“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”

Nikos Kazantzakis

Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:


Bani adam a’za-ye yek peikarand,
Ke dar afarinesh ze yek gouharand.

Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar,
Degar ‘ozvha ra namanad qarar.

To kaz mehnat-e digaran bi ghammi,
Nashayad ke namat nehand adami.

I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo,
Originate dalla stessa essenza.

Se il destino arreca dolore a una sola,
Anche le altre ne risentono.

Tu, che del dolore altrui non ti curi,
Tu non sei degno di essere chiamato Uomo.

Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan

traduzione dal persiano di Daniela Zini

Dormire, dormire e sognare…

Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.

Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.

Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.

Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.

Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.

È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.

Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.

L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.

D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.

Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.

Quel tentativo fece completo fallimento.

Perché?

Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.

In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.

Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.

Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.

Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.

Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.

E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?

La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.

Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.

Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.

Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?

Tutte!
La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.

Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.

La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:

“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”

Roma, 20 gennaio 2014

Daniela Zini

giovedì 29 giugno 2017

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mercoledì 28 giugno 2017

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martedì 27 giugno 2017

URANIO IMPOVERITO O LA GUERRA ATOMICA CAMUFFATA I. CACCIA ALL'URANIO di Daniela Zini


URANIO IMPOVERITO
o
la guerra atomica camuffata

INCHIESTA SULL’URANIO IMPOVERITO, DEPLETED URANIUM, IN SIGLA DU, UTILIZZATO NELL’INDUSTRIA BELLICA, LA CUI PERICOLOSITA’ PER LA SALUTE E’ MINIMIZZATA DALLE LOBBIES MILITARI-INDUSTRIALI.

“I know not with what weapons World War III will be fought, but World War IV will be fought with sticks and stones.”

Albert Einstein


Un’Umanità che ha perso l’Umanità,
si può, ancora, chiamare Umanità?
“I have no special talent. 
I am only passionately curious.” 
Albert Einstein

