L’operatrice umanitaria, l’infermiera inglese Florence
Nightingale e Henri Dunant, fondatore del Comitato
Internazionale della Croce Rossa [ICRC], avevano opinioni diverse circa gli
aiuti umanitari.
Nel 1854, Florence Nightingale accolse l’invito del
ministro britannico della guerra ad assistere i soldati malati e feriti della
Guerra in Crimea. Il ministro era stato fortemente criticato dalla stampa per
la scarsa assistenza ai soldati sul fronte. Con un gruppo di 37 infermiere,
Florence Nightingale raggiunse la caserma britannica di Scutari e fece, ben
presto, la scoperta raccapricciante che molti soldati, per la continua
esposizione agli elementi e per la carenza di cibo, spesse erano mezzi morti
ancora prima di essere feriti. Solo un soldato su 6 a Scutari moriva per le
ferite, gli altri 5 morivano di colera, dissenteria, tifo e infezioni.
Florence Nightingale non riuscì a far seguire ai
vertici dell’esercito i suoi consigli per migliorare l’igiene nell’ospedale
fino a quando non denunciò la situazione al quotidiano britannico THE TIMES. I lettori ne furono
scandalizzati e pretesero che fossero prese le misure adeguate.
Il numero dei morti scese immediatamente, ma i soldati
che grazie alle cure si rimettevano in sesto erano costretti a tornare al
fronte.
Senza il suo aiuto, pensò Florence Nightingale, la
guerra sarebbe finita prima: il numero di soldati pronti a combattere si
sarebbe esaurito più velocemente e il ministro della guerra avrebbe avuto più
difficoltà a reclutare nuovi uomini.
Quando Henri Dunant iniziò ad attivarsi per mettere in
piedi una Organizzazione Internazionale di Volontari in grado di fornire aiuto
ai militari feriti, Florence Nightingale fu da subito contraria.
Henri Dunant tentò di convincerla dell’importanza
della sua iniziativa e le scrisse, in una lettera, che, secondo lui i ministeri
della guerra erano i primi responsabili delle cure ai malati e ai feriti, ma
anche negli eserciti meglio organizzati quelle cure erano insufficienti.
Florence Nightingale gli rispose stizzita:
“Se le regole esistenti [dei ministeri della guerra]
sono insufficienti, bisogna migliorarle.”
“E’ assurdo. Solo in un Paese piccolo come la
Svizzera, che non vedrà mai una guerra, può nascere una iniziativa del genere!”
La collaborazione dell’ICRC con il regime nazista
tedesco viene definita la MADRE di tutte le controversie nel mondo degli aiuti
umanitari.”
Nel 1942, l’ICRC
sapeva già che era in corso l’OLOCAUSTO, ma, in una riunione del 14 ottobre
di quell’anno, decise di mantenere riservata quella informazione. Secondo l’ICRC, neppure il male dei campi di
concentramento giustificava l’abbandono del principio di neutralità e
imparzialità.
Da allora, la lobby
degli aiuti umanitari ha ripetuto quel tragico errore.
In Etiopia, negli anni 1980, alcune organizzazioni
umanitarie aiutarono il regime con beni e danaro in una migrazione imposta, in
cui persero la vita decine di migliaia di persone.
A Goma, negli Anni 1990, le organizzazioni umanitarie
aiutarono i colpevoli del genocidio ruandese a riorganizzarsi per poter
continuare le loro campagne di distruzione contro i Tutsi in Ruanda.
Dei 7 milioni di abitanti che contava il Ruanda, nel
1994, non meno di 800mila furono soppressi, in modo sistematico, in meno di 100
giorni.
Oggi, noi sappiamo che vi è di peggio di un genocidio:
sapere che si sarebbe potuto evitare un genocidio.
