Tra il 1968 e il
1974, sono portati a compimento 140 attentati dinamitardi.
Il 15 aprile 1969,
una bomba distrugge lo studio del rettore dell’Università di Padova, Enrico
Opocher. Il 25 aprile, vengono colpiti la Fiera di Milano e l’ufficio cambi
della Banca Nazionale delle Comunicazioni, che aveva sede nell’atrio della
Stazione Centrale.
Lo stesso giorno,
a Brescia, viene devastata la sede dell’ANPI,
fatta saltare la lapide dedicata ai partigiani in Piazza della Loggia e vengono
aggrediti ex-partigiani. Nella notte tra l’8 e il 9 agosto, vengono collocati
dieci ordigni su convogli ferroviari, di cui otto esplodono, ferendo 12 passeggeri.
Il 12 dicembre, a Milano, è giorno di mercato e in Piazza Fontana, dove si
svolge, tradizionalmente, la contrattazione delle merci agricole e dove la
Banca dell’Agricoltura è aperta, anche, il pomeriggio, e, particolarmente,
frequentata, alle 16:37 esplode una bomba, che provoca la morte di 16
persone e il ferimento di altre 84. Contemporaneamente, a Roma,
deflagrano altri ordigni: alla Banca Nazionale del Lavoro, dove vi sono 14
feriti; all’Altare della Patria e all’entrata del Museo del Risorgimento. Una
quinta bomba viene rinvenuta, inesplosa, alla Banca Commerciale di Milano, in Piazza
della Scala.
La Strage di
Piazza Fontana segna profondamente l’Italia.
“Ho pensato che cominciava davvero un periodo cupo, un periodo
atroce.”,
ricorda Corrado
Stajano.
“Per la prima volta gli
italiani avevano l’impressione di essere stati ingannati, traditi dal loro
Stato.”,
scrive Giorgio
Bocca.
Nesun italiano
aveva fino ad allora neppure immaginato la possibilità di assistere a un
delitto così efferato; inoltre, come fu ben presto chiaro, erano coinvolti uomini
dei servizi segreti.
Il 28 maggio 1974,
è una mattina di pioggia e alle 10:12 minuti, mentre in Piazza della Loggia sta
parlando il sindacalista della CISL Franco Castrezzati, scoppia una bomba posta
in un cestino per i rifiuti, sul lato est, sotto i portici. I morti sono 8 e
103 i feriti.
Qualche mese dopo
la strage di Piazza della Loggia, il 4 agosto 1974, nel cuore della notte, all’1:30,
mentre il treno Italicus, partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera, esce
dalla galleria della Direttissima, sulla tratta ferroviaria tra Firenze e
Bologna, una bomba esplode nel secondo scompartimento della quinta carrozza. I
morti sono 12, i feriti 44.
Nel 1974, è, anche,
elaborato un piano per un Colpo di Stato: è il “golpe bianco” di Edgardo Sogno,
preceduto dal Piano Solo del 1964 e dal Golpe Borghese del 1970.
Proprio in quegli
anni riprese corpo l’azione dell’estrema destra, e nacquero organizzazioni come
i Nuclei Armati Rivoluzionari [NAR], Terza Posizione [TP] e Costruiamo l’Azione [CLA].
Nel 1978 si consuma
l’attacco al cuore dello Stato con il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro.
“È doveroso alla fine rivelare che quello della strategia della
tensione fu un periodo di autentica e alta pericolosità, con il rischio di una
deviazione costituzionale che la vigilanza delle masse popolari non permise.”
La strage alla
stazione di Bologna segna, in un certo senso, la fine degli anni Settanta.
La formula di questa strategia era estremamente semplice ed
efficace: “DESTABILIZZARE IL PAESE PER STABILIZZARE IL POTERE”.
Il movente
principale della strategia della tensione sarebbe stato quello di
destabilizzare la situazione politica italiana. In tale ottica, tali attentati
terroristici avevano lo scopo di seminare il terrore tra la popolazione, in
modo da legittimare l’instaurazione di un governo di tipo autoritario o
addirittura colpi di stato da parte di forze politiche, o comunque organizzate,
generalmente gravitanti nell’area dell’estrema destra. Tale strategia
golpistica trae origine ideologica fin dalla metà degli anni 1960, in
particolare dal cosiddetto Piano Solo [il fallito colpo di stato del 1964] e
dal Convegno dell’Hotel Parco dei Principi, organizzato dall’Istituto di studi
militari Alberto Pollio, nel maggio 1995, avente come tema la “guerra
rivoluzionaria” anticomunista, cui intervennero personalità del mondo
imprenditoriale, alti ufficiali dell’esercito, giornalisti, politici ed
esponenti neofascisti, quali Pino Rauti, Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino.
La strategia della tensione fu finanziata da potenze
estere e gestita da servizi segreti deviati nazionali e da apparati, quali Gladio, come confermerebbero i Kissinger Cables, hackerati, dal 2010
al 2013, dai servers del governo
statunitense e pubblicati da Wikileaks.
Il 14 novembre 1974, Pier Paolo Pasolini pubblica sul Corriere della Sera Che cos’è questo golpe? Io so. In tale articolo, Pasolini dice di
conoscere i nomi degli esecutori materiali delle stragi e di quello che lui definisce
golpe e accusa giornalisti, politici e intellettuali, di sapere, di avere,
anche, le prove, ma di tacere per servilismo nei confronti del potere.
“Probabilmente i giornalisti e i
politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi. Ora il problema è
questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente
degli indizi, non fanno i nomi. A chi dunque compete fare questi nomi?”
La domanda è chiara:
“A chi dunque compete fare questi
nomi?”
Pasolini risponde che solo chi “non è compromesso nella carica del potere” e che, per
definizione, non ha niente da perdere, un intellettuale, può e anzi deve,
assumersi questa responsabilità nei confronti del Popolo. Ed è da questo
momento, dal momento in cui si è fatto carico di questa responsabilità, che Pier
Paolo Pasolini inizia un vero e proprio ATTACCO AL POTERE, sul campo aperto.
“I have no special
talent.
I am only passionately
curious.”
Albert Einstein
“[…]
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro
ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai
malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come
killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti [attentati alle
istituzioni e stragi] di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di
seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di
immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche
lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero
coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà,
la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio
mestiere.
