“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”

Nikos Kazantzakis

Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:


Bani adam a’za-ye yek peikarand,
Ke dar afarinesh ze yek gouharand.

Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar,
Degar ‘ozvha ra namanad qarar.

To kaz mehnat-e digaran bi ghammi,
Nashayad ke namat nehand adami.

I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo,
Originate dalla stessa essenza.

Se il destino arreca dolore a una sola,
Anche le altre ne risentono.

Tu, che del dolore altrui non ti curi,
Tu non sei degno di essere chiamato Uomo.

Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan

traduzione dal persiano di Daniela Zini

Dormire, dormire e sognare…

Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.

Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.

Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.

Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.

Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.

È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.

Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.

L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.

D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.

Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.

Quel tentativo fece completo fallimento.

Perché?

Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.

In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.

Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.

Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.

Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.

Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.

E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?

La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.

Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.

Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.

Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?

Tutte!
La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.

Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.

La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:

“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”

Roma, 20 gennaio 2014

Daniela Zini

domenica 30 dicembre 2018

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sabato 29 dicembre 2018

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venerdì 28 dicembre 2018

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NON C'E' CARCERE, NE' INFERNO CHE BASTEREBBE PER QUESTI BASTARDI E PER QUELLI CHE LI HANNO COPERTI.

T7 - IL CASO FORTETO (SENCONDA PARTE).mpg

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sabato 22 dicembre 2018

Fumer du cannabis pourrait "reprogrammer" le sperme et créer des spermatozoïdes mutants - LCI

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mercoledì 19 dicembre 2018

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martedì 11 dicembre 2018

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LETTERA 2 A Sinesio da Ipazia, salve! di Daniela Zini

A Sinesio da Ipazia, salve!


Voi non potete dubitare delle cose in cui credete, io debbo.”
Ipazia di Alessandria.



A Sinesio da Ipazia, salve!
È dall’alba che scrivo e sta scendendo la sera, una placida sera che si anima di ombre sempre più tenui, al cui svanire traccio gli ultimi segni.
Come temevo, l’Assemblea degli Anziani mi ha negato il permesso di commemorare l’assassinio di Desideria e ha condannato, con asprezza, la linea nettamente critica che intendo seguire circa la condizione e la transizione alla Vita adulta dei nostri Giovani, giacché credo che la responsabilità morale versi i nostri Figli non ci imponga solo di preoccuparci che abbiano di che nutrirsi e di che coprirsi.
Il filosofo che condanna il realismo dell’Impero porta un reale pregiudizio e l’Impero, in nome dell’interesse pratico, la cui custodia costituisce tutta la sua funzione, ha il diritto e, forse, il dovere di condannarlo.
Si riconosce un filosofo dalla prontezza eroica con cui è disposto a bere la cicuta!
Sia Socrate sia la giuria ateniese si comportarono correttamente.
L’Impero deve essere retto da Principi preparati, mentalmente, ad avvelenare i filosofi, senza tuttavia essere spinti dal desiderio di farlo, senza essere smodatamente crudeli, in quanto se sono veri Principi calcolano, freddamente, se somministrare il veleno o no.
I filosofi non possono impedire ai Principi di riempire la Storia del fragore dei loro disastri e dei loro massacri, ma possono impedire loro di credersi grandi perché sono impegnati a compierli.
Per la sopravvivenza della nostra Civiltà, è necessario non proibire o ricusare il Male, ma riconoscerlo come tale, cosicché, anche quando viene violata, la Morale resta quello che è.
È bene, dunque, che i Principi siano ipocriti, giacché riconoscono i principi che trasgrediscono.

I falsi filosofi sono i moralisti del realismo.
Si collocano all’interno del Mondo reale, ne condividono le passioni e conferiscono loro l’autorità della mente e dello spirito. Moralizzano il Potere, non nel senso che lo rendono morale, ma nel senso che razionalizzano i propri atti e i propri interessi, giustificandoli con una parvenza di motivazione.
In questo modo, i falsi filosofi conferiscono al Potere un’aura di moralità e insegnano ai Principi non tanto a compiere il Male – in quanto ben ne comprendono la necessità – quanto a pensare che il Male sia un bene.
E, quindi, il Male compiuto è tanto più grave, poiché viene imboccato con entusiasmo e perseguito sistematicamente, perseguito con la coscienza pulita, senza dubbi, senza esitazioni, senza notti insonni, sovente, unico contributo utile dei filosofi agli Uomini che abitano la sfera del reale.   