A cosa serve conoscere il Passato?
Perché occuparsi di ciò che è accaduto dieci, mille, diecimila anni fa?
Non sarebbe meglio esaminare il Presente, ciò che accade intorno a noi e da cui dipende la nostra Vita?
Studiamo il Passato proprio per comprendere il Presente.
Sulla Terra tutto si evolve, in altri termini, tutto si trasforma.
Un miliardo di anni fa, la Terra appariva un immenso globo arroventato, circondato di vapori, su cui non vi era e non poteva esservi Vita.  
Centinaia di milioni di anni fa, la Vita si generò sulla Terra.
Decine di milioni di anni fa, già, esistevano una ricca vegetazione, boschi sterminati, una moltitudine di animali di ogni specie, sia acquatici sia terrestri.
Tutto quel Mondo somigliava molto poco al Mondo attuale, che, tuttavia, si è sviluppato da quello, mediante una lunga serie di mutamenti ininterrotti.
Come è avvenuto tutto questo?
Non per caso, ma secondo leggi determinate.
Se ci limitiamo a esaminare la Vita, oggi, non riusciamo a cogliere queste leggi, vale a dire il carattere necessario dei mutamenti. Prima che si studiasse il lontano Passato del Pianeta Terra, prima che si scoprissero i fossili degli animali e dei vegetali, esistiti milioni di anni fa, si riteneva che il Mondo non fosse, mai, mutato dall’attimo in cui era stato creato.
Si rideva dei pochi scienziati che osassero affermare il contrario.
Eppure, quegli studiosi asserivano ciò che, oggi, sembra evidente: che la Vita si sia sviluppata sulla Terra, a poco a poco, nel corso dei secoli.
Le osservazioni sui resti dell’Antico Mondo vegetale e animale, che sono giunti fino a noi, perché sono rimasti sepolti per centinaia di secoli, hanno dimostrato che il Vecchio Mondo animale e vegetale somigliava molto poco al nostro, che il Mondo è, sempre, cambiato, nel corso dei secoli, e che, naturalmente, tutto continua e continuerà a cambiare.
È una legge di natura!
Ma la dottrina, secondo cui il Mondo è immutabile e tutto è stato creato in un attimo, è stata sostenuta, a lungo, non per caso o per pura ignoranza.
Questa dottrina era vantaggiosa a molti.
Se, in generale, nulla cambia nel Mondo, non cambia neppure la Società. Anche questa ha un suo assetto immutabile: così è, sempre, stata e, così, sempre, sarà.
Ma per quale motivo si doveva credere, in Passato, che la Società fosse, sempre, stata la stessa?
Per il semplice motivo che una simile credenza era utile a chi godeva di tutti i benefici nella vecchia Società.
Chi aveva, sempre, detenuto il potere voleva persuadersi che sarebbe stato, sempre, così, e cercava di convincere se stesso, ma, soprattutto, la Massa che, così, dovesse essere e che le cose non potessero andare diversamente.
Se lo studio del Passato della Terra, dell’Antico Mondo animale e vegetale, se la Geologia e la Paleontologia hanno mandato in frantumi la Fiaba, secondo cui il Mondo è stato creato in un attimo e non può cambiare; la Storia e l’Archeologia mandano in frantumi l’altra Fiaba, secondo cui la Società è, sempre, stata e, quindi, sarà, sempre, quale è.
L’Uomo, invece, cambia e cambierà, come tutto il resto.
Alcuni ordinamenti sociali nascono, altri tramontano e, al loro posto, ne sorgono di nuovi.
La fine di tali mutamenti non possiamo prevederla né immaginarla; ma, se osserveremo il prodursi di tali fenomeni, nel corso di decine e centinaia di anni, giungeremo a coglierne le leggi. E, se non riusciremo a dire come diverrà la Società, tra qualche migliaio di anni, potremo, tuttavia, sapere per quali vie l’Umanità si andrà modificando.
Chi prevede l’Avvenire lo domina, perché si prepara a esso, si organizza per evitare le future calamità e utilizzare al massimo i beni che l’Avvenire gli riserva.
Conoscere significa prevedere, prevedere significa padroneggiare.
La conoscenza del Passato dà, quindi, all’Uomo un potere sul Futuro.
Ecco perché abbiamo bisogno di conoscere il Passato.
Ora, se per individuare il carattere necessario dei mutamenti che si producono nella Società dobbiamo esaminare questi mutamenti, nel corso di un lungo periodo, ciò non significa che si debba intraprendere l’esame dalle Età più remote.
Si può, anche, seguire la strada inversa.
Anzi, le leggi dei mutamenti della Società sono più facili da cogliere, ove si proceda dal Presente verso il lontano Passato.
Muoviamo, quindi, dal Presente.   
In tutto il Mondo si sta producendo, oggi, una Rivoluzione.
Osservando il Presente o il Passato relativamente prossimo, possiamo individuare le leggi dei mutamenti storici, comprendere che la Storia è fatta di uomini che svolgono determinati compiti ed è modificata dalla classe sociale che opera i singoli mutamenti.
Come si generano le classi sociali?
Perché mai tutta la produzione era in Passato nelle mani dei contadini e dalla campagna si ricevevano non solo il grano, il lino, la lana, ma anche gli zoccoli e i vestiti, e tutto veniva fabbricato dai singoli artigiani, che se ne stavano rintanati ognuno nella propria bottega o in casa, mentre, oggi, esistono immensi calzaturifici, grandi negozi di abbigliamento?
Solo perché – non esistendo o quasi le macchine – l’Uomo di quel tempo era costretto a fare tutto con le sue mani. Esistevano, naturalmente, macchine idrauliche, come i mulini, ma le macchine di questo tipo erano molto poche.
Trecento anni fa, l’Uomo iniziò a costruire macchine a vapore, in seguito, quelle elettriche e termiche.
Con la comparsa delle macchine si riuscì a produrre oggetti di ogni genere in quantità maggiore e con un ritmo più rapido. Non si poté più, a tale punto, lavorare isolatamente, perché il singolo operaio non poteva usare da solo la macchina e gli operai iniziarono, quindi, a radunarsi in Massa intorno alle macchine.
Ebbe, pertanto, origine la grande produzione, la fabbrica.
