiadi del 1936, prima di
diventare un romanzo. Si tratta della rivisitazione letteraria della storia
delle ultime settimane di vita di Wolfgang Fürstner, capitano della Wehrmacht, veterano pluridecorato della
Prima Guerra Mondiale, responsabile della perfetta macchina organizzativa delle
Olimpiadi di Berlino del 1936.
[27]“On ne m’avait pas vacciné en Suède contre l’idéologie nazie et tout en
elle me parut admirable. C’était fascinant – du moins, c’est ainsi que je
ressentis les choses à l’époque. Il y eut, pendant mon séjour, un immense
défilé et le Führer fit son apparition. Nous étions très près de lui : la
fascination qui se dégageait de tout ce spectacle était hallucinante. Je suis
retourné en Suède totalement converti au national-socialisme : je n’avais
jamais rien vécu de tel.” [https://www.cairn.info/revue-la-clinique-lacanienne-2012-1-page-229.htm]
[28] Sir Francis Galton, di famiglia
quacchera, era nipote di Erasmus Darwin e cugino di Charles Darwin. Sua madre,
Frances Ann Violetta Darwin, era la sorellastra minore del padre di Charles
Darwin, Robert.
[29]Nel 1910, Charles B.
Davenport [tra i fondatori dell’ecologia] fondò il più importante centro
americano per la ricerca e la diffusione della dottrina eugenetica, l’Eugenics Record Office che promosse la
sterilizzazione dei “non idonei” alla riproduzione perché portatori di tare
ereditarie.
[30] Nel gennaio 1938, fu costituita la Società Nazionale per la Legalizzazione
dell’Eutanasia, ribattezzata l’Euthanasia
Society of America [ESA] nello stesso anno. Ha sostenuto la legalizzazione
dell’eutanasia negli Stati Uniti, principalmente esercitando pressioni sui
legislatori statali. Molti importanti membri dell’ESA hanno sostenuto l’eutanasia involontaria delle persone con
disabilità mentali, tra cui Ann Mitchell, un’ex-paziente asilo e principale
sostenitrice finanziaria dell’ESA
fino al suo suicidio nel 1942. Ann Mitchell è anche accreditata per aver
strutturato l’ESA come progetto
eugenetico. Il primo presidente dell’ESA
è stato Charles Potter, un ex-ministro battista che sosteneva la
sterilizzazione eugenetica coercitiva e l’eutanasia involontaria per eliminare
le persone difettose indesiderabili dalla società. L’ESA inizialmente sosteneva l’eutanasia volontaria e involontaria
delle persone con disabilità gravi. L’organizzazione si rese presto conto che
l’eutanasia involontaria aveva connotazioni negative, in particolare la sua
associazione con il programma di eutanasia dei nazisti, e iniziò a sostenere
esclusivamente l’eutanasia volontaria. L’ESA continua a esistere oggi.
Buck v. Bell, Superintendent of State Colony
Epileptics and Feeble Minded.
No. 292.
Argued April 22, 1927.
Decided May 2, 1927.
Mr. I. P. Whitehead, of Lynchburg, Va., for plaintiff
in error.
[Argument of Counsel from pages 201-202 intentionally
omitted]
Mr. A. E. Strode, of Lynchburg, Va., for defendant in
error.
[Argument of Counsel from pages 203-205 intentionally
omitted]
Mr. Justice Holmes delivered the opinion of the Court.
1
This is a writ of error to review a judgment of the
Supreme Court of Appeals of the State of Virginia, affirming a judgment of the
Circuit Court of Amherst County, by which the defendant in error, the
superintendent of the State Colony for Epileptics and Feeble Minded, was
ordered to perform the operation of salpingectomy upon Carrie Buck, the
plaintiff in error, for the purpose of making her sterile. 143 Va. 310, 130 S.
E. 516. The case comes here upon the contention that the statute authorizing
the judgment is void under the Fourteenth Amendment [https://www.law.cornell.edu/constitution/amendmentxiv] as denying to the plaintiff in error due process of
law and the equal protection of the laws.
2
Carrie Buck is a feeble-minded white woman who was
committed to the State Colony above mentioned in due form. She is the daughter
of a feeble-minded mother in the same institution, and the mother of an
illegitimate feeble-minded child. She was eighteen years old at the time of the
trial of her case in the Circuit Court in the latter part of 1924. An Act of
Virginia approved March 20, 1924 [Laws 1924, c. 394] recites that the health of
the patient and the welfare of society may be promoted in certain cases by the
sterilization of mental defectives, under careful safeguard, etc.; that the
sterilization may be effected in males by vasectomy and in females by
salpingectomy, without serious pain or substantial danger to life; that the
Commonwealth is supporting in various institutions many defective persons who
if now discharged would become a menace but if incapable of procreating might
be discharged with safety and become self-supporting with benefit to themselves
and to society; and that experience has shown that heredity plays an important
part in the transmission of insanity, imbecility, etc. The statute then enacts
that whenever the superintendent of certain institutions including the
abovenamed State Colony shall be of opinion that it is for the best interest of
the patients and of society that an inmate under his care should be sexually
sterilized, he may have the operation performed upon any patient afflicted with
hereditary forms of insanity, imbecility, etc., on complying with the very
careful provisions by which the act protects the patients from possible abuse.
