Conoscere
è ricordare
27
GENNAIO 2010
GIORNO DELLA MEMORIA
RAZZISMO:
dalle
leggi antiebraiche del 1938
al
preoccupante rigurgito degli ultimi anni
In
Italia, coloro che pensavano che il nostro antisemitismo, e il razzismo in
generale, fossero nati, nel 1938 (1), per adeguamento mussoliniano alla
filosofia dell’Asse Roma-Berlino, e si fossero dileguati assieme al crollo del
regime del littorio, oggi riflettono sulle radici ben più profonde di questo
“male oscuro” della nostra civiltà.
Il
razzismo in Italia risale ai lunghi secoli di ghetti per i “perfidi giudei”,
colpevoli del deicidio. E risale alle imprese africane, perché non vi è
colonialismo che non abbia nella propria ideologia una robusta vena razzista.
Con il
fascismo, che ha una concezione “aristocratica” della società e della storia,
il razzismo si trova maggiormente a suo agio, anche se non si presenta subito
come antisemitismo perché il punto di vista di Mussolini sembra essere, a
proposito della questione ebraica, oscillante. Parlando con Ludwig, nel 1932,
il duce sostiene che “l’antisemitismo non esiste in Italia” e, negli
anni 1933 e 1934, Il Popolo d’Italia – con articoli non firmati, ma di
evidente ispirazione – polemizza spesso con il razzismo dei nazionalsocialisti
appena saliti al potere in Germania; ma, già, nel 1936, Mussolini scrive che “l’antisemitismo
è inevitabile laddove il semitismo esagera con la sua esibizione, la sua
invadenza e, quindi, la sua prepotenza. Il troppo ebreo fa nascere l’antiebreo”.
Sono
oscillazioni dettate da convenienze politiche: a un certo momento gli fa comodo
appoggiare il gruppo dei “sionisti revisionisti” che, a differenza dei sionisti
ufficiali, era antinglese. Certo è che aveva derivato da alcune fonti
socialiste antisemite – Fourier, Proudhon, Bakunin e, soprattutto, Georges
Sorel – uno stato d’animo che sul suo giornale, il 4 luglio 1919, aveva
espresso così:
“Se
Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo, gli è che così vogliono i
grandi banchieri ebraici di Londra e New York, legati da vincoli di razza con
gli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza
ariana che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli. In Russia vi è l’80% dei dirigenti dei Soviet che sono
ebrei. Il bolscevismo non sarebbe per avventura la vendetta dell’Ebraismo
contro il Cristianesimo? L’argomento si presta alla meditazione. È possibile
che il bolscevismo affoghi nel sangue di un pogrom di proporzioni
catastrofiche.
La
finanza mondiale è in mano agli ebrei. Chi possiede le casseforti dei popoli,
dirige la loro politica. Dietro i fantocci di Parigi, sono i Rothschild, i
Warburg, gli Schiff, i Guggenheim, i quali hanno lo stesso sangue dei
dominatori di Pietrogrado e di Budapest. La razza non tradisce la razza. Il
bolscevismo è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità
sostanziale. La plutocrazia internazionale dominata e controllata dagli ebrei,
ha un interesse supremo a che tutta la vita russa acceleri sino al parossismo
il suo processo di disintegrazione molecolare.”
Vi
sono, già, in queste righe, tutti gli ingredienti della polemica fascista
antisemita di venti anni dopo.
Ma il
primo razzismo fascista nasce con gli insediamenti coloniali e, in un modo più
esplicito, con la conquista dell’Etiopia, quando il PNF (Partito Nazionale
Fascista) proclama la necessità di “creare la coscienza imperialistica e
razzista del popolo italiano”. In Libia vige l’ordinamento giuridico
instaurato dal governatore Volpi di Misurata, il quale ha chiara in testa una
divisione etnico-sociale. Gli italiani hanno il potere; gli arabi sono lo
strato inferiore, piccoli contadini, commercianti, ambulanti, pastori; gli
ebrei sono lo stato intermedio, mediatori, grossi commercianti, amministratori.
Alle scuole e ai tribunali per gli ebrei, dunque, Volpi affianca una distinta
giurisdizione per i musulmani.
