La cancelliera non esibisce neppure il celebre elmo a punta di Otto
von Bismarck, simbolo del Zweites Reich,
né i baffetti a spazzolino di Adolf Hitler per il Drittes Reich.
E, tuttavia, grazie o a causa di una buona parte dei Paesi dell’Unione
Europa, noi viviamo sotto il Regno del Viertes
Reich, che, per la più grande gloria della Germania, limita e si spinge, perfino, a sopprimere i diritti dei
Paesi sotto il suo controllo.
Così, la Grecia e l’Italia hanno visto, nel novembre del 2011, in
qualche ora, i loro capi dell’esecutivo, dai talenti, certo, discutibili, ma
che avevano almeno il non demerito di essere stati portati al governo,
democraticamente, dai propri cittadini,
sostituiti da tecnocrati – Lucas Papademos, governatore della Banca Centrale della
Grecia, tra il 1994 e il 2002, quando, nel 2001, Goldman Sachs truccò i conti del Paese per farlo entrare nell’Euro [https://www.italiaoggi.it/news/incredibile-prodi-accusa-la-grecia-di-avere-truccato-i-conti-per-entrare-nell-euro-ma-il-primo-a-farlo-2000531, https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-10/spiegel-times-accusano-italia-144326.shtml?uuid=AbvJDcaF], e Mario Monti, international
advisor per Goldman Sachs, tra il
2005 e il 2011, – nominati dagli eredi di Sigfrido e dei Nibelunghi.
L’originalità della Comunità
Economica Europea, fondata sotto gli auspici, in particolare di Robert
Schuman e Konrad Adenauer, risiedeva nel raggruppamento volontario di Stati
sovrani e democratici.
Ma una volontà condivisa non è sufficiente per mantenere uniti i
27 Paesi dell’Europa, neppure i 17 Paesi dell’Eurozona ed è, oramai, l’Asse
Franco-Tedesca che governa i Paesi divorati dal deficit e dal debito, cercando bene o male di salvare le apparenze.
Perché il Viertes Reich
è molto più sottile ed efficace di quanto lo fossero lo Zweites Reich e il Drittes
Reich.
La sua forza non è militare: parte alla conquista dell’Europa a
colpi di crediti e di scadenze impossibili da rispettare per i morosi Paesi del
Mediterraneo, un gruppo al quale, ultimo paradosso, sembra appressarsi sempre
più la Francia di Macron.
“Quando sono entrata in politica rappresentavo uno strano
esemplare che racchiudeva una moltitudine di minoranze: ero protestante, donna,
allora ancora giovane, dell’Est e scienziata. Tutte cose che nella CDU [Unione
Cristiano-Democratica, ovvero il partito di centro-destra] non accadevano
spesso. Per questo non potevo rappresentare tutte le componenti di minoranza
contemporaneamente.”
così, lei, Signora la Cancelliera Angela Merkel, rispondeva
nell’intervista rilasciata, lo scorso novembre, a due giornalisti del Sueddeutsche Zeitung, Nico Fried e
Cerstin Gammelin, sulla sua esperienza come
cittadina della DDR, alla quale viene,
spesso, rimproverato di rappresentare troppo poco i cittadini dell’Est, in una
Germania, oramai, unificata e mentre erano in corso i festeggiamenti per i 30
anni dalla caduta del Muro di Berlino, con umori, tuttavia, differenti: nella
parte orientale, si soffre ancora il gap,
il divario a livello economico tra le
due ex-Germanie. Certo, oggi, i
tedeschi dell’Est [Ossis] stanno meglio
di ieri e meglio dei loro vicini cechi e polacchi, ma il reddito medio all’Est
è tra il 22 e il 30% inferiore rispetto a quello dell’Ovest. Una differenza che
contribuisce a diffondere la sensazione di essere cittadini di serie B. A 30
anni dalla riunificazione, il 71% dei tedeschi che vivono nella Germania dell’Est
pensa, ancora, che siano troppe le differenze tra tedeschi dell’Est e tedeschi dell’Ovest
e il 34% degli Ossis, ex-tedeschi
dell’Est, sostiene, perfino, che i Wessis,
ex-tedeschi dell’Ovest, sono arroganti e distanti dai loro problemi.
Come anche lei ha dovuto riconoscere, nella stessa intervista
del novembre scorso al Sueddeutsche
Zeitung sulla sua esperienza come Ossi per 35 anni, “per la parità ci vorranno 50 anni o anche più anche se
dopo 10 o 20 anni si era pensato che sarebbe stato più veloce.”