3
The superintendent first presents a petition to the
special board of directors of his hospital or colony, stating the facts and the
grounds for his opinion, verified by affidavit. Notice of the petition and of
the time and place of the hearing in the institution is to be served upon the
inmate, and also upon his guardian, and if there is no guardian the
superintendent is to apply to the Circuit Court of the County to appoint one.
If the inmate is a minor notice also is to be given to his parents, if any,
with a copy of the petition. The board is to see to it that the inmate may
attend the hearings if desired by him or his guardian. The evidence is all to
be reduced to writing, and after the board has made its order for or against
the operation, the superintendent, or the inmate, or his guardian, may appeal
to the Circuit Court of the County. The Circuit Court may consider the record
of the board and the evidence before it and such other admissible evidence as
may be offered, and may affirm, revise, or reverse the order of the board and
enter such order as it deems just. Finally any party may apply to the Supreme
Court of Appeals, which, if it grants the appeal, is to hear the case upon the
record of the trial in the Circuit Court and may enter such order as it thinks
the Circuit Court should have entered. There can be no doubt that so far as
procedure is concerned the rights of the patient are most carefully considered,
and as every step in this case was taken in scrupulous compliance with the
statute and after months of observation, there is no doubt that in that respect
the plaintiff in error has had due process at law.
4
The attack is not upon the procedure but upon the
substantive law. It seems to be contended that in no circumstances could such
an order be justified. It certainly is contended that the order cannot be
justified upon the existing grounds. The judgment finds the facts that have
been recited and that Carrie Buck ‘is the probable potential parent of socially
inadequate offspring, likewise afflicted, that she may be sexually sterilized
without detriment to her general health and that her welfare and that of
society will be promoted by her sterilization,’ and thereupon makes the order.
In view of the general declarations of the Legislature and the specific
findings of the Court obviously we cannot say as matter of law that the grounds
do not exist, and if they exist they justify the result. We have seen more than
once that the public welfare may call upon the best citizens for their lives.
It would be strange if it could not call upon those who already sap the
strength of the State for these lesser sacrifices, often not felt to be such by
those concerned, in order to prevent our being swamped with incompetence. It is
better for all the world, if instead of waiting to execute degenerate offspring
for crime, or to let them starve for their imbecility, society can prevent
those who are manifestly unfit from continuing their kind. The principle that
sustains compulsory vaccination is broad enough to cover cutting the Fallopian
tubes. Jacobson v. Massachusetts, 197 U. S. 11 [https://www.law.cornell.edu/supremecourt/text/197/11], 25 [https://www.law.cornell.edu/supremecourt/text/274/200] S. Ct. 358, 49 L. Ed. 643, 3 Ann. Cas. 765. Three
generations of imbeciles are enough.
5
But, it is said, however it might be if this reasoning
were applied generally, it fails when it is confined to the small number who
are in the institutions named and is not applied to the multitudes outside. It
is the usual last resort of constitutional arguments to point out shortcomings
of this sort. But the answer is that the law does all that is needed when it
does all that it can, indicates a policy, applies it to all within the lines,
and seeks to bring within the lines all similary situated so far and so fast as
its means allow. Of course so far as the operations enable those who otherwise
must be kept confined to be returned to the world, and thus open the asylum to
others, the equality aimed at will be more nearly reached.
Al
processo di Norimberga alcuni gerarchi nazisti citarono a propria difesa questa
sentenza.
[32] Negli anni della Repubblica di Weimar
furono fondati dei centri di ricerca sull’eugenetica che favorirono la
diffusione dello studio sull’igiene della razza. I più prestigiosi furono:
- l’Istituto
di ricerca tedesco per la psichiatria di Monaco, che sorse, nel 1918,
grazie ai finanziamenti della Fondazione
Rockefeller, e, nel 1924, assunse il nome di Kaiser Wilhelm institut für Genealogie und Demographie. Nel 1931, fu
direttore lo svizzero Ernst Rüdin, che diede un apporto fondamentale alla
redazione delle leggi nazista sulla sterilizzazione;
- il Kaiser Wilhelm Institut für Anthropologie,
menschliche Erblehre und Fugenik, inaugurato, nel 1927, nel sobborgo
berlinese di Dahlem. Il
direttore fu l’antropologo Eugen Fischer che aveva condotto le sue ricerche in
Africa occidentale.
