URANIO IMPOVERITO
o
la guerra atomica camuffata
INCHIESTA
SULL’URANIO IMPOVERITO, DEPLETED URANIUM,
IN SIGLA DU, UTILIZZATO NELL’INDUSTRIA
BELLICA, LA CUI PERICOLOSITA’ PER LA SALUTE E’ MINIMIZZATA DALLE LOBBIES MILITARI-INDUSTRIALI.
“I know not with
what weapons World War III will be fought, but World War IV will be fought with
sticks and stones.”
Albert Einstein
Un’Umanità che ha perso l’Umanità,
si può, ancora, chiamare Umanità?
“I have no special talent.
I am only passionately
curious.”
Albert Einstein
A cosa serve
conoscere il Passato?
Perché occuparsi di
ciò che è accaduto dieci, mille, diecimila anni fa?
Non sarebbe meglio
esaminare il Presente, ciò che accade intorno a noi e da cui dipende la nostra Vita?
Studiamo il Passato
proprio per comprendere il Presente.
Sulla Terra tutto si
evolve, in altri termini, tutto si trasforma.
Un miliardo di anni
fa, la Terra appariva un immenso globo arroventato, circondato di vapori, su
cui non vi era e non poteva esservi Vita.
Centinaia di milioni
di anni fa, la Vita si generò sulla Terra.
Decine di milioni di
anni fa, già, esistevano una ricca vegetazione, boschi sterminati, una
moltitudine di animali di ogni specie, sia acquatici sia terrestri.
Tutto quel Mondo
somigliava molto poco al Mondo attuale, che, tuttavia, si è sviluppato da
quello, mediante una lunga serie di mutamenti ininterrotti.
Come è avvenuto
tutto questo?
Non per caso, ma
secondo leggi determinate.
Se ci limitiamo a
esaminare la Vita, oggi, non riusciamo a cogliere queste leggi, vale a dire il
carattere necessario dei mutamenti. Prima che si studiasse il lontano Passato
del Pianeta Terra, prima che si scoprissero i fossili degli animali e dei
vegetali, esistiti milioni di anni fa, si riteneva che il Mondo non fosse, mai,
mutato dall’attimo in cui era stato creato.
Si rideva dei pochi
scienziati che osassero affermare il contrario.
Eppure, quegli
studiosi asserivano ciò che, oggi, sembra evidente: che la Vita si sia sviluppata
sulla Terra, a poco a poco, nel corso dei secoli.
Le osservazioni sui
resti dell’Antico Mondo vegetale e animale, che sono giunti fino a noi, perché
sono rimasti sepolti per centinaia di secoli, hanno dimostrato che il Vecchio Mondo
animale e vegetale somigliava molto poco al nostro, che il Mondo è, sempre,
cambiato, nel corso dei secoli, e che, naturalmente, tutto continua e
continuerà a cambiare.
È una legge di
natura!
Ma la dottrina,
secondo cui il Mondo è immutabile e tutto è stato creato in un attimo, è stata sostenuta,
a lungo, non per caso o per pura ignoranza.
Questa dottrina era
vantaggiosa a molti.
Se, in generale,
nulla cambia nel Mondo, non cambia neppure la Società. Anche questa ha un suo
assetto immutabile: così è, sempre, stata e, così, sempre, sarà.
Ma per quale motivo
si doveva credere, in Passato, che la Società fosse, sempre, stata la stessa?
Per il semplice
motivo che una simile credenza era utile a chi godeva di tutti i benefici nella
vecchia Società.
Chi aveva, sempre,
detenuto il potere voleva persuadersi che sarebbe stato, sempre, così, e cercava
di convincere se stesso, ma, soprattutto, la Massa che, così, dovesse essere e
che le cose non potessero andare diversamente.
Se lo studio del
Passato della Terra, dell’Antico Mondo animale e vegetale, se la Geologia e la Paleontologia
hanno mandato in frantumi la Fiaba, secondo cui il Mondo è stato creato in un
attimo e non può cambiare; la Storia e l’Archeologia mandano in frantumi l’altra
Fiaba, secondo cui la Società è, sempre, stata e, quindi, sarà, sempre, quale
è.