E
quel giorno nessuno potrà smentirla!
Signora
la Cancelliera Angela Merkel,
o
dovrei dire Angela Dorothea Kasner, dal momento che Merkel è il cognome
acquisito del suo primo marito, Ulrich Merkel, che lei ha sposato nel lontano 1977
e dal quale ha divorziato cinque anni più tardi, nel 1982, ma che, per sua
stessa ammissione, ha attraversato la sua vita come una meteora e “non è stato il grande amore”.
O Angela Sauer dal nome del suo secondo
marito Joachim Sauer, sposato nel 1998?
O,
semplicemente, Mutti Merkel, come i
tedeschi la chiamano affettuosamente?
La Mamma che, senza figli, sembra avere
adottato i suoi connazionali, ai quali impone disciplina in cambio di protezione!
Lei,
Signora la Cancelliera Angela Merkel, sicuramente, ricorderà le
leggendarie parole pronunciate dal presidente statunitense John Fitzgerald
Kennedy, il 26 giugno 1963, dal balcone del Municipio di Schöneberg, in
occasione della visita ufficiale alla città:
“Ich bin ein Berliner.”
e
l’appello rivolto dal presidente Ronald Reagan a Michail
Sergeevic Gorbacëv, circa 24 anni dopo, alla Porta di Brandeburgo, il 12
giugno 1987, di abbattere la Striscia della Morte, come veniva
chiamata la frontiera fortificata, formata da due muri paralleli di
cemento armato e larga alcune decine di metri, che divideva Berlino Est da
Berlino Ovest, il comunismo dal capitalismo:
“Mr. Gorbacëv, tear down this
wall!”
Il
Muro ha rappresentato la più spettrale e letale costruzione realizzata in
Occidente, con le sue 302 torri di guardia, oggi inglobate dal panorama urbano,
che non lasciavano scampo ai fuggiaschi: scavalcare il Muro significava
ricevere una pallottola in piena schiena. Nello spazio di un passo si poteva
accedere a una società migliore. Questo, almeno, pensavano le oltre 200 persone che sono morte
nel tentativo di compierlo, quel passo.
Io ho avuto il raro privilegio
di assistere, il 9 novembre 1989, alla caduta del Muro di Berlino, simbolo
per quasi trent’anni della Guerra Fredda e della divisione tra Est e Ovest, che ha portato alla
riunificazione del suo Paese, quando migliaia di persone iniziarono a passare
dall’altra parte della Cortina di Ferro, mentre lei, Signora Cancelliera Angel
Merkel,
si concedeva la sua distensiva sauna del
giovedì sera e, solo più tardi, decise di scendere in strada con un’amica, attraversare
il confine al checkpoint Bornholmer
Strasse e offrirsi, con i suoi primi marchi della Germania dell’Ovest, un kebab,
senza lontanamente immaginare che, un giorno, sarebbe divenuta la prima donna eletta
Cancelliere, ma anche la prima a ricoprire l’incarico
per ben quattro mandati consecutivi.
All’epoca, anche io mi trovavo dall’altro lato della
pretesa Cortina di Ferro, nella
Repubblica Democratica Tedesca, un Paese, forse, non molto ricco, ma molto
accogliente, che accoglieva gli orfani namibiani, i rifugiati palestinesi e sudafricani,
i perseguitati della dittatura cilena e tutti i combattenti della libertà, nel
mondo…
Erano
circa le 19, a Berlino, quando il portavoce del governo della Repubblica
Democratica Tedesca [RDT], Günter Schabowski
[https://www.la7.it/atlantide/video/9-novembre-1989-lannuncio-a-sorpresa-di-g%C3%BCnter-schabowski-funzionario-della-ddr-si-pu%C3%B2-attraversare-11-04-2019-268632],
convocò una conferenza stampa per dare l’annuncio che, da quel momento, i
cittadini della Germania dell’Est sarebbero potuti entrare liberamente
e senza restrizioni nel territorio della Germania dell’Ovest [RFT]. Schabowski avrebbe dovuto annunciare
che i cittadini della RDT potevano
chiedere dei nuovi permessi speciali per entrare nella RFT e che la misura sarebbe entrata in
vigore dal giorno successivo, ma non era stato presente all’incontro in cui si
era discusso della nuova misura e nell’annunciarla ai giornalisti si confuse, fornendo,
così, il pretesto per abbattere il Muro.
I giornali avevano già pronto il
titolo:
“Berlino è di nuovo Berlino!”
