DA UTILIZZARE AMPIAMENTE
DA DIFFONDERE LARGAMENTE
“Sulla terra vi è abbastanza per soddisfare i
bisogni di tutti,
ma non per l’ingordigia di pochi.”
Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948)
al piccolo Satish e ai nostri ragazzi,
nostro avvenire
Noi diciamo molto spesso che l’avvenire è
nelle mani dei nostri ragazzi. Ma, nell’attesa che divengano grandi, è nelle
mani degli adulti che riposa la responsabilità di proteggerli, tutelarli e
aiutarli a schiudersi perché possano, a loro volta, contribuire a fare evolvere
la nostra società.
Daniela
In
India, dal 1991, circa 20 milioni di contadini hanno lasciato la campagna per andare
a riempire le bidonvilles delle
grandi metropoli. Ma questo dato agghiacciante non è nulla al confronto dell’incontrollabile
ondata di suicidi, che devasta l’ambiente rurale, toccato dal disastro del
cotone BT.
250mila
agricoltori indiani si sono suicidati, negli ultimi sedici anni, come dire, in
media, un suicidio ogni mezz’ora. Le vedove si sono unite in una associazione e
reclamano il divieto delle sementi. Accusano la MONSANTO di profittare della
ingenuità e della mancanza di istruzione della massa dei coltivatori.
Il
settore agricolo indiano è divenuto più vulnerabile ai mercati mondiali a causa
della liberalizzazione dell’economia. Le riforme, nel Paese, hanno incluso la
soppressione delle sovvenzioni agricole e l’apertura dell’agricoltura indiana
al mercato mondiale. Queste riforme hanno aumentato i costi, riducendo le rese
e i profitti di molti agricoltori.
Di
conseguenza, i piccoli produttori sono, sovente, presi in un ciclo infernale di
debiti insormontabili, che induce molti a mettere fine ai propri giorni, per
semplice disperazione. Il tasso di suicidi più elevato è quello dei coltivatori
del cotone. Come per altre colture, l’industria del cotone è, sempre, più
dominata dalle multinazionali straniere, che tendono a promuovere le colture di
cotone geneticamente modificate e controllano, sovente, il costo, la qualità e
la quantità dei semi disponibili.
Dal
2004, il Partito del Congresso è al potere. È stato eletto, poi, rieletto, grazie
ai voti dei contadini. Ma evidentemente, la lobby
agroindustriale è più forte di un bulletin
de vote.
Lo scorso 11 agosto, la India’s National Biodiversity Authority (NBA)
annunciava di avere avviato un’azione giudiziaria contro l’impresa americana MONSANTO
“per aver sfruttato e utilizzato varietà
locali di melanzana senza la preventiva autorizzazione delle autorità
competenti”.
È la prima volta, in India, che una società
viene perseguita per atti di “biopirateria”(1), una infrazione passibile di tre
anni di carcere.
Sei anni fa, esattamente
il 18 luglio 2005, mentre tutti gli occhi erano puntati sull'accordo nucleare,
negoziato tra Washington e New Delhi, il Primo Ministro indiano Manmohan Singh
e il Presidente americano George W. Bush, ne concludevano un altro, le cui
conseguenze mondiali sarebbero state, potenzialmente, altrettanto importanti:
un’iniziativa conoscitiva USA-India sull’agricoltura per la promozione
dell’insegnamento, della ricerca, dei servizi e dei legami commerciali.
In tali
condizioni diviene molto difficile individuare la linea di demarcazione tra
interessi privati e interessi pubblici.
L’Aral Sea Basin Programme II (ABSP II) prevedeva l’immissione sul mercato della melanzana BT, nel
2007.
La melanzana BT è l’esempio perfetto del
modello di partenariato pubblico-privato. Il progetto
parte dal Governo americano, attraverso un programma finanziato dall’United States Agency for International Development (USAID) e
condotto dall’Università di Cornell, chiamato Programma di Sostegno alla Biotecnologia in Agricoltura o ANSP II.
Tra i partners si trova la
MONSANTO, il suo avatar
indiano, MAHYCO – che avrebbe fornito ai partners
del progetto le licenze dei geni BT brevettati dalla MONSANTO –, il Tamil Nadu Agricoltural
University (TNAU), l’University of Agricultural Sciences (UAS) di Dharwad e l’Indian Institute of Vegetable
Research (IIVR) di
Varasani. Il progetto include anche il Bangladesh, dove il Bangladesh Agricultural Research Institute (BARI) e l’University of Philippines Las Baños (UPLB) hanno condotto esperimenti nel quadro di protocolli
di accordo (MOU) con MAHYCO.