L’Uomo, invece,
cambia e cambierà, come tutto il resto.
Alcuni ordinamenti
sociali nascono, altri tramontano e, al loro posto, ne sorgono di nuovi.
La fine di tali
mutamenti non possiamo prevederla né immaginarla; ma, se osserveremo il
prodursi di tali fenomeni, nel corso di decine e centinaia di anni, giungeremo
a coglierne le leggi. E, se non riusciremo a dire come diverrà la Società, tra
qualche migliaio di anni, potremo, tuttavia, sapere per quali vie l’Umanità si andrà
modificando.
Chi prevede l’Avvenire
lo domina, perché si prepara a esso, si organizza per evitare le future calamità
e utilizzare al massimo i beni che l’Avvenire gli riserva.
Conoscere significa
prevedere, prevedere significa padroneggiare.
La conoscenza del
Passato dà, quindi, all’Uomo un potere sul Futuro.
Ecco perché abbiamo
bisogno di conoscere il Passato.
Ora, se per
individuare il carattere necessario dei mutamenti che si producono nella Società
dobbiamo esaminare questi mutamenti, nel corso di un lungo periodo, ciò non
significa che si debba intraprendere l’esame dalle Età più remote.
Si può, anche,
seguire la strada inversa.
Anzi, le leggi dei
mutamenti della Società sono più facili da cogliere, ove si proceda dal
Presente verso il lontano Passato.
Muoviamo, quindi,
dal Presente.
In tutto il Mondo si
sta producendo, oggi, una Rivoluzione.
Osservando il Presente
o il Passato relativamente prossimo, possiamo individuare le leggi dei
mutamenti storici, comprendere che la Storia è fatta di uomini che svolgono determinati
compiti ed è modificata dalla classe sociale che opera i singoli mutamenti.
Come si generano le
classi sociali?
Perché mai tutta la
produzione era in Passato nelle mani dei contadini e dalla campagna si
ricevevano non solo il grano, il lino, la lana, ma anche gli zoccoli e i
vestiti, e tutto veniva fabbricato dai singoli artigiani, che se ne stavano
rintanati ognuno nella propria bottega o in casa, mentre, oggi, esistono
immensi calzaturifici, grandi negozi di abbigliamento?
Solo perché – non
esistendo o quasi le macchine – l’Uomo di quel tempo era costretto a fare tutto
con le sue mani. Esistevano, naturalmente, macchine idrauliche, come i mulini,
ma le macchine di questo tipo erano molto poche.
Trecento anni fa, l’Uomo
iniziò a costruire macchine a vapore, in seguito, quelle elettriche e termiche.
Con la comparsa
delle macchine si riuscì a produrre oggetti di ogni genere in quantità maggiore
e con un ritmo più rapido. Non si poté più, a tale punto, lavorare
isolatamente, perché il singolo operaio non poteva usare da solo la macchina e
gli operai iniziarono, quindi, a radunarsi in Massa intorno alle macchine.
Ebbe, pertanto, origine
la grande produzione, la fabbrica.
I proprietari delle
macchine, imprenditori o borghesi, divennero i padroni di tutto.
Fornivano agli
operai la possibilità di usare le macchine e, al tempo stesso, li privavano dei
frutti del loro lavoro, retribuendoli con salari di fame.
Nacque, così, la
classe degli operai, che non lavoravano più in casa propria e solo con le
proprie mani, ma in casa di altri e con l’aiuto di macchine non loro.
Si formò, quindi, il
Proletariato.
Questo significa che
la nascita di una data classe sociale si spiega con il modo di gestione dell’Economia.
In Passato, si
lavorava isolatamente, in piccole imprese e questo era un assetto sociale
determinato.
In seguito, si iniziò
a lavorare tutti insieme e si ebbe un diverso assetto della Società.