Nello
spazio di un’ora decine di migliaia di berlinesi dell’Est si ammassarono nei
pressi del checkpoint Bornholmer Strasse,
costringendo i soldati della RDT ad
aprire i confini. I più stupiti e i più inermi di tutti apparvero i Vopos, gli agenti della polizia del
popolo che, per circa trent’anni, avevano sparato contro chiunque tentasse di
scavalcare il Muro.
Il
9 novembre 1989 passava, così, alla Storia come il giorno in cui era caduto il
Muro di Berlino e proprio nell’anniversario della Kristallnacht, la Notte dei Cristalli [9 novembre 1938].
Due
anniversari pesanti, densi di significato, che dovrebbero servire da monito per
tenere lontane le coscienze dei potenti, ma anche delle masse, dalla facile ma
terribile tentazione di fare emergere il peggio del genere umano.
La
Germania tornava unita l’anno successivo, nel 1990.
“Berlino è divenuta una sola città, ma il processo di
riunificazione si è dimostrato doloroso e costoso. Le accuse di cattiva
gestione dei fondi comunali, di spese esorbitanti e di corruzione sono costate
nel 2001 la poltrona al sindaco Eberhard Diepgen, membro della CDU [l’Unione
Cristiano-democratica, ovvero il partito di centro-destra], che era in carica
da 15 anni e hanno consegnato il governo della città a una coalizione “rossa”
tra la SPD e l’ala di estrema sinistra DIE LINKE. Il carismatico Klaus Wowereit
[SPD] si è trovato alla testa di una Città-Stato oberata da una situazione di
indebitamento che stava covando sin dal 1990. Con la unificazione, infatti,
Berlino aveva perso i consistenti sussidi federali che aveva ricevuto per tutti
gli anni del Muro. Le improduttive industrie manifatturiere di Berlino Est,
intanto, furono più o meno costrette a chiudere mandando a casa 100mila
addetti. Il risultato: un indebitamento esorbitante, quasi 60 miliardi di
Euro.”
Ma come diceva il sindaco Klaus
Wowereit [SPD]:
“Berlino potrà essere povera, ma è sexy.”
La vivacità culturale che aveva
fatto grande Berlino, negli Anni Venti, tornava, prepotentemente alla ribalta,
trasformando la capitale da una curiosità politica a una presenza vitale tra le
capitali europee, con una vita notturna senza freni, una esplosiva scena
artistica e una rinascita di teatro e cabaret.
Quando Luigi Barzini visitò
Berlino, agli inizi degli Anni Trenta, come corrispondente di guerra, la
descrive una città come la capitale artistica dell’Europa:
“Nel 1931, Berlino
era sicuramente la capitale artistica dell’Europa, piena di teatri abbaglianti,
cabarets, mostre di arte di avanguardia, films mozzafiato, esperienze di ogni
genere. Il Kurfurstendamm, il famoso viale alberato, una pretenziosa imitazione
dell’Avenue des Champs Elysees, era pieno di personaggi inventati da de Sade,
Havelock Ellis, Sacher-Masoch, Krafft-Ebing e Sigmund Freud. Vi erano uomini
vestiti da donna, donne vestite da uomo o ragazzine, donne con stivali con le
fruste [stivali e fruste di diversi colori, forme e dimensioni, che
promettevano diversi divertimenti passivi o attivi].”
Nel 1989, con la caduta del Muro
di Berlino, anche la Repubblica Democratica Tedesca entrava a fare parte
dell’Unione Europea, in quanto parte della Germania Federale Tedesca. I
tedeschi dell’Est dovevano, così, affrontare una doppia integrazione: una
interna e una europea.
La Germania resta un Paese
diviso con standards di vita e
visioni politiche diversi o, addirittura, divergenti.
La riunificazione della Germania
è stata, di fatto, l’annessione dell’Est all’Ovest, un duro colpo per una
economia basata su un sistema socialista, nonostante il cambio “uno a uno” tra
marco della RDT e marco della RFT, imposto all’atto della
riunificazione.
Il suo mentore, Helmut Kohl – che
ha guidato cinque diversi governi, tra il 1982 e il 1998 – anziché avviare un
processo di riavvicinamento graduale tra le due Germanie, preferì mettere in
atto, di concerto con l’alta borghesia tedesca, una politica di ispirazione
coloniale, di distruzione accelerata e di svendita del tessuto industriale
della Repubblica Democratica Tedesca a profitto della Repubblica Federale
Tedesca, che ha portato a un esito drammatico, altri muri si sono levati nelle
teste dei cittadini tedeschi, che continuano a distinguersi in cittadini dell’Ovest,
Wessis, e in cittadini dell’Est, Ossis.
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