“Io non ho in mio potere che ventisei soldatini di piombo, le ventisei lettere dell’alfabeto: io decreterò la mobilitazione, io leverò un esercito, io lotterò contro la morte.”

Nikos Kazantzakis

Entrando nella sede delle Nazioni Unite a New York si legge:


Bani adam a’za-ye yek peikarand,
Ke dar afarinesh ze yek gouharand.

Chu ‘ozvi be dard avard ruzgar,
Degar ‘ozvha ra namanad qarar.

To kaz mehnat-e digaran bi ghammi,
Nashayad ke namat nehand adami.

I figli dell’Uomo sono parti di un unico corpo,
Originate dalla stessa essenza.

Se il destino arreca dolore a una sola,
Anche le altre ne risentono.

Tu, che del dolore altrui non ti curi,
Tu non sei degno di essere chiamato Uomo.

Abu ‘Abdallah Mosharref-od-Din b. Mosleh Sa’di, Golestan

traduzione dal persiano di Daniela Zini

Dormire, dormire e sognare…

Sognare di una vita senza sofferenza e senza paura.

Sognare di Esseri capaci di amare oltre il limite, oltre la realtà, oltre ogni cosa, oltre la vita.

Fino dall’Antichità le donne scrittori hanno sognato una nuova era di pace mondiale.

Non ha alcun senso dire che le guerre sono una conseguenza del capitalismo o della malvagia natura degli uomini o dei sentimenti nazionalistici.

Certo, il produttore di armi e altri gruppi capitalistici possono avere interesse che scoppi una guerra, ma questo non significa che la loro volontà sia una determinante sufficiente a farla scoppiare. All’interno di ciascuno Stato i produttori di grano hanno interesse alla carestia, i costruttori di case hanno interesse che divampino incendi che distruggano città, ma non per questo si verifica la carestia o le nostre città sono distrutte dagli incendi. In ogni Stato l’ordinamento giuridico prevede argini che frenino e contengano le forze distruttrici pericolose per la vita collettiva. Le forze distruttrici prevalgono in campo internazionale solo perché mancano analoghi argini giuridici.

È probabile che, in certe occasioni, i gruppi capitalistici che ottengono l’appoggio dei governi per conseguire l’esclusività di alcuni mercati, l’appalto di lavori pubblici, l’emissione di prestiti e altri privilegi nei Paesi politicamente tanto deboli da subire l’influenza di potenze straniere, possano, senza volere la guerra, spingere a essa, facendo nascere attriti e alimentando pericolosi contrasti tra Stati. Ma anche questo avviene solo perché manca un ordine giuridico internazionale.

Se tutti gli uomini fossero animati nei loro reciproci rapporti da sentimenti di fraternità evangelica non vi sarebbe bisogno di alcuna forma di coazione legale.

L’ordinamento giuridico è, dunque, una necessità, tanto nei rapporti tra singoli individui, quanto nei rapporti tra singoli Stati.

D’altra parte i sentimenti nazionalistici anti-sociali non possono considerarsi caratteristiche psichiche innate. Sono frutto della politica: come la politica può ingenerarli, così può soffocarli.

Le lingue, le etnie, le religioni, i costumi diversi non impediscono una pacifica convivenza.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale vi fu un serio tentativo di assicurare la pace nel mondo con una nuova organizzazione internazionale.

Quel tentativo fece completo fallimento.

Perché?

Perché – dicono alcuni – gli Stati Uniti non vollero entrare nella Società delle Nazioni: mancando gli Stati Uniti, la Società delle Nazioni non aveva il prestigio e la forza sufficienti per mantenere l’ordine internazionale.

In verità, la partecipazione degli Stati Uniti non avrebbe potuto migliorare di molto la Società delle Nazioni. Gli Stati Uniti, conservando, come gli altri membri la loro assoluta sovranità, avrebbero cercato di adoperare anch’essi l’istituzione ginevrina per il raggiungimento dei loro obiettivi di politica nazionale.

Quando il Giappone invase la Manciuria, la Francia e l’Inghilterra impedirono che la questione fosse portata davanti all’assemblea della Società delle Nazioni, nonostante risultasse a tutti evidente l’aggressione, perché non volevano mettere in pericolo i loro possedimenti in Oriente. Quando si profilò la minaccia di un’aggressione dell’Abissinia da parte dell’Italia, il governo di Laval profittò della buona occasione per negoziare degli accordi a vantaggio della Francia, promettendo di non consentire altro che mere sanzioni collettive puramente simboliche, da cui lo Stato aggressore non avrebbe avuto alcun danno.