I proprietari delle macchine, imprenditori o borghesi, divennero i padroni di tutto.
Fornivano agli operai la possibilità di usare le macchine e, al tempo stesso, li privavano dei frutti del loro lavoro, retribuendoli con salari di fame.
Nacque, così, la classe degli operai, che non lavoravano più in casa propria e solo con le proprie mani, ma in casa di altri e con l’aiuto di macchine non loro.
Si formò, quindi, il Proletariato.
Questo significa che la nascita di una data classe sociale si spiega con il modo di gestione dell’Economia.
In Passato, si lavorava isolatamente, in piccole imprese e questo era un assetto sociale determinato.
In seguito, si iniziò a lavorare tutti insieme e si ebbe un diverso assetto della Società.
Tutti i mutamenti sono, pertanto, fondati su una trasformazione dell’Economia.
Cosa costringe l’Uuomo a occuparsi di Economia?
Dall’inizio del XX secolo, l’intera Umanità vive in circostanze catastrofiche. I tempi tranquilli, nei quali un Sistema Universale e profondamente radicato di valori scientifici, creativi e vitali pareva sussistere incrollabile, sono scomparsi  totalmente.
Ovunque divisioni, contrasti, scissioni, ovunque avvenimenti fluttuanti, mutevoli, contraddittori. Eppure, al di sopra di essi sta l’ideale di una finalità comune, che è quella di riunire in una comunità unitaria i Popoli, perché si adattino gli uni agli altri e si fecondino a vicenda.
Certo, non è possibile cogliere l’Umanità in tutto il suo complesso, poiché non vi è in essa un contenuto culturale comune, capace di costruire una Civiltà nuova; tuttavia, questa esperienza non impedisce che si aspiri al collegamento e all’unione dei Popoli, poiché si avverte che le finalità, in campo sociale ed etico, debbono, sempre, oltrepassare il verosimile per avere una efficacia creativa.
Fenomeno strano, ma comprensibile: nella nostra Epoca inquieta e rivoluzionaria sono vive due tendenze contrastanti: l’una, che spinge alla scissione, al distacco, perfino all’autodisgregamento; l’altra, che mira all’unificazione.
Nel gioco delle forze politico-sociali manca una linea unitaria: forze diverse in lotta tra loro, dominano la Vita multiforme degli individui e degli strati sociali. Questa duplicità delle forze fondamentali e apparentemente inconciliabili, questi effetti di forze contrarie, ma tra loro intersecate, si ritrovano in tutti i grandi periodi della Storia, sia nell’Antichità Classica e nell’Impero Bizantino, sia in diversi momenti dell’Era Moderna.
Si ha, tuttavia, l’impressione che l’Umanità non abbia, mai, conosciuto tensioni e sconvolgimenti della potenza e della vastità di quelli che abbiamo occasione di osservare noi, oggi.
In queste circostanze caotiche, nelle quali vediamo Masse, Popoli e Culture crollare e nuove strutture politiche e sociali sorgere al loro posto, emergono naturalmente problemi di ogni genere, nuovi e vecchi, razionali e irrazionali, che solo in piccola parte ammettono una soluzione.
Le nuove idee di attualità, i progetti, le ideologie, le parole altisonanti e le teorie cavillose contribuiscono a confondere gli Spiriti.
Si presuppone che gli Uomini siano in grado, per la loro preparazione, di venire, felicemente, a capo di questi compiti in tutta la loro estensione. Senza una speciale selezione, si affidano agli individui i compiti più diversi, e la maggior parte di loro sembra, anche, essere capace di eseguire i lavori assegnati, fintanto che non siano richieste forza creatrice e grandezza personale.
Di fronte a una tale grande Massa di capaci sta lo strato più eseguo degli individui dotati di attitudini creative, quella degli individui di talento, predestinati da Natura a compiti maggiori e più importanti. 
Perché scrivo?
Scrivere è, forse, una delle più incredibili Avventure che ci sia data. 
Basta un foglio di carta, una penna ed è un Universo intero a sorgere, ad accalcarsi, già, dietro la porta.
Tra le righe!
Vi è qualcosa di magico.
Di affascinante.
Forse, anche di inquietante.
Perché questo Mondo, se non è, forse, completamente reale, nondimeno ha il potere di trasformarci.
Molto sovente, almeno se il Libro è buono, non è più la stessa persona che finisce un romanzo quella che l’ha iniziato.
E ciò vale sia per il lettore sia per lo scrittore!
No, scrivere, leggere, non è anodino!
Non se ne esce, sempre, indenni.
Vi sono Libri che ci accompagnano, che ci fanno crescere, che divengono vecchi Amici.
Fanno parte della Famiglia, hanno il loro posto accreditato sui ripiani della libreria.
Libri di cui si ama accarezzare, teneramente, la rilegatura; scorrere, a caso, qualche frase, per la musica interiore; respirarne l’odore…
E, poi, altri che, un giorno, si dimenticano o, peggio ancora, si tradiscono, ignobilmente, per il tale autore alla moda…
Libri allettanti e facili, tentatori come il Demonio, scritture di dubbia virtù, zerbini letterari di circostanza…
È la Vita!
Precisamente.
Si deve assaporarla fino all’ultima lettera… 
Perché leggere è un atto sacro.
“Se l’uomo non avesse un’immaginazione così debole e facile a stancarsi, se la sua capacità di meravigliarsi non fosse così limitata, abbondenerebbe per sempre le fantasticherie celesti. Imparerebbe a percepire l’assoluto e il meraviglioso nell’acqua, nelle foglie e nel silenzio, e sarebbe una consolazione più che sufficiente per la perdita degli antichi sogni.”
Io leggo Libri che mi rendono un Uomo migliore, che sfidano il mio modo di pensare, che mi fanno fluire e proseguire nel cammino.
E se il Libro è Desert Solitaire di Edward Abbey[1], che riconosco, geneticamente, vicino a ciò che scrivo, mi scatta il senso profondo donato all’Uomo dall’umiltà, che mi fa comprendere che il “Labirinto” è solo all’inizio.
Vero Edward?