[…]”
È un proclama che poteva fare
paura a chi avesse ordito le Stragi degli anni 1970.
Pasolini
poteva costituire una minaccia.
Pier Paolo Pasolini con Ferdinando Adornato e Walter
Veltroni alla manifestazione in sostegno del movimento antifranchista davanti all’Ambasciata
di Spagna, in Piazza di Spagna, a Roma, il 24 settembre 1975.
26 gennaio
Niente governo neppure oggi. Invece per rallegrare la scena è
scoppiato lo scandalo dei dollari della CIA ai nostri partiti. Il “New York
Times” e il “Washington Post” [i giornali dello scandalo Nixon] hanno
pubblicato larghi estratti delle relazioni della commissione senatoriale e di
quelle del congresso sui finanziamenti della CIA in Italia […]. Si parla di 21
uomini politici compromessi ma non farebbero nomi. I nomi e grossi li fa invece
il “New York Times”. Sono quelli di Andreotti e di Donat Cattin per la DC, di
Saragat per la sinistra socialdemocratica, di Vito Scalia della CISL. Il nome
che fa più impressione è naturalmente quello di Saragat. Egli oppone [come gli
altri del resto] una indignata protesta, mai visto una volta, mai visto un
soldo.
Vedremo il seguito della polemica. Mi appare sbalorditivo che un
nome come quello di Saragat possa essere buttato nel fango in questo modo, è un
ex-presidente della Repubblica, è l’uomo che nel 1947 fece la scissione del
partito socialista in difesa degli Stati Uniti. Da tanti anni l’America si
avvale di lui per sbandierare la sua propria missione di libertà nel mondo.
Adesso lo si dà in pasto alle calunnie. Potrà risollevarsi o no
dal colpo che riceve e dai molti che sono pronti ad accettare per vero. Ma l’attuale
classe dirigente appare vile e smarrita. Una classe dirigente che per certo non
può reggere la leadership del mondo alla quale pretende.
Quanto ai finanziamenti si tratta adesso di accertare dov’è la
verità.
28 gennaio
Altra e più grave rivelazione della “Stampa” sui finanziamenti
della CIA in Italia. Il caso denunciato oggi è infinitamente più grave dei
precedenti […]. Dai passi citati risulta che l’ambasciatore in persona nel
febbraio 1970 versò circa 500 milioni di lire a un altissimo personaggio dei
servizi segreti italiani e che costui li girò a un giornalista di estrema
destra per influenzare in questo senso la politica in questione.
“La Stampa” sostiene che i due personaggi sono il generale Vito
Miceli [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/02/morto-vito-miceli.html] e Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, giornalista e deputato missino.
Interventi di questo genere vanno oltre il finanziamento dei partiti o dei
sindacati, investono la sicurezza del Paese. Miceli ha smentito e Rauti ha
fatto naturalmente lo stesso ma non ha aperto bocca l’ambasciatore. Non fiata
il Dipartimento di Stato […].
29 gennaio
Nello scandalo dei finanziamenti della CIA in Italia i politici
passano un poco in seconda linea. La tensione e lo sdegno si concentrano nel
mezzo miliardo dell’ambasciatore americano al SID […] La crisi ministeriale è
tornata dopo 24 giorni al suo punto di partenza. La direzione della DC non si è
opposta al moncolore che Moro cura di costituire ma lo ha condizionato a un
accordo della vecchia maggioranza se non sulla formula sul programma del nuovo
governo. La palla cioè ritorna nel nostro giardinetto.
Pietro Nenni, Socialista libertario giacobino: Diari [1973-1979]
Il giorno dopo, il 2 novembre
1975, Giorno dei Morti, il corpo senza vita del poeta viene trovato all’Idroscalo
di Ostia.
Non si è Italiani se non si ha
una teoria personale del “complotto” di quel giorno!
Il
suo assassinio interrompe le sue indagini politiche, ma una parte di Petrolio è,
già, stata scritta e continua a parlare dopo la sua morte. Se si continuasse a
studiarlo dal punto di vista economico-politico, forse, potrebbe rivelare
qualche segreto che i potenti di allora volevano nascondere, o, forse, potrebbe
portare a una pista finora neppure ipotizzata e svelare quanto
sia accaduto. Perché rivelare la verità a tutti era il desiderio di Pier Paolo Pasolini,
come scrive Gianni d’Elia:
“Il dono che ha fatto Pasolini agli italiani, negli
ultimi anni di vita, è stato ed è quello di un privilegio contrario ed
esattamente opposto al privilegio ricevuto per editto e consuetudine dal
Potere, politico giudiziario, della menzogna: il diritto, e soprattutto il
dovere, alla verità storica e politica del male che ha afflitto e affligge la
nostra Nazione.”
Occorre ricordare che, nel 1974,
viene messa in liquidazione la Banca Privata Italiana, nata dalla fusione di
Banca Unione e Banca privata Finanziaria; inizia la crisi dell’impero Sindona
e, nel contempo, il ruolo di finanziatore dell’eversione si sposta da Michele Sindona
a Licio Gelli. In quello stesso periodo, il Banco Ambrosiano ristruttura il
proprio apparato estero: una barriera protettiva grazie alla presenza dello IOR, l’istituto bancario vaticano
difficilmente penetrabile da controlli delle autorità monetarie e finanziarie,
anche nel punto chiave di uscita del danaro. In particolare, nel 1974, fu
fondata la società United Trade
Company. Ma quello che interessa sottolineare è che, come è scritto nell’ordinanza
di rinvio a giudizio per il crack del Banco
Ambrosiano, nel 1975, la UTC
inizia a erogare, in modo assolutamente ingiustificato, ingenti somme a fondo
perduto su conti presso banche svizzere e sudamericane, appartenenti o comunque
riferibili a Licio Gelli e Umberto Ortolani.
