“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”

Nikos Kazantzakis

Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:


Bani adam a’za-ye yek peikarand,
Ke dar afarinesh ze yek gouharand.

Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar,
Degar ‘ozvha ra namanad qarar.

To kaz mehnat-e digaran bi ghammi,
Nashayad ke namat nehand adami.

I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo,
Originate dalla stessa essenza.

Se il destino arreca dolore a una sola,
Anche le altre ne risentono.

Tu, che del dolore altrui non ti curi,
Tu non sei degno di essere chiamato Uomo.

Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan

traduzione dal persiano di Daniela Zini

Dormire, dormire e sognare…

Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.

Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.

Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.

Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.

Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.

È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.

Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.

L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.

D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.

Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.

Quel tentativo fece completo fallimento.

Perché?

Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.

In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.

Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.

Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.

Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.

Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.

E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?

La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.

Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.

Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.

Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?

Tutte!
La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.

Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.

La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:

“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”

Roma, 20 gennaio 2014

Daniela Zini

mercoledì 11 febbraio 2015

Massoneria, lungo l'asse Calabria-Liguria di I BANDITI

Cari amici, spesso vi ho parlato di mafia, massoneria, servizi segreti deviati, associazioni antimafiaecc.ecc. Quello che ripeto sempre è di non accreditare persone delle quali non conoscete il passato ed i contatti. Ti presento il dr. Xxxx è una bravissima persona per . . . Ti presento l'avv. è una bravissima persona per . . . Ti presento l'On. è una bravissima persona per . . .
Per accreditarsi ed evitare controlli, molti mafiosi, aggirano l'ostacolo della diffidenza o del sospetto, facendosi accreditare negli ambienti giusti attraverso agganci con persone (che godono di pubblica considerazione) appartenenti alla massoneria. Quando vi dicono: ti presento tizio e caio, è una brava persona, chiedetevi sempre chi è il presentatore e il presentato. Leggete bene questo articolo prima di dire : ti presento XXX è una bravissima persona. Vi assicuro che la realtà è quella che state leggendo.

 
Le Logge della comunione “MUSCOLO” retta da MUSCOLO Pietro veniva indicata nella sua ampia articolazione anche dalla Commissione Parlamentare Antimafia, in una propria relazione ove si approfondivano le cointeressenze tra mafie e massoneria. La "comunione" massonica facente capo a MUSCOLO, a cui facevano riferimento molteplici Logge massoniche, aveva la propria maggior espansione in Calabria, pur essendo il MUSCOLO un professionista, avvocato, operativo a Genova. Nell'archivio MUSCOLO - come risulta sempre dagli Atti della Commissione Parlamentare Antimafia [vedi qui l'estratto] - sono stati infatti rivenuti i documenti relativi a sei logge di Cosenza, quattro di Catanzaro, cinque di Reggio Calabria...
Logge sparse in quasi tutta Italia, dall'Emilia Romagna alla Basilacata, e poi a Roma... quella capitale dove forti erano, già negli anni Settanta, i legami della 'ndrangheta con il mondo dei "professionisti" e della politica, soprattutto attraverso gli ambienti massonici, ed in particolare grazie all'opera del massone CAFARI Vincenzo - che abbiamo già incontrato -,  fortemente legato ai PIROMALLI, DE STEFANO, MAMMOLITI, ma anche punto di riferimento e di servizio per gli AVIGNONE, D'AGOSTINO e RASO-GULLACE-ALBANESE...Il MUSCOLO Pietro – come già si era evidenziato pubblicamente a seguito di testimonianze raccolte – aveva un consolidato legame con il boss della 'ndrangheta FAZZARI Francesco, già strettamente legato ai RAMPINO - allorareggentidella 'ndrangheta in Liguria - ma soprattutto alla cosca GULLACE-RASO-ALBANESE, con cui vi è stato un vero e proprio “imparentamento” attraverso il matrimonio della figlia (e sodale) FAZZARI Giulia con il GULLACE Carmelo, a cui erano legati molteplici masso-'ndranghetisti attivi nel savonese quali il D'AGOSTINO Giuseppe (poi arrestato in Lombardia per l'operazione antimafia relativa al condizionamento del voto alle elezioni regionali a favore dell'assessore ZAMBETTI) e FILIPPONE Francesco (strettamente collegato al clan TEARDO).
Il
FAZZARI Francesco era ospite abituale, in quanto amico, della Villa del MUSCOLO a Sassello, ove, tra l'altro, i lavori di miglioria vennero proprio affidati dal MUSCOLO al FAZZARI Francesco che li fece eseguire dal fratello Salvatore.
Nella vecchia villa del
FAZZARI, a Borghetto S.Spirito, accanto a quella che è conosciuta come “Cava dei Veleni”, in mezzo ad montagna di documentazione abbandonata - dopo lo sgombero a seguito delle denunce della Casa della Legalità -, è stato rinvenuto, anche abbastanza rovinato, un libro che venne donato dal MUSCOLO al FAZZARI Francesco – foto a lato – dal titolo “La ricerca della volontà omicida”.