Gli Anziani ritengono condannabile che si ritenga condannabile il loro punto di vista.
Gli Anziani sostengono che Saulo, come Gesù, divida l’Umanità in salvi da una parte e dannati dall’altra, dimostrando, così, non solo ristrettezza mentale, ma anche profonda ignoranza delle stesse Scritture, perché, per Saulo, gli Uomini non sono né salvi né dannati, ma predestinati a salvarsi e predestinati a dannarsi.
Io non riesco a comprendere perché Saulo sostenga contro tutti, contro lo stesso Gesù, la sua concezione di salvezza intesa come dono di Dio, respingendo qualunque concessione alla salvezza come conquista dell’Uomo attraverso opere meritorie.
Ma, se Dio è giudice e, dunque, salva o condanna l’Uomo, secondo il valore delle proprie opere, quando l’Uomo conoscerà di essere stato dannato da prima della nascita, saprà non condannare Dio?

Nelle azioni degli Uomini si manifestano i  più grandi contrasti, tuttavia, vi è un ambito in cui gli estremi si armonizzano perfettamente: l’ambito delle valutazioni morali.
Questo Impero è dominato dall’etica con tale potenza che anche chi non si comporta secondo le sue leggi, conserva il senso morale.
Costui è solo un debole, che manca della forza di vivere nel modo dettatogli dal sentimento che alberga nell’angolo più recondito del suo essere.
La debolezza è un dono della Natura come la forza.
Essere forti, fedeli al proprio onore e al proprio dovere, non è un merito, ma è una grazia.
Crea una Aristocrazia, stabilisce distanze tra gli Uomini.
È l’Aristocrazia più fidata, tanto fidata da nutrire non superbia e rigidezza, ma indulgenza e comprensione verso coloro che sono diversi, i deboli.

Con la sua inevitabile disposizione gerarchica, l’Assemblea degli Anziani sta ergendosi come una barriera tra l’Umanità e il tuo Dio.
Non vi è più dubbio alcuno, il cerchio si è chiuso.
Si condanna che si condanni.
Cambiano, giorno per giorno, i miei rapporti con gli Anziani.
Mi batto per una discussione libera e aperta e mi oppongo all’autorità indiscriminata e discriminante in nome di una saggezza che, Domani, sarà chiamata ispirazione dello Spirito Santo.
Ora, molti mi schivano e quando mi incontrano per la strada fingono di non vedermi per non dovermi salutare.
Tra tante pecore bianche io sono una pecora nera, pericolosa per i se e per i ma che sollevo.
Per trovare puntelli che leghino, vincolino, impongano, dubbi ingegni si industriano a cercare puntelli sempre più raffinati.
L’ispirazione è il puntello ideale, decisivo nella disputa con la Sapienza umana, seppure vetusta e veneranda, e, se esteso nel tempo, definitivo per i contrasti futuri. 
Chi riuscisse a convincere che Dio è l’unico punto di appoggio per il proprio puntello, alzerebbe, senza fatica, tutti i mondi che vuole, come sognava Archimede, che si amareggiava di non trovarne uno adeguato per potere sollevare la Terra.

Cinque giorni or sono è morto il vecchio Ippolito.
Abbandonando, per sempre, questa Terra ha voluto farmi dono di tutte le sue pergamene, di un valore inestimabile.
È morto in solitudine, in silenzio.
Il giorno stesso, mi sono recata alla sua capanna.
Era come l’avevo vista mesi prima.
Un tavolo al centro, pochi oggetti e una grossa anfora in un angolo piena di pergamene.
Esitai un istante, poi, le presi e le posai sul tavolo.
Provavo una sensazione strana, intensa, come accarezzare la nuca di un neonato.
Le mani mi tremavano.
Quel tremito era il mio pianto.
Le lacrime che non sgorgavano dagli occhi così poco avvezzi a piangere.
Passai le dita sugli spigoli segnati dal tempo.
Nei giorni seguenti avrei provveduto a consolidarli.
Fuori era ancora chiaro, seppure fosse meriggio inoltrato.
Mi rammaricai di non essere più andata a trovarlo e ricordai la prima sera quando nel buio avvertii la sensazione strana di essere circondata da oscure presenze.
Dall’unica piccola finestra si vedeva un lembo di campagna brulla, un terreno in parte fangoso e un cielo grigio in lontananza.
Un vecchio si allontanava, dandomi le spalle.
Zoppicava con la gamba sinistra, proprio come Ippolito, pensai.
A un tratto alzò un braccio e lo agitò in segno di saluto.
Attesi, scioccamente, che si voltasse.
Non si voltò.
Salutava qualcun altro.
Lui era, oramai, entrato nel Mondo di quelle oscure presenze che avevo avvertito in sua compagnia.
Tornando a casa con il fascio di pergamene sotto il braccio, nel buio, meditai tristemente che il dolore che provavo per la sua morte era una sconfessione di tutte le teorie che esponevo ai miei Studenti sulla Morte.
Se soffrivo era perché l’istinto, l’inconscio mi dicevano che l’avevo perduto per sempre.  
Di fronte al dolore della Morte tutto il resto è sovrastruttura, bisogno di consolarsi, necessità di resistere per non sentirsi un frammento inutile dell’Universo.