Il
4 ottobre 1974, il giudice istruttore di Milano emetteva contro Michele Sindona
mandato di cattura per i reati di false comunicazioni sociali e illegale
ripartizione degli utili. Dopo che con sentenza del 14 ottobre 1974, il
Tribunale Civile di Milano dichiarava lo stato di insolvenza della Banca
Privata Italiana, nei confronti di Sindona veniva promossa l’azione penale
anche per il reato di bancarotta fraudolenta, con ordine di cattura, emesso il
24 ottobre 1974, confermato dal giudice istruttore, a seguito della
formalizzazione del procedimento, con mandato di cattura del 2 luglio 1975 [cfr.
la sentenza n. 20/86 del 18 marzo 1986 della Corte di Assise di Milano,
acquisita al fascicolo per il dibattimento].
Il 1974 è un anno di sangue!
Molti morti si conteranno negli
scontri tra i gruppi di estrema sinistra e di estrema destra e le forze dell’ordine…
e negli attentati di Piazza della
Loggia, il 28 maggio 1974,
e dell’Italicus, il 4 agosto 1974.
Lo scrittore Italo Calvino,
commentando questo clima di violenza, in un articolo intitolato La strage, pubblicato sul Corriere
della Sera, il 6 ottobre 1974,
esprime molto bene il clima dell’epoca:
“Almeno
un risultato questi delle bombe l’hanno ottenuto, insistendo nel loro monotono lavoro
di collezionisti di stragi: di esaurire la possibilità che la parola scritta e
parlata ha di esprimere l’indignazione, l’esecrazione, la ferma volontà di
impedire il ripetersi.”
Pasolini sapeva i nomi dei
responsabili che si nascondevano dietro
la strategia della tensione, “di coloro
che, tra una Messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la
protezione politica a vecchi generali”,
e lo afferma, in modo reiterato, di sapere, ma afferma, anche:
“Io
so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.”
Così, il suo discorso differisce
da un discorso scientifico o storico: il suo sapere è puramente intuitivo,
letterario.
Il suo articolo diviene, allora,
una sorta di J’accuse! mancato.
Riprende la struttura anaforica
del J’accuse! di Emile Zola, con
delle differenze tuttavia. Pasolini afferma di sapere, ma non può dire, non può
citare i nomi, perché non ha prove. Zola, al contrario, “accusa”, nominando
colpevoli precisi, perché ha le prove. È la sua condizione di scrittore che gli
permette di trovare un senso agli episodi misteriosi – a quel momento non ancora
chiariti – che caratterizzano la Storia italiana degli anni 1970.
Reiterando l’affermazione “Io so.” , Pasolini conferisce allo
scrittore lo status di strumento cognitivo capace di scoprire una Verità, di costituire un
sapere. È, dunque, la sua condizione di scrittore che gli permette di ritrovare
il fil rouge in seno agli episodi
apparentemente privi di una logica propria.
Oggi la Verità è preda di due
opposte e concomitanti follie: il Nichilismo di chi dice che la Verità non
esista, ma vi siano solo i punti di vista e il Fanatismo di chi ritiene di
avere il monopolio della Verità.
Ma nessuno ha la Verità in
tasca!
La Verità è latente nel profondo
dell’animo umano, o, meglio nel nostro io spirituale e occorre un certo grado
di evoluzione perché ne appaia qualche luce. Noi andiamo verso la Verità a
piccole tappe, che sono illusioni, ma, nel momento, sono per noi Verità, la
nostra Verità.
La Verità è più grande di noi e
nessuno ne detiene il monopolio, ci trascende. Noi possiamo aspirare a essere
nella Verità, ma non ad avere la Verità in pugno. Noi possiamo nutrire passione
di Verità e possiamo cogliere alcuni aspetti della Verità, perché la Verità ha
molti lati. È la poligonia obiettiva del vero, di cui parla Vincenzo Gioberti
nella Teoria del sovrannaturale: la Verità
ha vari lati, non uno solo.
Si tratta, pertanto,
di ripristinare la relazione tra il vero e il fatto, come direbbe Giovan
Battista Vico.
Il vero è la visione
intelligente del fatto.
I fatti sono
parziali, le interpretazioni partigiane.
La verità è l’intero
rispetto alle parti.
Ognuno, dunque, faccia la sua parte, senza la pretesa di dire
il Tutto o di rivelare il Nulla.
Questo salva la Verità dal monopolio dispotico e dalla negazione nichilista.
Vi è stato un tempo nella Storia
degli uomini, in cui veniva imposto di
credere ciò che piaceva a chi era al Potere, pena la persecuzione, la prigionia
e il patibolo. Furono, così, commessi innumerevoli delitti, mentre gli
autori incoscienti si proclamavano seguaci di Verità, e l’istituzione nefasta
fu, perfino, canonizzata con il nome di Santa Inquisizione.
Questa aberrazione umana
continua, ancora oggi.
Ed è, sempre, la miopia degli
uomini che rende intollerante chi si ritiene possessore della Verità.
La
pericolosità dei dogmatici, non solo nel campo religioso, ma in quello
politico, scientifico, è nel credersi i soli possessori della Verità assoluta e
di ritenere gli Altri nell’errore. Per questo si credono in dovere di combatterli
per portarli alla posizione che ritengono la sola giusta e vera.
“La
verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la
luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.”
[…]
“Lei ha aiutato molti uomini” disse il capitano “a trovare la verità in fondo a
un pozzo.”
Quando Leonardo Sciascia scrive Il giorno della civetta, crede nella
Verità, nella sua esistenza e nella sua conoscibilità anche quando qualcuno, a
essa nemico, tenta di nasconderla e imposturarla. Nel romanzo, Verità e
Giustizia si incontrano per dividersi subito: la Verità, pur se nota, non porta
con sé la Giustizia, che è impedita dal Potere che assicura l’impunità.
Il coraggio della Verità si
prefigge di investigare aspetti miracolosamente, verrebbe da dire, ancora poco
indagati.
Mala tempora currunt per
i ricercatori di Verità, nell’opera di Sciascia e nella Storia italiana del
Dopoguerra!
La Verità che Sciascia, da
cittadino e da intellettuale, ha, sempre, cercato è stata una Verità in conflitto
con le ragioni della politica dei partiti, dei governi, delle istituzioni. In
conflitto con la Ragione di Stato e la Ragione di Partito.
E io ho deciso di fare mie le
parole di Sciascia a Marcelle Padovani:
“Sono
arrivato alla scrittura-verità, e mi sono convinto che, se la verità ha per
forza di cose molte facce, l’unica forma possibile di verità è quella dell’arte.