A Genova la rete massonica che faceva capo a MUSCOLO Pietro era comunque di forte peso. Contava 14 Logge. Tra queste la “FORTIS”. La Loggia dei MAMONE, così come emerso pubblicamente, si era la “FORTIS”, con sede a FEGINO.

Della Loggia con sede a Fegino, come già reso noto, facevano parte i diversi componenti della famiglia MAMONE (“clan MAMONE” nell'Informativa “OLIMPO” redatta dalla DIA nel 1994 per la DDA di Reggio Calabria, con cui venivano mappate tutte le ramificazioni in Italia ed all'estero dell'organizzazione 'ndranghetista). Vi erano, ad esempio, MAMONE Luigi, MAMONE Vincenzo e MAMONE Gino, ed anche i parenti stretti come CAPALBO Pietro, ed emergeva una profonda sovrapposizione degli iscritti alla loggia appartenenti o legati alla famiglia MAMONE con la CONFAPI, associazione delle piccole e medie imprese. Su questo particolare aspetto, oltre ad un breve approfondimento sui legami 'ndrangheta e massoneria, la Casa della Legalità aveva anche sintetizzato questa netta sovrapposizione con CONFAPI in un apposito schema, che evidenziava varie correlazioni della stessa struttura con altri soggetti ben noti, tra cui i RASCHELLA', arrestati con i MAMONE nell'ambito dell'operazione "ALBATROS":

schema confapi intrecci


E' da richiamare il fatto che la Casa della Legalità, nel 2005 - ovvero ben prima che emergesse l'appartenenza massonica dei MAMONE alla Loggia FORTIS (chiusa, a quanto risulta pubblicamente, dopo l'emergere dei fatti riguardanti i MAMONE) - aveva indicato, per le dichiarazioni dell'ex moglie di MAMONE Vincenzo [vedi qui], non solo l'appartenenza di quest'ultimo alla Massoneria, ma anche i rapporti dei MAMONE con il noto GELLI Licio della Loggia massonica P2 ed al centro anche di quel progetto eversivo indagato dalla DIA, nell'inchiesta denominata “SISTEMI CRIMINALI”, relativa al piano di destabilizzazione dello Stato che aveva visto contatti e progetti comuni tra organizzazioni mafiose (in particolare Cosa Nostra ed 'ndrangheta), esponenti dell'estrema destra eversiva, logge massoniche, settori deviati dei Servizi e movimenti separatisti e leghisti, come la Lega Nord [vedi qui]

Proprio a questo proposito non può essere tralasciato il fatto che se tra i protagonisti di quel “piano eversivo”, sviluppatosi in Italia nei primi anni Novanta, ed attentamente indagato dalla DIA, vi erano i DE STEFANO, la potente cosca di Reggio Calabria con pesanti e radicate ramificazioni in tutto il Paese. Cosca e ramificazioni che sono emersi, dirompenti, anche nella più recente inchiesta “BREAKFAST” della DDA di Reggio Calabria per le attività di riciclaggio promosse comunemente al tesoriere della LEGA NORD, BELSITO Francesco. Dall'indagine e dallo stesso interrogatorio del BELSITO - che come Casa della Legalità si è già avuto modo di ricordare parlando dell'On. CHIAPPORI – è emerso non soltanto che BELSITO operasse con esponenti legati alla cosca DE STEFANO, come ad esempio il noto GIRARDELLI Romolo, ma che lo stesso GIRARDELLI emergeva come fortemente legato anche al PLEBA Ermanno (e con questi ai GIACOMAZZI dell'omonima nota immobiliare genovese), su cui erano documentate le consolidate cointeressenze proprio con la famiglia MAMONE.