Il 23
ottobre, il Gran Consiglio del Fascismo proclama la Libia territorio nazionale
e, il 4 dicembre, viene promulgata la legge che elargisce ai libici musulmani
una “cittadinanza italiana speciale”, che era, in pratica, quella limitata di
prima, con l’aggiunta dell’ordinamento sindacale e corporativo.
Nei
riguardi dell’Africa Orientale, il 19 aprile 1937, il regime emana il
decreto-legge che istituisce il nuovo reato di “rapporti coniugali con i
sudditi”. Nel quadro della politica “di miglioramento e potenziamento” della
razza si pone – con molta disinvoltura, perché l’aumento delle nascite e il
miglioramento delle condizioni sanitarie e fisiche dei cittadini non sono
affatto un capitolo del razzismo – anche la battaglia demografica, con la
progettazione di una grande colonizzazione.
Si
poteva pensare di seguire l’esempio della Spagna e del Portogallo che avevano
lasciato libera la mescolanza dei colonizzatori con i colonizzati: ma dove sarebbe
finito il “primato di Roma”?
Il
problema urgente è il “madamismo”, vale a dire la vecchia abitudine dei nostri
ufficiali e funzionari di tenersi in casa more uxorio una donna
indigena, “madama”: il decreto citato pone un argine alle nascite dei “mulatti”,
che ora sarebbero aumentate considerevolmente. Non viene, invece, vietato ai
cittadini italiani l’accesso nelle case di tolleranza rifornite di “sciarmutte”
indigene, reclutate dalle nostre autorità.
Alla
vigilia della Seconda Guerra Mondiale l’Italia fascista è, dunque, al centro di
una comunità imperiale che – ispirandosi alla prassi dell’antica Roma –
presenta una serie di stati giuridici differenti: solo la cittadinanza italiana
è optimo jure, vale a dire gode della pienezza dei diritti, mentre hanno
diritti più o meno limitati e sono diverse tra loro la cittadinanza albanese,
quella dell’Egeo, quelle libiche, la condizione di sudditanza nell’Africa
Orientale. Specialmente nell’Africa Orientale la differenziazione razziale è
nettissima. Tutte le terre della corona, dei ribelli e dei fuoriusciti sono
state incamerate dal demanio per distribuirle ai coloni italiani: in questi
provvedimenti, scrive Angelo del Boca, “vi sono già tutti i principi
dell’apartheid sudafricano”. Paul Gentizon, che visiterà l’Impero, nel 1939,
quando i suoi istituti e la sua macchina amministrativa funzionano, già, da
tempo, scrive:
“La
politica coloniale dell’Italia è dominatrice in tutti i campi. Essa non ha
nulla di sentimentale. Nei riguardi degli indigeni, respinge come falsa e
pericolosa ogni teoria dell’assimilazione. Essa mira infine a proteggere la
purezza e l’integrità della razza bianca. Il razzismo può essere considerato
come il corollario o meglio il coronamento della politica coloniale fascista.”
È in
questo contesto che trova posto anche il progetto di una cittadinanza speciale
per gli ebrei. I primi segni tangibili del sorgere imponente di una questione
ebraica sono del 1937, quando vede la luce il pamphlet di Paolo Orano Gli
ebrei in Italia, in cui si vuole dimostrare che gli ebrei costituiscono in
ogni nazione lo stato maggiore dell’antifascismo e che i sionisti italiani
antepongono un’altra patria alla nostra.
Giovanni
Preziosi, antisemita da antica data, cura una nuova edizione dei famigerati Protocolli
dei Savi Anziani di Sion. Altri libri escono in quegli stessi mesi sulla
questione ebraica, tra i quali particolarmente incisivo è Il mito del sangue
di Julius Evola, che espone una dottrina basata sulla distinzione tra la razza
del corpo, dell’anima e dello spirito, superando, con ciò, il puro dato
biologico. In prima linea sulla nuova problematica sono diversi fogli dei GUF
(Gruppi Unitari Fascisti).