  

“L’intervento italiano in Afghanistan si realizza nel pieno rispetto dei principi e delle circostanze stabiliti dall’articolo 11 della nostra Costituzione. Siamo in Afghanistan non per recare offesa alla libertà di un altro popolo, né per risolvere con la guerra una controversia, ma per rispondere all’appello di quelle organizzazioni internazionali impegnate ad assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni cui la Costituzione fa esplicito riferimento”.
Giorgio Napolitano, 1 agosto 2011, ore 11.34 

Manifestazione in memoria di Valery Melis, nel febbraio 2004.

Voi siete a favore o contro l’energia nucleare?
O non avete, ancora, preso una posizione?
Una posizione, di fatto, noi Italiani l’abbiamo presa e l’abbiamo, anche, espressa. 
 


Salvatore Vacca, il caporalmaggiore di Nuxis morto, il 9 settembre 1999, a soli 23 anni, di leucemia, contratta dopo l’esposizione a munizioni all’uranio impoverito durante la missione in Bosnia.


Alessandro Chini, maresciallo dell’Aeronautica, colpito da una grave forma leucemica, provocata dall’uranio impoverito.


Oltre a dire NO all’avventura atomica con il Referendum del 1987 [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/03/18/nucleare-il-pci-dice-si-tutti-referendum.html, https://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/il-nucleare-non-%C3%A8-sicuro-non-%C3%A8-economico-non-%C3%A8-utile], l’abbiamo ribadita, nel 2011, con un nuovo Referendum contro le centrali atomiche [http://www.repubblica.it/politica/2011/06/13/news/referendum_la_giornata_dei_s_il_quorum_arriva_tra_le_polemiche-17645020/], cui hanno votato il 57% degli aventi diritto, per abrogare le norme furbette con cui il governo Berlusconi [http://www.governo.it/i-governi-dal-1943-ad-oggi/xvi-legislatura-dal-29-aprile-2008-al-23-dicembre-2012/governo-berlusconi] e il parlamento avevano reintrodotto l’industria atomica in Italia, violando la volontà popolare.
Chi, invece, non si può esprimere è l’Organizzazione Mondiale della Sanità [OMS], l’organismo che, per conto dell’ONU, deve occuparsi della salute delle popolazioni.
La Risoluzione WHA 12.40 del 28 maggio 1959  [http://independentwho.org/en/who-and-aiea-aggreement/, http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+E-2002-3662+0+DOC+XML+V0//IT] stabilisce, infatti, che i dati sui danni alla salute, provocati da radiazioni, non possono essere divulgati dall’OMS senza autorizzazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica [AIEA][2].
Avallo, che non è, di fatto, MAI, dato.
Eppure, l’OMS ha tra i suoi nobili scopi “fornire ogni informazione, dare ogni consiglio e ogni assistenza nel campo della salute; aiutare a formare, tra i popoli, una opinione pubblica illuminata per quel che concerne la salute”!
Nell’accordo, all’articolo III, si evince la possibilità di poter assumere, sia da parte dell’AIEA sia da parte dell’OMS, misure restrittive per salvaguardare il carattere confidenziale di certe informazioni e dell’obbligatorietà delle due agenzie di rapportarsi, direttamente, per tutti i progetti o i programmi che possano coinvolgere una delle due parti.
Nel 1957, l’AIEA è creata, non unicamente per impedire o limitare lo sviluppo delle armi di distruzione di massa come molti credono, ma per incoraggiare l’utilizzo dell’energia nucleare a fini pacifici!
Dalla bomba atomica alle centrali nucleari, l’uranio accompagna la Storia del XX secolo.
Con il riscaldamento climatico, questa materia prima graverà, egualmente, sul XXI secolo.
Voi saprete tutto della sua estrazione, del ciclo del combustibile e dei Paesi produttori da questo dossier.