Tutti i mutamenti
sono, pertanto, fondati su una trasformazione dell’Economia.
Cosa costringe l’Uuomo
a occuparsi di Economia?
Dall’inizio del XX secolo,
l’intera Umanità vive in circostanze catastrofiche. I tempi tranquilli, nei
quali un Sistema Universale e profondamente radicato di valori scientifici,
creativi e vitali pareva sussistere incrollabile, sono scomparsi totalmente.
Ovunque divisioni,
contrasti, scissioni, ovunque avvenimenti fluttuanti, mutevoli, contraddittori. Eppure, al
di sopra di essi sta l’ideale di una finalità comune, che è quella di riunire
in una comunità unitaria i Popoli, perché si adattino gli uni agli altri e si
fecondino a vicenda.
Certo, non è
possibile cogliere l’Umanità in tutto il suo complesso, poiché non vi è in essa
un contenuto culturale comune, capace di costruire una Civiltà nuova; tuttavia,
questa esperienza non impedisce che si aspiri al collegamento e all’unione dei Popoli,
poiché si avverte che le finalità, in campo sociale ed etico, debbono, sempre,
oltrepassare il verosimile per avere una efficacia creativa.
Fenomeno strano, ma
comprensibile: nella nostra Epoca inquieta e rivoluzionaria sono vive due
tendenze contrastanti: l’una, che spinge alla scissione, al distacco, perfino
all’autodisgregamento; l’altra, che mira all’unificazione.
Nel gioco delle
forze politico-sociali manca una linea unitaria: forze diverse in lotta tra
loro, dominano la Vita multiforme degli individui e degli strati sociali.
Questa duplicità delle forze fondamentali e apparentemente inconciliabili,
questi effetti di forze contrarie, ma tra loro intersecate, si ritrovano in
tutti i grandi periodi della Storia, sia nell’Antichità Classica e nell’Impero
Bizantino, sia in diversi momenti dell’Era Moderna.
Si ha, tuttavia, l’impressione
che l’Umanità non abbia, mai, conosciuto tensioni e sconvolgimenti della
potenza e della vastità di quelli che abbiamo occasione di osservare noi, oggi.
In queste circostanze
caotiche, nelle quali vediamo Masse, Popoli e Culture crollare e nuove
strutture politiche e sociali sorgere al loro posto, emergono naturalmente
problemi di ogni genere, nuovi e vecchi, razionali e irrazionali, che solo in
piccola parte ammettono una soluzione.
Le nuove idee di attualità,
i progetti, le ideologie, le parole altisonanti e le teorie cavillose
contribuiscono a confondere gli Spiriti.
Si presuppone che
gli Uomini siano in grado, per la loro preparazione, di venire, felicemente, a
capo di questi compiti in tutta la loro estensione. Senza una speciale
selezione, si affidano agli individui i compiti più diversi, e la maggior parte
di loro sembra, anche, essere capace di eseguire i lavori assegnati, fintanto
che non siano richieste forza creatrice e grandezza personale.
Di fronte a una tale
grande Massa di capaci sta lo strato più eseguo degli individui dotati di
attitudini creative, quella degli individui di talento, predestinati da Natura
a compiti maggiori e più importanti.
Perché scrivo?
Scrivere è, forse,
una delle più incredibili Avventure che ci sia data.
Basta un foglio di
carta, una penna ed è un Universo intero a sorgere, ad accalcarsi, già, dietro
la porta.
Tra le righe!
Vi è qualcosa di
magico.
Di affascinante.
Forse, anche di
inquietante.
Perché questo Mondo,
se non è, forse, completamente reale, nondimeno ha il potere di trasformarci.
Molto sovente, almeno se il Libro è buono, non
è più la stessa persona che finisce un romanzo quella che l’ha iniziato.
E ciò vale sia per
il lettore sia per lo scrittore!
No, scrivere, leggere,
non è anodino!
Non se ne esce,
sempre, indenni.
Vi sono Libri che ci
accompagnano, che ci fanno crescere, che divengono vecchi Amici.