Preoccupati, molti ebrei testimoniano a Il Popolo
d’Italia la loro fede patriottica e fascista e Mussolini ne prende atto,
ribadendo, tuttavia, che “il sionismo non può far rima con fascismo”. E,
nel febbraio del 1938, esce una nota dell’agenzia ufficiosa Informazione
diplomatica che enuncia due punti notevoli: il problema ebraico può essere
risolto solo “creando in qualche paese nel mondo, non in Palestina, uno
stato ebraico”; occorre “fare in maniera che la parte degli ebrei nella
vita d’insieme della nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinseci
individuali ed alla importanza numerica della loro comunità”. La nota
aggiunge che il governo non pensa a provvedimenti contro gli ebrei; ma quale
minaccia contiene questo criterio della “proporzionalità”?
Nel
1938, gli ebrei cittadini italiani sono 47.252 e quelli stranieri in Italia
sono 10.173.
Il 14
agosto 1938, due mesi dopo la visita di Hitler a Roma, i giornali pubblicano Il
manifesto della razza che, firmato da un gruppo di “studiosi fascisti” il più
noto dei quali è Nicola Pende, pretende di fissare in dieci punti le basi
biologiche del nostro razzismo. Dimenticando secoli di invasioni che la nostra
penisola ha subito, il “manifesto” afferma con disinvoltura che la razza
italiana è ariana, che gli ebrei non appartengono alla razza italiana e che i
caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani di razza ariana
non debbono essere alterati in nessun modo. Zelante, il segretario del partito
Achille Starace pone alla cultura fascista i punti da approfondire:
l’individuazione dei caratteri della nostra razza e la sua difesa nel campo dei
rapporti coloniali, per affermarvi la “superiorità colonizzatrice” dell’Italia,
e nel territorio italiano dove occorre eliminare gli ebrei “dal corpo etnico
della Nazione”.
Ai
primi di agosto appare nelle edicole il quindicinale La difesa della razza,
diretto da Telesio Interlandi (segretario di redazione sarà Giorgio Almirante),
e Starace raccomanda la diffusione ai federlali. Il nuovo periodico si affianca
alle testate antisemite preesistenti: Il Tevere, diretto dallo stesso
Interlandi, e La vita italiana di Giovanni Preziosi. Viene istituito
presso il ministero dell’interno un Consiglio superiore per la demografia e per
la razza.
Fuori
dall’ambiente ebraico – che finge di manifestare fiducia nelle assicurazioni di
non persecuzione – le espressioni di dissenso sono rare e prudenti. Fu luminosa
eccezione un articolo, pubblicato il 3 agosto 1938, su La luce, il
settimanale della Chiesa valdese, da un professore, Mario Falchi: “in quest’ora
storica di ridesto antisemitismo” egli rivendica la positività della visione
ebraica della vita. Il titolo è: “Quello che l’umanità gli deve…”; e il
sottotitolo: “Vale a dire: quello di cui essa, l’umanità, fu e rimane debitrice
ad Israele!”. Ma di opposizioni decise Mussolini non ne incontra.
Tra gli
altri gerarchi solo Balbo, De Bono e Federzoni sono dissenzienti. Vi è il
Quirinale e vi è la Santa Sede.
“Nei
confronti di Vittorio Emanuele”
scrive
Renzo De Felice: “la cosa fu facile e rapida”. Buffarini Guidi va a
parlargli a San Rossore e il re si limita a invitare il governo a discriminare
gli ebrei che si sono distinti per patriottismo. Nei confronti della Santa Sede
la situazione è più complessa: in linea generale, il sacro collegio e gli
ambienti vaticani sono meno contrari del papa alla nuova campagna fascista, si
attestano sul principio del “discriminare e non perseguitare”, sottolineano
positivamente le differenze tra il razzismo tedesco (“biologici”) e il nostro,
e alla fine limitano l’opposizione al solo punto delle nozze degli ebrei
convertiti non potendo non considerare lesivo del Concordato il divieto del
matrimonio di un ebreo convertito con un ariano.