 
I.       CACCIA ALL’URANIO!


Militari italiani in Bosnia in posa davanti a proiettili anticarro.

Intorno agli Anni 1950, la parola uranio viene esibita dai giornali come una sorta di magico talismano. Per far sbocciare i mostruosi Funghi di Bikini è necessario l’uranio, il combutibile nucleare che raccontano, sempre, i giornali – può sviluppare un incredibile quantitativo di energia: una tonnellata di uranio equivale a 600mila tonnellate di carbone.
Sotto la pressione della corsa agli armamenti, la Commissione per l’Energia Atomica degli Stati Uniti decide di bandire una Caccia all’Uranio, che resusciterà, in America, i tempi eroici della Febbre dell’Oro.
Nel giro di pochissimi anni un numero imprevedibile di giacimenti di uranio verrà localizzato e aperto allo sfruttamento.
Risorge un mito ricorrente nella cultura americana, il mito del Cercatore Solitario.
Infatti, non sono solo i geologi di professione, le compagnie minerarie ad accogliere l’invito della Commisione per l’Energia Atomica. Sono anziani minatori, vecchi cercatori d’oro e d’argento, avventurieri in cerca di facile fortuna ad accorrere nelle zone segnalate dagli uffici per le ricerche minerarie.
Piccoli paesi, quali Grand Junction, nel Colorado, o Moab, nello Utah, divengono città brulicanti di facce nuove.
Fiorisce, soprattutto, il commercio dei piccoli contatori Geiger, strumenti di lavoro indispensabili per il Cercatore Solitario. Chi non può permettersi neppure un Geiger si arrampica alla cieca sulle scoscese pareti degli altopiani del Colorado, talora, per lunghi mesi, alla ricerca delle famose rocce nere screziate di giallo paglierino.
Chi può permettersi di più, affitta un minuscolo aereo, con cui sorvolare gli altopiani, a una altezza massima di 25 metri, nella fiduciosa speranza che l’uranio sottostante faccia “impazzire” gli strumenti di bordo.
 