Fanno parte della Famiglia,
hanno il loro posto accreditato sui ripiani della libreria.
Libri di cui si ama
accarezzare, teneramente, la rilegatura; scorrere, a caso, qualche frase, per
la musica interiore; respirarne l’odore…
E, poi, altri che,
un giorno, si dimenticano o, peggio ancora, si tradiscono, ignobilmente, per il
tale autore alla moda…
Libri allettanti e facili,
tentatori come il Demonio, scritture di dubbia virtù, zerbini letterari di
circostanza…
È la Vita!
Precisamente.
Si deve assaporarla fino
all’ultima lettera…
Perché leggere è un atto sacro.
“Se
l’uomo non avesse un’immaginazione così debole e facile a stancarsi, se la sua
capacità di meravigliarsi non fosse così limitata, abbondenerebbe per sempre le
fantasticherie celesti. Imparerebbe a percepire l’assoluto e il meraviglioso
nell’acqua, nelle foglie e nel silenzio, e sarebbe una consolazione più che
sufficiente per la perdita degli antichi sogni.”
Io leggo Libri che mi rendono un Uomo migliore, che sfidano il mio
modo di pensare, che mi fanno fluire e proseguire nel cammino.
E se il Libro è Desert
Solitaire di Edward Abbey, che riconosco, geneticamente,
vicino a ciò che scrivo, mi scatta il senso profondo donato all’Uomo dall’umiltà,
che mi fa comprendere che il “Labirinto” è solo all’inizio.
Vero Edward?
“L’intervento italiano in Afghanistan si realizza nel pieno
rispetto dei principi e delle circostanze stabiliti dall’articolo 11 della
nostra Costituzione. Siamo in Afghanistan non per recare offesa alla libertà di
un altro popolo, né per risolvere con la guerra una controversia, ma per
rispondere all’appello di quelle organizzazioni internazionali impegnate ad
assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni cui la Costituzione fa
esplicito riferimento”.
Giorgio Napolitano, 1 agosto 2011, ore 11.34
Manifestazione
in memoria di Valery Melis, nel febbraio 2004.
Voi
siete a favore o contro l’energia nucleare?
O
non avete, ancora, preso una posizione?
Una
posizione, di fatto, noi Italiani l’abbiamo presa e l’abbiamo, anche, espressa.
Salvatore
Vacca, il caporalmaggiore di Nuxis morto, il 9 settembre 1999, a soli 23 anni,
di leucemia, contratta dopo l’esposizione a munizioni all’uranio impoverito
durante la missione in Bosnia.
Alessandro
Chini,
maresciallo dell’Aeronautica,
colpito da una grave
forma leucemica, provocata dall’uranio impoverito.
Chi,
invece, non si può esprimere è l’Organizzazione
Mondiale della Sanità [OMS], l’organismo che, per conto dell’ONU, deve occuparsi della salute delle
popolazioni.
Avallo, che non è,
di fatto, MAI, dato.
Eppure, l’OMS ha tra i
suoi nobili scopi “fornire ogni
informazione, dare ogni consiglio e ogni assistenza nel campo della salute;
aiutare a formare, tra i popoli, una opinione pubblica illuminata per quel che
concerne la salute”!
Nell’accordo,
all’articolo III, si evince la possibilità di poter assumere, sia da parte
dell’AIEA sia da parte dell’OMS, misure restrittive per salvaguardare
il carattere confidenziale di certe informazioni e dell’obbligatorietà delle
due agenzie di rapportarsi, direttamente, per tutti i progetti o i programmi
che possano coinvolgere una delle due parti.
Nel 1957, l’AIEA è
creata, non unicamente per impedire o limitare lo sviluppo delle armi di
distruzione di massa come molti credono, ma per incoraggiare l’utilizzo
dell’energia nucleare a fini pacifici!
Dalla bomba atomica
alle centrali nucleari, l’uranio accompagna la Storia del XX secolo.
Con il riscaldamento
climatico, questa materia prima graverà, egualmente, sul XXI secolo.