L’USAID è “un organismo governativo federale
indipendente che riceve l’insieme delle sue direttive in materia di politica
estera dal Segretario di Stato”. La promozione degli OGM fa, ufficialmente,
parte delle sue attribuzioni, uno dei suoi ruoli è di “integrare gli OGM nei sistemi alimentari locali”, affidando il
compito ai giganti dell'agroalimentare e alle loro filiali.
Una decina di varietà esistenti nelle regioni
del Karnataka e del Tamil Nadu, tra le 2.500 che conta il Paese, sono state
utilizzate per mettere a punto questa prima melanzana geneticamente modificata,
destinata a essere commercializzata in India. Contrariamente a quanto esige la
legge sulla biodiversità, votata nel 2002, nessuna autorizzazione era stata avanzata
per utilizzare le varietà locali. Gli agricoltori, in particolare, avrebbero
dovuto essere consultati per una eventuale partecipazione agli utili derivanti
dalla commercializzazione della melanzana, secondo quanto prevede il protocollo
internazionale di Nagoya, adottato
in occasione della Conferenza Mondiale sulla Biodiversità, nell'ottobre del
2010, che sancisce il principio dell'accesso e della ripartizione dei benefici
(Access and Benefits-Sharing, ABS)
per l'utilizzo delle risorse genetiche.
“La MONSANTO
era perfettamente al corrente della legislazione e l’ha deliberatamente
infranta.”,
sostiene Leo Saldanha, direttore dell’Environnement Support Group (ESG), che si
è rivolto all’India’s National
Biodiversity Authority (NBA) per dirimere questo caso di
biopirateria.
Secondo il settimanale India Today, la MONSANTO avrebbe respinto ogni responsabilità,
accusando i suoi partners indiani di
non aver chiesto le autorizzazioni necessarie.
La MAHYCO, di cui la MONSANTO detiene il 26%
delle quote, sostiene che la melanzana transgenica sia stata sviluppata dall’University of Agricultural Sciences (UAS) di Dharwad e che la società si sarebbe
limitata a fornire il gene di trasformazione.
La melanzana,
molto presente nel vasto panorama alimentare indiano, è, anche, oggetto di
offerta votiva, in India. Nel tempio di Udupi (Karnataka), nel Sud del Paese, i
fedeli di Krishna si sono, fortemente, opposti alla commercializzazione della
melanzana BT, per timore di incorrere nella collera della loro divinità,
offrendole ortaggi impuri.
L’accusa di biopirateria è un ulteriore colpo
duro per la MONSANTO e rischia di frenare lo sviluppo delle sue attività in
India.
manifestazione
popolare a Bangalore contro la melanzana BT e gli OMG
Nel febbraio del 2010, mentre la questione
del mais MON 810 tornava davanti alla Commissione Europea, il Ministro indiano
dell’Ambiente, Jairam Ramesh, contro ogni aspettativa – il 16 ottobre 2009, il Genetic Engineering Approval
Committee (GEAC)
aveva emesso un parere favorevole alla commercializzazione della melanzana BT –
decretava una moratoria (prorogata a tutto il 2011) sulla commercializzazione
delle melanzane geneticamente modificate.
Nel suo comunicato stampa del 9 febbraio 2010,
Ramesh parla di trasparenza, di riflessione e, soprattutto, di prudenza nelle
scelte da fare:
“Quando
non vi è chiaro consenso nella stessa comunità scientifica, esiste una forte
opposizione in seno ai Governi dei diversi Stati, i responsabili della società
civile pongono sempre più domande serie senza ricevere risposte soddisfacenti,
l’opinione pubblica rifiuta la melanzana BT (…) e non vi è alcuna urgenza nell’immetterla
sul mercato, è mio dovere adottare il principio di precauzione e imporre una
moratoria.”
Una decisione che non rattristava, certo,
l’ex-direttore generale delle operazioni in India per la MONSANTO, l’ottantaquattrenne
Tiruvadi Jagadisan, che ha accusato la società di aver sottoposto “dati scientifici falsificati” agli
organi governativi per ottenere le autorizzazioni di commercializzazione dei
suoi prodotti sul territorio indiano.