Vi è un’altra circostanza singolare: le zone presumibilmente più ricche di uranio sono proprio quelle dove esistono, già, altre miniere – d’oro o d’argento – in cui si è tramandato il ricordo di ritrovamenti straordinari, di fortune scoperte per caso sotto il cuscino, dove i vecchi accendono la fantasia dei giovani con la leggenda di altre febbri.
Anche la Caccia all’Uranio avrà i suoi eroi, pattuglia avanzata di un esercito di illusi e di falliti, che verrà riassorbito nello squallido grigiore della normalità o della miseria.
Frank Richardson aveva iniziato a fare il minatore a sedici anni in una miniera d’oro. Era l’unico mestiere praticato, da circa un secolo, nel suo paese, Ouray, in Colorado. È difficile trovare una pista nuova, tra le miniere appena aperte, gli scavi abbandonati perché non redditizi e le miniere lasciate marcire perché ormai sfruttate. La neve nasconde le vecchie miniere, per tutto un lungo inverno, e, la primavera successiva, si riprende a saggiare, a scavare, a fiutare il terreno.
Si inizia fin da ragazzi a fare il minatore e il cercatore.
Anche Richardson!
Richardson aveva dovuto abbandonare la vita della miniera quando era mancato poco che una esplosione gli facesse perdere la vita. Improvvisamente disoccupato, con moglie e sei figli a carico, Richardson presta attenzione all’annuncio di un giornale che parla dell’uranio e della “Grande Caccia”.
Quella notte sogna!
Il mattino dopo, Richardson racconta alla moglie la visione, si munisce di un paio di lenti per la sua debole vista e parte.
Individuare il luogo della “visione” è meno semplice del previsto.
Frank passa lunghi mesi tra le montagne, dormendo all’addiaccio, esposto alla pioggia, nel fango, saltando qualche pasto.
Poi, un giorno, sente di essere arrivato, riconosce il posto, la sua ricerca è finita.
Pianta un cartello con il suo nome e delimita con una serie di picchetti le aree del ritrovamento [ogni area deve misurare 180 metri per 150, secondo le norme].
Quando ha finito, 80 aree portano il suo nome.
Ora dovrà far riconoscere la concessione, registrarla al Tribunale della Contea.
Da quel momento, inoltre, dovrà effettuare ricerche e scavi per un importo annuo di 100 dollari per poter continuare a possedere i diritti di sfruttamento.
Iniziano i guai!
Evidentemente, il sogno miracoloso non lo ha avuto solo Frank: tutta la zona brulica di cercatori.
Frank associa un amico alla sua impresa e mette insieme il danaro per i primi sondaggi.
Qualche concorrente mette dello zucchero nel serbatoio di benzina della sua jeep, in modo da bloccarne il motore.
Qualche altro giunge a sparargli addosso.
Ma il sondaggio ripaga, ampiamente, la fede di Frank: a 140 metri sotto la superficie vi è un ricco filone di uranio, che farà di lui un uomo agiato per il resto dei suoi giorni.
Agiato o all’incirca, perché Frank Richardson, cercatore sentimentale, ha avuto la cattiva idea di investire tutti i guadagni, provenienti dall’uranio, nell’acquisto di due vecchie miniere d’oro semisfruttate.
Questa è l’avventura di Frank Richardson, almeno come la raccontava lui, fiero della sua casa a Ouray, delle sue “asciutte” miniere d’oro, della sua raccolta di minerali.
Se Richardson è il più pittoresco personaggio fiorito negli anni della Febbre dell’Uranio, Charles Augustus Steen [https://heritage.utah.gov/tag/charles-steen] è, certo, il più sorprendente.

Charles Augustus  Steen

Siamo nel 1950!
Ancora ragazzo, Steen va in Bolivia a cercare stagno.
Poi, si trasferisce nella foresta delle Amazzoni e dà la Caccia al Petrolio. Nel 1948, litiga con i dirigenti  della sua compagnia e viene licenziato.


Gli cade tra le mani il solito giornale, sul quale può leggere che alcuni dilettanti stanno facendo fortuna con l’uranio.
Steen contrae un debito con un usuraio e parte con la sua famiglia per Dove Creek, nel Colorado.
Acquistata una trivella, inizia a perforare.
Tutti i suoi tentativi non hanno fortuna.
Allora, decide di cambiare zona e si sposta a Yellow Cat, nello Utah, dove riesce a picchettare dodici concessioni.
Ma, ora, è necessario che inizi a spendere i suoi 100 dollari, se vuole conservare i diritti allo sfruttamento.
Steen deve trovare danaro; dà fondo ai suoi risparmi e si riduce a vendere anche la roulotte, in cui ha sistemato la famiglia, trasferendo quest’ultima in una baracca.
Sua moglie si ammala di polmonite.
Inghiottito dalla trivella il danaro scompare rapidamente.
Tutte le notti, Steen sogna l’uranio e, tutti i giorni, continua a scavare.      
Due anni dopo, ha perso tutte le speranze e finito il suo gruzzolo.
Prima di mollare definitivamente, decide di spendere gli ultimi dollari per affittare un contatore Geiger.
Accanto al minerale nero che è riuscito a scavare, l’ago del Geiger impazzisce.
Occorre aggiungere che, secondo Richardson, i colpi sparatigli addosso da un concorrente provenivano proprio dal fucile di Charles Steen.