Sempre e ovunque mi sono imbattuta in persone che suonavano, magnificamente, uno strumento, che componevano anche, alla loro maniera, ma che, poi, nella Vita, al di fuori della Musica, non conoscevano altro.
Vi è stile nella Vita di un Uomo?
Se vi è, come e dove si rivela?
Esiste nella Vita una melodia, che si prolunga fino alla fine e il cui suono si avverte sempre, che rende necessario il tutto, che redime il tutto e in cui tutto ciò che diverge tende nuovamente a unirsi?
In che misura un Uomo viene innalzato da una grande opera e in che modo si manifesta la grandezza di un Uomo, il suo essere fuso nello stesso metallo?
Dalla casualità alla necessità, questo è il percorso di ogni Uomo, questa è la meta, dove tutto diviene necessario, dove tutto esprime l’essenza dell’Uomo e lo esprime perfettamente e integralmente, dove tutto diviene simbolico, dove tutto, come nella Musica, è solo ciò che significa e significa solo ciò che è.
Solo la peregrinazione, non la meta cui la strada avrebbe condotto; solo le angosce delle separazioni, non il procedere insieme; solo la dolce malinconia del ripensamento e le gioie amare di estasi intellettuali che nascono quando si guarda il Passato.
E solitudine, molta, molta solitudine.
Tutto questo pellegrinaggio porta di solitudine in solitudine, passa dinanzi alle comunità umane, attraversa il tramonto di grandi Amori, per, poi, ritornare alla propria solitudine e imboccare nuove strade, verso solitudini sempre più purificate dal dolore, sempre più sublimi e sempre più definitive.

Non ho ricevuto risposta alla mia ultima lettera.
Sei, forse, impossibilitato a scrivere?
Dammi notizie di te, della Gente di Cirene e della tua Casa.
A Sinesio da Ipazia, salve! 


Daniela Zini
Copyright © 11 dicembre 2018



Lettera 1
A Sinesio da Ipazia, l’auspicio di un Buon Natale e un Prospero Anno Nuovo!
di Daniela Zini

martedì 4 dicembre 2018

David Garrett - Thank You For Loving Me



A Mes Amis


Passer ses jours à désirer
Sans trop savoir ce qu'on désire

Au même instant rire et pleurer,
Sans raison de pleurer et sans raison de rire.

Voilà ce qu'on se plaint de sentir quand on aime,
Et de ne plus sentir quand on cesse d'aimer.

Vous, Mes Amis, m’avez perdu ma solitude.
Vous, Mes Amis, m’avez arraché le drap.
Vous, Mes Amis, m’avez mis en fleurs mes cicatrices.


Daniela Zini

venerdì 30 novembre 2018

IL MIO AMATO DI FORUGH FARROKHZAD (traduzione dal persiano di Daniela Zini)

Il mio Amato
Forugh Farrokhzad
 
 

Il mio Amato,
Con quel corpo nudo e impudente,
Sulle sue gambe possenti,
Se ne stava eretto come la morte.

Impazienti linee diagonali
Risalivano
Il suo corpo ribelle,
Nel suo solido disegno.
Il mio Amato
Si direbbe discendere da generazioni dimenticate.

Si direbbe che un tartaro,
Nel fondo dei suoi occhi,
Sia sempre in agguato di un cavaliere.
Si direbbe che un barbaro,
Nel lampo dei suoi denti,
Sia acceso dal sangue caldo della preda.

Il mio Amato,
Come la natura,
Ha un significato ineluttabile e chiaro.
Con la mia sconfitta
Afferma
La primitiva legge della forza.

È selvaggiamente libero,
Come un sano istinto,
Nel folto di un’isola disabitata.
Rimuove,
Con i brandelli della tenda di Majnun,
Dalle sue scarpe la polvere della strada.

Il mio Amato,
Come un dio in un tempio del Nepal,
Si direbbe sia stato,
Dall’inizio della sua esistenza,
Straniero.
È un uomo dei secoli passati,
Una traccia dell’autenticità della bellezza.
Nel suo spazio,
Come il profumo dell’infanzia,
Sempre ricordi innocenti
Desta.
È come un’allegra canzone popolare
Grossolana e schietta.

Ama sinceramente
Gli atomi della vita,
Gli atomi della terra,
I dolori dell’umanità
I dolori puri.

Ama sinceramente
Un viottolo di campagna,
Un albero,
Una coppa di gelato,
Una corda da bucato.

Il mio Amato
È un uomo semplice,
Un uomo semplice che,
Nel sinistro paese delle meraviglie,
Come l’ultima traccia di una portentosa fede,
Tengo celato
Nel folto dei miei seni.