Ma
Mussolini tiene duro e la spunta. Qualche voce cattolica – ricordiamo Mario
Bendiscioli – si leva contro “la condanna del mondo ebraico, vale a dire del
Vecchio Testamento” (e questa fronda dà fastidio a Farinacci:
“Cos’è
avvenuto che la Chiesa
ufficiale si sente oggi non più antisemita, ma filosemita?”); ma più numerosi e
autorevoli sono i prelati favorevoli: ricordiamo i gesuiti di Civiltà
cattolica, con l’argomentazione che “gli ebrei medesimi hanno richiamato in
ogni tempo e richiamano tuttora su di sé le giuste avversioni dei popoli coi
loro soprusi troppo frequenti e con l’odio verso Cristo medesimo, la sua
religione e la sua Chiesa” e padre Agostino Gemelli, rettore
dell’Università cattolica di Milano, il quale vede nei provvedimenti fascisti “attuarsi
quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di sé e per la
quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace di una patria,
mentre le conseguenze dell’orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni
tempo”. Va detto, tuttavia, che molti sacerdoti continueranno a celebrare
matrimoni “misti” e che molti figli di matrimoni misti ottennero certificati di
battesimo retrodatati, per eludere i limiti fissati dalla legge.
La
quale, che cosa dice?
Chi è
ebreo secondo le disposizioni nuove?
“Agli
effetti di legge:
a) è di
razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi ebrei, anche se appartenga
a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato
di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e
l’altro di nazionalità straniera;
c)
è considerato di razza ebraica colui che è
nato da madre di razza ebraica quando sia ignoto il padre;
d) è
considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di
nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, sia, comunque, iscritto
ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi momento,
manifestazioni di ebraismo.
Non è
considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità
italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1° ottobre 1938,
apparteneva a religione diversa da quella ebraica.”
E chi
sono gli ebrei “discriminati”?
I
familiari dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e per
la causa fascista, i feriti, mutilati, volontari e decorati nelle medesime
occasioni, i fascisti antemarcia e quelli che si sono iscritti al partito nel
secondo semestre del 1924 (vale a dire dopo l’uccisione di Matteotti).
Una
serie di disposizioni di legge scaglionate nel tempo eliminano gli ebrei dalle
scuole – sia come insegnanti sia come allievi – dalle forze armate, enti
pubblici, industrie, commerci, professioni; limitano le loro proprietà
immobiliari; ne diminuiscono le capacità nel campo testamentario. Con l’ultima
fase della guerra le disposizioni si aggravano con limitazioni in materia di
patria potestà, di adozione, di tutela, di affiliazione, con l’eliminazione
degli ebrei dal settore dello spettacolo e il divieto di amministrare case o
condomini appartenenti anche solo parzialmente ad ariani o da costoro abitate;
fino alla disposizione del 6 maggio 1942, che sottopone “gli appartenenti
alla razza ebraica, anche se discriminati, di età dal 18° al 55° anno compresi,
a precettazione civile a scopo di lavoro”.
Questa
odiosissima disposizione – che tenta di giustificarsi con un presunto
“malcontento popolare” contro il favoritismo fatto agli ebrei i quali, “liberi
da obblighi militari, potevano dedicarsi all’affarismo e all’ozio”, il che
suonava “offesa per le masse combattentistiche e lavorative Italiane” –
non fa a tempo ad avere una grande applicazione: le prefetture tardano a
compilare gli elenchi, poi il regime cade. Qualche donna viene utilizzata in
fabbriche tessili o alimentari o cartiere, gli uomini in aziende agricole,
lavori stradali e di nettezza urbana. A Roma, per scavi e pulitura degli argini
del Tevere.
Non va,
viceversa, dimenticato il non infrequente aiuto dato dalle nostre truppe di
occupazione, in opposizione ai tedeschi, alle comunità israelitiche nella
penisola balcanica. La caduta del fascismo (25 luglio 1943) non modifica lo
stato giuridico degli ebrei perché il governo Badoglio non provvede ad abrogare
le leggi razziali. Si dice: per non irritare l’alleato, con il quale “la guerra
continua”. Ma la cosa grave è che durante i “45 giorni” il maresciallo non
abbia provveduto a far distruggere gli elenchi degli ebrei conservati nelle
questure e che dopo l’8 settembre siano caduti nelle mani dei repubblichini e
dei tedeschi.
Spietata
diventa la condizione sotto la RSI,
che nel Manifesto di Verona, al comma n. 7, recita semplicemente:
“Gli
appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra
appartengono a nazionalità nemica.”