“Spronata dalle esaltanti esigenze della Guerra Fredda, la Commissione per l’Energia Atomica, subito dopo che i nostri scienziati avevano dimostrato la loro abilità  [Hiroshima e Nagasaki], promosse una ricerca intensiva dell’uranio. Si sapeva della presenza di giacimenti nel Sudovest, quindi la ricerca si concentrò in queste zone e attrasse da ogni dove uomini in cerca di fortuna. Alcuni hanno fatto i soldi in fretta, come il geologo professionista Charles Steen, che dopo anni di pazienza e frustrazioni all’improvviso brevettò una miniera che chiamò [con un pathos che dice tutto] Mi Vida. Grazie ai finanziamenti ricevuti dalla Commisione per l’Energia Atomica e dai banchieri di Denver e Salt Lake City, acquistò macchinari pesanti per l’escavazione mineraria e una flotta di camion, assunse minatori e camionisti, costruì un impianto per la riduzione dei minerali sulle rive del Colorado e, dopo anni di fatiche, riuscì finalmente a diventare un felice, sebbene tormentato, milionario. Si fece costruire una sobria villa su un promontorio roccioso con vista su Moab; organizzava barbecue cui invitava parenti, amici e vicini; sopportò ricatti e minacce di rapimento [aveva dei figli] da parte di personaggi misteriosi; costruì una recinzione d’acciaio con il filo spinato in cima – tipo fortino – intorno a tutta la sua proprietà; assunse delle guardie armate e mise un guardiano all’ingresso; piantò degli alberi lungo la recinzione per attenuarne l’aspetto bellicoso; si candidò e fu eletto; cercò di legalizzare i superalcolici e fu sconfitto; vendette l’impianto alla Vanadium Corporation of America; si trasferì altrove; tonò; si trasferì di nuovo.”
Edward Abbey, Desert solitaire

La terza avventura leggendaria degli anni della Febbre dell’Uranio è quella di Fred Schwarzwalder [http://kenanaonline.com/files/0067/67933/The%20Schwartzwalder%20Uranium%20Mine..pdf] di Golden, Colorado.
Anche Golden – come suggerisce il nome – è un paese minerario, dove, da oltre mezzo secolo, serpeggia la Febbre dell’Oro.
Fred, bidello della scuola locale, la Golden High School, lo ha cercato per anni, senza risultato alcuno.
E continua a cercarlo, ogni domenica, vagabondando per la valle, su e giù per i monti.
Ha preso l’abitudine di riportarsi a casa, ogni volta, un pezzo di minerale, un frammento di roccia, che deposita insieme agli altri, domenica dopo domenica, nel cortile dietro la sua casa.
Un geologo – a Golden, i geologi abbondano, vi è anche un istituto di mineralogia – passa nel cortile di casa Schwarzwalder e inizia a ispezionare i frammenti di quella strana collezione.
Uno di questi frammenti fa ondeggiare violentemente l’ago del Geiger.
E Fred ricorda, perfettamente, dove lo ha prelevato!
Corre dal proprietario della zona e si fa firmare un contratto d’affitto.
Più di tre anni dopo, nel novembre del 1953, il primo carico di 53 tonnellate di minerale lascia la miniera di uranio di Fred, fruttandogli una percentuale di 10.300 dollari.
Il minerale della miniera di Golden è, percentualmente, il più radioattivo del mondo.