Nel 1928, l’Università di Monaco istituì
la prima cattedra di Igiene della razza e chiamò Heinrich Friedrich Emil Lenz a
ricoprirla, e quando Hitler sali al potere, Lenz ricoprì la stessa cattedra
presso la prestigiosa Università di Berlino.
[33]“We should hire three or four
colored ministers, preferably with social-service backgrounds, and with
engaging personalities. The most successful educational approach to the
Negro is through a religious appeal. We don’t want the word to go out that we
want to exterminate the Negro population, and the minister is the man who can
straighten out that idea if it ever occurs to any of their more rebellious
members.”
[34]“Birth Control is not
contraception indiscriminately and thoughtlessly practiced. It means the
release and cultivation of the better racial elements in our society, and the
gradual suppression, elimination and eventual extirpation of defective stocks —
those human weeds which threaten the blooming of the finest flowers of American
civilization.”
[35][Editor’s note: Starbucks
disputed the premise of this piece in a statement, noting that its
contributions to Planned Parenthood are part of the company’s charitable
matching gift program. A Starbucks spokesperson told the Washington Examiner:
“Starbucks does not have a corporate relationship or sponsorship with Planned
Parenthood. Starbucks is listed as a donor of an organization because the
Starbucks ‘Partner Match’ program provides matched cash awards for
contributions made by Starbucks partners [employees]. ... Most 501[c][3]
designated nonprofit organizations in the U.S. and most Registered Charities in
Canada qualify to receive matching funds.”]
On Tuesday, Starbucks will have a “racial-bias
education” day for its nearly 175,000 employees in an attempt to sweep under
the rug its recent public relations nightmares.
A woman walks into a Starbucks in New York City as
several people sit near the front door.
After two African-American men sat in a Philadelphia
Starbucks without ordering last month, they were arrested for “trespassing”.
Ever since, the coffee giant has been doing a mea culpa for the appearance of
conducting racist business practices and has announced that no one has to buy
anything to sit in one of its coffee shops or use the restrooms. A second
racial incident last week in Los Angeles underscored that maybe some racial
sensitivity training is in order.
But Starbucks had racism in its corporate identity
long before the April arrests.
Through its corporate donations, Starbucks contributes
to one of the most racist organizations in our nation’s history. Planned
Parenthood, the largest single provider of abortions in the U.S., performs more
than 300,000 terminations each year.
Planned Parenthood’s disdain for human dignity,
especially in the African-American community, is deeply embedded in its
101-year history. The numbers do not lie.
More African-Americans have died from abortion than
from AIDS, accidents, violent crimes, cancer, and heart disease — combined.In America today, a black childis three times more likely to be
killedin the womb than a white
child. And since 1973, abortion has reduced the black population by more than
25 percent. Planned Parenthood operates the nation’s largest chain of abortion
facilities, and almost 80 percent of its facilities are located in minority
neighborhoods. About 13 percent of American women are black, but they have more
than 35 percent of the abortions. I often say that abortion is the civil rights
issue of our time. Abortion denies the rights of the innocent. It refuses to
help the most vulnerable. Abortion segregates the unborn child from his or her
mother, and all of society.
But Planned Parenthood’s civil rights violations go
even deeper.
Abortion mills like Planned Parenthood didn’t become
prevalent in the lives of pregnant African-American women by happenstance.
Planned Parenthood’s business model was specifically engineered to target them.
In 2015, I joined my fellow civil rights leaders to
protest the Smithsonian Institution’s decision to display a bust of Planned
Parenthood Founder Margaret Sanger in the National Portrait Gallery.
Sanger, who founded the organization that would become
Planned Parenthood, was an outspoken racist with genocidal intentions. Active
with the Ku Klux Klan and the eugenics movement, Sanger’s stated agenda was to
eradicate the African-American population. Her dream is being realized by the
onslaught of minority abortions today.
Through the founding of Planned Parenthood, Sanger was
a pioneer of modern-day deceptive women’s health practices and the engineer of
modern-day black eugenics.
My fellow civil rights leaders and I wrote a
passionate letter to the Smithsonian demanding the bust be removed. We made
clear how the founder of Planned Parenthood has degraded the black community:
“Perhaps the Gallery is unaware that Ms. Sanger
supported black eugenics, a racist attitude toward black and other minority
babies; an elitist attitude toward those she regarded as ‘the feeble minded;’
speaking at rallies of Ku Klux Klan women; and communications with Hitler
sympathizers. Also, the notorious “Negro Project” which sought to limit, if not
eliminate, black births, was her brainchild. Despite these well-documented
facts of history, her bust sits proudly in your gallery as a hero of justice.
The obvious incongruity is staggering!”
Planned Parenthood has spent an entire century
murdering children and eradicating African-Americans. Meanwhile, the tide is
turning against the injustice of abortion, with a majority of Americans saying
they do not want the taxpayer funding of abortion.