Segue
l’ordine ai capi delle Province di inviare “tutti gli ebrei, anche se
discriminati, a qualunque nazionalità appartengano”, in appositi campi di
concentramento; e la confisca di tutti i loro beni, mobili e immobili,
devolvendone il prezzo di vendita allo Stato “a parziale ricupero delle
spese assunte per assistenza, sussidi e risarcimenti di danni di guerra ai
sinistrati delle incursioni aeree nemiche”.
È la
“soluzione finale”. A Roma vi è la taglia di 5.000 lire per ogni israelita
catturato (2.000 se donna, 1000 se bambino). Gli ebrei braccati dai fascisti
della RSI e deportati (secondo i calcoli fatti da Giuseppe Mayda in un suo
saggio) sono 8.451, di cui solo 980 si salvano. Occorre aggiungere i 292 uccisi
in Italia e morti in detenzione. Aggiunge Mayda successivamente:
“Le
condizioni in cui vivevano gli ebrei nelle prigioni di Salò erano talmente
crudeli da spingere le vittime al suicidio: soltanto a San Vittore, e nel
limitato periodo tra l’11 e il 23 dicembre 1943, due ebrei si tolsero la vita
gettandosi dal terzo piano all’interno del carcere e due donne ebree, una
straniera e una signorina Calabresi, si impiccarono a Firenze in una cella
della Santa Verdiana. Agli ebrei chiusi a San Vittore erano negati anche i
pochissimi diritti concessi agli altri detenuti, politici e comuni: l’ora
d’aria in cortile, la possibilità di ricevere pacchi, la corrispondenza con le
famiglie, l’assistenza medica e l’acquisto di generi alimentari o di conforto
allo spaccio del carcere.”
Il
razzismo che, oggi, ritorna a fare capolino nei recessi oscuri
dell’irrazionalismo culturale italiano è un fenomeno complesso, un pretesto per
lo scatenarsi dell’aggressività, che, pur avendo come substrato di fondo la
mancata maturazione di una solida, diffusa coscienza democratica e la crisi di
tutti gli equilibri della nostra società, rivela più di una causa contingente.
Vi è la
radice veterocattolica di coloro che, diffidando delle innovazioni “pericolose”
del Concilio Vaticano II, non hanno cancellato nel loro cuore l’idea del
delitto di deicidio; vi sono all’estrema destra coloro che si ispirano a Evola;
e nell’area confusa della “nuova sinistra” coloro i quali, con errata
semplificazione e non distinguendo tra ebrei, sionisti e Stato d’Israele,
individuano – più o meno in buona fede, vale a dire con o senza puzzo di
petrolio – nell’ebraismo nient’altro che una componente dell’imperialismo
americano.
Note:
(1) Il
5 agosto 1938 sulle rivista La difesa della Razza viene pubblicato il
seguente manifesto:
“Il ministro segretario del partito ha
ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle
università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura
Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo
fascista.
1) LE RAZZE UMANE ESISTONO. La
esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma
corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi.
Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di
uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che
continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a
priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono
razze umane differenti.
2) ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici
maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo
da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici
minori (come per es. i nordici, i mediterranei, ecc.) individualizzati da un
maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di
vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
3) IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti
di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche,
linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione
stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi,
dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una
lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di
questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti,
che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza
abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse
armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre
le diverse razze.
4) LA
POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la
nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane.
L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle
stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo
dell'Europa.
5) È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI
STORICI. Dopo l'invasione dei Longobardi
non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di
influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per
altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi
anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale
di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni
d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che
abitano l'Italia da almeno un millennio.
6) ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto
biologico di razza con il concetto storico–linguistico di popolo e di nazione
ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle
generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue
è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
7) È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo
del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo
ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata
da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose.