L'inchieste che porta al GIRARDELLI ed a Genova è un'inchiesta lontana nel tempo, della DDA di Reggio Calabria. Correva l'anno 1999. In questa emergeva la figura diCANALE Vittorio Antonio, latitante in Francia, tra la cittadina di Aix en Provence e Montecarlo. Esponente di primo piano e di assoluto spessore criminale della già citata cosca DE STEFANO . Tra i più attivi soggetti che hanno operato per favorire la latitanza di FAZZALARI Salvatore che poi però venne arrestato a Genova. Allora, la DDA di Reggio Calabria, aveva infatti ricostruito nel dettaglio quella rete che promuoveva il grande riciclaggio dei DE STEFANO attraversomolteplici operazioni finanziarie internazionali che vedeva la partecipazione di altri 'ndranghetisti di spessore quale il FAZZARI Vincenzo, così come anche di esponenti di Cosa Nostra quali ad esempio quelli del clan PILLERA-CAPELLO-MIANO). Quella stessa inchiesta che vedeva il rapporto con i Marsigliesi. CANALE era fulcro di questa rete di professionisti al servizio del riciclaggio del denaro sporco, che vedeva sulla piazza di Genova, operare anche il MARTINO Paolo (indicato anche dal collaboratore di giustizia Oliverio), altro esponente di primo piano della cosca DE STEFANO.

Tornando invece al MUSCOLO, si deve rammentare quanto emerso con l'Operazione della polizia giudiziaria (aprile-maggio 1983) presso la Grande Loggia nazionale dei liberi muratori – GOI, obbedienza di piazza del Gesù, all'epoca presieduta proprio da MUSCOLO Pietro. Fatti contenuti negli Atti della Commissione d'Inchiesta sulla P2.
Già per poter accedere agli uffici, la Polizia Giudiziaria non ebbe vita facile. Dal verbale del 28 aprile 1983:
«Previo ininterrotto piantonamento, venivano eseguite ricerche tramite l'amministratore dello stabile che consentiva il rintraccio dell'avv. MUSCOLO di Genova,..., il quale faceva presente di non essere in possesso delle chiavi che, a suo dire, deteneva l'avv. Antonio SICA residente in Roma. Contattato quest'ultimo legale faceva presente a sua volta che le chiavi dell'appartamento in questione erano detenute da tale dott. GUALTIERI di Crotone [farmacista in Crotone, ndr]...». Tra il materiale sequestrato, oltre a registri della gran loggia; i Decreti emessi dal Pietro Maria MUSCOLO; documentazione su nomine, pagamenti, corrispondeva, manoscritti; i fascicoli relativi a diverse Logge di Roma e documenti inerenti composizione ed organismi relativi a Liguria, Calabria e Toscana. L'avv. MUSCOLO protestava fortemente per le attività di controllo poste in essere dalla Commissione d'Inchiesta sulla P2 ed affermava, telefonicamente, come risulta a verbale, che «La motivazione a corredo del grave atto di riduzione della libertà Costituzionale riconosciuta ai cittadini è assolutamente carente se non nulla...» [vedi qui].
Sulla base dei documenti sequestri emerge il nominativo del palermitano CRIMI MICELI Giuseppe e su proprio su questo soggetto la Commissione d'Inchiesta non sorvola e nei verbali della discussione si legge: «MICELI CRIMI figura in un piè di lista della comunione di Pietro MUSCOLO; dal 1978 è in contatto con CAMEA; nel 1979 incontra GELLI nell'ambito di un tentativo di unificazione. Uomini del CAMEA aiutano SINDONA durante il suo soggiorno palermitano; impossibile ricostruire la storia di questo centro di attività massonica che nasce, si divide, si riunifica, si riallontana da piazza del Gesù...».