L’India, che conta il 7,8% delle specie animali e vegetali
del pianeta su solo il 2, 5% delle terre emerse, è molto esposta ai rischi di
biopirateria. L’attenzione è,
particolarmente, alta da quando, nel 1997, gli agricoltori del Nord del Paese protestarono,
violentemente, contro la società americana RiceTec per aver brevettato, con la
denominazione “Kasmati”, una varietà di riso Basmati prodotta negli Stati
Uniti. Nel maggio del 2001, l’Ufficio Brevetti americano respingeva l’istanza
della RiceTech; se l’avesse accolta, la concessione del brevetto statunitense
avrebbe significato non solo la fine delle esportazioni di riso indiano verso l’America,
ma anche l’obbligo da parte dei coltivatori indiani di pagare i diritti di
proprietà intellettuale su una delle loro colture ancestrali.
La
moratoria rappresenta, dunque, una vittoria della società civile indiana. Ma
questo non significa che il Paese volterà le spalle agli OGM alimentari.
Solo la coltura
del cotone geneticamente modificato è, attualmente, autorizzata in India e ha portato
la Nazione al rango di secondo produttore mondiale, davanti agli Stati Uniti e
subito dopo la Cina.
Ma queste nuove
sementi, costose, sono accusate di danneggiare i produttori più fragili.
Uno studio condotto sulle colture di cotone
BT, nello Stato del Gujarat, nell’Ovest dell’India, rivelava che queste colture
non resistevano più agli attacchi del verme della capsula del cotone contro il
quale il cotone BT era stato, inizialmente, concepito.
La MONSANTO aveva sostenuto fino ad allora
che “non vi erano mai stati casi di calo
di rese delle colture di cotone o dei cereali BT attribuibili alla resistenza
di un insetto.”
Era cosa fatta!
Tra il 60% e il 75% della popolazione
indiana, che conta più di un miliardo di abitanti, vive di agricoltura, che
rappresenta un quarto del PIL indiano.
Il miracolo tecnologico del cotone
geneticamente modificato, in India, non vi è stato.
Vi è stato, al contrario, un vero disastro
che si è dipanato in meno di un decennio.
Non ve ne è che uno, alla fin fine, che non
abbia creduto al miracolo ed è il verme della capsula del cotone. Lui, ha
sviluppato, così rapidamente, una resistenza da chiedersi se sia stato, mai,
toccato dal pesticida secreto dalla pianta.
E, infine, il cotone BT non rende più di
qualsiasi altro seme di cotone.
Per bloccare il calo inevitabile di resa, si era
dovuto, dunque, passare, a un uso massivo di pesticidi, aumentando la fattura
di almeno il 30%.
Senza contare che questa bella pianta ha
visto aumentare il suo prezzo incessantemente.
Senza contare, naturalmente, che, come ogni
pianta geneticamente modificata, questo grazioso fiore è sterile e, dunque,
ogni stagione, bisogna riacquistare le sementi.
Senza contare, infine, che questa dolcezza
della natura ama l’acqua e il nutrimento
più del cotone ordinario: la terra si impoverisce e si dissecca e il
mantenimento delle rese passa per l’arricchimento artificiale e l’irrigazione...
tutto ciò costa caro e l’acqua è una derrata fragile, soprattutto se il cielo “si
mette di mezzo”.
Ed è ciò che è accaduto, nel 2009, con una
stagione del monsone la più debole da trentasette anni.
In mancanza di acqua in quantità sufficiente,
le rese sono calate irrimediabilmente. I contadini, già molto indebitati, non
hanno, dunque, guadagnato denaro, nel 2009, in un Paese che vantava, in quel momento,
una crescita del 7% (è la decima potenza economica mondiale).
Non vi è alcun dubbio che il cotone BT sia
stato un successo commerciale per la MONSANTO.
Ma, tecnicamente, è stato un échec completo.
E umanamente, il risultato è stato un vero
dramma.
Nel 2009, un suicidio collettivo ha coinvolto
1.500 persone, che, senza alcuna via di uscita di fronte al fallimento completo
che li toccava, non avevano più la forza di battersi e decidevano insieme di
darsi la morte. Questa ondata di suicidi toccava, più particolarmente, tre
regioni del Sud dell’India, la Maharashtra,
il Kamataka et l’Andhra Pradesh.