La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e
l'indirizzo ariano–nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le
teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli
Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un
modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi
caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze
extra–europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore
coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8) È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I MEDITERRANEI
D'EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono
l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza
mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e
simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9) GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro
suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione
araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome;
e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli
ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia
perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo
assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
10)
I
CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO
ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO. L'unione è ammissibile solo nell'ambito
delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio
ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono
solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il
carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con
qualsiasi razza extra–europea e portatrice di una civiltà diversa dalla
millenaria civiltà degli ariani. »
Elenco
dei dieci scienziati italiani firmatari del manifesto della razza:
On. Sabato VISCO
Direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale
dell'Università di Roma e Direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso
il Consiglio Nazionale delle Ricerche
Dott. Lino BUSINCO
Assistente di Patologia Generale all'Università di Roma
Prof. Lidio CIPRIANI
Incaricato di Antropologia all'Università di Firenze
Prof. Arturo DONAGGIO
Direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di
Bologna e Presidente della Società Italiana di Psichiatria
Dott. Leone FRANZI
Assistente nella Clinica Pediatrica all'Università di Milano
Prof. Guido LANDRA
Assistente di Antropologia all'Università di Roma
Sen. Luigi PENDE
Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica
dell'Università di Roma
Dott. Marcello RICCI
Assistente di Zoologia all'Università di Roma
Prof. Franco SAVORGNAN
Ordinario di Demografia all'Università di Roma e Presidente
dell'Istituto Centrale di Statistica
Prof. Edoardo ZAVATTARI
Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma
Elenco delle personalià che
aderirono al manifesto:
ACERBO Giacomo
|
COCCHIARA Giuseppe
|
LANZA Ugo
|
PINI Giorgio
|
ACITO Alfredo
|
COGNI Giulio
|
LANZARA Giuseppe
|
POLI Athos
|
ALESSANDRI Pino
|