Ma andiamo oltre. La Liguria, come la Calabria, è terra dove è forte e radicato sia il potere massonico sia quello 'ndranghetista. Così come l'intreccio tra massoneria e 'ndrangheta è perverso, duraturo ed ancora attuale, anzi: attualissimo.

Non vi sono solo gli elementi richiamati in questo breve riepilogo. Vi è soprattutto quanto emerso in modo inconfutabile dall'inchiesta (anche questa agli atti della Commissione d'Inchiesta P2 e su cui già si è perlato e scritto - vedi qui l'estratto dagli Atti) su TEARDO Alberto ed il suo clan. Un appartenenza massonica conclamata, attraverso un reticolo di Logge ufficiali e di Logge “coperte” in terra di Liguria, soprattutto nel savonese, ed anche per il legame diretto con la Loggia P2. Emergeva anche un parallelo legame, saldo e conclamato, di questo ambiente con quello della 'ndrangheta. Già allora emergeva la figura del FAMELI Antonio, uomo della potente cosca dei PIROMALLI, operante nell'ambito del ponente savonese, in stretto contatto con il FAZZARI Francesco, il GULLACE Carmelo ed i suoi uomini. Emergevano, come detto, le figure di D'AGOSTINO e soprattutto di FILIPPONE, parente, socio e sodale del GULLACE Carmelo, che conquistava dalla rete di TEARDO gli appalti delle case popolari tra imperiese e savonese. E poi ancora il legame e le cointeressenze anche societarie tra il costruttore teardiano NUCERA Giovanni con il FAZZARI Francesco. Rapporti e cointeressenze che continueranno a permanere anche negli anni più recenti, in alcuni casi con gli stessi protagonisti di allora, ed in altri, invece che hanno visto e vedono come protagonisti ed attori i figli, come nel caso del NUCERA Andrea con gli uomini legati alla cosca GULLACE-RASO-ALBANESE. Allora TEARDO comprava i voti dalla 'ndrangheta, per tramite del MARCIANO' Giuseppe e dei MAFODDA, e per accordo con l'allora vertice della 'ndrangheta di Ventimiglia composto da MORABITO Ernesto, MARCIANO' Francesco e PALAMARA Antonio.

Legame 'ndrangheta – massoneria, quindi, nel concreto condizionamento politico ed istituzionale anche in terra imperiese, così come a Genova, dove TEARDO governava, quale Presidente della Regione Liguria. Passano gli anni e nonostante le condanne al TEARDO ed ai suoi più stretti collaboratori, nulla cambia. Ciò che viene fermato non è questo sistema, bensì le inchieste. Altri attori di quel tempo, uomini di TEARDO, come uomini della P2 e della ragnatela di logge savonesi, hanno continuato nel loro inserimento nell'ambito politico. Due esempi: TESTA Mauro, fedele uomo di TEARDO, oggi è “vanto” del PD di Albenga come iscritto e dirigente; FOSSA Michele già iscritto alla P2, già uomo di TEARDO, è tra i dirigenti del PD genovese.

Non è un caso, tra l'altro, che proprio dalla Calabria emergano sempre, costanti, elementi in merito a questo legame massoneria – 'ndrangheta. E' emerso, ad esempio, proprio in riferimento agli esponenti della potente cosca dei GULLACE-RASO-ALBANESE nell'inchiesta “SAGGEZZA”, che ha visto identificare, dalla DDA di Reggio Calabria, la struttura della 'ndrangheta denominata “CORONA”, dove tra i protagonisti di primo piano operava il fratellastro del GULLACE Carmelo, il RASO Giuseppe detto “avvocaticchio”, già capo-locale di Canolo, affiancato dal GULLACE Francesco, fratello del Carmelo. Proprio la “CORONA” aveva tra le proprie finalità quel "vitale" rapporto con la massoneria.