Lo scrittore svela la verità decifrando la realtà e sollevandola alla
superficie, in un certo senso semplificandola, anche rendendola più oscura, per
come la realtà spesso è.”
Il presente è, sempre, il
risultato del passato e il collettivo è una dimensione dell’individuale: non
posso capire me stesso senza capire gli altri.
Ogni mio scritto nasce da una
domanda.
Perché?
Calarmi nei personaggi è frutto
della mia esperienza di “prestato scrittore al giornalismo”. Ho appreso doti di
chiarezza e velocità e, anche, a inventarmi in ruoli diversi in ogni romanzo,
come in un gioco, perché la Letteratura è uno strip-tease al contrario: lo scrittore parte nudo e si veste fino a
diventare un nuovo o più nuovi personaggi.
A
cosa serve conoscere il Passato?
Perché occuparsi di ciò che è
accaduto dieci, mille, diecimila anni fa?
Non sarebbe meglio esaminare il
Presente, ciò che accade intorno a noi e da cui dipende la nostra Vita?
Studiamo il Passato proprio per
comprendere il Presente.
Sulla Terra tutto si evolve, in
altri termini, tutto si trasforma.
Un miliardo di anni fa, la Terra
appariva un immenso globo arroventato, circondato di vapori, su cui non vi era
e non poteva esservi Vita.
Centinaia di milioni di anni fa,
la Vita si generò sulla Terra.
Decine di milioni di anni fa,
già, esistevano una ricca vegetazione, boschi sterminati, una moltitudine di
animali di ogni specie, sia acquatici sia terrestri.
Tutto quel Mondo somigliava
molto poco al Mondo attuale, che, tuttavia, si è sviluppato da quello, mediante
una lunga serie di mutamenti ininterrotti.
Come è avvenuto tutto questo?
Non per caso, ma secondo leggi
determinate.
Se ci limitiamo a esaminare la
Vita, oggi, non riusciamo a cogliere queste leggi, vale a dire il carattere
necessario dei mutamenti. Prima che si studiasse il lontano Passato del Pianeta
Terra, prima che si scoprissero i fossili degli animali e dei vegetali,
esistiti milioni di anni fa, si riteneva che il Mondo non fosse, mai, mutato
dall’attimo in cui era stato creato. Si rideva dei pochi scienziati che
osassero affermare il contrario. Eppure, quegli studiosi asserivano ciò che,
oggi, sembra evidente: che la Vita si sia sviluppata sulla Terra, a poco a
poco, nel corso dei secoli.
Le osservazioni sui resti dell’Antico
Mondo vegetale e animale, che sono giunti fino a noi, perché sono rimasti
sepolti per centinaia di secoli, hanno dimostrato che il Vecchio Mondo animale
e vegetale somigliava molto poco al nostro, che il Mondo è, sempre, cambiato,
nel corso dei secoli, e che, naturalmente, tutto continua e continuerà a
cambiare.
È una legge di natura!
Ma la dottrina, secondo cui il
Mondo è immutabile e tutto è stato creato in un attimo, è stata sostenuta, a
lungo, non per caso o per pura ignoranza.
Questa dottrina era vantaggiosa
a molti.
Se, in generale, nulla cambia
nel Mondo, non cambia neppure la Società. Anche questa ha un suo assetto
immutabile: così è, sempre, stata e, così, sempre, sarà.
Ma per quale motivo si doveva
credere, in Passato, che la Società fosse, sempre, stata la stessa?
Per il semplice motivo che una
simile credenza era utile a chi godeva di tutti i benefici nella vecchia
Società.
Chi aveva, sempre, detenuto il
potere voleva persuadersi che sarebbe stato, sempre, così, e cercava di
convincere se stesso, ma, soprattutto, la Massa che, così, dovesse essere e che
le cose non potessero andare diversamente.
Se lo studio del Passato della
Terra, dell’Antico Mondo animale e vegetale, se la Geologia e la Paleontologia
hanno mandato in frantumi la Fiaba, secondo cui il Mondo è stato creato in un
attimo e non può cambiare; la Storia e l’Archeologia mandano in frantumi l’altra
Fiaba, secondo cui la Società è, sempre, stata e, quindi, sarà, sempre, quale
è.
L’Uomo, invece, cambia e
cambierà, come tutto il resto.
Alcuni ordinamenti sociali
nascono, altri tramontano e, al loro posto, ne sorgono di nuovi.
La fine di tali mutamenti non
possiamo prevederla né immaginarla; ma, se osserveremo il prodursi di tali
fenomeni, nel corso di decine e centinaia di anni, giungeremo a coglierne le
leggi. E, se non riusciremo a dire come diverrà la Società, tra qualche
migliaio di anni, potremo, tuttavia, sapere per quali vie l’Umanità si andrà
modificando.
Chi prevede l’Avvenire lo
domina, perché si prepara a esso, si organizza per evitare le future calamità e
utilizzare al massimo i beni che l’Avvenire gli riserva.
Conoscere significa prevedere,
prevedere significa padroneggiare.
La conoscenza del Passato dà,
quindi, all’Uomo un potere sul Futuro.
Ecco perché abbiamo bisogno di
conoscere il Passato.
Ora, se per individuare il
carattere necessario dei mutamenti che si producono nella Società dobbiamo
esaminare questi mutamenti, nel corso di un lungo periodo, ciò non significa
che si debba intraprendere l’esame dalle Età più remote.
Si può, anche, seguire la strada
inversa.
Anzi, le leggi dei mutamenti
della Società sono più facili da cogliere, ove si proceda dal Presente verso il
lontano Passato.
Muoviamo, quindi, dal
Presente.
In tutto il Mondo si sta
producendo, oggi, una Rivoluzione.
Osservando il Presente o il
Passato relativamente prossimo, possiamo individuare le leggi dei mutamenti
storici, comprendere che la Storia è fatta di uomini che svolgono determinati
compiti ed è modificata dalla classe sociale che opera i singoli mutamenti.
Come si generano le classi
sociali?