Insediatasi in India, dal 1949, la MONSANTO
rappresenta uno dei primi fornitori di prodotti fitosanitari, diserbanti e,
soprattutto, pesticidi, che costituiscono un mercato importante, perché il
cotone è, particolarmente, vulnerabile a una miriade di distruttori, quali il
verme della capsula del cotone, l’antonomio, la cocciniglia, il ragno rosso, il
bruco spinoso e il pidocchio.
Con l’avvento della “rivoluzione verde”,
nella metà degli anni 1960, l’India aveva incoraggiato la monocoltura intensiva
del cotone con varietà ibride di alto rendimento, che esigevano il ricorso a
fertilizzanti chimici e l’uso massivo di pesticidi. E, l’uso intensivo di pesticidi
aveva indotto un fenomeno ben conosciuto agli entomologi: lo sviluppo di forme
di resistenza negli insetti ai prodotti impiegati per distruggerli. Risultato:
per combattere i parassiti, i contadini avevano dovuto rincarare le dosi e
ricorrere a molecole sempre più tossiche. Ed è a tal punto vero che, in India,
dove la coltura del cotone non rappresenta che il 5% delle terre coltivate,
questa conta, da sola, il 55% dei pesticidi utilizzati. Questo più
ragguardevole ricorso ai prodotti chimici aveva aumentato i costi di produzione
e costretto i contadini a indebitarsi sempre più.
Dalla metà degli anni 1980, l’India ha
accettato di aprire, totalmente, il suo mercato, in contropartita all’aiuto del
Fondo Monetario Internazionale. Il mondo rurale, che rappresenta i 2/3 della
popolazione, è, allora, divenuto un vasto laboratorio di sperimentazione in
campo agricolo. Da allora, i contadini si sono consegnati mani e piedi ai piazzisti
di sementi magiche: le rese dovevano
essere eccezionali e gli insetti e i parassiti ordinati nei cassetti della
storia.
Ma per toccare il Graal, si doveva sborsare
per la stessa quantità di sementi fino a dieci volte di più.
Il prezzo della gloria.
E i contadini si sono fortemente indebitati.
Senonché le sementi di cotone BT si sono
ammalate, infestate dal vorace verme della capsula del cotone.
Le società si erano, proprio, dimenticate di
precisare che le piante non erano resistenti alle malattie locali e che si
dovevano, dunque, spargere tonnellate
di pesticidi in più.
Avevano, anche, omesso di indicare che le
varietà in questione bevevano il doppio di acqua e danneggiavano il suolo molto
velocemente.
Gli agricoltori si sono ritrovati a secco,
paralizzati dai loro debiti e senza soldi per acquistare le sementi per l’anno
seguente, perché le piante OGM – dotate di una tecnologia rivoluzionaria,
affettuosamente, chiamata Terminator – sono state ideate perché i semi non
possano ripiantarsi.
Di qui nuovi debiti...
A questo si deve aggiungere la caduta dei
corsi del cotone, negli anni 1990, che era passato da 98, 2 dollari a
tonnellata, nel 1995, a
49,1, nel 2001, in
particolare a causa della politica di sovvenzione americana (2). Questo calo
dei corsi aveva finito per mettere in ginocchio i contadini, già indebitati, e
innescato la prima ondata di suicidi, alla fine degli anni 1990.
Oggi, l’introduzione di sementi geneticamente
modificate è considerata come una seconda “rivoluzione verde” o “rivoluzione
genetica” dagli osservatori indiani.
I negoziati per le licenze di utilizzazione
della tecnologia BT tra la MONSANTO e la Maharashtra Hybrid Seeds Co. Ltd (MAHYCO)
risalgono al 1993.
Con l’accordo del governo, la prima varietà
di cotone BT – la US Cocker-312 – fu importata in India, nel 1996, e incrociata
con le migliori varietà indiane, mediante back-cross,
per produrre varietà di cotone BT, contenenti il gene Cry1Ac, adattate
localmente.
Nell’aprile del 1998, la società di
Saint-Louis acquistava il 26% delle quote della MAHYCO e creava con la sua partner indiana una fifty-fifty joint venture,
la MAHYCO MONSANTO BIOTECH (MMB), destinata alla commercializzazione delle
future sementi transgeniche di cotone. Contemporaneamente, il governo indiano
autorizzava la multinazionale a condurre i primi esperimenti in campo di cotone
BT.
“Questa
decisione è stata presa fuori di ogni quadro legale.”,
denuncia Vandana Shiva, che ha ricevuto, nel
1993, il Right Livelihood Award, per il suo impegno in favore
dell’ecologia e contro l’influenza delle multinazionali agrochimiche
nell’agricoltura indiana.