Si chiama “SANTA” la dote degli 'ndranghetisti affiliati alla massoneria. Soggetti che hanno anche la facoltà di dialogare con pezzi dello Stato, da Forze dell'Ordine a Magistrati, senza correre il rischio di violare le “regole” della 'ndrangheta. Possono perché tali rapporti siano funzionali agli interessi dell'organizzazione 'ndranghetista. Anche questo elemento è noto da tempo, attraverso molteplici inchieste giudiziarie e dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Così come dalle nuove inchieste emergono sempre maggiori elementi sulla contiguità e complicità tra pezzi delle Istituzioni ed 'ndrangheta.

Non esiste quasi più inchiesta antimafia che colpisca la 'ndrangheta dove non campaiano anche (e sempre più spesso) “concorrenti esterni”, così come anche agenti infedeli dello Stato. Spesso uomini delle Forze dell'Ordine ed in diversi casi anche Magistrati. Citiamone due. L'inchiesta della DDA di Milano sui LAMPADA-VALLE (attivi tra Calabria e Lombardia) ha fatto emergere entrambi i rapporti di complicità, facendo finire in carcere e poi anche a condanna il Giudice GIGLIO Giuseppe Vincenzo. Dall'inchiesta “LA SVOLTA” sulla 'ndrangheta dell'estremo ponente ligure, MARCIANO' Giuseppe (capo-locale di Ventimiglia con PALAMARA Antonio) da un lato era terrorizzato dal riemergere di quelle carte dell'inchiesta su TEARDO e Massoneria che sperava sepolte e dall'altro si preoccupava fortemente dell'arresto del Presidente del Tribunale di Imperia (e già prima di quello di Sanremo) BOCCALATTE Gianfranco. Da questa stessa inchiesta della DDA di Genova sono emersi anche i molteplici rapporti di complicità e collusione di diversi agenti delle Forze dell'Ordine, tra cui quel PALERMO Salvatore recentemente (indegnamente) premiato con onorificenza dalla Presidenza della Repubblica.

Tornando al punto si deve considerare che il solido legame 'ndrangheta - massoneria veniva ampiamente documentato già nel 1994 nell'Informativa della DIA denominata “OLIMPO” [vedi qui ampio estratto sul tema]. Oggi sono le molteplici inchieste della DDA di Reggio Calabria che stringono il cerchio su quellivello superiore” dell'organizzazione 'ndranghetista, che spesso (per non dire praticamente sempre) corre proprio lungo l'asse di congiunzione tra le due “comunioni”, quella massonica e quella 'ndranghetista.

Svolta importante che segna questa nuova stagione di contrasto messa in atto dall'Antimafia è certamente il processo META [vedi qui la sentenza] dove è stato riconosciuto l'impianto accusatorio che punta dritto a quel “livello superioredella 'ndranghetache è lo stesso che vede la sovrapposizione alla rete massonica. L'impianto accusatorio del PM Lombardo tiene e porta alla condanna del gotha della 'ndrangheta di Reggio Calabria, individuando proprio quel “livello superiore” dell'organizzazione «avente autonomia funzionale, strutturale e organizzativa, composta dai vertici delle cosche cittadine più potenti, con a capo DE STEFANO Giuseppe, in qualità di "Crimine", universalmente riconosciuto, in grado di imporre regole da tutti condivise e rispettate, di dare stabilità, di intervenire con potere coercitivo, nonché di rapportarsi con le istituzioni, la massoneria e la politica, i cui collegamenti in questo processo sono emersi allo stato embrionale e sono in corso di esplorazione investigativa in altri procedimenti». Elementi di conoscenza oggi disponibili grazie all'incrocio di quanto emerge dalle diverse manovre ivestigative e dai diversi procedimenti coordinati dalla DDA di Reggio Calabria e che può contare su solide e riscontrate dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno dimostrato la propria affidabilità.

E se veniamo ai fatti di questi giorni si trova l'ennesima conferma su questo “livello superiore”. Questa volta emerge dall'ultima maxi inchiesta della DDA di Catanzaro che ha portato al Fermo disposto alla rete facente capo al boss GRANDE (luntrune) ARACRI Nicolino. Un'inchiesta che porta anche in Liguria, oltre che al territorio calabrese e dell'Emilia occidentale (con l'Operazione “AEMILIA della DDA di Bologna). Con questa nuova inchiesta torniamo nel Porto di Imperia del duo SCAJOLA-CALTAGIRONE (vedi qui), arriviamo alla rete del “livello superiore” a servizio del sodalizio 'ndranghetista (vedi qui) ed arriviamo direttamente alla Massoneria. Intercettati, i masso-'ndranghetisti, nella casa di GRANDE (luntrune) ARACRINicolino parlano proprio di Massoneria. Di “Massoneria di Genova”...