Se fossero stati presenti i rappresentanti americani nel consiglio della Società delle Nazioni avrebbero fatto, al pari dei loro colleghi inglesi e francesi, eloquenti discorsi sulla sicurezza indivisibile ma, in pratica, quando si fosse trattato di prendere delle decisioni, avrebbero guardato solo ai particolari interessi degli Stati Uniti, appoggiando – a seconda della convenienza – l’uno o l’altro dei diversi blocchi in contrasto, senza tenere conto alcuno del diritto e degli impegni presi con la firma del “covenant”.

Vi è, poi, chi ritiene che il fallimento della Società delle Nazioni si debba imputare a un difetto secondario, non essenziale, della sua struttura: non disponeva di una forza propria per esercitare la polizia internazionale. L’espressione “polizia internazionale”, quando viene adoperata in questo senso, è assai equivoca e porta facilmente fuori strada. le operazioni militari, anche se si fossero volute attuare, risultando tanto più costose e avendo tanta minore probabilità di successo quanto più potente era lo Stato che aveva violato la legge, molto facilmente sarebbero servite solo per imporre il rispetto dell’ordine giuridico alle piccole potenze, giammai a quelle maggiori – così il mantenimento dell’ordine internazionale sarebbe stato solo l’ipocrita veste per mascherare l’egemonia degli Stati più forti.

Pretendere di costituire una forza armata a disposizione di una Società delle Nazioni di cui facevano parte Stati sovrani, avrebbe, d’altra parte, significato mettere il carro davanti ai buoi, poiché le forze armate sono il mezzo per l’affermazione concreta della sovranità, nessuno Stato avrebbe voluto concorrere alla creazione di un esercito internazionale, atto a imporgli una volontà estranea alla propria.

E seppure, per assurdo, fosse stata superata questa difficoltà, come si sarebbe potuto praticamente organizzare un tale esercito?

La nomina del comandante in capo, l’obbedienza dei soldati nel caso in cui avessero dovuto applicare misure coattive contro i connazionali, la preparazione dei piani di guerra, sono tutte cose inconcepibili se non esiste un vero governo unitario incaricato della difesa, se i soldati non hanno una cittadinanza superstatale che si traduca in un senso di fedeltà a un tale governo e, infine, se non fosse stata eliminata ogni possibilità di guerra tra gli Stati associati.

Nella nostra infelice epoca, ogni istante che viviamo, è segnato da orribili exploits di guerra e il denaro, del quale avremmo tanto bisogno per debellare Fame e Malattia, dispensato in fumo dagli Stati, sotto la copertura di progetti, presunti scientifici, che malcelano lo scopo di accrescere la loro potenza militare e il loro potere di distruzione futura.

Noi non siamo capaci di controllare né la natura né noi stessi.

Quante guerre risultano dall'incomprensione dell'Altro?

Tutte!
La Seconda Guerra Mondiale ne è un triste esempio.

Un esempio inaudito di intolleranza e di incomprensione che ha portato all'esclusione di tutto un popolo.

La stupidità dell'uomo risiede nel compiacersi a restare ignorante e come dice Albert Einstein:

“Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana; ma per quel che riguarda l'universo, io non ne ho acquisito ancora la certezza assoluta.”

Roma, 20 gennaio 2014

Daniela Zini

lunedì 6 agosto 2018

UOMINI DI STORIA STORIA DI UOMINI AMENOFI IV L'APOSTATA di Daniela Zini

UOMINI DI STORIA
STORIA DI UOMINI
Akhenaton
 AMENOFI IV L’APOSTATA

a Nino Malgeri

“Ne marche pas devant moi, je ne suivrai peut-être pas.
Ne marche pas derrière moi, je ne te guiderai peut-être pas.
Marche juste à côté de moi et sois mon Ami.”
Albert Camus

Per i Persiani un Amico è colui cui puoi rivelare i contenuti del tuo Cuore, ogni grano e granello, sapendo che le mani più gentili li passeranno al setaccio e che solo le cose di valore verranno conservate, tutto il resto verrà scartato con un soffio gentile.
Sono semplici parole che racchiudono il senso complesso  dell’Amicizia.