I Cercatori di Uranio, ultimi sopravvissuti di un mondo che sembrava dovesse esistere solo nel western, scompaiono, sostituiti da équipes di geologi, programmi di ricerche, finanziati da grosse compagnie minerarie, da sistemi moderni come aerei sonda, scintillografi, et caetera et caetera et caetera…  
“La Commissione per l’Energia Atomica stabilì un mercato garantito a un prezzo garantito per un periodo di dieci anni a partire dal 1949 per tutti i minerali di uranio – sopra un grado specifico – che i minatori fossero riusciti a produrre. Più un finanziamento di diecimila dollari. Ma anche così fu ben presto chiaro che solo le operazioni su larga scala – come succede per la maggior parte delle attività – sarebbero state profittevoli. Inoltre, le molte piccole sacche di minerali sparse per il Paese dei canyon furono presto rese insignificanti dalla localizzazione di vasti giacimenti contigui di uranio nell’Ambrosia Lake District nel New Mexico e in Ontario. I piccoli minatori indipendenti dello Utah, costretti a trasportare i minerali per lunghe distanze su un terreno così accidentato da far esplodere i pneumatici, rompere il semiasse e bruciare la frizione [e dove le strade vanno in tutte le direzioni fuorché dritte] si ritrovarono coinvolti in una competizione superiore alle loro forze contro giganti come l’Anaconda Corporation, con generali e ammiragli nel consiglio di amministrazione e senatori sul loro invisibile libro paga. Quando i dieci anni di garanzia decisi dalla Commissione per l’Energia Atomica si chiusero, la maggior parte degli indipendenti chiuse con loro. Chiuse l’attività.
In molti furono senza dubbio felici di mollare. Oltre alle innumerevoli esasperazioni e frustrazioni che affliggono il piccolo imprenditore, e ai classici rischi del lavoro in miniera, stava ormai diventando impossibile ignorare un altro tipo di pericolo: le radiazioni. Chi scende nelle miniere di uranio, nelle profondità dei cunicoli, non solo respira polvere di roccia ogni minuto a lavorare tutti i giorni con la dinamite, ma assorbe una dose di raggi alfa, beta e gamma molto più alta del normale. Il minatore, sul momento, poteva anche non preoccuparsi di questo pericolo, [per lui] così vago, teorico e intangibile, ma per il resto della sua vita, ogni volta che si fosse ammalato o quando la sua salute avesse cominciato a venir meno, si sarebbe ricordato delle voci che aveva sentito anni prima nei bar e nelle officine di Moab, Monticello, Mexican Hat, Green River. Queste cittadine calde e polverose, così strane e isolate, lontanissime l’una dall’altra e dal resto del mondo, nel mezzo del silenzio, del vuoto e della pietra bruciata.” 
Edward Abbey, Desert solitaire 


Daniela Zini
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[1] Desert solitaire di Edward Abbey è il grido angosciato di un uomo pronto a sfidare il crescente sfruttamento operato dall’industria petrolifera, mineraria e del turismo.
Sono trascorsi cinquant’anni, ma le osservazioni di Abbey, le sue battaglie, non hanno perso nulla della loro rilevanza.
Più che mai, oggi, Desert solitaire ci chiama a combattere, mettendoci di fronte a un’ultima domanda fondamentale:
“Riusciremo a salvare ciò che resta dei nostri Tesori Naturali prima che i bulldozers manovrati dal profitto colpiscano ancora?”

[2] Il 28 maggio 1959, l’AIEA riesce a far siglare all’OMS l’accordo WHA12-40 [http://independentwho.org/en/who-and-aiea-aggreement/, http://www.criirad.org/actualites/dossiers%202007/accord_oms-aiea/Accord%20OMS-AIEA.pdf], in cui viene mondializzata l’omertà sugli effetti delle radiazioni sulla salute umana. L’accordo stipulava, infatti, che le due organizzazioni dovessero concentrarsi su tutti gli argomenti di interesse comune. Nella pratica, significava che l’OMS non avrebbe potuto pubblicare gli studi sulle malattie provocate dalle radiazioni, senza un previo accordo dell’AIEA. Questo accordo è stato scrupolosamente rispettato, anche dopo l’incidente di Chernobyl e delle guerre in Kosovo e in Iraq, dove le truppe statunitensi impiegarono munizioni radioattive all’uranio impoverito. Ne consegue che l’OMS ha censurato tutti gli studi sulle malattie legate all’industria nucleare, civile o militare che sia, da più di mezzo secolo. Ha, anche, attribuito numerosi problemi di salute pubblica a fattori minori.
L’AIEA [Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica] e l’OMS  [Organizzazione Mondiale della Sanità] sono due agenzie dell’ONU. L’OMS, come tutte le altre agenzie specializzate, dipende dal Consiglio dello Sviluppo Economico e Sociale, mentre l’AIEA dipende dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.