Chi ne parla non sono 'ndranghetisti qualunque. E' direttamente GRANDE (luntrune) ARACRI Nicolino, capo indiscusso della famiglia di Cutro che ha costruito – indisturbato - nei decenni il proprio feudo di proiezione sul nord Italia, nell' Emilia occidentale, tramutata in “colonia”. Lo fa parlandone con il vertice del “locale” di Belvedere Spinello (che ha pesanti interessi e ramificazioni in Liguria, tra Genova e La Spezia, soprattutto per quanto concerne il traffico di droga)... Il Nicolino parla infatti con Sabatino e Agostino MARRAZZO, del clan MARRAZZO – OLIVERIO – IONA. Sabatino MARRAZZO è esponente di vertice di quel locale di Belvedere Spinello di cuiera anche stato il contabile, lasciando poi tale carica a OLIVERIO Carlo, vecchio 'ndranghetista già condannato a decenni di carcere ed attivo tra tra Calabria e Lombardia.

Era 11.09.2012 quando, nell'abitazione di Cutro del boss viene intercettato GRANDE ARACRI Nicolino, MARRAZZO Agostino, MARRAZZO Sabatino Domenico insieme ad un'altro soggetto. Ad un certo punto gli investigatori sentono il Nicolino che afferma: «sai che non puoi entrare nella loggia tu?...inc…(ndr breve pausa di silenzio)…però sotto…la Massoneria di Genova…inc… […omissis…] io diciamo…ho avuto la fortuna…diciamo…di capire certe cose…sia dei Templari…sia dei Cavalieri Crociati…di Malta…la Massoneria di Genova…ho avuto la fortuna…inc…». E poi ancora, parlando della Loggia di appartenenza: Sabatino MARRAZZO «noi l’abbiamo a Crotone e l’abbiamo a Rocca di Neto», Nicolino GRANDE ARACRI«e si però…Crotone è proprio…inc…», Sabatino MARRAZZO «no…no…Crotone…con i personaggi…», Nicolino GRANDE ARACRI«mentre Catanzaro…inc…», Sabatino MARRAZZO«la nostra fa parte di Vibo…Vibo Valentia…inc…», Nicolino GRANDE ARACRI «mentre Catanzaro è collegata con Cosenza...», Sabatino MARRAZZO «va bene…con Catanzaro e proprietario di Cosenza…però…io…siccome ho partecipato… a centinaia di… di riunioni… dei Massoni di Cosenza… oggi…tre quattro…Nicò…che sono… in trenta paesi… sono quelli…quelli buoni…», Nicolino GRANDE ARACRI «voi siete iscritti alla Prefettura…alla Prefettura di Crotone?», Sabatino MARRAZZO «alla Questura di…Vibo Valentia…» (…) Agostino MARRAZZO «invece sono registrato a quella di Crotone…».

Quindi, da quel che si comprende, se si avevano problemi per iscriversi alla Massoneria, si poteva passare dalla Massoneria di Genova... Ecco che il quadro, di questo perverso rapporto tra le parti peggiori delle due regioni, si definisce con maggiore, eloquente, chiarezza.

Inchiesta dopo inchiesta, quindi, non solo si comprendono sempre di più gli interessi specifici perseguiti dagli 'ndranghetisti (come le costruzioni dei porti o dei parchi eolici, così come quelli nell'abito della sanità, oltre ai settori più tradizionali noti), ma anche quelle reti di relazioni e cointeressenze, come quelle dentro ed attraverso la massoneria, che delineano sempre di più quel “corpo riservato” della 'ndrangheta, composto da uomini delle Istituzioni, esterni all'organizzazione (ovvero non “battezzati” come affiliati), ma pienamente concorrenti ai piani ed obiettivi di rafforzamento dell'organizzazione 'ndrangheta, di cui proprio il collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, già a capo del locale di Belvedere Spinello, ha parlato agli inquirenti e, non a caso, proprio con riferimento principale alla Calabria ed alla Liguria.