Perché mai tutta la produzione
era in Passato nelle mani dei contadini e dalla campagna si ricevevano non solo
il grano, il lino, la lana, ma anche gli zoccoli e i vestiti, e tutto veniva
fabbricato dai singoli artigiani, che se ne stavano rintanati ognuno nella
propria bottega o in casa, mentre, oggi, esistono immensi calzaturifici, grandi
negozi di abbigliamento?
Solo perché – non esistendo o pressoché
le macchine – l’Uomo di quel tempo era costretto a fare tutto con le sue mani.
Esistevano, naturalmente, macchine idrauliche, come i mulini, ma le macchine di
questo tipo erano molto poche.
Trecento anni fa, l’Uomo iniziò
a costruire macchine a vapore, in seguito, quelle elettriche e termiche.
Con la comparsa delle macchine
si riuscì a produrre oggetti di ogni genere in quantità maggiore e con un ritmo
più rapido. Non si poté più, a tale punto, lavorare isolatamente, perché il
singolo operaio non poteva usare da solo la macchina e gli operai iniziarono,
quindi, a radunarsi in Massa intorno alle macchine.
Ebbe, pertanto, origine la
grande produzione: la fabbrica.
I proprietari delle macchine,
imprenditori o borghesi, divennero i padroni di tutto. Fornivano agli operai la
possibilità di usare le macchine e, al tempo stesso, li privavano dei frutti
del loro lavoro, retribuendoli con salari di fame. Nacque, così, la classe
degli operai, che non lavoravano più in casa propria e solo con le proprie
mani, ma in casa di altri e con l’aiuto di macchine non loro. Si formò, quindi,
il Proletariato.
Questo significa che la nascita
di una data classe sociale si spiega con il modo di gestione dell’Economia.
In Passato, si lavorava
isolatamente, in piccole imprese e questo era un assetto sociale determinato.
In seguito, si iniziò a lavorare
tutti insieme e si ebbe un diverso assetto della Società.
Tutti i mutamenti sono,
pertanto, fondati su una trasformazione dell’Economia.
Cosa costringe l’Uuomo a
occuparsi di Economia?
Dall’inizio del XX secolo, l’intera
Umanità vive in circostanze catastrofiche. I tempi tranquilli, nei quali un
Sistema Universale e profondamente radicato di valori scientifici, creativi e
vitali pareva sussistere incrollabile, sono scomparsi totalmente.
Ovunque divisioni, contrasti,
scissioni, ovunque avvenimenti fluttuanti, mutevoli, contraddittori. Eppure, al
di sopra di essi sta l’ideale di una finalità comune, che è quella di riunire
in una comunità unitaria i Popoli, perché si adattino gli uni agli altri e si
fecondino a vicenda.
Certo, non è possibile cogliere
l’Umanità in tutto il suo complesso, poiché non vi è in essa un contenuto
culturale comune, capace di costruire una Civiltà nuova; tuttavia, questa
esperienza non impedisce che si aspiri al collegamento e all’unione dei Popoli,
poiché si avverte che le finalità, in campo sociale ed etico, debbono, sempre,
oltrepassare il verosimile per avere una efficacia creativa.
Fenomeno strano, ma comprensibile:
nella nostra Epoca inquieta e rivoluzionaria sono vive due tendenze
contrastanti: l’una, che spinge alla scissione, perfino all’autodisgregazione;
l’altra, che mira all’unificazione.
Nel gioco delle forze
politico-sociali manca una linea unitaria: forze diverse in lotta tra loro,
dominano la Vita multiforme degli individui e degli strati sociali. Questa
duplicità delle forze fondamentali e apparentemente inconciliabili, questi
effetti di forze contrarie, ma tra loro intersecate, si ritrovano in tutti i
grandi periodi della Storia, sia nell’Antichità Classica e nell’Impero
Bizantino, sia in diversi momenti dell’Era Moderna.
Si ha, tuttavia, l’impressione
che l’Umanità non abbia, mai, conosciuto tensioni e sconvolgimenti della
potenza e della vastità di quelli che abbiamo occasione di osservare noi, oggi.
In queste circostanze caotiche,
nelle quali vediamo Masse, Popoli e Culture crollare e nuove strutture
politiche e sociali sorgere al loro posto, emergono, naturalmente, problemi di
ogni genere, nuovi e vecchi, razionali e irrazionali, che, solo in piccola
parte, ammettono una soluzione.
Le nuove idee di attualità, i
progetti, le ideologie, le parole altisonanti e le teorie cavillose
contribuiscono a confondere gli Spiriti.
Si presuppone che gli Uomini
siano in grado, per la loro preparazione, di venire, felicemente, a capo di
questi compiti in tutta la loro estensione. Senza una speciale selezione, si
affidano agli individui i compiti più diversi, e la maggior parte di loro
sembra, anche, essere capace di eseguire i lavori assegnati, fintanto che non
siano richieste forza creatrice e grandezza personale. Di fronte a una tale
grande Massa di capaci sta lo strato più esiguo degli individui dotati di
attitudini creative, quella degli individui di talento, predestinati da Natura
a compiti maggiori e più importanti.
Perché scrivo?
Scrivere è, forse, una delle più
incredibili Avventure che ci sia data. Basta un foglio di carta, una penna ed è
un Universo intero a sorgere, ad accalcarsi, già, dietro la porta.
Tra le righe!
Vi è qualcosa di magico. Di
affascinante. Forse, anche di inquietante. Perché questo Mondo, se non è,
forse, completamente reale, nondimeno ha il potere di trasformarci. Molto
sovente, almeno se il Libro è buono, non è più la stessa persona che finisce un
romanzo quella che l’ha iniziato. E ciò vale sia per il lettore sia per lo
scrittore.
No, scrivere, leggere, non è
anodino!
Non se ne esce, sempre, indenni…
I libri possono cambiare il
mondo, non d’improvviso, ma a poco a poco, trasformando la percezione dei
lettori.
Vi sono Libri che ci
accompagnano, che ci fanno crescere, che divengono vecchi Amici. Fanno parte
della Famiglia, hanno il loro posto accreditato sui ripiani della libreria.
Libri di cui si ama accarezzare, teneramente, la rilegatura; scorrere, a caso,
qualche frase, per la musica interiore; respirarne l’odore…
E, poi, altri che, un giorno, si
dimenticano o, peggio ancora, si tradiscono, ignobilmente, per il tale autore
alla moda…
Libri allettanti e facili,
tentatori come il Demonio, scritture di dubbia virtù, zerbini letterari di
circostanza…
È la Vita!