(traduzione dal persiano di Daniela Zini)

mercoledì 28 novembre 2018

Sono una sex worker italiana a Berlino

Essere una donna transgender in Italia: Cristina Bugatty

lunedì 26 novembre 2018

J’ACCUSE! Giustizia, avete detto Giustizia? Non si può morire a 16 anni! di Daniela Zini


 J’ACCUSE!
Giustizia, avete detto Giustizia?
Non si può morire a 16 anni!

di
Daniela Zini



a tutte le Donne e alle mie Piccole Grandi Donne, Adriana, Alessia, Angela, Anna Maria, Arianna, Caterina, Catia, Cesira, Cristiana, Daniela, Donatella S., Donatella T., Evelina, Federica, Francesca L., Francesca R., Gioia, Giuliana, Irene, Margherita, Maria, Maria Pia, Monica, Rita, Roberta, Rosetta, Sarah, Selenia, Shirin, Simona, Sonia, Teresa, Tiziana e Valentina

“Quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le Donne, si distrugge l’energia essenziale della Vita su questo Pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo a essere piegato e domato.”
Eve Ensler

 


Io credo che ogni Essere Umano dovrebbe avere il coraggio di sedersi a un tavolo e scrivere una lettera a chi è stato violento verso di lui.
Ma, non sempre, gliene viene dato il tempo…

 
 Désirée Mariottini insieme alla Mamma Barbara Mariottini.

Così, ho deciso di scriverla io, questa lettera, per ricordare Désirée Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina, trovata senza vita, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, in un edificio abbandonato di via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo, a Roma. 
Una morte che ha sconvolto l’intero Paese e sollevato non poche polemiche dopo la decisione del Tribunale del Riesame di Roma.
Il 13 novembre scorso, infatti, il Tribunale, accogliendo le istanze della difesa, fa cadere, nei confronti di Chima “Sisco” Alinno47enne nigeriano, e Brian Minteh, 43enne senegalese, arrestati per la morte di Désirée, l’accusa di omicidio volontario e derubrica l’accusa di violenza sessuale di gruppo in abuso sessuale, aggravato dalla minore età della vittima.
“Sono contenta per il mio assistito nella cui innocenza, alla luce delle indagini svolte, ho sempre creduto. Mi dispiace perché, indagini condotte in tal modo, rischiano di non rendere giustizia a quella povera ragazza.”,
commenta l’avvocato Pina Tenga, legale del nigeriano Chima “Sisco” Alinno.
L’indomani, a sorpresa, lo stesso Tribunale del Riesame, sposando in pieno l’impianto accusatorio, messo in piedi dalla Procura di Roma, riconosce l’omicido volontario nel caso del senegalese Mamadou “Paco” Gara, 26enne, fermato nei pressi della stazione Pigneto della Metro C. Come gli altri due imputati, Chima “Sisco” Alinno e Brian Minteh, Mamadou “Paco” Gara, per il quale il suo avvocato Ilaria Angelini chiede l’affidamento a una comunità religiosa, resta in carcere.  
Per il ghanese Yousif Salia, 32enne, fuggito in tutta fretta da Roma e catturato nella baraccopoli di Borgo Mezzanone, una frazione di Manfredonia, il 26 ottobre, in possesso di 11 chilogrammi di marijuana, l’accusa di omicidio è, invece, caduta in sede di convalida del fermo.
Perché i giudici si sono orientati verso questa decisione, che è sembrata incomprensibile ai più, alla luce degli elementi di prova raccolti dall’accusa?
Le toghe ritengono che non vi sia stata volontà di uccidere e che gli stupri sono stati singoli, per cui non vi è l’aggravante di avere agito in gruppo.
“Siamo ancora nella fase degli indizi e quindi è giusto che il tribunale faccia le sue valutazioni. Aspettiamo di conoscere le motivazioni del provvedimento. Il nostro quadro accusatorio però non cambia di una virgola. Anzi.”
si apprende dalla Procura.
I pm di Piazzale Clodio sono convinti che gli elementi raccolti a carico degli indagati diano forza all’iniziale pista investigativa seguita dalla polizia. Vi è, soprattutto, una frase che è stata evidenziata durante le udienze per dare riscontro alla volontà dei quattro indagati di uccidere Désirée:
“Meglio lei morta che noi in galera.”
 
Chima Alinno

Yousif Salia

Prima dell’attuale codice penale vi era e vi è, ancora, nelle parti non modificate, il Codice Rocco, elaborato e promulgato in pieno ventennio fascista. I reati di violenza sessuale e di incesto erano rispettivamente parte Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume – divisi in Delitti contro la libertà sessuale e Offese al pudore e all’onore sessuale – e Dei delitti contro la morale familiare.
La violenza sessuale, dunque, non offendeva la persona, coartandola nella sua libertà, ma ledeva una generica moralità pubblica.
Solo nel 1996, dopo una lunga gestazione di venti anni di iter legislativo, la legge contro la violenza sessuale – che, peraltro, affermava cose ovvie, ma in una società sorretta principalmente dalla morale il senso della ovvietà cambia a partire dal punto di vista di chi lo interpreta – classifica questo reato come crimine contro la persona, e non più delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.
In tal senso, un contributo significativo perviene dal coraggioso gesto di una 18enne siciliana di Alcamo, Franca Viola[1] – alla quale io, ma credo tutte noi Donne dobbiamo una infinita gratitudine –, la prima Donna a rifiutare il matrimonio riparatore e a denunciare il suo rapitore, Filippo Melodia, in odore di Mafia, e i suoi complici.  