It’s time for corporations like Starbucks that claim
to care about “racial-bias” to stop funding Planned Parenthood’s house of
horrors, which has taken precious lives away from minority communities and from
society at large.
Starbucks, if you’re really serious about eliminating
racism, you will acknowledge that black people, and indeed all human beings,
are of one blood and one human race, born and unborn. Racism and abortion are
crimes against humanity.
We’d be happy to sit down with you to discuss racial
justice over a cup of coffee.”
Washington
ExaminerAlveda
King, If Starbucks wants to end racism, it’ll stop funding Planned Parenthood,
29 maggio 2018
We are a diverse coalition of Black leaders fighting
for the dignity of all human life. Like you, we feel called to action by
America’s collective reckoning with its history of racism and unjust violence
against Black lives. We affirm, with you, that Black lives matter and that
every human being, regardless of race or ethnicity, deserves equal respect,
equal rights, and equal dignity.
That’s why we’re writing to you today. We are asking
you to use your position at Planned Parenthood to confront the systemic racism
of America’s abortion practices and to publicly renounce the racist legacy of
your founder, Margaret Sanger.
Since George Floyd’s tragic death in police custody,
Planned Parenthood has openly voiced its support of the Black Lives Matter
movement and its commitment to combating racism in all its forms. Planned
Parenthood National has said that Planned Parenthood will be “turning inward and dedicating ourselves to
calling out injustice and reckoning with our own institutionalized racism long-term.”
In your own statement about America’s reckoning with racism, you said: “We demand justice…we must demand an end to the
inequity that continues to define every moment of life for Black
America.”
But Ms. Johnson, will you confront the iniquity that
your abortion practices perpetrate against Black lives? Will you fight the
racism that targets Black lives in the womb?
The impact of abortion on Black communities is unequal
and disproportionate. Despite constituting only 13% of the female population, Black
women represent 36% of all abortions, and Black women are five times more
likely than white women to receive an abortion. In some cities, like New York,
more Black children are aborted every year than are born alive.
This is no accident. Across the country, Planned
Parenthood’s surgical facilities target minority communities for abortion. In
fact, 79% of Planned Parenthood’s surgical abortion facilities are located in
or near communities of color. Can Planned Parenthood really claim to care for
Black lives while remaining complicit in the targeting of Black pregnant women?
This massive iniquity, and the disproportionate harm
it does to Black Americans, is fully in keeping with the racist, eugenicist
vision of your organization’s founder. Margaret Sanger wanted to use abortion
and contraception to cull minority populations.
When Black employees of Planned Parenthood of New York called for the removal
of Laura McQuade as president and CEO, they raised awareness about the toxic
culture and systemic racism within the organization, including pay inequity and
racial inequities among patients. This is no surprise considering the
organization’s founding beliefs about minority and vulnerable populations.
Ms. Johnson, your words about the Black Lives Matter
movement ring hollow while your organization perpetuates this racist legacy.
While Planned Parenthood of Greater New York and North
Central States has disavowed Sanger’s eugenic views, Planned Parenthood
National has remained silent.
We call on you to change that. Planned Parenthood
National must renounce the views and legacy of its founder and acknowledge and
discontinue its ongoing systemic targeting of Black Americans with abortion
facilities.
You are right that every American must confront,
challenge, and dismantle the racist institutions and practices that surround
us. Planned Parenthood must do the same.
Sincerely,
Rev. Dean Nelson, Hon. Katrina
Jackson, Hon. Kay James, Hon. Mack Jackson, Hon. Monica Sparks, Dr. Deborah
Honeycutt, Dr. John Diggs, Dr. Freda Bush, Mr. Benjamin Watson, Mr. Chris
Broussard, Bishop George McKinney, Bishop Vincent Mathews, Bishop Joseph Garlington,
Bishop Wellington Boone, Dr. Deborah Owens, Dr. Alveda King, Pastor Devon
Alexander, Jonathan Alexandre Esq., Abdul Ali, Claude Allen Esq., Dr. Robin
Armstrong, Eddie Beal Esq., Christina Bennett, Dr. Valerie Berry, Hon. Kenneth
Blackwell, Pastor Cecil Blye, Tia Boone, Roger Breedlove, Rev. Doyle Bursey,
Rachel Citak, Esq., Hon. Bill Cleveland,Bishop Gilbert Coleman, Brandon Cooper Esq., Pastor Pearl Corbin, Pastor
Shirley Corbin, Pastor Arnold Culbreath, Pastor Warren Curry, Dr. Donna
Dalgetty, Catherine Davis, Pastor Helen Davis, Pastor Calvin Duncan, Wayne