Precisamente.
Si deve assaporarla fino all’ultima
pagina…
Perché leggere è un atto sacro.
“Se l’uomo non
avesse un’immaginazione così debole e facile a stancarsi, se la sua capacità di
meravigliarsi non fosse così limitata, abbonderebbe per sempre le
fantasticherie celesti. Imparerebbe a percepire l’assoluto e il meraviglioso
nell’acqua, nelle foglie e nel silenzio, e sarebbe una consolazione più che
sufficiente per la perdita degli antichi sogni.”
Io leggo Libri che mi rendono un
Uomo migliore, che sfidano il mio modo di pensare, che mi fanno fluire e
proseguire nel cammino.
E se il Libro è Desert Solitaire di Edward Abbey,
che riconosco, geneticamente, vicino a ciò che scrivo, mi scatta il senso
profondo donato all’Uomo dall’umiltà, che mi fa comprendere che il “Labirinto”
è solo all’inizio.
Vero Edward?
“Vorrei che gli italiani sapessero di tanti altri ragazzi
soldato, decine e decine, ormai centinaia, morti ugualmente per aver servito lo
Stato nelle missioni di pace nelle zone di guerra. Ma lo fanno in silenzio, tra
atroci dolori, in un lettino d’ospedale, uccisi dai tumori diagnosticati dopo
il Kosovo, la Somalia, l’Iraq, l’Afghanistan. E non hanno nessun funerale
ufficiale, nessun sostegno se non quello dei genitori e delle mogli che li
assistono sino all’ultimo.”
Giuseppe Di Giorgio, ex-parà della Folgore, malato di linfoma di
Hodgkin
“L’intervento
italiano in Afghanistan si realizza nel pieno rispetto dei principi e delle
circostanze stabiliti dall’articolo 11 della nostra Costituzione.
Siamo in Afghanistan non per recare offesa alla libertà di un altro popolo, né
per risolvere con la guerra una controversia, ma per rispondere all’appello di
quelle organizzazioni internazionali impegnate ad assicurare la pace e la
giustizia tra le nazioni cui la Costituzione fa esplicito riferimento”.
Giorgio
Napolitano, 1 agosto 2011, ore 11.34
Dove
finiscono le armi quando finiscono le guerre?
Tutto
ha origine quando l’Unione Sovietica inizia a dismettere gli arsenali e la
paura di un conflitto mondiale viene meno.
I
Balcani costituiscono, da sempre, un’area molto appetibile per i mercanti di
armi: guerre continue, sia pure di portata regionale, a causa della forte
compresenza di diverse etnie e religioni.
Il 23
Dicembre 1990 –
data dell’esito positivo del Referendum
Popolare sull’indipendenza della Slovenia - inizia la disgregazione della
Federazione Jugoslava [SFRJ].
Da quel momento, i maggiori Stati produttori e venditori di armi iniziano a
farsi i loro affari anche se favorevoli alla Risoluzione 713 [http://www.un.org/fr/documents/view_doc.asp?symbol=S/RES/713[1991]],
adottata, il 25 settembre 1991, dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che
decretava l’embargo generale sulle armi e sull’equipaggiamento militare contro
l’intera Federazione Jugoslava e invitava il segretario generale a offrire la
propria assistenza per sostenere lo sforzo negoziale condotto dalla Comunità
Europea nell’ambito della Conferenza dell’Aia.
Grazie
alla sua posizione geografica l’ex-Jugoslavia rappresenta un ponte naturale tra
l’Europa e l’Oriente.
Con
la copertura della guerra, si consolida la sua posizione di crocevia strategico
per qualsiasi traffico illecito. La struttura statale inesistente e legittima favorisce
lo sviluppo e il proliferare della criminalità organizzata e, così, nel 2007,
in Bosnia, le forze internazionali organizzano un intenso traffico di armi che
avrebbero dovuto distruggere. In breve, quando scoppia una guerra, sono in
molti a lanciarsi in un business che permette di accumulare ingenti ricchezze.
Mercanti
di armi e rappresentanti di governo, sebbene implicati, non vengono, mai,
giudicati responsabili né condannati.
Tra
il 1991 e il 1992, quando nei Balcani il traffico di armi prospera, 20 navi
cariche di armi approdano, in grande segreto, al porto sloveno di Koper.
È un
ottimo escamotage per aggirare l’embargo stabilito dall’ONU.
Il
carico viene, poi, inviato in Croazia e in Bosnia.
L’operazione
ha la regia delle mafie italiana, albanese e russa.
Tali
armi avrebbero dovuto essere utilizzate a scopo difensivo. Favoriscono, invece,
aggressioni e atrocità di ogni tipo.
Le
armi acquistate dalla Croazia hanno permesso di respingere l’Esercito Popolare Jugoslavo [JLA], ma
non dobbiamo dimenticare che i leaders
militari croati sono stati condannati croati e serbi sono stati, congiuntamente, coinvolti
nel massacro di musulmani bosniaci.
Conclusosi
il conflitto, il traffico di armi confluisce nei servizi segreti deviati.
Di
nuovo, vi è chi ne sa trarre una grande quantità di danaro!
Come disse, duemila anni fa, al
figlio Tito l’imperatore Vespasiano, quando impose una tassa sulle latrine
pubbliche:
“Il
danaro non puzza!”
Questo adagio, ormai classico,
vuole mettere in luce un contrassegno positivo del danaro, vale a dire, il suo
valore è indipendente dalle circostanze in cui è stato fatto. Ma quello che
valeva duemila anni fa per il danaro dell’imperatore romano, non vale più, oggi,
nei confronti del crimine organizzato.
Soldi guadagnati illegalmente possono essere ritirati dalla circolazione dallo Stato
anche se sono stati “deodorati” in un graduale processo di lavaggio, come si
definisce in tedesco il riciclaggio. Il lavaggio di danaro o riciclaggio è
stato, fino agli anni 1980 inoltrati, una metafora pregnante del linguaggio
giornalistico e, solo agli inizi degli anni 1990, si è trasformato in concetto
giuridico.