COLIZZI Gioacchino
|
LA VIA Lorenzo
|
POMILIO Marco
|
ALESSI Rino
|
COLLALTINO Collalto
|
LELJ Massimo
|
PODALIRI Guido
|
ALFIERI Dino
|
CONSOLI Francesco
|
LEMMI Roberto
|
PREZIOSI Giovanni
|
ALMIRANTE Giorgio
|
COPPOLA Francesco
|
LEONI Enzo
|
PUCCIONI Uberto
|
AMICUCCI Ermanno
|
CORSO Raffaele
|
LE PERA Antonio
|
RAVA Maurizio
|
ANDALÒ Ugo Giorgio
|
COSSIO Carlo
|
LESSONA Alessandro
|
RAVASIO Carlo
|
ANDREUCCI Giuseppe
|
COSTAMAGNA Carlo
|
LIVI Livio
|
REA Leo
|
ANGELINI Franco
|
COTONE Oberdan
|
LODOLINI Armando
|
RELLINI Ugo
|
ANTONUCCI Antonio
|
CUCCO Alfredo
|
LOLLI Mario
|
RENDE Domenico
|
APOLLONI Livio
|
CUTELLI Mario
|
LORENZINI Paolo
|
RICCI Marcello
|
APPELIUS Mario
|
DAQUANNO Ernesto
|
LUCHINI Alberto
|
ROGNONI Gastone
|
ARCHIDIACONO Nicola
|
De BAGNI Mario
|
LUCIDI Giuseppe
|
ROMANINI Alfredo
|
ARFELLI Felice
|
DE BLASI Vito
|
LUPI Gino
|
ROMANO Raffaello
|
AZZARITI Avv. Gaetano
|
DEDEL Francesco
|
MACRÌ Filippo
|
ROSSO Gustavo
|
BACCAGLINI Alessandro
|
DE DOMINICIS Adolfo
|
MAGANI Michele
|
RUCCIONE Mario
|
BACCIGALUPPI Mario
|
DE FRANCISCI Pietro
|
MAGGIORE Giuseppe
|
RUFFILLI W. Erminio
|
BADOGLIO Pietro
|
DELLE DONNE Michele
|
MANCA Antonio
|
RUSSO Giuseppe
|
BACCIOLI Vincenzo
|
DELL'ISOLA Giuseppe
|
MARCHITTO Nicola
|
SABATINI Arturo
|
BUFFARINI GUIDI Guido
|
DE ROSA Gabriele
|
MARINI Marco
|
SALVI Giunio
|
BALBO Emilio
|
DE ROSA Ennio
|
MARRO Giovanni
|
SANGIORGI Giorgio
|
BALLARATI Giancarlo
|
DE RUGGIERO Stefano
|
MARZOTTO Antonio
|
SANTARELLI Enzo
|
BANCHER Dante Cesare
|
DE SETA Enrico
|
MORANA Domenico
|
SARRI Corrado
|
BANISSONI Ferruccio
|
DE VITA Pier Lorenzo
|
MARTINOLI Ettore
|
SAVARINO Santi
|
BARBARA Mameli
|
DI CAPORIACCO Lodovico
|
MASINI Carlo Alberto
|
SAVELLI Giovanni
|
BARDUZZI Carlo
|
DI DONNO Alfredo
|
MASSA Mario
|
SAVORGNAN Francesco
|
BARGELLINI Piero
|
DI GIORGIO Guido
|
MASTROJANNI Alberto
|
SCALIGERO Massimo
|
BAZZI Carlo
|
DI MARZIO Cornelio
|
MASTROJANNI Gabriele
|
SCARDAONI Francesco
|
BELLINO Ugoberto
|
DOMENICI Carlo
|
MATARRESE Fortunato
|
SCARPELLI Furio
|
BENIGNI Umberto
|
DONAGGIO Arturo
|
MAZZEI Vincenzo
|
SCUDELLARI Giorgio
|
BEONIO BROCCHIERI
Vittorio
|
DONADIO Nicola
|
MAZZONI Gino
|
SEMIZZI Renato
|
BERGAMASCHI Carlo
|
ELEFANTE Fernando
|
MEREGAZZI Renzo
|
SEMPRINI Giovanni
|
BERNUCCI Giorgio Luigi
|
ELLERO Pietro
|
MEZZASOMA Fernando
|
SERGI prof. Sergio
|
BIAGI Bruno
|
EVOLA Julius
|
MILANESI Guido
|
SPAMPANATO Bruno
|
BIAMONTI Ettore
|
FABIANO Giuseppe
|
MISCIATELLI Piero
|
SGABELLONI Massimo
|
BIANCOROSSO Rodolfo
|
FABBRI Vittorio
Emanuele
|
MISSIROLI Mario
|
SOFFICI Ardengo
|
BIANCINI Bruno
|
FANFANI Amintore
|
MITRANO SANI Gino
|
SOLMI Arrigo
|
BIASUTTI Renato
|
FARINACCI Roberto
|
MODICA Aldo
|
SORLINI Ferruccio
|
BIOLETTO Angelo Marco
|
FERRI Carlo Emilio
|
MOLINARI Riccardo
|
SOTTOCHIESA Gino
|
BIONDOLILLO Francesco
|
FESTA CAMPANILE
|
MOLINO Walter
|
SPARDINI Giacomo
|
BOCCA Giorgio
|
FICAI Giuseppe
|
MONTECCHI Mario
|
STARACE Achille
|
BOCCASILE Gino
|