16  E alla Donna disse: “Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze: con dolore partorirai i tuoi figlioli, sarai sotto la potestà del marito, ed egli ti dominerà.”[2]


Bibbia, Genesi 3:16-18, Edizioni Paoline 1969




La riforma delle norme contro la violenza sessuale era all’ordine del giorno da un decennio, dal processo per i delitti del Circeo. Ritardi che sono espressione evidente delle resistenze e della difficoltà di estirpare nel nostro Paese la violenza di genere.
Il 15 febbraio 1996, viene approvata la Legge n. 66, che, nel dettare nuove Norme sulla violenza sessuale, trasferisce questo reato dal Titolo IX Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume al Titolo Dei delitti contro la persona del Codice Penale. 

609 bis Violenza sessuale
Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1] abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2] traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

609 ter Circostanze aggravanti
La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609 bis sono commessi:
1] nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2] con l’uso di armi o di sostanze alcoliche narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3] da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4] su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5] nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.

609 quater Atti sessuali con minorenne
Soggiace alla pena stabilita dall`articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che. al momento del fatto:
1] non ha compiuto gli anni quattordici;
2] non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza.
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609 bis compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi.
Si applica la pena di cui all`articolo 609 ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.

609 quinquies Corruzione di minorenne
Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, é punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

609 sexies Ignoranza dell’età della persona offesa
Quando i delitti previsti negli articolo 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, nonché nel caso del delitto di cui all`articolo 609 quinquies, il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa.

609 septies Querela di parte
I delitti previsti dagli articoli 609 bis, 609 ter e 609 quater sono punibili a querela della persona offesa.
Salvo quanto previsto dall’articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
La querela proposta e irrevocabile.
Si procede tuttavia d’ufficio:
1] se il fatto di cui al l`articolo 609 bis è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici;
2] se il fatto è commesso dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia;
3] se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell`esercizio delle proprie funzioni;
4] se il fatto é connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d`ufficio;
5] se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui all`articolo 609 quater, ultimo comma.

609 octies Violenza sessuale di gruppo
La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all`articolo 609 bis.
Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 609 ter.
La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3] e 4] del primo comma e dal terzo comma dell’articolo 112.

609 nonies Pene accessorie ed altri effetti penali
La condanna per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies comporta:
1] la perdita della potestà del genitore, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo del reato;
2] l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela;
3] la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa .

609 decies Comunicazione al tribunale per i minorenni
Quando si procede per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609 bis, 609 ter 609 quinquies e 609 octies commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall’articolo 609 quater il procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni.
Nei casi previsti dal primo comma l’assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dal l’autorità giudiziaria che procede.
In ogni caso al minorenne è assicurata l’assistenza dei servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali.
Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresì l’autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento.

  