Dupree, Connie Eller, Hon. Melvin Everson, Rev. Michel Faulkner, Marie Fischer,
Bishop Mary Floyd-Palmer, Cheryl Gaines Esq., Justin Giboney Esq., Pastor
Marylin Gool, Dr. Joseph Green, Hon. William Green, Rev. Trevon Gross, Rev. JR
Gurley, Pastor Kimberly Hardy-Watson, Philip Harlow, Ruby Harlow, Bishop
Michael Harris,Gerard Henry, Curtis
Hill Esq., Jeremy Hunt, Garland Hunt Esq., Shirley Husar, Bishop Darrell
Husband, Dr. Deborah Igiehon, Pastor John Ivey, Bishop Harry Jackson, Diante
Johnson, Dr. Michael Johnson, Dr. ML Johnson, Dr. Noreen Johnson, Sylvia
Johnson-Mathews, Bishop Melvin Jorden, Ayesha Kreutz, Pastor Donovan Larkins,
Bishop Jim Logan, Dr. Carolyn Love, Pastor Herb Lusk, Dr. Walter McCray, Kevin
McGary, Rev. Kyle McGlotten, Apostle Arthur McGuire, Sandi McGuire, Pastor
Cheston McCrea, Dr. Chris Metzler, Monique Miles Esq., Angela Minter,
Evangelist Lesley Monet, Rev. Steven Mosely, Pastor Walter Moss, Pastor Trennon
Neal, Rev. Bill Owens, Dr. Steve Parsons, Dr. Carl Pete, Felice Pete, Pastor
Larry Reeves, Rev. Darrell Robinson, Dr. Haywood Robinson, Dr. Gayle Rogers,
Andrew Shannon, Dr. Randy Short, Dr. Doris Sims, Pastor Carlton Smith, Bishop
Felton Smith, Readus Smith, Chuck Smith Esq., Torrey Snow, Dr. Michael
Stephens, Apostle John W. Stevenson, Pastor Darrian Summerville, Dr. Carol
Swain, Joel Trout, Jessica Ann Tyson, Dr. John Tyus, Peter Vasquez, Michael
Vaughn, Sheila Vaughn, Cuevas Walker, Rev. John Walker, Dr. John Walker, Rev.
James Walston, Dr. Patricia Ware, Dr. Kim Warfield-Walker, Stacie Washington,
Hon. James White, Racquel Williams-Jones, Bishop Patrick Wooden, Dr. David
Wright, Pastor Shannon Wright. [https://www.prolife.org/letter-to-planned-parenthood/?fbclid=IwAR3jgxBP2riYPB4B1dbMuVM7Oi8zFd7PPidZrbeZhqfNZILRPnhw0Kl6Sso, https://hucoaction.org/wp-content/uploads/2020/09/Letter-To-Planned-Parenthood-AllSigners.pdf]
[37]“The impact of abortion on
Black communities is unequal and disproportionate. Despite constituting only
13% of the female population, Black women represent 36% of all abortions, and
Black women are five times more likely than white women to receive an abortion.
In some cities, like New York, more Black children are aborted every year than
are born alive.
This is no accident. Across the country, Planned
Parenthood’s surgical facilities target minority communities for abortion. In
fact, 79% of Planned Parenthood’s surgical abortion facilities are located in
or near communities of color.”
I want to salute and thank my
dear friend, Congresswoman Sheila Jackson-Lee. [Applause.] She is a warrior,
someone who when she’s on your side you feel like you’re surrounded by a legion
of likeminded, true, hardworking, committed warriors who care about what’s at
stake for our country. And I am so grateful to her. She and I worked together
for many years on a number of issues, but one will come to fruition next month
when finally a woman of color takes her place among the statuaries in the
Congress when Sojourner Truth is finally given a place of honor in the Capitol.
[Applause.]
Also somewhere in this crowd
are Congressman Al Green and Congressman Gene Green, the Green team, from the
9th and the 29th districts, and also Houston’s superb mayor, Mayor Bill White,
is with us. [Applause.] You know, they had to invent a new category for Mayor
White when, as a Democrat, he started getting approval ratings in the high 80s.
[Laughter.] But the best politics usually flows from the best policies and the
best leadership, and he’s provided both. [Applause.]
I also want to thank my dear
friend as well, America Ferrera, a wonderful, talented young woman of such
great grace. And Kelly Willis, you have a new fan. I told Cecile I love your
music, and she promised to send me a CD. So I thank you for being part of this.
Now, I have to tell you that
it was a great privilege when I was told that I would receive this award. I
admire Margaret Sanger enormously, her courage, her tenacity, her vision.
Another of my great friends, Ellen Chesler, is here, who wrote a magnificent
biography of Margaret Sanger called Woman
of Valor. And when I think about what she did all those years ago in
Brooklyn, taking on archetypes, taking on attitudes and accusations flowing
from all directions, I am really in awe of her.
And there are a lot of lessons
that we can learn from her life and from the cause she launched and fought for
and sacrificed so bravely. One in particular, though, has always stood out for
me almost a hundred years later. It’s the lesson that women’s empowerment is
always, always about more than bettering the lives of individual women. It is
part of a movement. It’s about economic and political progress for all women
and girls. It’s about making sure that every woman and girl everywhere has the
opportunities that she deserves to fulfill her potential, a potential as a
mother, as a worker, as a human being.