Voi saprete tutto
della sua estrazione, del ciclo del combustibile e dei Paesi produttori da
questo dossier.
I.
CACCIA ALL’URANIO!
Militari
italiani in Bosnia in posa davanti a proiettili anticarro.
Intorno
agli Anni 1950, la parola uranio viene esibita dai giornali come una sorta di
magico talismano. Per far sbocciare i mostruosi “Funghi di Bikini” è necessario
l’uranio, il combutibile nucleare che – raccontano, sempre, i giornali – può
sviluppare un incredibile quantitativo di energia: una tonnellata di uranio
equivale a 600mila tonnellate di carbone.
Sotto la
pressione della corsa agli armamenti, la Commissione
per l’Energia Atomica degli Stati Uniti decide di bandire una “Caccia all’Uranio”,
che resusciterà, in America, i tempi eroici della “Febbre dell’Oro”.
Nel giro
di pochissimi anni un numero imprevedibile di giacimenti di uranio verrà
localizzato e aperto allo sfruttamento.
Risorge
un mito ricorrente nella cultura americana, il mito del “Cercatore Solitario”.
Infatti,
non sono solo i geologi di professione, le compagnie minerarie ad accogliere
l’invito della Commisione per l’Energia Atomica.
Sono anziani minatori, vecchi cercatori d’oro e d’argento, avventurieri in
cerca di facile fortuna ad accorrere nelle zone segnalate dagli uffici per le
ricerche minerarie.
Piccoli
paesi, quali Grand Junction, nel Colorado, o Moab, nello Utah, divengono città
brulicanti di facce nuove.
Fiorisce,
soprattutto, il commercio dei piccoli contatori Geiger, strumenti di lavoro
indispensabili per il “Cercatore Solitario”. Chi non può permettersi neppure un
Geiger si arrampica alla cieca sulle scoscese pareti degli altopiani del
Colorado, talora, per lunghi mesi, alla ricerca delle famose rocce nere
screziate di giallo paglierino.
Chi può
permettersi di più, affitta un minuscolo aereo, con cui sorvolare gli altopiani,
a una altezza massima di 25 metri, nella fiduciosa speranza che l’uranio
sottostante faccia “impazzire” gli strumenti di bordo.
Vi è
un’altra circostanza singolare: le zone presumibilmente più ricche di uranio
sono proprio quelle dove esistono, già, altre miniere – d’oro o d’argento – in
cui si è tramandato il ricordo di ritrovamenti straordinari, di fortune
scoperte per caso sotto il cuscino, dove i vecchi accendono la fantasia dei
giovani con la leggenda di altre febbri.
Anche la
Caccia all’Uranio avrà i suoi eroi, pattuglia avanzata di un esercito di illusi
e di falliti, che verrà riassorbito nello squallido grigiore della normalità o
della miseria.
Frank
Richardson aveva iniziato a fare il minatore a sedici anni in una miniera
d’oro. Era l’unico mestiere praticato, da circa un secolo, nel suo paese,
Ouray, in Colorado. È difficile trovare una pista nuova, tra le miniere appena
aperte, gli scavi abbandonati perché non redditizi e le miniere lasciate
marcire perché ormai sfruttate. La neve nasconde le vecchie miniere, per tutto
un lungo inverno, e, la primavera successiva, si riprende a saggiare, a scavare,
a fiutare il terreno.
Si
inizia fin da ragazzi a fare il minatore e il cercatore.
Anche Richardson!
Richardson
aveva dovuto abbandonare la vita della miniera quando era mancato poco che una
esplosione gli facesse perdere la vita. Improvvisamente disoccupato,
con moglie e sei figli a carico, Richardson presta attenzione all’annuncio di un
giornale che parla dell’uranio e della “Grande Caccia”.
Quella
notte sogna!
Il
mattino dopo, Richardson racconta alla moglie la visione, si munisce di un paio
di lenti per la sua debole vista e parte.