Nel corso degli anni è stata la Corte di Cassazione a stabilire – laddove il Codice Penale non era sufficientemente chiaro e consentiva una interpretazione discrezionale del giudice – numerose forme di lettura della legge e del reato di stupro.
In questo quadro si può leggere la sentenza di assoluzione pronunciata, il 30 giugno 1982, dal Tribunale di Bolzano nei confronti di 2 pusteresi, entrambi accusati di violenza sessuale:
“Qualche iniziale atto di forza o di violenza da parte dell’uomo, secondo una diffusa concezione, non costituisce violenza vera e propria, dato che la Donna, soprattutto fra la popolazione di bassa estrazione sociale e di scarso livello culturale, vuole essere conquistata anche in maniere rudi, magari per crearsi una sorta di alibi al cedimento ai desideri dell’uomo.”
In altri termini, usare le maniere forti per un approccio era una forma di corteggiamento che non costituiva una violenza vera e propria.
Da un anno, era stata abrogata la rilevanza penale del delitto d’onore e abolito il matrimonio riparatore, ma venivano, ancora, pronunciate sentenze di questo tipo!
Nel 1984, il giurista maceratese Luigi Domenico Cerqua, presidente della Quinta Sezione della Corte di Appello di Milano e docente di diritto penale, riservava parole durissime alla sentenza bolzanina sulla rivista giuridica Giurisprudenza di merito: 
La violenza carnale, secondo un insidioso ed erroneo convincimento tipico di una certa mentalità, è associata all’idea del piacere sessuale piuttosto che a quella dell’aggressione compiuta da una persona nei confronti di un’altra.”
Si traspone così la responsabilità dall’aggressore alla vittima, che avrebbe provocato l’aggressionemagari dimostrandosi disponibile ad un invito, una compagnia, un ballo o un passaggio in auto”. La violenza sessuale è il reato di cui “l’autore si sente innocente e la vittima prova vergogna, perché l’atto sessuale viene inteso come la conclusione normale per un certo atteggiamento tenuto dalla Donna” o come una specie di ricompensa per una assunzione, una promozione…
La posizione di Cerqua è chiarissima:
“Pur in presenza di un atteggiamento seduttivo, se il rapporto sessuale avviene senza il pieno e chiaro consenso della Donna, ci sarà pur sempre un’aggressione alla sua libertà sessuale e quindi violenza carnale.”
“L’uomo ha il dovere di assicurarsi che la Donna acconsenta effettivamente e sino in fondo ad un rapporto di natura sessuale.”
Libertà, ancora, troppo spesso negata.
Miti antichi, credenze erronee e idee obsolete tardano a morire…
Una sentenza quella del Tribunale di Bolzano che ne ricorda, purtroppo, moltissime altre.
Altrettanto imbarazzante è, infatti, leggere la sentenza della Corte di Cassazione n. 1636 del 1999, che negò l’esistenza di uno stupro perché la vittima indossava i jeans. I giudici, all’epoca, rilevarono che “i jeans non possono essere sfilati nemmeno in parte se chi li indossa non dà una fattiva collaborazione”, evidenziando che è impossibile togliere i jeans a una Donna che si oppone “con tutte le sue forze”, dato questo di “comune esperienza”.
Il verdetto indignò, giustamente, il mondo politico e il mondo giudiziario. La stessa Corte di Cassazione si dissociò, da subito, dalla sentenza, con tutti gli accorgimenti tecnici, perché restasse un caso isolato.  Nel novembre dello stesso anno, infatti, nella sentenza n. 13070, veniva precisato che la testimonianza di una Donna che asserisce di aver subito uno stupro “non può essere messa in dubbio perché lei indossava i pantaloni e per esserseli sfilati”.
Che indossare pantaloni stretti e aderenti non può essere considerato un ostacolo a una violenza sessuale, lo rileva, altresì,  la sentenza della Corte di Cassazione n. 30402 del 21 luglio 2008, con la quale la Terza Sezione Penale confermava la condanna alla pena, sospesa, di un anno di reclusione, inflitta dalla Corte d’appello di Venezia per violenza sessuale a un uomo imputato di avere “compiuto con violenza atti di libidine” nei confronti della figlia della sua compagna, “toccandola sul seno, sui fianchi, sul sedere e nelle parti intime, entrando con le mani sotto i pantaloni della Donna”. La Corte di Cassazione aveva rigettato il ricorso dell’uomo, osservando che “il fatto che la ragazza indossasse pantaloni di tipo jeans non era ostativo al toccamento interno delle parti intime, essendo possibile farlo penetrando con la mano dentro l’indumento, non poteva essere paragonabile ad una specie di cintura di castità”. La Sezione Terza Penale attestava, così, una dottrina che, saggiamente, prendeva le distanze dalla molto discussa e molto discutibile sentenza n. 1636 del 1999.
Nel 2009, con l’approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale a causa del diffuso allarme sociale, creatosi per l’incremento del fenomeno, non veniva consentito al giudice, salvo esigenze cautelari, applicare, ai presunti stupratori, con a carico gravi indizi di colpevolezza, misure cautelari diverse dal carcere.  
Ma, nell’estate del 2010, con sentenza n. 265, la Corte Costituzionale riteneva la norma in contrasto con gli Articoli 3 [eguaglianza davanti alla legge], 13 [libertà personale] e 27 [funzione della pena] della Costituzione e diceva alle alternative al carcere “nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure”.
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza n. 4377 del 2012, accoglieva il ricorso di 2 giovani 19enni R. L. e L. B., accusati di violenza sessuale di gruppo – nei  confronti dei quali il Tribunale di Roma, il 5 agosto 2011, aveva confermato la custodia in carcere, ritenendo fosse l’unica misura cautelare applicabile – in quanto i principi interpretativi che la Corte Costituzionale aveva fissato per i reati di violenza sessuale e atti sessuali su minori fossero applicabili anche agli stupri di gruppo in ragione degli Articoli 3 [eguaglianza davanti alla legge], 13 [libertà personale] e 27 [funzione della pena] della Costituzione, dal momento che quest’ultimo reato “presenta caratteristiche essenziali non difformi” da quelle che la Consulta aveva individuato per le altre specie di reati sessuali sottoposti al suo giudizio. I due giovani erano stati denunciati dalla squadra mobile di Frosinone dopo il racconto di una minore, che aveva trascorso la serata in un pub e, mentre stava tornando a casa, era stata avvicinata dai due, che l’avevano fatta salire in auto, portandola, poi, in una zona di campagna e violentandola a turno.
Con la sentenza 40565 del 16 ottobre 2012 la Corte di Cassazione ha deciso che, in caso di violenza di gruppo, uno sconto di pena deve essere concesso a chi “non abbia partecipato a indurre la vittima a soggiacere alle richieste sessuali del gruppo, ma si sia semplicemente limitato a consumare l’atto”.  
Nel dicembre del 2015, andava, definitivamente, in archivio il caso di una studentessa 16enne modenese, che aveva denunciato di essere stata stuprata, nell’estate del 2013, da 4 ragazzi 18enni e un ragazzo 17enne, durante una festa in piscina tra compagni di scuola, poi, degenerata sotto i fumi dell’alcol. Il Tribunale dei Minori di Bologna scagionava, infatti, anche l’ultimo imputato, minore all’epoca dei fatti, che era stato giudicato dal Tribunale dei Minori, ovviamente secondo un iter separato.
Il 23 giugno 2015, il Tribunale di Modena aveva, già, assolto gli altri 4 imputati di violenza sessuale con la motivazione che se è vero che il comportamento passivo della vittima e il fatto che scivolasse nella doccia avrebbero dovuto indurli a sospettare che la stessa avesse perso la lucidità necessaria per presentare un valido consenso all’atto sessuale è altrettanto vero che l’assenza di azioni di respingimento e di invocazioni di aiuto avrebbero potuto ingenerare la convinzione che la sedicenne fosse consenziente” .
La sentenza n. 4532 del 2008 della Corte di Cassazione ha stabilito che “il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità, con la conseguenza che integra il reato di violenza sessuale la prosecuzione di un rapporto nel caso in cui il consenso originariamente prestato venga poi meno a seguito di un ripensamento o della non condivisione delle forme o modalità di consumazione dell’amplesso.”
Nella sentenza n. 37916 del 2012, la Corte di Cassazione confermava la condanna a 3 anni e mezzo di reclusione di un uomo, decisa dalla Corte d’Appello di Ancona, in quanto andava condannato per violenza sessuale chi impone pratiche sessuali estreme a una persona che mostrandosi consenziente all’inizio del rapporto, a un certo punto manifesti di non voler andare oltre”.
Queste sentenze così lunghe e, spesso, contraddittorie, mortificano la dignità della Donna che affronta processi interminabili, e che viene, sovente, esaminata con la lente di ingrandimento, come se fosse compartecipe.
Ancora oggi, è un fattore determinante non il consenso della Donna, ma il giudizio che l’opinione pubblica manifesta verso la sua condotta, il suo abbigliamento, l’energia da lei profusa per tentare di respingere lo stupratore...
Donne che possono essere stuprate!
 