FIORETTI Arnaldo
|
MORMINO Giuseppe
|
TACCHI VENTURI Pietro
|
BORGHESE Giacomo
|
FLAVIO Quinto
|
MURRI Romolo
|
TALLARICO Giuseppe
|
BORRETTI Mario
|
FLESCH Gislero
|
MUSSOLINI Benito
|
TASSINARI Renato
|
BORSANI Carlo
|
FONTANELLI Luigi
|
NAJ SAVINA Luigi
|
TEDESCO Z. Vittorio
|
BOTTAI Giuseppe
|
FORMOSA Raffaele
|
NATOLI Romualdo
|
TIRELLI Mario
|
BOTTAZZI Filippo
|
FORTEGUERRI Giuseppe
|
NERI Italo
|
TOPPI Giove
|
BLASI Guglielmo
|
FRANZI Leone
|
NICCO Carlo
|
TOSTI Armando
|
BRIGHENTI Roberto
|
FRASETTO Fabio
|
NIEDDU Ubaldo
|
TRITONI Romolo
|
BUSINCO Lino
|
FRUGONI Cesare
|
NOTARI Umberto
|
TRIPODI Nino
|
CABRINI Luigi
|
GABELLI Ottone
|
OMARINI Giuseppe
|
TRIZZINO Antonino
|
CALENDOLI Giovanni
|
GAYDA Virginio
|
ORANO Paolo
|
TUCCI Giuseppe
|
CALLARI Francesco
|
GARDINI Nino
|
ORTOLANI Giovanni
|
TURONE Mario
|
CALOSSO Claudio
|
GARDINI Walter
|
PACE prof. Biagio
|
TURRINI Mario Felice
|
CALURI Bruno
|
GARIBALDI Ferdinando
|
PADELLARO Nazareno
|
VALAGUSSA Francesco
|
CAMERINI Augusto
|
GASTEINER Elio
|
PAGLIARO Antonio
|
VALENTE Rindo
|
CANEVARI Emilio
|
GATTI Tancredi
|
PALMIERI Nino
|
VALLECCHI Attilio
|
CANIGLIA Renato
|
GEDDA Luigi
|
PAOLELLA Domenico
|
VALORI Aldo
|
CAPASSO Aldo
|
GEMELLI Padre Agostino
|
PAPINI Giovanni
|
VERCELLESI Edmondo
|
CAPPUCCIO Lino
|
GENNA prof. Giuseppe
|
PARIBENI Roberto
|
VERDINI Raul
|
CARBONELLI Riccardo
|
GENOVESI Cesare
|
PASCOLATO Michele
|
VIAN Cesco
|
CARNEVALE Em.
Filiberto
|
GENTILE Giovanni
|
PAVESE Roberto
|
VICHI Ferdinando
|
CASINI Gherardo
|
GHIGI Alessandro
|
PAVOLINI Alessandro
|
VILLA Emilio
|
CASNATI Francesco
|
GIANI Niccolò
|
PEDRAZZA Piero
|
VILLA Rindo
|
CASSIANO Marco
|
GIANNETTI Berlindo
|
PEDROCCHI Federico
|
VILLARI Luigi
|
CASTELLETTI Giuseppe
|
GIGI Lorenzo
|
PEILLICANO Piero
|
VINCI Felice
|
CAVALLUCCI Guido
|
GIOVENCO Giuseppe
|
PELLIZZI Camillo
|
VISCO Sabato
|
CAZZANI Giovanni
|
GIULIOTTI Domenico
|
PENDE prof. Nicola
|
VIZIANO Angelo
|
CECCHELLI Carlo
|
GIUSTI Paolo Emilio
|
PENNISI Pasquale
|
ZAPPA Paolo
|
CESETTI Giuseppe
|
GRAY Ezio Maria
|
PETRACCONE Giovanni
|
ZAVATTARI Edoardo
|
CHELAZZI Gino
|
GRAVELLI Asvero
|
PENSABENE Giuseppe
|
ZANINI Giuseppe
|
CHERSI Livio
|
GRAZIANI Felice
|
PERALI Pericle
|
ZEDDA Ennio
|
CHIARELLI Riccardo
|
GRAZIANI Rodolfo
|
PETAZZI Giuseppe
|
ZERBINO Paolo
|
CHIARINI Luigi
|
GRAZIOLI Francesco S.
|
PETTAZZONI Raffaele
|
ZOJA prof. Luigi
|
CHIAUZZI Angelo
|
GUARESCHI Giovanni
|
PETRAGNANI Giovanni
|
ZUMAGLINI Cesare
|
CHILLEMI Guglielmo
|
GUERRIERI Ottorino
|
PETRI Tommaso
|
|
CHIURCO Giorgio
|
GUIDOTTI Paolo
|
PETRUCCI Antonio
|
|
CIANETTI Tullio
|
IMBASCIATI Bruno
|
PETTINATO Concetto
|
|
CIANO Galeazzo
|
INTERLANDI Telesio
|
PIAZZA Giuseppe
|
|
CIMINO Alfio
|
ISANI Giuseppe
|
PICENO Giorgio
|
|
CIPOLLA Arnaldo
|
LAMPIS Giuseppe
|
PICCIOLI Angelo
|
|
CIPRIANI Lidio
|
LANCELLOTTI Arturo
|
PIERAMONTI Umberto
|
|
CLAREMORIS Maurizio
|
LANDRA Giovanni
|
PICHETTI Guido
|
|
Daniela Zini
Copyright © 2010 ADZ
TUTTI I DIRITTI RISERVATI