Individuare
il luogo della “visione” è meno semplice del previsto.
Frank
passa lunghi mesi tra le montagne, dormendo all’addiaccio, esposto alla
pioggia, nel fango, saltando qualche pasto.
Poi, un
giorno, sente di essere arrivato, riconosce il posto, la sua ricerca è finita.
Pianta
un cartello con il suo nome e delimita con una serie di picchetti le aree del
ritrovamento [ogni area deve misurare 180 metri per 150, secondo le norme].
Quando
ha finito, 80 aree portano il suo nome.
Ora
dovrà far riconoscere la concessione, registrarla al Tribunale della Contea.
Da quel
momento, inoltre, dovrà effettuare ricerche e scavi per un importo annuo di 100
dollari per poter continuare a possedere i diritti di sfruttamento.
Iniziano i guai!
Evidentemente,
il sogno miracoloso non lo ha avuto solo Frank: tutta la zona brulica di
cercatori.
Frank
associa un amico alla sua impresa e mette insieme il danaro per i primi
sondaggi.
Qualche
concorrente mette dello zucchero nel serbatoio di benzina della sua jeep, in modo da bloccarne il motore.
Qualche
altro giunge a sparargli addosso.
Ma il
sondaggio ripaga, ampiamente, la fede di Frank: a 140 metri sotto la superficie
vi è un ricco filone di uranio, che farà di lui un uomo agiato per il resto dei
suoi giorni.
Agiato o
all’incirca, perché Frank Richardson, cercatore sentimentale, ha avuto la
cattiva idea di investire tutti i guadagni, provenienti dall’uranio,
nell’acquisto di due vecchie miniere d’oro semisfruttate.
Questa è
l’avventura di Frank Richardson, almeno come la raccontava lui, fiero della sua
casa a Ouray, delle sue “asciutte” miniere d’oro, della sua raccolta di minerali.
Charles Augustus Steen
Siamo
nel 1950!
Ancora
ragazzo, Steen va in Bolivia a cercare stagno.
Poi, si
trasferisce nella foresta delle Amazzoni e dà la “Caccia al Petrolio”. Nel 1948,
litiga con i dirigenti della sua
compagnia e viene licenziato.
Gli cade
tra le mani il solito giornale, sul quale può leggere che alcuni dilettanti
stanno facendo fortuna con l’uranio.
Steen
contrae un debito con un usuraio e parte con la sua famiglia per Dove Creek,
nel Colorado.
Acquistata
una trivella, inizia a perforare.
Tutti i
suoi tentativi non hanno fortuna.
Allora,
decide di cambiare zona e si sposta a Yellow Cat, nello Utah, dove riesce a
picchettare dodici concessioni.
Ma, ora,
è necessario che inizi a spendere i suoi 100 dollari, se vuole conservare i
diritti allo sfruttamento.
Steen
deve trovare danaro; dà fondo ai suoi risparmi e si riduce a vendere anche la roulotte, in cui ha sistemato la
famiglia, trasferendo quest’ultima in una baracca.
Sua
moglie si ammala di polmonite.
Inghiottito
dalla trivella il danaro scompare rapidamente.
Tutte le
notti, Steen sogna l’uranio e, tutti i giorni, continua a scavare.
Due anni
dopo, ha perso tutte le speranze e finito il suo gruzzolo.
Prima di
mollare definitivamente, decide di spendere gli ultimi dollari per affittare un
contatore Geiger.
Accanto
al minerale nero che è riuscito a scavare, l’ago del Geiger impazzisce.
Occorre
aggiungere che, secondo Richardson, i colpi sparatigli addosso da un
concorrente provenivano proprio dal fucile di Charles Steen.