 



Non è facile provare uno stupro e, se sei costretta ad ammettere che eri fuori casa e hai bevuto o assunto droghe, inevitabilmente ti scontri con chi pensa che te la sei cercata e che la denuncia del giorno dopo non è che un tentativo goffo e disperato di ridarti una verginità alla vagina e alla coscienza!
Nel sentire comune stuprare una Donna tossicodipendente sembra come di minore rilevanza penale. Lei stessa ha non poca difficoltà a sentirsi vittima, come se la tossicodipendenza le destinasse un ruolo in cui una tale esperienza non solo non è inconsueta, ma perfino scontata e inevitabile.
Se l’uso di droghe può indurre chi ne fa uso a divenire soggetto di uno o più reati, chi fa uso di droghe ha, anche, maggiori probabilità di divenire oggetto di uno o più reati.
Sappiamo tutti, infatti, che le molestie, gli abusi, le violenze, i maltrattamenti in famiglia, sono, molto sovente, tra i fattori predittivi al consumo di droghe.
E sappiamo, altresì, tutti che le stesse droghe, la ricattabilità della condizione, l’ambiente di vita, il bisogno di una dose spalancano la porta a sempre nuovi reati e ad abusi agiti contro il tossicodipendente, maggiormente se Donna.
Alla legge non scritta del rifornimento di droghe fa da contraltare la legge non scritta di quanti, in una sorta di appostamento paziente, attendono l’effetto dell’assunzione per profittare della passività e dell’arrendevolezza dettate dall’alterazione dello stato di coscienza.
E, così, si fa largo l’idea che la violenza sessuale perde la sua riconoscibilità mel momento in cui si frappone la droga e la sua dipendenza.
Se è difficile per una Donna denunciare di avere subito violenza, lo è molto di più per una Donna tossicodipendente. Dovrebbe riconoscere l’aggressione in quanto tale, denunciarla e rendere nota, contemporaneamente la propria condizione di salute. Dovrebbe farlo, sperando di essere ritenuta credibile, meritevole di una tutela pari a quella riconosciuta alle altre Donne.
È assai poco probabile!
Tiene tutto per sé, cercando di “abituarsi” all’idea di essere e meritare di meno, perseverando in un processo profondo e continuo di disvalore di sé.
Come può non essere un aggravante sfruttare la condizione di vulnerabilità che l’uso di droghe determina, sia che le stesse siano state offerte, promesse come premio in cambio di prestazioni sessuali, per annientare la resistenza della Donna, o assunte dalla stessa?
Come può essere valutata una tale situazione o sulla scorta del consenso espresso, espresso fino a un certo punto o negato?
Quell’odiosa espressione:
“Se l’è cercata...”
non smette di tenere banco…
Sigmund Freud non aveva torto quando rimproverava alle Donne di avere contribuito in una misura eccezionalmente scarsa alla conoscenza della psicologia femminile.
Dunque, circolare non c’è nulla da vedere!