 
PUBLIO ELIO TRAIANO ADRIANO
UOMINI DI STORIA STORIA DI UOMINI
1950 anni fa nasceva Adriano l’Imperatore della Pax Romana
di Daniela Zini

JULIAN PAUL ASSANGE
Se WikiLeaks?...
di Daniela Zini

MIKHAIL VASILYEVIC BEKETOV
Veni, Vidi, Vi[n]ci
I. Giornalista, cronaca di una morte annunciata
di Daniela Zini

ZINE EL-ABIDINE BEN ALI
Ben Ali in fuga dalla Craxi Avenue
di Daniela Zini

PAOLO BORSELLINO
SOCIETA’ SEGRETE
II. LA MAFIA
6. MAFIA: “UN MUOITTU SULU ‘UN BAISTA, NI SIEBBONO CHIOSSAI!” a. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono sacrificati alla Ragione di Stato?

ANGELO BRUNETTI
114 anni fa nascava Ciceruacchio
di Daniela Zini

ANTONINO CAPONNETTO
Memento Memoriae di Antonino Caponnetto
di Daniela Zini

ANTON PAVLOVIC CECHOV
Sakhalin: l’Inferno dei reclusi a vita
di Daniela Zini

BLAISE CENDRARS
Blaise Cendrars il soldato vagabondo che inventò la Poesia Moderna
di Daniela Zini

CONFUCIO 
Confucio e l’antica cultura
di Daniela Zini

DARIO I IL GRANDE
La gloria di Re Dario tramonta a Maratona
di Daniela Zini

CECCO D’ASCOLI
Cecco d’Ascoli astrologo senza paura
di Daniela Zini

DWIGHT DAVID EISENHOWER
50 anni fa il monito di Eisenhower
di Daniela Zini

GIOVANNI FALCONE
Omaggio a Giovanni Falcone
di Daniela Zini

MEMENTO MEMORIAE
Giovanni Falcone ce l’ha insegnato, la Mafia è un reato!
di Daniela Zini

SOCIETA’ SEGRETE
II. LA MAFIA
6. MAFIA: “UN MUOITTU SULU ‘UN BAISTA, NI SIEBBONO CHIOSSAI!” a. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono sacrificati alla Ragione di Stato?

MOHANDAS KARAMCHARD GANDHI
La non-violenza sconfiggerà la violenza
di Daniela Zini

La non-violenza sconfiggerà la violenza?

GESU’ DI NAZARET
Gesù e le donne
di Daniela Zini

Gesù e i fanciulli
di Daniela Zini

FLAVIO CLAUDIO GIULIANO
Giuliano il restauratore del Paganesimo
di Daniela Zini

JOHN MAYNARD KEYNES
Keynes, profeta del New Deal
di Daniela Zini

MARTIN LUTHER KING
I have a dream…
di Daniela Zini

THOMAS EDWARD LAWRENCE
125 anni fa nasceva El Aurens Lawrence d’Arabia
di Daniela Zini

MALCOLM
Malcolm X
di Daniela Zini

NELSON ROLIHLAHLA MANDELA
Nelson Mandela una candela nel vento
di Daniela Zini

BRADLEY EDWARD MANNING
Eroi o traditori?
I. Il processo di Bradley Manning minaccia il giornalismo di inchiesta
di Daniela Zini

TOMAS GARRIGUE MASARYK
Dopo 60 anni ancora un enigma la fine di Masaryk
di Daniela Zini

JAFAR PANAHI
Omaggio a Panahi
di Daniela Zini

JORGE RAFAEL VIDELA REDONDO
Argentina I. La Tripla A: un nome che semina morte
di Daniela Zini

LEV NICOLAEVIC TOLSTOJ
UOMINI DI STORIA STORIA DI UOMINI
105 anni fa moriva Lev Nicolaevic Tolstoj