Nel 1990, il gruppo delle
Nazioni economicamente più importanti [G7] presentò delle direttive fatte
elaborare dal Financial Action Task Force
on Money [ FATF ].
Oggi, interi settori economici,
anzi intere economie nazionali sono minacciate dall’infiltrarsi del crimine
organizzato. I riciclatori di danaro lo aiutano ad accedere alle posizioni di
potere dell’economia e della società legali.
Il Fondo Monetario Internazionale [FMI] ritiene che, nel 1995, siano
stati immessi, clandestinamente, nei mercati finanziari legali complessivamente
500 miliardi di dollari di danaro sporco, nonostante fossero state rafforzate
le misure contro il riciclaggio.
Far luce è la parola d’ordine di
questa inchiesta.
Non si vuole tanto portare l’attenzione
su singoli casi, avvenimenti, scandali, quanto rendere visibili quelle
strutture e intrecci finanziari, in cui il flusso del danaro sporco si mescola
con quello legale.
Fare i nomi di società e persone
diviene, pertanto, inevitabile.
Conformi a questo approccio sono
anche le numerose note a piè di pagina disseminate nel testo, che contengono
particolari concreti sui punti nodali e le diramazioni di strutture finanziarie
invisibili.
Da venti anni, i reduci dalle
missioni NATO, in Libano, in Afghanistan,
in Bosnia, in Somalia, in Kosovo e in Iraq si ammalano per le conseguenze dell’uso
di proiettili all’uranio impoverito. È l’Osservatorio Militare, presieduto dal maresciallo in pensione
Domenico Leggiero, ex-pilota dell’Aeronautica [http://www.osservatoriomilitare.it/]
a fornire i numeri di questa battaglia dimenticata, sui quali non sono servite
tre Commissioni di Inchiesta Parlamentari,
regolarmente azzoppate dal crollo anticipato delle legislature.
Miles Gloriosus ovvero morire d’uranio impoverito, per la regia di
Antonello Taurino [https://vimeo.com/38099678],
ricostruisce la vicenda dei soldati malati di cancro a causa dell’uranio
impoverito delle munizioni sparate in alcune missioni all’estero.
In ottanta minuti
di una forma di teatro civile, che non segue schemi classici, il regista
conduce gli spettatori attraverso una vicenda dolorosa, di ingiustizia e
abbandono delle istituzioni, ma lo fa con la commedia e non con l’orazione
seria.
“Per fare teatro civile”,
spiega il regista;
“non basta dire i fatti, serve metterci una storia intorno. La
storia è l’esca per attirare e poter raccontare.”
E vi è stato un
parlamentare che è riuscito a boicottare lo spettacolo!
Ne è decollata una quarta,
presieduta dal deputato PD della Sardegna Gian Piero Scanu.
“L’universo
della sicurezza militare non è governato da norme adeguate. C’è bisogno di una
nuova legge, senza la quale resteranno immutate le scelte strategiche di fondo
che trasformano i militari in lavoratori deboli e umiliano i militari ammalati
o morti per la sproporzione tra la dedizione dimostrata e la riluttanza
istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi.”,
ha dichiarato Scanu, il 19
luglio scorso, durante una conferenza stampa, in cui ha reso nota la relazione
intermedia della Commissione, il cui lavoro è culminato in una proposta di
legge intitolata “Sicurezza sul lavoro e
la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del
personale delle Forze armate” [https://ilmanifesto.it/uranio-soldati-senza-protezione/].
“Le
sostanze inquinanti”,
si legge nella relazione,
“entrano
nella catena alimentare e quindi l’accettazione di soglie più elevate della
norma espone a un rischio significativo chiunque utilizza i prodotti derivati.”
Voi siete a favore o contro l’energia
nucleare?
O non avete, ancora, preso una
posizione?
Una posizione, di fatto, noi
Italiani l’abbiamo presa e l’abbiamo, anche, espressa.
Chi, invece, non si può
esprimere è l’Organizzazione Mondiale
della Sanità [OMS], l’organismo che, per conto dell’ONU, deve occuparsi della salute delle popolazioni.
Eppure, il
Capitolo II della sua Costituzione indica come l’OMS perverrà a elevare il livello di salute, esercitando
determinate funzioni.
Capitolo
II
Delle
Funzioni
Art.
2
a]
Agisce come autorità direttrice e coordinatrice, nel campo sanitario, dei
lavori di carattere internazionale;
b]
Stabilisce e mantiene una collaborazione effettiva con le Nazioni Unite, con le
istituzioni speciali, con le amministrazioni sanitarie governamentali, con i
gruppi professionali, come pure con altre organizzazioni che potessero entrare
in linea di conto;
c]
Aiuta governi, se richiesta, a rafforzare i loro servizi sanitari;
d]
Fornisce l’assistenza tecnica appropriata e, nei casi urgenti, l’aiuto
necessario, se i governi lo domandano oppure se l’accettano;
e]
Fornisce o aiuta a fornire, a richiesta delle Nazioni Unite, servizi sanitari e
soccorsi a gruppi speciali di popolazioni, per esempio alle popolazioni dei
territori sotto tutela;
f]
Stabilisce e mantiene i servizi amministrativi e tecnici ritenuti necessari,
compresi i servizi di epidemiologia e di statistica;
g]
Stimola e promuove lo sviluppo dell’azione intesa alla soppressione delle
malattie epidemiche, endemiche e altre;
h]
Promuove, se necessario, facendo capo ad altre istituzioni speciali, l’adozione
delle misure atte a prevenire i danni causati dagli infortuni;
i]
Favorisce, se necessario, facendo capo ad altre istituzioni speciali, il
miglioramento dell’alimentazione, il risanamento delle abitazioni, delle
istallazioni sanitarie, il miglior impiego degli intervalli di riposo, il
miglioramento delle condizioni economiche e di lavoro, come pure di tutti gli
altri fattori dell’igiene dell’ambiente;
j]
Favorisce la cooperazione tra i gruppi scientifici e professionali che
contribuiscono al progresso sanitario;
k]
Propone convenzioni, accordi e regolamenti, fa raccomandazioni concernenti le
questioni sanitarie internazionali ed esegue i compiti che possono pertanto
essere attribuiti all’Organizzazione e sono conformi al suo fine;
l]
Promuove lo sviluppo dell’azione in favore della sanità e del benessere della
madre e del bambino, come pure la loro attitudine a vivere in armonia con un
ambiente in piena trasformazione;
m]
Favorisce ogni attività nel campo dell’igiene mentale, specialmente le attività
che si riferiscono allo stabilimento di relazioni armoniose tra gli uomini;
n]
Stimola e guida le ricerche nel campo della sanità;
o]
Favorisce il miglioramento delle norme d’insegnamento e della formazione nelle
professioni sanitarie, mediche e affini;
p]
Studia e diffonde, se necessario, facendo capo ad altre istituzioni speciali,
la tecnica amministrativa e sociale concernente l’igiene pubblica e le cure
mediche preventive e terapeutiche, inclusi i servizi ospitalieri e la sicurezza
sociale;
q]
Fornisce qualsiasi informazione, parere e soccorso concernenti la sanità;
r]
Favorisce la formazione, tra i popoli, di un’opinione pubblica illuminata su
tutti i problemi della sanità;
s]
Stabilisce e rivede, secondo i bisogni, la nomenclatura internazionale delle
malattie, delle cause di morte e dei metodi d’igiene pubblica;
t]
Uniforma, per quanto necessario, i metodi di diagnosi;
u]
Sviluppa, stabilisce e incoraggia l’adozione di norme internazionali
concernenti gli alimenti, i prodotti biologici, farmaceutici e simili;
v]
In generale, prende tutte le misure necessarie per il raggiungimento del fine
assegnato all’Organizzazione.