The overarching mission of the
Planned Parenthood Federation of America and the cause of reproductive freedom
that you continue to advance today is as relevant in our world now as it was a
hundred years ago. [Applause.] So I thank you.
The 20th century reproductive
rights movement, really embodied in the life and leadership of Margaret Sanger,
was one of the most transformational in the entire history of the human race.
It has changed the lives of tens of millions of women. It has changed attitudes
and perceptions about women and our roles in society. It ushered in demographic
and social changes that have brought us closer to gender equality than at any
time.
Yet we know that Margaret
Sanger’s work here in the United States and certainly across our globe is not
done. Here at home, there are still too many women who are denied their rights
because of income, because of opposition, because of attitudes that they
harbor. But around the world, too many women are denied even the opportunity to
know about how to plan and space their families. They’re denied the power to do
anything about the most intimate of decisions.
And the derivative inequities
that result from all of that are evident in the fact that women and girls are
still the majority of the world’s poor, unschooled, unhealthy, and underfed.
This is and has been for many years a matter of personal and professional
importance to me, and I want to assure you that reproductive rights and the
umbrella issue of women’s rights and empowerment will be a key to the foreign
policy of this Administration. [Applause.]
You see, I believe that
women’s rights and empowerment is an indispensible ingredient of smart power
and therefore is integrated into our renewed emphasis on diplomacy and
development. This is especially important today, when poverty and the lack of
healthcare and education, hunger and job loss, are amplified by the current
economic crisis. And I was very proud when President Obama repealed the Mexico
City policy. [Applause.]
As a result, nongovernmental
organizations overseas can once again use U.S. funding to provide the full
range of family planning services so that women and their families can get
access to the healthcare that they need. President Obama’s decision on Mexico
City and his signing shortly thereafter of the Lilly Ledbetter legislation –
[applause] – reflects a deep personal commitment to expanding opportunities for
women. And the announcement about a week ago of the establishment once again of
an Office for Women and Girls in the White House will give voice and action
behind that commitment. [Applause.]
I am also pleased to tell you
that we announced that the United States will once again fund family planning
through the United Nations. [Applause.] We are going to fund a contribution of
$50 million this fiscal year. That’s a 130 percent increase over our last
contribution, which was made in 2001. Congress has also approved the
Administration’s request for $545 million in bilateral assistance for family
planning and reproductive health programs this year. And this is a significant
increase over last year. Because I and the Administration and not wavering in
our commitments to development assistance even in these tough economic times.
[Applause.]
Now, some might ask, well,
we’ve got problems here at home – and we sure do. Unemployment is rising.
People are losing not only jobs but their homes. We’re seeing small businesses that
were flourishing a few years ago shut their doors. And yet it’s important to
remember that what we do to advance and protect our security, our interests,
and our values overseas really does affect what our future will be like right
here in Houston and across America. Because at root, the complex global issues
we face speak to the importance of human security and material well-being, and
the necessity of ensuring that opportunities for those on the margins of life
and society, particularly women and children, are essential for the United
States to continue to promote.
Earlier this morning, and one
of the reasons why I was so late getting to my first event, which was up in
Dallas at the Women’s Museum, and then to come down here to Houston, is because
I was at the White House with the President and our national security team
announcing the results of our strategic review about Afghanistan and Pakistan.
And as we went through this review over the last two months, one of the points
that I and others made is that as we integrate our military and civilian
aspects with a mission of disrupting and dismantling and defeating al-Qaida and
their allies in Afghanistan and Pakistan, we cannot lose sight of the fact that
assisting women’s development in those two countries is part of America’s
strategy to be successful in our mission. [Applause.]
A society that denies and
demeans women’s roles and rights is a society that is more likely to engage in
behavior that is negative, anti-democratic, and which often leads to violence
and extremism. So the material building blocks of daily life are the most
reliable aspects of building democracy, delivering on economic opportunity and
adequate food supplies and clean water and a clean environment, and we know
that access to family planning broadens the horizons and expands the vision of
women everywhere. [Applause.]
It is important for us to
remain committed here at home and around the world. When more than half a
million women die every year in childbirth and we know that the majority of
those deaths could be prevented, then we are missing an opportunity, not only
for humanitarian assistance but to build a strong foundation for democratic and
positive decision making by people whose lives are freer from the kind of
struggle and strife and loss that too many women suffer.
Nearly half the women in the
developing world deliver their babies without a nurse, a midwife, or a doctor.
Fifteen million women around the world have complications while giving birth
and during labor that result in lifelong disabilities and serious illnesses.
And children who grow up without mothers or have mothers who cannot properly
care for their children are likely to suffer health problems of their own.