Inno ad Aton

Tu sorgi bello all’orizzonte del cielo
O Aton vivo, che hai dato inizio al vivere.
Quando ti levi all’orizzonte orientale
Tutte le terre riempi della tua bellezza.
Tu sei bello, grande, splendente, eccelso in ogni paese;
I tuoi raggi circondano le terre
Fino al limite di tutto quel che hai creato.
Tu sei Ra e Tu conquisti fino al loro limite.
 Tu le leghi per il tuo figlio amato
Tu sei lontano ma i tuoi raggi sono sulla terra.
Tu sei davanti [agli uomini], ma essi non vedono la tua via.
Quando vai in pace all’orizzonte occidentale,
La terra è nell’oscurità come morta.
I dormienti  sono nelle loro camere,
Le teste sono ammantate,
Non un occhio vede l’altro.
Si rubino i beni che sono sotto le loro teste,
Essi non se ne accorgerebbero.
Tutti i leoni escono dalle loro tane;
Tutti i serpenti, essi mordono.
L’oscurità è [per loro] chiaro.
Giace la terra in silenzio.
Il loro creatore riposa all’orizzonte.
All’alba tu riappari all’orizzonte,
Risplendi come Aton per la giornata.
Tu scacci le tenebre e lanci i tuoi raggi.
Le Due Terre sono in festa:
Svegliate e levate sui due piedi.
Tu le hai fatte alzare.
Lavano le loro membra,
Prendono le loro vesti,
Le loro braccia sono in adorazione del tuo sorgere.
La terra intera si mette al lavoro.
Ogni animale gode del suo pascolo.
Alberi e cespugli verdeggiano.
Gli uccelli volano dal loro nido,
Le loro ali in adorazione del tuo ka.
Gli animali selvatici balzano sui loro piedi.
Quelli che volano via, quelli che si posano,
Essi vivono quando tu ti levi per loro.
Le barche salgono e scendono la corrente
Perché ogni via si apre al tuo sorgere.
I pesci del fiume guizzano verso di te,
I tuoi raggi arrivano in fondo al mare.
Tu che fai vivere il figlio nel grembo della madre sua,
Tu gli apri la bocca per parlare,
E provvedi ai suoi bisogni.
Quando il pulcino è nell’uovo,
Tu là dentro gli dai l’aria perché viva.
Tu lo completi perché rompa l’uovo,
E ne esca per parlare e completarsi
E cammini sui suoi piedi appena ne è uscito.
Come numerose sono le tue opere!
Esse sono inconoscibili al volto [degli uomini],
Tu Dio unico, al di fuori del quale nessuno esiste.
Tu hai creato la terra a tuo desiderio,
Quando tu eri solo,
Con gli uomini, il bestiame ed ogni animale selvatico,
E tutto quel che è sulla terra ­ e cammina sui suoi piedi e tutto
Quel che è nel cielo e vola sulle sue ali.
E i Paesi stranieri, Khor e Kush e la terra d’Egitto.
Tu hai collocato ogni uomo al suo posto,
Hai provveduto ai suoi bisogni.
Ognuno con il suo cibo,
Ed è contata la sua durata in vita.
Tu fai le stagioni
Per far sì che si sviluppi tutto quel che tu crei.
L’inverno per rinfrescarle
L’estate perché ti gustino.


 
Salmo 104

[1] Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,

[2] Avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,

[3] Costruisci sulle acque la tua dimora,
Fai delle nubi il tuo carro,
Cammini sulle ali del vento;

[4] Fai dei venti i tuoi messaggeri,
Delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.

[5] Hai fondato la terra sulle sue basi,
Mai potrà vacillare.

[6] L’oceano l’avvolgeva come un manto,
Le acque coprivano le montagne.

[7] Alla tua minaccia sono fuggite,
Al fragore del tuo tuono hanno tremato.

[8] Emergono i monti, scendono le valli
Al luogo che hai loro assegnato.

[9] Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
Non torneranno a coprire la terra.

[10] Fai scaturire le sorgenti nelle valli
E scorrono tra i monti;

[11] ne bevono tutte le bestie selvatiche
E gli onagri estinguono la loro sete.

[12] Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
Cantano tra le fronde.

[13] Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
Con il frutto delle tue opere sazi la terra.

[14] Fai crescere il fieno per gli armenti
E l’erba al servizio dell’uomo,
Perché tragga alimento dalla terra:

[15] il vino che allieta il cuore dell’uomo;
L’olio che fa brillare il suo volto
E il pane che sostiene il suo vigore.

[16] Si saziano gli alberi del Signore,
I cedri del Libano da lui piantati.

[17] Là gli uccelli fanno il loro nido
E la cicogna sui cipressi ha la sua casa.

[18] Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iraci.

[19] Per segnare le stagioni hai fatto la luna
E il sole che conosce il suo tramonto.

[20] Stendi le tenebre e viene la notte
E vagano tutte le bestie della foresta;

[21] Ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
E chiedono a Dio il loro cibo.

[22] Sorge il sole, si ritirano
E si accovacciano nelle tane.

[23] Allora l’uomo esce al suo lavoro,
Per la sua fatica fino a sera.

[24] Quanto sono grandi, Signore,
Le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
La terra è piena delle tue creature.

[25] Ecco il mare spazioso e vasto:
Là guizzano senza numero
Animali piccoli e grandi.

[26] Lo solcano le navi,
Il Leviatan che hai plasmato
Perché in esso si diverta.

[27] Tutti da te aspettano
Che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.

[28] Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
Tu apri la mano, si saziano di beni.

[29] Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
Togli loro il respiro, muoiono
E ritornano nella loro polvere.

[30] Mandi il tuo spirito, sono creati,
Erinnovi la faccia della terra.

[31] La gloria del Signore sia per sempre;
Gioisca il Signore delle sue opere.

[32] Egli guarda la terra e la fa sussultare,
Tocca i monti ed essi fumano.

[33] Voglio cantare al Signore finché ho vita,
Cantare al mio Dio finché esisto.

[34] A lui sia gradito il mio canto;
La mia gioia è nel Signore.

[35] Scompaiano i peccatori dalla terra
E più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.



“Can You See Anything?”
“Yes, Wonderful Things!”

-Akhenaton e Nefertiti
[https://www.dailymotion.com/video/x13010b]

  
Akhenaton – Museo Egizio, Il Cairo

Questa storia ha inizio trentatré secoli fa, circa millequattrocento anni prima della nostra Era, in una delle terre più belle del mondo: l’Egitto. Un Egitto, non ancora assurto ai clamori della cronaca per il suo ricercato petrolio o per i suoi dispotici generali.
L’Egitto culla della Civiltà Mediterranea.
L’Egitto dei Faraoni e degli Dei.



L’Impero egizio, nato dalla fusione dell’Alto e del Basso Egitto, simbolizzata dallo Pschent, la Doppia Corona faraonica, si estendeva dall’Eufrate alle regioni sudanesi, su oltre 3mila chilometri, senza interruzione. Era costituito da un mosaico di popoli appartenenti a dieci etnie, che parlavano venti lingue diverse ed era regolato da una rigida disciplina sotto l’autorità di colui che chiamavano il Padrone dell’Universo o il Dio di Giustizia:  il Faraone.
Tutto era perfettamente immobile nell’Egitto dei Faraoni.
Tutto era concepito per annullare il tempo e confondere le generazioni e gli esseri nell’anonimato della grandezza egizia.
Sì, tutto era definito, ordinato, stabile, immutabile…
Poi, improvvisamente, tutto cambiò!
Intorno al 1375 a.C., un uomo di nome Amenofi, come molti suoi antenati, si pose in totale rottura con la tradizione.
Era il quarto di quel nome ed era anche il settimo faraone della XVIII dinastia.
Ma somigliava poco ai suoi gloriosi antenati, ai grandi conquistatori dagli occhi terribili, il fragile Amenofi IV!

Tell El-Amarna
https://www.dailymotion.com/video/xxq7kq

Tell El-Amarna

Tell El-Amarna

Tell El-Amarna

Tell El-Amarna


Tell El-Amarna

Magro.
Pallido.
Il capo allungato all’eccesso.
I tratti puri di una nobiltà insigne sono, finemente, modellati.
Gli occhi inquieti sembrano inseguire un sogno impossibile, le labbra abbozzare un sorriso triste.
Era affetto dal male sacro, l’epilessia.
Ma da quel viso senza bellezza alcuna emanava una sottile seduzione, una raggiante grazia, fatta di inquietudine, di fiamma interiore.

 
Wadi Abu Hasah El-Bahari


 Tomba di Akhenaton

Quell’uomo aveva una sensibilità che i secoli non hanno cancellato e quanto conosciamo di lui lo conferma.
Amava la Natura e la Bellezza.
Dell’ammirevole Paese del quale era sovrano, conosceva e amava lo splendore.
Meditativo, poeta, aveva una mente aperta ai grandi problemi del suo tempo, un carattere di acciaio, una energia senza incrinature, capace di seguire i suoi disegni senza esitazione alcuna.
È pressoché impossibile trovare nella Storia un altro uomo che riunisca in sé tanta energia e tanta fragilità.
Accanto a lui, immagine radiosa, la sua amorevole compagna, la sua fedele alleata, il suo Amore e la sua Forza, la madre delle sue sei figlie: Nefertiti!
Chi non è rimasto incantato, sfogliando un libro o una rivista, dal suo profilo puro, dalle sue labbra delicatamente modellate, dai suoi occhi ineguali e dal portamento del suo collo regale, che la pesante corona sembra lievemente piegare?
Quale grazia!
Quale bellezza!
Quale maestà!
Non vi sono parole per descrivere questa donna dalla splendente nobiltà, il cui sorriso è acceso da una luce interiore che, attraverso i millenni, riesce, ancora, a toccarci il cuore.
“Signora della felicità, dal viso luminoso,”,
riferisce di lei il testo di una stele-cippo della Città di Aton,
“gioiosamente ornata della doppia piuma, dotata di tutte le virtù, alla cui voce ci si rallegra, dama piena di grazia, grande nell’amore, i cui sentimenti fanno la felicità del signore delle Due Terre.”
Akhenaton e Nefertiti uniti l’uno all’altra da un commovente amore. 
Per la prima volta, nella Storia dell’Umanità, un uomo e una donna proclamano il loro amore, lo immortalano.
Negli affreschi, nelle statue si fanno rappresentare fianco a fianco.

Tomba di Akhenaton

Tomba di Akhenaton

Tomba di Akhenaton

Tomba di Akhenaton

Tomba di Akhenaton





 Nefertiti e Akhenaton – Museo del Louvre, Parigi


Neferneferuaton Nefertiti
Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Neues Museum – Berlino



Il quarto anno del loro Regno, Amenofi IV e Nefertiti iniziano una profonda rivoluzione religiosa e politica.
In tutto l’Egitto i nomi degli Dei tradizionali sono cancellati dai monumenti e i loro templi chiusi.
Il Faraone cambia il suo nome da Amenofi – Amon è soddisfatto – in Akh-en-Aton – Benefico per Aton.
Il fatto è grave, nell’Antichità, perché al nome viene attribuito un potere magico in stretta relazione con l’essere che indica.
Nominare un essere significa chiamarlo all’esistenza.
Conoscere il nome di un essere vuole dire avere diritti su di lui.
Quali sono le ragioni che determinano la rottura?  
Di varia natura. Innanzitutto una ragione di politica interna.

 

 

Statua calcarea di Nefertiti, rinvenuta a Tell El-Amarna.
Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Neues Museum – Berlino


Bisogna ricordare che il clero tebano del Dio Amon  aveva avuto un ruolo capitale nel movimento di liberazione, conclusosi con la cacciata degli Hyksos a opera del Faraone Ahmose, fondatore della XVIII Dinastia. Erano stati, infatti, i sacerdoti di Amon a mantenere viva la fedeltà nazionale e a sollevare il Popolo contro gli occupanti.
La prima dinastia che aveva regnato libera era stata costituita da uno di loro. E, naturalmente, i sacerdoti avevano approfittato delle circostanze per consolidare la loro autorità che era, al tempo stesso, religiosa, politica e finanziaria. La stabilità immemorabile dei riti, l’importanza che gli Egizi annettevano alle pratiche religiose, servivano al prestigio e all’influenza dei sacerdoti, i quali esigevano da tutti, anche dai Faraoni, una sottomissione cieca ai loro usi e alle loro intenzioni.
Per rompere il controllo della casta sacerdotale sul trono, infrangere quello che considera uno Stato nel suo Stato, Amenofi IV rompe con tutta la tradizione: non più Amon-Ra, il Dio dinastico che ha il suo tempio a Karnak, ma il disco solare Aton, con un nuovo tempio e una nuova capitale.
A questa ragione di politica interna, se ne aggiunge, forse, un’altra di politica estera.
L’Egitto era un immenso Impero, formato da popolazioni di etnie, lingue e religioni diverse. Ebbene, in tutte quelle religioni, dall’Eufrate al Sudan, si ritrova, sempre, uno stesso elemento, anche se sotto forme diverse e nomi vari: il culto del Sole, creatore e ordinatore del mondo. Allontanarsi dall’antico Dio egizio Amon-Ra, per adorare Aton era un atto di grande politica, che permetteva a tutti i popoli dell’Impero di riunirsi sotto un unico culto.


Akhenaton e Nefertiti

Tuttavia, è probabile che a indurre il giovane Faraone a una simile determinazione, siano state altre ragioni infinitamente più profonde: ragioni di carattere religioso.
Aton è il Dio di tutta la Terra e di tutti i Popoli, differenziati soltanto per diverso colore e lingua, secondo il volere del Creatore.
È il superamento del senso di superiorità del senso di disprezzo del Popolo egizio nei confronti degli altri Popoli.
Lo stesso Sole dell’Egitto dà vita a ogni Paese.
Come il Nilo dal basso è per l’Egitto, così il Nilo dall’alto, la pioggia, è per gli altri Paesi.
Akhenaton non fece, mai, eseguire statue di Aton.
Si limitò a rappresentarlo, negli affreschi del suo Regno, con il simbolo dei raggi luminosi che terminano con mani.
Il Dio non è, in fondo, Aton, ma la potenza di Aton, il calore di Aton, il vigore di Aton, in altri termini, una essenza, una forza, non una forma materiale.
Una presenza universale, che è, anche, un amore universale.
Aton è il Creatore dal quale dipendono tutte le cose del mondo.
È presente nel papavero che germoglia, nel pesce che salta fuori dall’acqua, nella brezza che gonfia la vela delle barche.
Ad Aton, Akhenaton dedicò un ammirevole Inno[1] di un lirismo semplice e intenso.
In una vetrina del Louvre, si può ammirare una statuetta di stile popolare, che riproduce Akhenaton e Nefertiti mentre si tengono, amabilmente, per mano, seduti l’uno accanto all’altra.
Possiamo immaginarli, così, quando salgono sulla dahabiebeh, la classica imbarcazione del Nilo,  e scendono il fiume, all’ombra della grande vela gonfiata dal vento, per puntare verso Nord a trecento chilometri da Tebe.
È là, in una specie di mezzaluna, tra i palmeti di una verde oasi, che Amenofi e Nefertiti decidono di erigere la loro capitale: la città dell’Orizzonte di Aton.
È una pianura oblunga, tra il Nilo e la costa alta della vallata, che in quel punto si allontana con una forma ovale.
Dalla riva al dirupo calcareo vi sono circa cinque chilometri; dal punto nel quale la roccia si allontana dall’acqua fin dove la raggiunge, circa otto o nove.

Akhetaton

Akhetaton

Sono, prontamente, disegnate piante, come se il Re sappia che la sua vita sarà breve.
Là il Grande Tempio.
Là il Palazzo Reale.
Sono tracciati i quartieri popolari e i quartieri destinati ai nobili e ai dignitari; gli edifici del Dazio, dell’Archivio; i magazzini per il grano e l’olio.
Tutto è previsto.
Sull’alto delle rocce, i fortini di guardia. 

Akhetaton

Poi, migliaia di operai si mettono al lavoro.
Noi conosciamo solo le rovine di quel sogno divenuto pietra: Tell El-Amarna, uno dei siti più celebri e celebrati dell’Archeologia egizia.
Nel 1891, Flinders Petrie, nel corso di una campagna di scavo vi ritrovò l’archivio reale di Akhetaton, meglio noto come Lettere di Amarna, una miniera di documenti, in larga parte, scritti in babilonese cuneiforme, la lingua diplomatica del tempo.    
 

 Akhetaton

La costruzione della città è condotta con la fretta e la fragilità di un sogno.
Forse, per la mancanza di manodopera qualificata o per la eccessiva fretta, la Città dell’Orizzonte di Aton non è costruita con quella solidità prodigiosa che ha assicurato a tante costruzioni faraoniche una durata che ci colma di ammirazione.
In luogo della resistente pietra vennero utilizzati mattoni cotti al sole, ricoperti di calce e stucco dipinti.
E la città del sogno fu, presto, distrutta!
Al suo posto non restano che le rovine delle scalinate, alcune cavità nel terreno, in cui si riconoscono piscine o silos, qui e là alcuni resti di pitture o di sculture. Molto poco, ma sufficiente, per darci la prova di un’arte singolarmente originale e vivida.