“Nel 1999,”,
spiega,
“la
mia organizzazione (2) ha depositato un ricorso presso la Corte Suprema per
denunciare l’illegalità degli esperimenti realizzati da MAHYCO MONSANTO. Nel
luglio del 2000, allorché la nostra richiesta non era stata, ancora, esaminata,
questi esperimenti sono stati autorizzati su più vasta scala, vale a dire su
una quarantina di siti, ripartiti in sei Stati, ma i risultati non sono mai
stati comunicati, perché ci è stato detto che erano confidenziali. Il Genetic Engineering Approval Committee (GEAC) aveva domandato che fosse
testata la sicurezza alimentare dei semi di cotone BT, utilizzati come foraggio
per mucche e bufali, e che possono, dunque, alterare la qualità del latte, come
quella dell’olio di cotone, che serve alla consumazione umana, ma questo non è,
mai, stato fatto. In pochi anni, la
MONSANTO ha realizzato un vero hold-up sul cotone indiano,
con la complicità delle autorità governative, che hanno aperto la porta agli
OGM, incuranti del principio di precauzione che l’India aveva, pur sempre,
difeso.”
Il 20 febbraio 2002, l’India autorizza la
piantagione di sementi di cotone modificate. La semente miracolo si chiama cotone
BT ed è prodotta dalla MONSANTO. Seppure più costoso del seme classico, il
cotone BT ha di che sedurre: la
MONSANTO promette niente di meno che il triplo delle rese. Se
si economizza sull’insetticida, l’investimento importante di partenza sarà
recuperato e anche superato senza preoccupazione. Di qui, gli agricoltori
indiani investono al massimo, si indebitano, se occorre, e in qualche anno, è
il 90% delle superfici cotoniere del Paese a essere coperto di cotone magico.
Nel 2006, il Ministero dell’Agricoltura
indiano dà l’allarme: la metà delle famiglie contadine è indebitata.
Questa pianta simbolica del mondo agricolo
indiano è coltivata da più di 5mila anni e dà di che vivere a più di 17 milioni
di famiglie, principalmente, negli Stati del Sud, Maharashtra, Gujerat, Tamil
Nadu e Andhra Pradesh.
Nell’ottobre del 2008, un rapporto pubblicato
dall’International Food Policy Research
Institute (IFPRI), aveva fornito la
prova che la causa del suicidio degli agricoltori, in India, fosse dovuta a
diverse cause e che l’immissione del cotone BT sul mercato agricolo indiano non
avesse avuto alcuna incidenza significativa su questi casi di suicidio. Questo
rapporto tendeva a dimostrare che i suicidi fossero stati anteriori
all’introduzione di questo cotone transgenico, nel 2002, e che il tasso di
suicidi fosse abbastanza costante dal 1997. Concretamente, l’IFPRI non vedeva
alcun legame tra il tasso di suicidio e lo sviluppo di cotone transgenico,
mentre queste sementi erano vendute fino a cinque volte il prezzo pagato per il
loro equivalente non OGM. Sulla carta, l’International
Food Policy
Research Institute (IFPRI) è una organizzazione che
cerca soluzioni durevoli per eliminare la fame e la povertà nel mondo. L’IFPRI
è uno dei quindici centri sostenuti dal Consultative Group
on International Agricultural Research (CGIAR), la cui missione è di
coordinare i programmi di ricerca agricola internazionale, allo scopo di
ridurre la povertà e di assicurare la sicurezza alimentare nei Paesi in via di
sviluppo, attraverso la ricerca agricola. Il CGIAR costituisce una alleanza di
sessantaquattro membri, Governi, fondazioni private (The Rockfeller
Foundation, MONSANTO) e organizzazioni internazionali e
regionali. I dubbi sulla credibilità dei rapporti dell’IFRPI, si volgono verso
i membri e gli sponsors dell’IFPRI, per i quali gli interessi diretti o
indiretti delle multinazionali, quali la MONSANTO, sarebbero relativamente importanti.
Secondo il professor M.D. Nanjundaswamy, presidente del Karnataka Rajya Raitha Sangh (KRRS) (4), tutto
sarebbe iniziato da una menzogna della MONSANTO. Il gigante dell’agroalimentare
avrebbe cercato di testare la qualità di nuovi semi transgenici del cotone BT
nell’ambiente indiano e avrebbe profittato della ingenuità di circa 10mila
contadini, millantando un migliore raccolto.