L’adolescenza è un periodo particolare, segnato da profondi cambiamenti psicologici e biologici.
Gli adolescenti vivono nel momento presente e le emozioni sono vissute in modo intenso e globale.
Per loro, gli eventi della Vita sono, molto sovente, fattori precipitanti, anche se possiamo giudicarli inappropriati. Gli adolescenti comunicano più attraverso ciò che fanno che attraverso ciò che dicono. Soprattutto quando hanno un malessere, una pena o un problema, hanno difficoltà a trovare le parole per esprimersi. Si esprimono, dunque, con il loro modo di comportarsi. E, in questo caso, il loro comportamento è, sovente, inaccettabile. Si può reagire ai comportamenti sbagliati con metodi di disciplina, ma questi metodi non funzioneranno, fintanto che non si sarà data loro una risposta.
Se solo potessero spiegarsi, chiaramente, con le parole!
Ma gli adolescenti non hanno queste parole. O se le hanno, non sono capaci del ragionamento necessario per applicare le parole appropriate alla loro situazione.  Sono gli adulti che debbono sapere decifrare i loro messaggi per potere colmare i loro bisogni e correggere i loro comportamenti sbagliati.
Dietro i comportamenti sbagliati, quali l’aggressione, la mancanza di collaborazione, la crisi di collera, l’assunzione di collera, può, infatti, nascondersi ogni sorta di messaggio.
Nonostante i segnali di allarme, i media, che amano interrogarsi sul modo di sfondare porte aperte, si sono posti, subito, la domanda di rito:
“La morte di Désirée avrebbe potuto essere evitata?”
Solo perché una Donna non si oppone o, perfino, accetta di subire atti violenti e degradanti che ledono la sua dignità, l’uomo è autorizzato a compierli?
Solo perché una Donna accetta di essere uccisa o mutilata, l’uomo che la uccide o la mutila non è considerato un criminale?
Esigiamo Giustizia per le Donne vittime di stupro!
Esigiamo Giustizia per gli stupratori perché non beneficino più di una tolleranza colpevole e di una impunità scandalosa!
Esigiamo Giustizia per i processi, rispettosi dei diritti e difensori delle vittime!
In Italia il Codice Penale punisce come violenza sessuale, all’Articolo 609-bis, la condotta di colui che con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringa taluno a compiere o subire atti sessuali e quella di colui che induca un altro soggetto a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
L’articolo 609-ter c.p., invece, prevede delle circostanze [dette aggravanti] al ricorrere delle quali la pena prevista in generale per la violenza sessuale è aumentata. È inoltre prevista un aggravante della pena se i fatti sono commessi nei confronti di persona con l’uso di sostanze alcoliche.
Negli ultimi anni sulla questione del consenso sono stati fatti molti passi avanti, grazie in particolare alle convenzioni internazionali ed europee approvate in materia, come la Convenzione di Istanbul che è il documento più autorevole, cui fare riferimento. 
Lasciamo alla Giustizia fare il suo corso e restiamo solidali contro ogni forma di violenza.
 
 Nessuna più, dolce Principessa Désirée!


Daniela Zini

Copyright © 26 novembre 2018 ADZ



[1] Il caso di Franca Viola sconvolse l’opinione pubblica e, particolarmente, la siciliana. Non era, mai, accaduto che una donna “disonorata” si sottraesse al “matrimonio riparatore”, violando, in tale modo, una consuetudine che dava per scontata la sottomissione delle donne a questo tipo di violenza. Nonostante le intimidazioni e le difficoltà opposte dall’ambiente sociale, Franca Viola non tornò indietro: il processo contro Filippo Melodia e i suoi dodici complici si concluse nel dicembre del 1966 con una condanna a 11 anni per lui, cinque assoluzioni e pene minori per gli altri.
Filippo Melodia è stato ucciso nel 1978 in un paesino in provincia di Modena, probabilmente, per una vendetta di Mafia.

[2] Come è pensabile che dal 200 a.C. [Bibbia dei LXX] fino al 1969 [Bibbia Edizioni Paoline] tutti i biblisti abbiano equivocato “sarai sotto la potestà del marito” anziché “verso tuo marito sarà il tuo istinto”, travisando un concetto di dominio politico con una regola antropologica?