“Spronata
dalle esaltanti esigenze della Guerra Fredda, la Commissione per l’Energia Atomica,
subito dopo che i nostri scienziati avevano dimostrato la loro abilità [Hiroshima e Nagasaki], promosse una ricerca
intensiva dell’uranio. Si sapeva della presenza di giacimenti nel Sudovest,
quindi la ricerca si concentrò in queste zone e attrasse da ogni dove uomini in
cerca di fortuna. Alcuni hanno fatto i soldi in fretta, come il geologo
professionista Charles Steen, che dopo anni di pazienza e frustrazioni
all’improvviso brevettò una miniera che chiamò [con un pathos che dice tutto]
Mi Vida. Grazie ai finanziamenti ricevuti dalla Commisione per l’Energia
Atomica e dai banchieri di Denver e Salt Lake City, acquistò macchinari pesanti
per l’escavazione mineraria e una flotta di camion, assunse minatori e
camionisti, costruì un impianto per la riduzione dei minerali sulle rive del
Colorado e, dopo anni di fatiche, riuscì finalmente a diventare un felice,
sebbene tormentato, milionario. Si fece costruire una sobria villa su un
promontorio roccioso con vista su Moab; organizzava barbecue cui invitava
parenti, amici e vicini; sopportò ricatti e minacce di rapimento [aveva dei
figli] da parte di personaggi misteriosi; costruì una recinzione d’acciaio con
il filo spinato in cima – tipo fortino – intorno a tutta la sua proprietà; assunse
delle guardie armate e mise un guardiano all’ingresso; piantò degli alberi
lungo la recinzione per attenuarne l’aspetto bellicoso; si candidò e fu eletto;
cercò di legalizzare i superalcolici e fu sconfitto; vendette l’impianto alla
Vanadium Corporation of America; si trasferì altrove; tonò; si trasferì di
nuovo.”
Edward
Abbey, Desert solitaire
Anche
Golden – come suggerisce il nome – è un paese minerario, dove, da oltre mezzo
secolo, serpeggia la “Febbre dell’Oro”.
Fred, bidello
della scuola locale, la Golden High
School, lo ha cercato per anni, senza risultato alcuno.
E continua
a cercarlo, ogni domenica, vagabondando per la valle, su e giù per i monti.
Ha preso
l’abitudine di riportarsi a casa, ogni volta, un pezzo di minerale, un
frammento di roccia, che deposita insieme agli altri, domenica dopo domenica,
nel cortile dietro la sua casa.
Un
geologo – a Golden, i geologi abbondano, vi è anche un istituto di mineralogia –
passa nel cortile di casa Schwarzwalder e inizia a ispezionare i frammenti di
quella strana collezione.
Uno di questi
frammenti fa ondeggiare violentemente l’ago del Geiger.
E Fred
ricorda, perfettamente, dove lo ha prelevato!
Corre
dal proprietario della zona e si fa firmare un contratto d’affitto.
Più di
tre anni dopo, nel novembre del 1953, il primo carico di 53 tonnellate di
minerale lascia la miniera di uranio di Fred, fruttandogli una percentuale di
10.300 dollari.
Il
minerale della miniera di Golden è, percentualmente, il più radioattivo del
mondo.
I “Cercatori
di Uranio”, ultimi sopravvissuti di un mondo che sembrava dovesse esistere solo
nel western, scompaiono, sostituiti
da équipes di geologi, programmi di
ricerche, finanziati da grosse compagnie minerarie, da sistemi moderni come
aerei sonda, scintillografi, et caetera et caetera et caetera…
“La Commissione per l’Energia Atomica stabilì un mercato garantito
a un prezzo garantito per un periodo di dieci anni a partire dal 1949 per tutti
i minerali di uranio – sopra un grado specifico – che i minatori fossero
riusciti a produrre. Più un finanziamento di diecimila dollari. Ma anche così
fu ben presto chiaro che solo le operazioni su larga scala – come succede per
la maggior parte delle attività – sarebbero state profittevoli. Inoltre, le
molte piccole sacche di minerali sparse per il Paese dei canyon furono presto
rese insignificanti dalla localizzazione di vasti giacimenti contigui di uranio
nell’Ambrosia Lake District nel New Mexico e in Ontario. I piccoli minatori
indipendenti dello Utah, costretti a trasportare i minerali per lunghe distanze
su un terreno così accidentato da far esplodere i pneumatici, rompere il
semiasse e bruciare la frizione [e dove le strade vanno in tutte le direzioni
fuorché dritte] si ritrovarono coinvolti in una competizione superiore alle
loro forze contro giganti come l’Anaconda Corporation, con generali e ammiragli
nel consiglio di amministrazione e senatori sul loro invisibile libro paga.