Dopo aver tentato di far ricadere la
responsabilità sui contadini indiani per aver mal utilizzato il suo prodotto,
la MONSANTO doveva riconoscere l’inefficacia della sua semente. Di fronte allo
scandalo e alle pressioni dei diversi movimenti, l’11 marzo 2010, la MONSANTO
ammetteva, pubblicamente, che gli insetti avevano sviluppato una resistenza
all’insetticida secreto da questa pianta geneticamente modificata e ritirava
dal mercato i suoi semi B-Terminator.
Ma, molto prima, Greenpeace aveva, già,
denunciato i rischi di resistenza che potevano sviluppare gli insetti. E non
solo nei confronti del cotone BT, ma anche nei confronti delle numerose varietà
di OGM, quali il mais MON 810.
Ma la MONSANTO aveva la soluzione!
Gli agricoltori dovevano passare alla seconda
generazione di cotone BT, Bollguard II.
L’ammissione da parte della MONSANTO
dell’inefficacia del cotone transgenico BT rientrava in una strategia di
affari?
La società americana è ben disponibile a
fornire soluzioni sempre più onerose ai suoi clienti.
Per tutti coloro che sono morti, per tutti coloro
che sono partiti per crepare nel fango delle bidonvilles e per tutti coloro che tentano ancora di sopravvivere,
indebitandosi per acquistare un seme dalle rese misere, non cambia nulla.
Nell'ambito del tour asiatico alla conquista di nuovi mercati per i beni prodotti
in America, la visita di tre giorni, in India, di Barack Obama, conclusasi l’8
novembre 2010, intendeva, essenzialmente, rafforzare le relazioni commerciali e
la cooperazione nell'antiterrorismo tra i due Paesi, (http://www.bbc.co.uk/news/world-south-asia-11711007,
“Gli
Stati Uniti vedono l’Asia, particolarmente l’India, come il mercato
dell’avvenire.”
Ma non saranno, certo, i maneggi di imprese,
quali la MONSANTO,
a facilitare il compito al Governo degli Stati Uniti!
In questi ultimi dieci anni, gli scambi commerciali
tra India e Stati Uniti si sono triplicati, hanno raggiunto i 36,6 miliardi di
dollari, nel 2010. Ma, allo stesso tempo, gli Stati Uniti sono passati dal
ruolo di primo partner commerciale
dell’India a quello di terzo.
Questa storia non è che un esempio nauseante,
rivoltante, straziante.
Questa storia non è che un esempio, tra un
numero incommensurabile di tanti altri, del valore che il capitalismo dà alla
vita umana, del valore che dà alla salvaguardia e allo sviluppo delle nostre
risorse.
Questa storia non è che una chiara illustrazione
di come il capitalismo manipoli la natura al solo fine di trarre profitti.
È chiaro che questa semente è stata messa sul
mercato senza disporre delle garanzie sufficienti sulla sua efficacia. Quello
che contava, innanzitutto, era venderla,
e per questo, la promessa di rese superiori era sufficiente.
Le miserie umane, le devastazioni sulla
natura non compromettono, infine, che l’avvenire commerciale del prodotto; ciò
che è stato incassato resta nelle casse.
È la logica di un sistema che vive, giorno
per giorno, e accumula le sue ricchezze distruggendo sempre più risorse.
Compresa la vita umana.
Non è solo il processo alla MONSANTO che
conviene fare, ma quello al capitalismo.
È lui il vero colpevole.
(1)
La biopirateria può essere definita come il modo in cui le multinazionali
traggono vantaggio dalle risorse genetiche e dalle conoscenze tradizionali dei
Paesi in via di sviluppo.
(2)
Le sovvenzioni accordate agli agricoltori americani si elevano a 18 miliardi di
dollari, nel 2006 (v. Fawzan Husain, “On India’s farms, a plague of suicide”,
New York Times, 19 septembre 2006).
(3) Il Research
Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy è un
istituto di ricerca, dedito, dal 1982, ad affrontare le più importanti
questioni ecologiche e sociali dei nostri giorni, in stretta collaborazione con
le comunità locali ed i movimenti sociali.
(4)
Associazione dei Contadini dello Stato del Karnataka.
Copyright © 25 settembre 2011 ADZ
Daniela Zini
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