As I have traveled around the
world over many years now, I see the results of social and economic costs in
marginalizing women and denying them their freedom. And I know that there is a
corollary to that denial. It is political destabilization. Because when people
live in poverty and desperation, they often take desperate action.
Today, we’re learning more
about that correlation between economic decline and civil unrest, between
economic growth and political stability. There are now models that can
accurately predict which countries and regions will experience political
upheaval. And one of the most constant predictors is the rate of infant
mortality. Countries with higher infant mortality rates are more vulnerable to
political upheaval. And it’s easy to understand why infant mortality has such
utility in assessing political trends globally. Simply put, infant mortality is
connected to a lower quality of life. And a lower quality of life is the
by-product of inadequate healthcare, including inadequate family planning
options.
The good news is there a flip
side. The presence of voluntary family planning programs and support for
reproductive rights has tangible benefits. And that is why I strongly support
Planned Parenthood, and organizations that are on the front lines around the
world. [Applause.]
I’ve seen programs, as many of
you have, that really speak to this. Now, the best way to ensure that women are
not victimized by coercive government practices is to make sure that they have
access to family planning. For those who care so deeply about reducing the
abortion rate, the best way to make sure we reduce abortion is to provide
access to safe family planning. [Applause.]
I want to close by telling you
about two programs that your government supports because they reflect
cost-effective and innovative approaches. I was recently in Indonesia, and I
had first visited there fifteen years ago. Fifteen years ago, I saw a
commitment to family planning taking root in that country, the most populous
Muslim country in the world. I saw a program that wasn’t housed in a clinic, it
wasn’t even housed in a building. It was under a tree in a village where women
met once a week. They brought their babies to be weighed on portable scales to
see whether the babies were growing. They received information from trained
village workers about nutrition and family planning. And the women there told
me what a difference that program had made in their own lives.
Earlier this year, I returned
to Indonesia as Secretary of State. It’s a country that in ten short years has
moved from tyranny to democracy. And one reason that it’s made this transition
is because it has a robust civil society, and because coexisting are democracy,
Islam, modernization, and women’s rights. And there is a connection between the
commitment to family planning and the secular democracy that Indonesia has
become.
So I toured a low-income
neighborhood in Jakarta, and I saw water purification system and I also saw a
prenatal neighborhood watch, a program supported by USAID. The home of every
pregnant woman in this neighborhood had a sticker with her name and her due
date on the front door, and this information was readily available in an area
where thousands of people lived close upon one another. And there weren’t very
many cars or other forms of transportation, but neighbors could walk by and
make sure that if it was getting close to the woman’s due date they were ready
in case of an emergency. It was an inexpensive and simple way of ensuring the
health and well-being of pregnant women. And then health workers would visit to
make sure that all was going well until a healthy baby was delivered.
So it often is important to
remember what is most basic in any of our lives. The ability to plan a family
and to raise healthy children is certainly at the core of that. Ensuring that
women have that freedom will be the policy of this Administration. [Applause.]
And there isn’t any organization in the world with a reputation for caring so
much and doing so much and being so courageous or truly being a valorous
organization in the tradition as a woman of valor.
I am honored to be the
Secretary of State at a time when our country has so much work to do to restore
America’s standing and leadership. But I believe that it’s not only work of
governments, of presidents, of secretaries, of others. But it’s really the work
of all of us. And one of the great exports that America has are our NGOs, our
charitable organizations, and all the volunteers, and the funders who make it
possible.
This is a moment of such great
peril and promise for America. At the end of the next four years, I hope that
we’ll be able to look around the world and see that it is more peaceful, more
prosperous, more progressive, and that, in particular, women’s voices will be
heard at every place where important decisions are made, and that organizations
like Planned Parenthood will be our partners. I know that this is a mission
that you’re more than ready to take on. Thank you all very, very much.
[Applause.]
Well, thank you so much. It’s
great to be back in Houston with so many friends and to have an opportunity to
participate in the Planned Parenthood annual meeting. I want to thank several
people who are really special, and starting with Cecile Richards, who has done
a magnificent job on behalf of Planned Parenthood. [Applause.] And I know that
she and her very talented team, including Laurie Rubiner, whom you saw in the
video, who’s the vice president for public policy, will make sure that women’s
health and women’s reproductive health is included in any deliberation concerning
our -- finally adopting -- a healthcare system that takes care of all of our
people. [Applause.]
[39]“Now, I have to tell
you that it was a great privilege when I was told that I would receive this
award. I admire Margaret Sanger enormously, her courage, her tenacity, her
vision. Another of my great friends, Ellen Chesler, is here, who wrote a
magnificent biography of Margaret Sanger called Woman of Valor. And when I think about what she did all those
years ago in Brooklyn, taking on archetypes, taking on attitudes and
accusations flowing from all directions, I am really in awe of her.” [https://www.washingtonexaminer.com/weekly-standard/sec-clinton-stands-by-her-praise-of-eugenicist-margaret-sanger, https://www.dailymotion.com/video/x5w4z65]
[40]“Yet we know that Margaret
Sanger’s work here in the United States and certainly across our globe is not
done. Here at home, there are still too many women who are denied their rights
because of income, because of opposition, because of attitudes that they
harbor. But around the world, too many women are denied even the opportunity to
know about how to plan and space their families.”