Il
28 maggio 1959, l’AIEA riesce
a far siglare all’OMS l’accordo WHA12-40 [http://independentwho.org/en/who-and-aiea-aggreement/, http://www.criirad.org/actualites/dossiers%202007/accord_oms-aiea/Accord%20OMS-AIEA.pdf], in cui
viene mondializzata l’omertà sugli effetti delle radiazioni sulla salute umana.
L’accordo stipulava, infatti, che le due organizzazioni dovessero
concentrarsi su tutti gli argomenti di interesse comune. Nella pratica, la Risoluzione WHA 12.40 [http://independentwho.org/en/who-and-aiea-aggreement/,
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+E-2002-3662+0+DOC+XML+V0//IT]
del 28 maggio 1959 stabiliva,
infatti, che i dati sui danni alla salute, provocati da radiazioni, non potessero
essere divulgati dall’OMS senza autorizzazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica
[AIEA].
Avallo, che non è, di fatto,
MAI, dato.
Nell’accordo, all’articolo III,
si evince la possibilità di poter assumere, sia da parte dell’AIEA sia da parte dell’OMS, misure restrittive per
salvaguardare il carattere confidenziale di certe informazioni e dell’obbligatorietà
delle due agenzie di rapportarsi, direttamente, per tutti i progetti o i
programmi che possano coinvolgere una delle due parti. I
termini di questo articolo III, che impongono la segretezza, cioè il silenzio,
sono contrari alla Costituzione dell’OMS,
il cui scopo è espresso nel Capitolo I della stessa Costituzione:
“Il fine dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità [qui di seguito chiamata Organizzazione] è quello di
portare tutti i popoli al più alto grado possibile di sanità.”
Questo
accordo è stato, scrupolosamente, rispettato, anche dopo l’incidente di
Chernobyl e i guasti delle guerre in Bosnia, in Somalia, in Kosovo, in Afghanistan e in Iraq, dove le
truppe statunitensi hanno impiegato munizioni radioattive all’uranio
impoverito. Ne consegue che l’OMS ha
censurato tutti gli studi sulle malattie legate all’industria nucleare, civile
o militare che sia, da più di mezzo secolo. Ha, anche, attribuito numerosi
problemi di salute pubblica a fattori minori.
Nel
1957, l’AIEA è creata, non unicamente
per impedire o limitare lo sviluppo delle armi di distruzione di massa come
molti credono, ma per incoraggiare l’utilizzo dell’energia nucleare a fini
pacifici!
Cinquant’ anni dopo, l’oncologo Umberto
Veronesi dichiarava:
“Ho
appena firmato una lettera dell’Associazione Galileo 2001 destinata al
presidente Napolitano con
la quale una parte della comunità scientifica italiana si dichiara preoccupata
per la decisione del Parlamento di ratificare il protocollo di Kyoto
assumendosi impegni - come quello di ridurre entro il 2012 le emissioni di gas
serra del 6,5 per cento - che siamo nell’impossibilità pratica di onorare e che
ci costeranno una sanzione di oltre quaranta miliardi di euro. Credo che sia il
momento di mettere da parte le posizioni preconcette, le paure e le emozioni.
Dobbiamo aprire gli occhi. È vero, la fonte ottimale di energia in termini di
produzione, efficienza, sostenibilità per l’ambiente e per l’uomo, non l’abbiamo
ancora trovata, ma oggi il nucleare va considerato concretamente e subito. In
Francia ci sono 58 centrali, in Germania 17, in Spagna 9. È una fonte potente
per la quale già disponiamo della tecnologia di sfruttamento e che non comporta
rischi per la salute e l’ambiente. Purtroppo la parola nucleare spaventa più
degli incidenti che potrebbe causare. Fobie popolari, timori irrazionali e
retaggi storici fanno ancora di più dell’allarme cancro e i suoi morti causati
dai derivati del petrolio. Allora io dico: basta con il panico da primitivi
spaventati dal fuoco.” [http://www.repubblica.it/2007/03/sezioni/ambiente/energie-pulite/veronesi-rubbia/veronesi-rubbia.html]
Ma in
che Mondo viviamo?
Illustri
rappresentanti di molti Stati si incontrano, discutono, promuovono, firmano,
ma, poi, si comportano in maniera disonesta, giocando con le vite umane!
Sono
gli stessi che, allo scoppiare di un conflitto, barattano armi con droga, armi
con soldi…
Dalla bomba atomica alle
centrali nucleari, l’uranio accompagna la Storia del XX secolo.
Con il riscaldamento climatico,
questa materia prima graverà, egualmente, sul XXI secolo.
Voi saprete tutto della sua
estrazione, del ciclo del combustibile e dei Paesi produttori da questo dossier.