Quando i dieci anni di garanzia decisi dalla Commissione per l’Energia Atomica
si chiusero, la maggior parte degli indipendenti chiuse con loro. Chiuse
l’attività.
In molti furono senza dubbio felici di mollare. Oltre alle
innumerevoli esasperazioni e frustrazioni che affliggono il piccolo
imprenditore, e ai classici rischi del lavoro in miniera, stava ormai
diventando impossibile ignorare un altro tipo di pericolo: le radiazioni. Chi
scende nelle miniere di uranio, nelle profondità dei cunicoli, non solo respira
polvere di roccia ogni minuto a lavorare tutti i giorni con la dinamite, ma
assorbe una dose di raggi alfa, beta e gamma molto più alta del normale. Il
minatore, sul momento, poteva anche non preoccuparsi di questo pericolo, [per
lui] così vago, teorico e intangibile, ma per il resto della sua vita, ogni
volta che si fosse ammalato o quando la sua salute avesse cominciato a venir meno, si sarebbe ricordato delle voci che
aveva sentito anni prima nei bar e nelle officine di Moab, Monticello, Mexican
Hat, Green River. Queste cittadine calde e polverose, così strane e isolate,
lontanissime l’una dall’altra e dal resto del mondo, nel mezzo del silenzio,
del vuoto e della pietra bruciata.”
Edward Abbey, Desert solitaire
Daniela
Zini
Copyright © 27 giugno 2017 ADZ
Copyright © 2010 ADZ
Desert solitaire di Edward Abbey è il grido angosciato di un uomo pronto a
sfidare il crescente sfruttamento operato dall’industria petrolifera, mineraria
e del turismo.
Sono trascorsi cinquant’anni, ma
le osservazioni di Abbey, le sue battaglie, non hanno perso nulla della loro
rilevanza.
Più che mai, oggi, Desert solitaire
ci chiama a combattere, mettendoci di fronte a un’ultima domanda fondamentale:
“Riusciremo
a salvare ciò che resta dei nostri Tesori Naturali prima che i bulldozers manovrati
dal profitto colpiscano ancora?”
Il 28 maggio 1959, l’AIEA
riesce a far siglare all’OMS
l’accordo WHA12-40 [http://independentwho.org/en/who-and-aiea-aggreement/,
http://www.criirad.org/actualites/dossiers%202007/accord_oms-aiea/Accord%20OMS-AIEA.pdf],
in cui viene mondializzata l’omertà sugli effetti delle radiazioni sulla salute
umana. L’accordo stipulava, infatti, che
le due organizzazioni dovessero concentrarsi su tutti gli argomenti di
interesse comune. Nella pratica, significava che l’OMS non avrebbe potuto pubblicare gli studi sulle malattie
provocate dalle radiazioni, senza un previo accordo dell’AIEA. Questo accordo è stato scrupolosamente rispettato, anche dopo
l’incidente di Chernobyl e delle guerre in Kosovo e in Iraq, dove le truppe
statunitensi impiegarono munizioni radioattive all’uranio impoverito. Ne
consegue che l’OMS ha censurato tutti
gli studi sulle malattie legate all’industria nucleare, civile o militare che
sia, da più di mezzo secolo. Ha, anche, attribuito numerosi problemi di salute
pubblica a fattori minori.
L’AIEA
[Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica] e l’OMS [Organizzazione Mondiale
della Sanità] sono due agenzie dell’ONU.
L’OMS, come tutte le altre agenzie
specializzate, dipende dal Consiglio
dello Sviluppo Economico e Sociale, mentre l’AIEA dipende dal Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite.