Solo
la voce resta
Perché fermarmi, perché?
Gli uccelli sono partiti in cerca di una direzione
azzurra.
L’orizzonte è verticale,
L’orizzonte è verticale e il movimento: zampillante
E, al limite del visibile,
Ruotano, luminosi, i pianeti.
Alle altitudini, la terra rinnova il suo ciclo,
I pozzi d’aria
Si trasformano in tunnel di collegamento
E il giorno è una distesa
Che le limitate idee del verme del giornale non
racchiudono.
Perché fermarmi?
La rotta passa attraverso i capillari della vita.
La fertile atmosfera del grembo lunare
Eliminerà le cellule contaminate
E, all’alba, nello spazio chimico,
Solo la voce,
La voce sarà assorbita dalle particelle del tempo.
Perché fermarmi?
Che può essere la palude?
Che può essere, se non il luogo della deposizione
delle uova dei putridi insetti?
I cadaveri enfiati scrivono i pensieri
dell’obitorio.
L’imbelle, nell’ombra,
Ha celato la sua mancanza di virilità.
E lo scarafaggio, oh!
Quando parla lo scarafaggio.
Perché fermarmi?
L’opera delle lettere di piombo è vana,
Non salverà l’umile pensiero.
Io sono della stirpe degli alberi,
Respirare aria stagnante mi deprime.
Un uccello, che è perito, mi consigliò di
rammentare il volo.
La meta di tutte le forze è di ricongiungersi,
ricongiungersi
Alla chiara essenza del sole
E riversarsi nello spirito della luce.
È naturale
Che i mulini a vento marciscano.
Perché fermarmi?
Le verdi spighe di grano,
Io le porto al seno
E le allatto.
La voce, la voce, solo la voce.
La voce dell’insito desiderio dell’acqua di
scorrere,
La voce della cascata di luce stellare sulla parete
della femminilità della terra,
La voce della coagulazione del seme del pensiero
E l’effusione della memoria comune dell’amore.
La voce, la voce, la voce, solo la voce resta.
Nel paese degli gnomi
I criteri di valutazione
Hanno sempre gravitato nell’orbita dello zero.
Perché fermarmi?
Io obbedisco ai quattro elementi,
Il compito di redigere lo statuto del mio cuore
Non è compito del locale governo di ciechi.
Che ho a che fare io con il prolungato mugolio
bestiale
Nell’organo sessuale dell’animale?
Che ho a che fare io con l’umile movimento del
verme nel vuoto della carne?
La linea di sangue dei fiori mi ha forzato a
vivere.
Conoscete la linea di sangue dei fiori?
Forugh
Farrokhzad
Tehran 5 gennaio 1935 - Tehran 14 febbraio 1967
traduzione dal persiano di Daniela Zini
Fu
intorno ai dodici anni che ebbe fine il sistema di selezionare i Libri da
leggere ed ebbi libero accesso alla Biblioteca.
Secondo
mio padre, dovevo decidere da sola quello che dovevo leggere: la Letteratura
era la mia grande passione e la Letteratura doveva essere accettata con tutti i
suoi rischi.
Dovevo
apprendere a leggere con discernimento, a dare giudizi non influenzati, a non
entusiasmarmi perché erano Libri di successo, né a giudicare negativamente per
l’avversa recensione di qualche critico.
Dovevo
apprendere a esprimermi con il minore numero di parole possibile.
Questi
sono stati i precetti di mio Padre e questa fu l’impostazione culturale che lui
mi suggerì.
È
attraverso l’Amato Mohammad Reza che mi sono avvicinata a Forugh Farrokhzad.
Le
Amicizie di Spirito si fanno per catene o per incontri, come le Amicizie di
Cuore.
Un
caro Amico ci fa conoscere i suoi Amici e questi ci piacciono per i tratti che
sono anche i suoi.
L’incontro
con questa forma di Scrittura impegnata e lucida è stata decisiva nella ricerca
della mia condizione di Donna.
Ho
iniziato a scrivere.
Ho
sviluppato la mia Scrittura sotto una nuova luce.
Come
il cielo cambia di colore, i miei scritti sono divenuti una forma di lotta.
La
mia Penna contro ogni arma, il mio Amore contro ogni violenza, la mia Verità
contro ogni menzogna.
E
mi sono esiliata nella Scrittura, nella bellezza della mia lingua di adozione
e, inevitabilmente, in tutto ciò che questa possiede di mistero, di vigore, di
dolcezza.
Forugh
è stata una preziosa chiave nella mia presa di coscienza di Donna.
La
sua Voce, in un tempo in cui la Donna taceva, è stata per me un cartello
indicatore.
La
Poesia è Bellezza dolorosa che non ha il fine di accarezzare l’Anima, ma di
graffiarla!
ASCOLTATELA!
Ve la regalo recitata dalla voce, sorprendentemente, delicata del Poeta, perché
credo che così andrebbe ascoltata.
La
Vita è una scelta, sempre.
E
la strada, la strada che si prende nel bosco delle esperienze può essere
luminosa, piana oppure ripida e piena di sassi.
Ma
ognuno di noi, nella propria Vita, finisce, sempre, per trovarsi al limitare di
un bosco, dal quale divergono due strade.
“La
Poesia [come una grande personalità] è il frutto di molte generazioni – di
molte rare combinazioni. Per avere grandi Poeti occorre avere anche un grande
pubblico.”
Parola
di Walt Whitman, considerato il più grande Poeta americano.
E, ora, raccolgo le mie cose e riprendo la strada di casa...
Non
ho, mai, pensato di convincervi con le mie parole e vi lascio, ancora una
volta, con parole mie, tratte dalle Mille e Una Pagina della mia seconda
biografia letteraria di Forugh Farrokhzad, TANHA SEDAST KE MIMANAD [SOLO LA VOCE RESTA]
– che mi accingo a ultimare unitamente alla traduzione di tutte le Poesie – e che,
in questo particolare momento storico e sociale, esprimono a pieno il mio
sentire verso l’Italia e gli Italiani tutti:
“[...]
Rivoluzionaria
in politica, Forugh non lo è di meno in letteratura. I Suoi versi esprimono il
sentimento e l’anima del popolo iraniano, così come riflettono gli aspetti
quotidiani dell’amore e della politica.
Forugh
ha sempre dubitato che l’uomo dovesse rispondere delle cosiddette sue colpe. Le
vedeva simili a quelle schegge di marmo, frammenti inevitabili, che si
accumulano, nello studio dello scultore, intorno al capolavoro incompiuto.
Forse, proseguendo su questa strada, giunse a pensare che le nostre virtù non
sono meritorie: era questa, da parte sua, una prova di umiltà. Negli ultimi
anni della sua vita, contemplando le proprie mani stanche, ma non vinte, era
dolcemente stupita del coraggio di cui testimoniavano i loro gesti. Credeva di
aver assistito alla propria vita, da spettatrice irresponsabile, e solo
consenziente. Finiva per preferire, soprattutto, questa semplicità delle mani
vuote. Sembra che anche la Sua vita si spogliasse prima di dormire:
Liberate
dall’incantesimo della poesia,
Le
mie mani scivoleranno, lentamente, sui miei quaderni,
Ricorderò
che, un tempo, nelle mie mani
Arse
la fiamma della poesia…
In
polemica con gli scrittori di sinistra, com’era abbastanza naturale, la critica
di Forugh, particolarmente aspra e, a mio parere, giusta, dava sfogo alla Sua
irritazione nei confronti di parte della poesia degli intellettuali comunisti.
“Credo
di essere un poeta in ogni momento della mia vita. Essere un poeta significa
essere umano. Conosco alcuni poeti il cui comportamento quotidiano non ha nulla
a che fare con la loro poesia. In breve, sono poeti solo quando scrivono
poesie. Quando hanno terminato di scrivere, tornano a essere nuovamente avidi,
condiscendenti, tirannici, miopi, meschini. Dunque, io non credo alle loro
poesie. Io apprezzo l’onestà nella vita e quando li scopro nelle loro poesie e
nei loro saggi levare pugni e grida ne sono disgustata e dubito della loro veridicità.
E penso tra me: “Forse è solo per un piatto di riso che gridano.”
Il
verdetto definitivo di una scrittrice consapevole dei problemi sociali. A
Forugh non sfuggiva quanto l’Intellighenzia iraniana, nel suo sviluppo, fosse
condizionata dalla struttura di classe, né Le sfuggivano le matrici,
essenzialmente borghesi, dello stesso movimento di sinistra degli anni
Sessanta. Di conseguenza, era convinta che, nonostante la loro posizione
ideologica, i giovani scrittori comunisti del Suo tempo non riuscissero a
superare le barriere di classe; non solo, ma che, a causa della loro estrazione
sociale, fossero condannati a una visione molto confusa della realtà, e sempre
lo sarebbero stati se non fossero riusciti a creare una società senza classi.
Ciò che differenziava Forugh dalla maggior parte dei giovani di sinistra era il
Suo riconoscimento franco ed esplicito dell’importanza della struttura di
classe nella letteratura. Mentre altri tentavano di scavalcare le barriere di
classe o, addirittura, di negarne l’esistenza, Lei le riconosceva apertamente
e, implicitamente, riconosceva, quindi, la propria posizione di isolamento all’interno
di una società divisa. Certo, non riteneva che questa fosse una situazione
desiderabile, tuttavia, neppure pensava che tale situazione potesse essere
modificata ignorandone l’esistenza. E qui Forugh si distaccava non soltanto
dalla sinistra, ma anche dalla destra.
“Quando
torno a casa e sono sola, improvvisamente sento di aver trascorso la giornata a
vagare, smarrita tra una miriade di cose che non sono mie e non avranno durata.
Tra questa gente tanto diversa, mi sento così sola che, a volte, mi viene un
nodo di rabbia alla gola.”
[...]
Grazie
a tutti per avere condiviso così tante avventure con me!
Daniela Zini
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