Akhetaton

La stessa netta rottura che si constata in campo religioso, si osserva in campo artistico.
L’arte ispirata ad Amenofi IV, di un realismo preciso e delicato, si sostituì a quella legata agli antichi canoni. 
 

Akhetaton

Amenofi IV volle essere rappresentato nell’intimità del suo focolare, mentre gioca con le sue sei figlie o mentre tiene sulle ginocchia la sua Sposa.
La presenza costante della Regina e delle figlie nei rilievi sono elementi inconsueti.
Particolarmente singolari sono i rilievi di piccole dimensioni, trovati nelle abitazioni private, che hanno lo scopo di assicurare la benedizione di Aton e della famiglia reale. Questi quadri sono singolari perché estremamente informali: Faraone e Regina seduti l’uno di fronte all’altra e accanto le loro figlie che giocano sotto i benevoli raggi di Aton. L’insieme ci presenta un ideale di famiglia nella gioia e nell’intimità sotto la luce e il calore del Dio.
Un affresco di singolare realismo ci mostra Akhenaton mentre divora, a bocca piena, un pollo che tiene nel palmo di una mano.   
E cosa dire del busto di Nefertiti, così puro, così sobrio di linee, nel quale la giovane Regina ha l’aria di tendere le labbra per un bacio?
Ma il meraviglioso sogno del Faraone si infranse proprio come un sogno…
Il Regno di Akhenaton durò solo quindici anni!

Akhetaton

Akhetaton

  Akhetaton

Akhetaton

Amenofi IV era gracile dalla nascita.
La tubercolosi che lo rodeva accelerò la sua fine.
I suoi ultimi ritratti stringono il cuore.
Il corpo magrissimo, quasi scheletrico.
Il ventre gonfio.
Solo sul volto emaciato si coglie, ancora, una nobiltà singolare, un’energia primordiale...
Attorno al sovrano che lotta contro la morte, l’Impero, si sfalda. Al suo interno, i sacerdoti di Tebe, da lui allontanati, conservano, ancora, una profonda influenza e lavorano per abbatterlo.
Al suo esterno è iniziata l’invasione ariana.
Ma, alla testa dell’Egitto non vi è un Tutmosi III, capace di guidare una spedizione punitiva attraverso i Paesi ribelli e stabilire postazioni di guardia sulle lontane frontiere.
Per Amenofi non vi è posto per la guerra nella sua concezione del mondo.
Preferirebbe perdere tutte le sue Province piuttosto che togliere la vita a una delle creature di Aton.
I suoi ultimi giorni sono strazianti.
Sente che tutto gli sfugge… la vita, il potere, l’Egitto.
I capi dell’esercito preparano la repressione.
Muore a trent’anni.
Consegnato il suo corpo nelle mani degli imbalsamatori, i suoi nemici iniziano a distruggere la sua opera.
Tutankamon, il suo successore, si sottomette, senza discutere, alla tutela dei sacerdoti di Tebe.
La città di Aton viene abbandonata prontamente, come prontamente era sorta dalla terra.
Le tombe, edificate sulla roccia dagli alti dignitari, per dimostrare la loro fedeltà al Faraone, non verranno occupate: sono state ritrovate tutte vuote.
Il Re Poeta, il Re Asceta, fu, solennemente, maledetto dal clero di Amon, la sua mummia strappata alla pace del sepolcro e, forse, parzialmente, anche, bruciata.
Su tutti i monumenti il suo nome fu, implacabilmente, martellato.
Ma il meraviglioso sogno era, davvero, finito?


Daniela Zini
Copyright © 6 agosto 2018 ADZ


[1] L’Inno ad Aton, che viene, comunemente confrontato con il Salmo 104, è una composizione che testimonia al meglio l’ideologia e la religiosità di Tell El-Amana. È la redazione più lunga di un testo base che compare in forma e dimensioni diverse nelle tombe dei dignitari di Tell El-Amarna. Proviene dalla Tomba di Ai, un generale di Akhenaton, che ebbe, poi, una parte rilevante nella restaurazione del vecchio sistema al tempo di Tutankhamon e che, alla morte di quest’ultimo, divenne lui stesso Faraone.

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