Ed in terra di Liguria se, come si accennava, diversi uomini della massoneria, di quella massoneria che fa tandem con la 'ndrangheta, ha diretti rapporti e ruoli nel blocco politico che fa capo a BURLANDO Claudio, molteplici dei massoni legati a SCAJOLA Claudio, in terra savonese ed imperiese, sono quelli collocati in posti chiave, a partire da MONTALDO Silvano che abbiamo già incontrato più volte (non ultima la vicenda Porto di Imperia) o, per fare un altro esempio il potente avvocato MARSON Paolo.
In Liguria, così come in Calabria, l'ambiente massonico conta una radicata ragnatela di politici e funzionari dentro a quelle
Pubbliche Amministrazioni che tanto si sono mostrate disponibili verso le imprese ed attività perseguite e promosse dai GULLACE-FAZZARI e sodali, passando dal collegato NUCERA, sino a quelle dei FOTIA emanazione, agli Atti di molteplici inchieste e rapporti investigativi, a Savona della potente cosca dei MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI, come anche quelle degli STEFANELLI-GIOVINAZZO ed affini in terra di Varazze. Altro capitolo è poi quello dell'imperiese e del levante ligure, dal Tigullio sino alla provincia di La Spezia ove ha decisivo ruolo, per le ottime entrature Istituzionali quella Massoneria della Lunigiana, che vede il proprio territorio di influenza, accavallarsi a quello della 'ndrangheta, con caposaldo in quella terra di Sarzana, dei ROMEO-SIVIGLIA (e collegati).

Vi è poi il ruolo, non secondario, rappresentato della terra d'oltralpe per i “fratelli” massoni. E' qui, oltre il confine di Ventimiglia, che soprattutto i politici liguri frequentano le Logge, si incontrano e stringono accordi, così da vedere ancora più protetta la propria appartenenza al sodalizio riservato.

Ed oltre confine abbiamo Montecarlo, dove sempre di più appare sussistere l'esistenza di un vero e proprio “locale” della 'ndrangheta ed ove, certamente, sono emersi costanti frequentazioni ed interessi degli esponenti della 'ndrangheta dell'estremo ponente ligure.
Oltre confine è emersa, ancora una volta, la “rete” di
SCAJOLA Claudio (a partire dal Dirigente della filiale CARIGE a Nizza, quel PIPPITONE Paolo che ha visto la propria struttura al centro dei pesantissimi rilievi della Banca d'Italia per le leggerezze dimostrate in materia di antiriclaggio), così come anche quella dei coniugi MATACENA-RIZZO (con capolino all'Ambasciata).

La Costa Azzurra è terreno di latitanza sicura per gli 'ndranghetisti da sempre. Qui sono stati individuati latitanti di primo piano della 'ndrangheta: LIBRI Domenico, CANALE Vittorio, MACRÌ Eugenio Angelo, CALABRÒ Giuseppe, DE STEFANO Paolino, GULLACE Carmelo come anche FACCHINERI Luigi, per citarne alcuni. E se è terra di latitanza significa che quello è territorio dove le reti di relazione e cointeressenze, contiguità e complicità, della 'ndrangheta sono forti.

Ed in questo intreccio, se emergono anche i rapporti con prelati delle Diocesi liguri e del Vaticano, trovano anche assoluta “invisibilità” uomini dello Stato. Quei servitori infedeli dello Stato che nel quotidiano operano negli Apparati e nelle Istituzioni, dai Servizi alle Forze dell'Ordine, dai vari settori di controllo sin dentro la Magistratura, compromettendo il lavoro della parte sana dello Stato ed agevolando i poteri criminali.

Uomini dello Stato, accanto ad 'ndranghetisti, esponenti del mondo politico, imprenditoriale e del potere finanziario, uniti nel vincolo della "comunione" massonica.

E' questo il punto debole dello Stato che è punto di forza della 'ndrangheta. E' quel legame che occorre una volta per tutte far emergere ed estirpare.