Il 16 gennaio 2000, la commissione di inchiesta delle
Nazioni Unite sul Ruanda, dopo otto mesi di indagini, denunciò le responsabilità
dell’ONU nel genocidio per non essere
intervenuta dall’inizio delle violenze. Nel mese di luglio, anche l’Organizzazione per l’Unità Africana [OUA]
pubblicò un rapporto che accusava la Francia [François Mitterand e Edouard
Balladur], gli Stati Uniti [Bill Clinton e Madeleine Allbright], il Belgio e le
Nazioni Unite di non aver impedito il massacro. In seguito alla pubblicazione
di questo rapporto, il governo ruandese nominò una commissione incaricata di
censire le vittime del genocidio, partendo dall’ottobre del 1990, quando i
ribelli dell’FPR lanciarono i primi
attacchi al regime di Juvénal Habyarimana. Le successive indagini misero in
luce anche il coinvolgimento di personalità religiose negli scontri e nei
massacri di gruppo.
Nel 1993, il generale canadese Roméo Dallaire,
comandante del contingente ONU UNAMIR,
in Ruanda, era stato incaricato di sorvegliare e monitorare il processo di
pace, avviato con gli Accordi di Arusha del 1993-1994. Tali accordi prevedevano
la formazione di un governo di transizione, in cui convivessero il partito del
presidente Juvénal Habyarimana, al potere da oltre 20 anni, e il Fronte
Patriottico Ruandese. Dallaire aveva denunciato importanti acquisti illegali di
armi da parte dei soldati regolari, dei miliziani Interahamwe e della
popolazione civile, segnalando i rischi di nuove violenze.
Il famoso telegramma all’ONU, nel gennaio del 1994, rimase inascoltato.
La potenza più presente, dunque, la più influente in
Ruanda, la Francia, se ne lavò le mani. Accusava gli Stati Uniti d’America, che
avevano formato, nel 1990, il Fronte
Patriottico Ruandese [FPR], costituito da Tutsi, di essere i responsabili
del genocidio. Gli Stati Uniti negarono il genocidio, anche quando era in atto,
perché gli americani erano, ancora, turbati dall’esperienza somala, nel 1993,
e, dopo la morte di dieci soldati, spalleggiati dal Belgio, decisero di
rimpatriare il loro contingente, con il pretesto di mettere fine alla Missione delle Nazioni Unite UNAMIR,
mentre i Tutsi cadevano come mosche.
Noi sapevamo che persone morivano.
Credevamo di sapere!
Non sapevamo nulla…
I media non ci hanno, mai, informato su quanto
accadeva e non lo abbiamo saputo che qualche anno dopo il genocidio.
La Comunità Internazionale è la sola in diritto di
intervenire per prevenire un genocidio ed è in questa ottica che si deve
considerare la prevenzione. Se si interverrà con urgenza, quando i massacri
sono iniziati, molto sovente, sarà troppo tardi e non si potrà essere sicuri di
rimuovere una minaccia di genocidio, anche se si avrà la soddisfazione di avere
salvato delle vite umane. Se non si interverrà e un genocidio sarà perpetrato,
si diverrà complici. Si diverrà complici in eguale misura, se non maggiore,
qualora il Consiglio di Sicurezza ponga in essere una forza di dissuasione e la
ritiri a genocidio iniziato, ciò che è accaduto in Ruanda, nell’aprile del
1994.
I dittatori e i capi ribelli continuano a fare dell’industria
degli aiuti umanitari quello che i nazisti fecero dell’ICRC: COLLABORAZIONISTI INVOLONTARI.
Le crisi umanitarie sono quasi sempre crisi politiche
o crisi che possono avere esclusivamente una soluzione di tipo politico. Se i
donatori, gli eserciti e le milizie fanno politica con gli aiuti umanitari,
allora le ONG non possono permettersi
di essere apolitiche.
Gli Stati hanno fallito le loro politiche
mondializzatrici e, dunque, tacciano, oggi i leaders politici mondiali per pura propaganda politica e si
carichino, invece, delle CENTINAIA DI MIGLIAIA DI ESSERI UMANI, civili e in
divisa, malati e morti, per le loro sporche guerre.
Buona estate a tutti!
Daniela Zini