[41]“This is literally a life
and death election.” “We felt like we can’t endure another four years of Trump;
we have to do everything we can to get him out of office.”
[42]“I’ve had non-Catholic
leaders of government in this nation tell me that they were certain that
the Catholic teaching on abortion and so-called same-sex marriage have changed
because so many Catholics on Capitol Hill are regularly supporting this kind of
legislation. And that’s a scandal.”
[43] “They practice Catholicism but may not “present
themselves” to receive a communion due to their politics, particularly former
Vice President Joe Biden, who recently abandoned his support for the Hyde
Amendment after saying for decades his faith was the reason why he couldn’t
back government-funded abortions.”
“It’s
not a punishment. It’s actually a favor to these people to tell them don’t
approach,” Burke said, “because if they approach, they commit sacrilege.”
[44] Si apprendono dettagli agghiaccianti dei
loschi affari, intrattenuti dalla Planned
Parenthood e dalle poche altre cliniche abortiste non affiliate
alla multinazionale. Affari che, comunque, risultano molto redditizi. Risulta
un vero e proprio listino prezzi delle varie parti del corpo dei bambini
abortiti.
La Bioscience
Resource [ABR] avrebbe pagato 240 dollari alla Planned ParenthoodPacific Southwest per “4 feti”,
e ha rivenduto per 6.825 dollari “20 campioni”. Il cervello di un feto di
19 settimane di età sarebbe stato venduto per 325 dollari, entrambe le
gambe per 650 dollari, il timo e il fegato per 325 dollari ciascuno. ABR avrebbe guadagnato in questo singolo
affare 1,625 dollari in totale.
[45] Kermit Gosnell, è stato condannato
all’ergastolo, nel maggio del 2013 per l’omicidio di tre bambini nati vivi dopo
il fallito aborto e per l’omicidio colposo di Karnamaya Mongar, una
quarantunenne morta, nel 2009, in conseguenza di una procedura abortiva, e per
una serie di altri crimini.Gosnell
era divenuto un esperto di aborti a nascita parziale, praticati estraendo tutto il corpo del
nascituro a eccezione della testa, e si serviva di una tecnica che chiamava snipping [dal verbo inglese to snip, tagliare], vale a dire usava
forbici per recidere, all’altezza del collo, la colonna vertebrale del bambino
ancora vivo, completando poi la procedura di espulsione della creaturina.
Questa barbarie si sarebbe ripetuta, stando alle testimonianze dei suoi
dipendenti, per “centinaia di volte”; ma solo in tre casi erano state trovate
le prove tangibili, ossia i resti di bambini abortiti tra la ventottesima e la
trentaduesima settimana di gravidanza, per incriminare il medico. Nella sua
clinica degli orrori al civico 3801 di Lancaster Avenue, a Philadelphia,
Gosnell ha potuto operare, per decenni, servendosi di collaboratori privi di
esperienza e senza studi di medicina, nonostante nel corso della sua lunga
carriera gli fossero state intentate decine di cause.
“Non
mi pento di quello che ho fatto.”,
raccontò a Steve Volke, autore del libro Gosnell’s Babies. In sintesi: perché
uccidere un bambino entro la ventiquattresima settimana è perfettamente legale
e “compassionevole”, mentre ucciderlo subito dopo che è nato non lo sarebbe
più?
Una domanda che rivela tutta l’ipocrisia
della cultura abortista dominante, la quale rifiuta di riconoscere che la vita
è un continuum e che il nascituro è, a
tutti gli effetti, un essere umano dall’istante del concepimento.
[51] Kathy Kneer [presidente e amministratrice
delegata di Planned Parenthood Affiliates
of California], dichiarazione rilasciata dall’autore, ottobre 2020.
[52] Jill Habig, email fornita all’autore, 5 aprile 2016.
[54] Kathy Kneer [presidente e amministratrice
delegata di Planned Parenthood Affiliates
of California], dichiarazione rilasciata dall’autore, ottobre 2020.
[55]
Reproductive FACT Act, AB-775, California State Assembly [2015].
[62] The
People of the State of California versus David Robert Daleiden and Sandra Susan
Merritt, Corte Superiore di San Francisco [2017].
[63]“Norsworthy has been treated for gender dysphoria for over 20 years, and
there is no indication that her condition has somehow worsened to the point
where she must obtain sex-reassignment surgery now rather than waiting until
this case produces a final judgment on the merits.”